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DISPOSIZIONI SULLA LEGGE IN GENERALE
CAPO I
Delle fonti del diritto
Art. 1 Indicazione delle
Sono fonti del diritto:
1) le leggi (Cost. 70 e seguenti, 117, 138; prel. Cod. Civ. 2, 10 e
seguenti);
2) i regolamenti (prel. Cod. Civ. 3 e seguenti);
3) (*)
4) gli usi (prel. Cod. Civ. 8 e seguenti).
(*) Abrogato ad opera del d. lgs. lgt. 23 novembre 1944, n. 369. Il
precedente testo recava la dicitura: "3) le norme corporative".
Art. 2 Leggi
La formazione delle leggi e l'emanazione degli atti del Governo
aventi forza di legge sono disciplinate da leggi di carattere
costituzionale. (Cost. 70 e seguenti, 117, 118).
Art. 3 Regolamenti
Il potere regolamentare del Governo è disciplinato da leggi di
carattere costituzionale (prel Cod. Civ. 4; art. 17, legge 23 agosto
1988, n. 400).
Il potere regolamentare di altre autorità è esercitato nei limiti
delle rispettive competenze, in conformità delle leggi particolari (prel
Cod. Civ. 4; art. 5, legge 8 giugno 1990, n. 142).
Art. 4 Limiti della disciplina regolamentari
I regolamenti (prel Cod. Civ. 3) non possono contenere norme
contrarie alle disposizioni delle leggi.
I regolamenti emanati a norma del secondo comma dell'art. 3 non
possono nemmeno dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti
emanati dal Governo.
[Art. 5 Norme corporative] (*)
(*) Articolo abrogato con d. lgs. lgt. 23 novembre 1944, n. 369. Il
precedente testo recitava: "Sono norme corporative le ordinanze
corporative, gli accordi economici collettivi, i contratti
collettivi di lavoro e le sentenze della magistratura del lavoro
nelle controversie collettive".
[Art. 6 Formazione ed efficacia delle norme corporative] (*)
(*) Articolo abrogato con d. lgs. lgt. 23 novembre 1944, n. 369. Il
precedente testo recitava: "La formazione e l'efficacia delle norme
corporative sono disciplinate nel Codice Civile (2063 - 2081) e in
leggi particolari".
[Art. 7 Limiti della disciplina corporativa] (*)
(*) Articolo abrogato con d. lgs. lgt. 23 novembre 1944, n. 369. Il
precedente testo recitava: "Le norme corporative non possono
derogare alle disposizioni imperative delle leggi e dei
regolamenti".
Art. 8 Usi
Nelle materie regolate dalle leggi e dai regolamenti gli usi hanno
efficacia solo in quanto sono da essi richiamati (Cod. Nav. 1).
(*)
(*) Secondo comma abrogato con d. lgs. lgt. 23 novembre 1944, n.
369. Il precedente testo recitava: "Le norme corporative prevalgono
sugli usi, anche se richiamati dalle leggi e dai regolamenti, salvo
che in esse sia diversamente disposto".
Art. 9 Raccolte di usi
Gli usi pubblicati nelle raccolte ufficiali degli enti e degli
organi a ciò autorizzati si presumono esistenti fino a prova
contraria (*).
(*) Per gli usi generali, cfr. d. lgs. c. p. s. 27 gennaio 1947, n.
152, modificato con legge 13 marzo 1950, n. 115. Per gli usi
provinciali, cfr. R. d. 20 settembre 1934, n. 2011.
CAPO II
Dell'applicazione della legge in generale
Art. 10 Inizio dell'obbligatorietà delle leggi e dei regolamenti
Le leggi e i regolamenti divengono obbligatori nel decimoquinto
giorno successivo a quello della loro pubblicazione, salvo che sia
altrimenti disposto (Cost. 73, 3° comma) (*).
(**)
(*) Cfr. anche art. 15, 5° comma, legge 23 agosto 1988, n. 400: "Le
modifiche eventualmente apportate al decreto legge in sede di
conversione, hanno efficacia dal giorno successivo a quello della
pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest'ultima non
disponga diversamente. Esse sono elencate in allegato alla legge".
In merito alla pubblicazione degli atti normativi e delle leggi, cfr.
art. 5 e seguenti, d.p.r. 28 divembre 1985, n. 1092.
(**) Secondo comma abrogato dal d. lgs. lgt. 23 novembre 1944, n.
369. Il testo recitava: "Le norme corporative divengono obbligatorie
nel giorno successivo a quello della pubblicazione, salvo che in
esse sia altrimenti disposto.
Art. 11 Efficacia della legge nel tempo
La legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto
retroattivo (Cost. 25).
I contratti collettivi di lavoro (Cod. Civ. 2067 e seguenti) possono
stabilire per la loro efficacia una data anteriore alla
pubblicazione, purché non preceda quella della stipulazione.
Art. 12 Interpretazione legge
Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso
che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo
la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore.
Se una controversia non può essere decisa con una precisa
disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi
simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si
decide secondo i princìpi generali dell'ordinamento giuridico dello
Stato.
[Art. 13 Esclusione dell'applicazione analogica delle norme
corporative] (*)
(*) Articolo abrogato dal d. lgs. lgt. 23 novembre 1944, n. 369. Il
testo recitava: "Le norme corporative non possono essere applicate a
casi simili o a materie analoghe a quelli da esse contemplati".
Art. 14 Applicazione delle leggi penali ed eccezionali
Le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad
altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse
considerati (Cost. 25; Cod. Pen. 2).
Art. 15 Abrogazione delle leggi
Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione
espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove
disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l'intera
materia già regolata dalla legge anteriore.
Art. 16 Trattamento dello straniero
Lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al
cittadino a condizione di reciprocità e salve le disposizioni
contenute in leggi speciali (*).
Questa disposizione vale anche per le persone giuridiche straniere
(Cost. 10; Cod. Civ. 2505).
(*) Cfr. legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Nuove norme sulla
cittadinanza); legge 19 maggio 1975, n. 151; d.l. 30 dicembre 1989,
n. 416 conv. in legge 28 febbraio 1990, n. 39; d. lgs. 25 luglio
1998, n. 286 (Testo unico sull'immigrazione e sulla condizione dello
straniero), modif. dal d. lgs. 19 ottobre 1998, n. 380 e dal d. lgs.
13 aprile 1999, n. 113.
[Artt. 17 - 31] (*)
(*) Gli artt. da 17 a 31 del presente Capo sono stati abrogati
dall'art. 73, legge 31 maggio 1995, , sul sistema italiano di
diritto internazionale privato, in vigore dal 2 settembre 1995. Il
testo degli articoli 17-31 è riportato qui di seguito:
Art. 17 Legge regolatrice dello stato e della capacità delle persone
e dei rapporti di famiglia
Lo stato e la capacità delle persone e i rapporti di famiglia sono
regolati dalla legge dello Stato al quale esse appartengono.
Tuttavia uno straniero, se compie nella Repubblica un atto per il
quale sia incapace secondo la sua legge nazionale, è considerato
capace se per tale atto secondo la legge italiana sia capace il
cittadino, salvo che si tratti di rapporti di famiglia, di
successioni per causa di morte, di donazioni, ovvero di atti di
disposizioni di immobili situati all'estero.
Art. 18 Legge regolatrice dei rapporti personali tra coniugi
I rapporti personali tra coniugi di diversa cittadinanza sono
regolati dall'ultima legge nazionale che sia stata loro comune
durante il matrimonio o, in mancanza di essa, dalla legge nazionale
del marito al tempo della celebrazione del matrimonio.
Art. 19 Legge regolatrice dei rapporti patrimoniali tra coniugi
I rapporti patrimoniali tra coniugi sono regolati dalla legge
nazionale del marito al tempo della celebrazione del matrimonio.
Il cambiamento di cittadinanza dei coniugi non influisce sui
rapporti patrimoniali, salve le convenzioni tra i coniugi in base
alla nuova legge nazionale comune.
Art. 20 Legge regolatrice dei rapporti tra genitori e figli
I rapporti tra genitori e figli sono regolati dalla legge nazionale
del padre, ovvero da quella della madre se soltanto la maternità è
accertata o se soltanto la madre ha legittimato il figlio.
I rapporti tra adottante e adottato sono regolati dalla legge
nazionale dell'adottante al tempo dell'adozione.
Art. 21 Legge regolatrice della tutela
La tutela e gli altri istituti di protezione degli incapaci sono
regolati dalla legge nazionale dell'incapace.
Art. 22 Legge regolatrice del possesso, della proprietà e degli
altri diritti sulle cose
Il possesso, la proprietà e gli altri diritti sulle cose mobili e
immobili sono regolati dalla legge del luogo nel quale le cose si
trovano.
Art. 23 Legge regolatrice delle successioni per causa di morte
Le successioni per causa di morte sono regolate, ovunque siano i
beni, dalla legge dello Stato al quale apparteneva, al momento della
morte, la persona della cui eredita si tratta.
Art. 24 Legge regolatrice delle donazioni
Le donazioni sono regolate dalla legge nazionale del donante.
Art. 25 Legge regolatrice delle obbligazioni
Le obbligazioni che nascono da contratto sono regolate dalla legge
nazionale dei contraenti, se è comune; altrimenti da quella del
luogo nel quale il contratto è stato conchiuso. E' salva in ogni
caso la diversa volontà delle parti.
Le obbligazioni non contrattuali sono regolate dalla legge del luogo
ove e avvenuto il fatto dal quale esse derivano.
Art. 26 Legge regolatrice della forma degli atti
La forma degli atti tra vivi e degli atti di ultima volontà è
regolata dalla legge del luogo nel quale l'atto è compiuto o da
quella che regola la sostanza dell'atto, ovvero dalla legge
nazionale del disponente o da quella dei contraenti, se è comune.
Le forme di pubblicità degli atti di costituzione, di trasmissione e
di estinzione dei diritti sulle cose sono regolate dalla legge del
luogo in cui le cose stesse si trovano.
Art. 27 Legge regolatrice del processo
La competenza e la forma del processo sono regolate dalla legge del
luogo in cui il processo si svolge
Art. 28 Efficacia delle leggi penali e di polizia
Le leggi penali e quelle di polizia e sicurezza pubblica obbligano
tutti coloro che si trovano nel territorio dello Stato.
Art. 29 Apolidi
Se una persona non ha cittadinanza, si applica la legge del luogo
dove risiede in tutti i casi nei quali, secondo le disposizioni che
precedono, dovrebbe applicarsi la legge nazionale.
Art. 30 Rinvio ad altra legge
Quando, ai termini degli articoli precedenti, si deve applicare una
legge straniera, si applicano le disposizioni della legge stessa
senza tener conto del rinvio da essa fatto ad altra legge.
Art. 31 Limiti derivanti dall'ordine pubblico e dal buon costume
Nonostante le disposizioni degli articoli precedenti, in nessun caso
le leggi e gli atti di uno Stato estero, gli ordinamenti e gli atti
di qualunque istituzione o ente, o le private disposizioni e
convenzioni possono aver effetto nel territorio dello Stato, quando
siano contrari all'ordine pubblico o al buon costume.
LIBRO PRIMO
DELLE PERSONE E DELLA FAMIGLIA
TITOLO I
DELLE PERSONE FISICHE
Art. 1 Capacità giuridica
La capacità giuridica si acquista dal momento della nascita.
I diritti che la legge riconosce a favore del concepito
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Torts/Baratto2.html>sono
subordinati all'evento della nascita (462, 687, 715, 784).
(3° comma abrogato).
Art. 2 Maggiore età. Capacità di agire
La maggiore età è fissata al compimento del diciottesimo anno. Con
la maggiore eta si acquista la capacità di compiere tutti gli atti
per i quali non sia stabilita una età diversa.
Sono salve le leggi speciali che stabiliscono un'età inferiore in
materia di capacità a prestare il proprio lavoro. In tal caso il
minore è abilitato all'esercizio dei diritti e delle azioni che
dipendono dal contratto di lavoro.
Art. 3 (abrogato)
Art. 4 Commorienza
Quando un effetto giuridico dipende dalla sopravvivenza di una
persona a un'altra e non consta quale di esse sia morta prima, tutte
si considerano morte nello stesso momento.
Art. 5 Atti di disposizione del proprio corpo
Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando
cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, o
quando siano altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico o
al buon costume (1418).
Art. 6 Diritto al nome
Ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito.
Nel nome si comprendono il prenome e il cognome.
Non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non
nei casi e con le formalità dalla legge indicati.
Art. 7 Tutela del diritto al nome
La persona, alla quale si contesti il diritto all'uso del proprio
nome o che possa risentire pregiudizio dall'uso che altri
indebitamente ne faccia, può chiedere giudizialmente la cessazione
del fatto lesivo, salvo il risarcimento dei danni (2563).
L'autorità giudiziaria può ordinare che la sentenza sia pubblicata
in uno o più giornali.
Art. 8 Tutela del nome per ragioni familiari
Nel caso previsto dall'articolo precedente, l'azione può essere
promossa anche da chi, pur non portando il nome contestato o
indebitamente usato, abbia alla tutela del nome un interesse fondato
su ragioni familiari degne d'essere protette.
Art. 9 Tutela dello pseudonimo
Lo pseudonimo, usato da una persona in modo che abbia acquistato
l'importanza del nome, può essere tutelato ai sensi dell'art. 7.
Art. 10 Abuso dell'immagine altrui
Qualora l'immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei
figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui
l'esposizione o la pubblicazione e dalla legge consentita, ovvero
con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o
dei detti congiunti, l'autorità giudiziaria, su richiesta
dell'interessato, può disporre che cessi l'abuso, salvo il
risarcimento dei danni.
TITOLO II
DELLE PERSONE GIURIDICHE
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 11 Persone giuridiche pubbliche
Le Province e i Comuni, nonché gli enti pubblici riconosciuti come
persone giuridiche, godono dei diritti secondo le leggi e gli usi
osservati come diritto pubblico (824 e seguenti).
Art. 12 Persone giuridiche private
Le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere
privato acquistano la personalità giuridica mediante il
riconoscimento concesso con decreto del Presidente della Repubblica.
Per determinate categorie di enti che esercitano la loro attività
nell'ambito della Provincia, il Governo può delegare ai prefetti la
facoltà di riconoscerli con loro decreto (att. 1, 2).
Art. 13 Società
Le società sono regolate dalle disposizioni contenute nel libro V
(2247 e seguenti).
CAPO II
Delle associazioni e delle fondazioni
Art. 14 Atto costitutivo
Le associazioni e le fondazioni devono essere costituite con atto
pubblico (1350, 2643).
La fondazione può essere disposta anche con testamento (600).
Art. 15 Revoca dell'atto costitutivo della fondazione
L'atto di fondazione può essere revocato dal fondatore fino a quando
non sia intervenuto il riconoscimento, ovvero il fondatore non abbia
fatto iniziare l'attività dell'opera da lui disposta.
La facoltà di revoca non si trasmette agli eredi.
Art. 16 Atto costitutivo e statuto. Modificazioni
L'atto costitutivo e lo statuto devono contenere la denominazione
dell'ente, l'indicazione dello scopo, del patrimonio e della sede,
nonché le norme sull'ordinamento e sulla amministrazione. Devono
anche determinare, quando trattasi di associazioni, i diritti e gli
obblighi degli associati e le condizioni della loro ammissione; e,
quando trattasi di fondazioni, i criteri e le modalità di erogazione
delle rendite.
L'atto costitutivo e lo statuto possono inoltre contenere le norme
relative alla estinzione dell'ente e alla devoluzione del
patrimonio, e, per le fondazioni, anche quelle relative alla loro
trasformazione (28).
Le modificazioni dell'atto costitutivo e dello statuto devono essere
approvate dall'autorità governativa nelle forme indicate nell'art.
12 (att. 4).
Art. 17 Acquisto di immobili e accettazione di donazioni, eredità e
legati
La persona giuridica non può acquistare beni immobili, né accettare
donazioni o eredita, né conseguire legati senza l'autorizzazione
governativa (473, 782; att. 5-7).
Senza questa autorizzazione, l'acquisto e l'accettazione non hanno
effetto.
Art. 18 Responsabilità degli amministratori
Gli amministratori sono responsabili verso l'ente secondo le norme
del mandato (1710 e seguenti). E' però esente da responsabilità
quello degli amministratori il quale non abbia partecipato all'atto
che ha causato il danno, salvo il caso in cui, essendo a cognizione
che l'atto si stava per compiere, egli non abbia fatto constare del
proprio dissenso (2392).
Art. 19 Limitazioni del potere di rappresentanza
Le limitazioni del potere di rappresentanza, che non risultano dal
registro indicato nell'art. 33, non possono essere opposte ai terzi,
salvo che si provi che essi ne erano a conoscenza (1353, 2298,
2384).
Art. 20 Convocazione dell'assemblea delle associazioni
L'assemblea delle associazioni deve essere convocata dagli
amministratori una volta l'anno per l'approvazione del bilancio.
L'assemblea deve essere inoltre convocata quando se ne ravvisa la
necessità o quando ne è fatta richiesta motivata da almeno un decimo
degli associati. In quest'ultimo caso, se gli amministratori non vi
provvedono, la convocazione può essere ordinata dal Presidente del
tribunale (att. 8).
Art. 21 Deliberazioni dell'assemblea
Le deliberazioni dell'assemblea sono prese a maggioranza di voti e
con la presenza di almeno la metà degli associati. In seconda
convocazione la deliberazione è valida qualunque sia il numero degli
intervenuti. Nelle deliberazioni di approvazione del bilancio e in
quelle che riguardano la loro responsabilità gli amministratori non
hanno voto.
Per modificare l'atto costitutivo o lo statuto, se in essi non è
altrimenti disposto, occorrono la presenza di almeno tre quarti
degli associati e il voto favorevole della maggioranza dei presenti.
Per deliberare lo scioglimento dell'associazione e la devoluzione
del patrimonio occorre il voto favorevole di almeno tre quarti degli
associati (11).
Art. 22 Azioni di responsabilità contro gli amministratori
Le azioni di responsabilità contro gli amministratori delle
associazioni per fatti da loro compiuti sono deliberate
dall'assemblea e sono esercitate dai nuovi amministratori o dai
liquidatori (2941).
Art. 23 Annullamento e sospensione delle deliberazioni
Le deliberazioni dell'assemblea contrarie alla legge, all'atto
costitutivo o allo statuto possono essere annullate su istanza degli
organi dell'ente, di qualunque associato o del pubblico ministero.
L'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti
acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in
esecuzione della deliberazione medesima (1445, 2377).
Il Presidente del tribunale o il giudice istruttore, sentiti gli
amministratori dell'associazione, può sospendere, su istanza di
colui che l'ha proposto l'impugnazione, l'esecuzione della
deliberazione impugnata, quando sussistono gravi motivi. Il decreto
di sospensione deve essere motivato ed è notificato agli
amministratori (att. 10).
L'esecuzione delle deliberazioni contrarie all'ordine pubblico o al
buon costume può essere sospesa anche dall'autorità governativa
(att. 9).
Art. 24 Recesso ed esclusione degli associati
La qualità di associato non è trasmissibile, salvo che la
trasmissione sia consentita dall'atto costitutivo o dallo statuto.
L'associato può sempre recedere dall'associazione se non ha assunto
l'obbligo di farne parte per un tempo determinato. La dichiarazione
di recesso deve essere comunicata per iscritto agli amministratori e
ha effetto con lo scadere dell'anno in corso, purché sia fatta
almeno tre mesi prima.
L'esclusione d'un associato non può essere deliberata dall'assemblea
che per gravi motivi; l'associato può ricorrere all'autorità
giudiziaria entro sei mesi dal giorno in cui gli è stata notificata
la deliberazione.
Gli associati, che abbiano receduto o siano stati esclusi o che
comunque abbiano cessato di appartenere all'associazione, non
possono ripetere i contributi versati, né hanno alcun diritto sul
patrimonio dell'associazione.
Art. 25 Controllo sull'amministrazione delle fondazioni
L'autorità governativa esercita il controllo e la vigilanza
sull'amministrazione delle fondazioni; provvede alla nomina e alla
sostituzione degli amministratori o dei rappresentanti, quando le
disposizioni contenute nell'atto di fondazione non possono attuarsi;
annulla, sentiti gli amministratori, con provvedimento definitivo,
le deliberazioni contrarie a norme imperative, all'atto di
fondazione, all'ordine pubblico o al buon costume; può sciogliere
l'amministrazione e nominare un commissario straordinario, qualora
gli amministratori non agiscano in conformità dello statuto e dello
scopo della fondazione o della legge.
L'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti
acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in
esecuzione della deliberazione medesima (1445, 2377).
Le azioni contro gli amministratori per fatti riguardanti la loro
responsabilità devono essere autorizzate dall'autorità governativa e
sono esercitate dal commissario straordinario, dai liquidatori o dai
nuovi amministratori.
Art. 26 Coordinamento di attività e unificazione di amministrazione
L'autorità governativa può disporre il coordinamento della attività
di più fondazioni ovvero l'unificazione della loro amministrazione,
rispettando, per quanto è possibile, la volontà del fondatore.
Art. 27 Estinzione della persona giuridica
Oltre che per le cause previste nell'atto costitutivo e nello
statuto, la persona giuridica si estingue quando lo scopo è stato
raggiunto o è divenuto impossibile.
Le associazioni si estinguono inoltre quando tutti gli associati
sono venuti a mancare.
L'estinzione è dichiarata dall'autorità governativa, su istanza di
qualunque interessato o anche d'ufficio (att. 10).
Art. 28 Trasformazione delle fondazioni
Quando lo scopo è esaurito o divenuto impossibile o di scarsa
utilità, o il patrimonio e divenuto insufficiente, l'autorità
governativa, anziché dichiarare estinta la fondazione, può
provvedere alla sua trasformazione, allontanandosi il meno possibile
dalla volontà del fondatore.
La trasformazione non e ammessa quando i fatti che vi darebbero
luogo sono considerati nell'atto di fondazione come causa di
estinzione della persona giuridica e di devoluzione dei beni a terze
persone.
Le disposizioni del primo comma di questo articolo e dell'art. 26
non si applicano alle fondazioni destinate a vantaggio soltanto di
una o più famiglie determinate (att. 10).
Art. 29 Divieto di nuove operazioni
Gli amministratori non possono compiere nuove operazioni, appena è
stato loro comunicato il provvedimento che dichiara l'estinzione
della persona giuridica o il provvedimento con cui l'autorità, a
norma di legge, ha ordinato lo scioglimento dell'associazione, o
appena è stata adottata dall'assemblea la deliberazione di
scioglimento dell'associazione medesima. Qualora trasgrediscano a
questo divieto, assumono responsabilità personale e solidale (1292).
Art. 30 Liquidazione
Dichiarata l'estinzione della persona giuridica o disposto lo
scioglimento dell'associazione, si procede alla liquidazione del
patrimonio secondo le norme di attuazione del codice (att. 11-21).
Art. 31 Devoluzione dei beni
I beni della persona giuridica, che restano dopo esaurita la
liquidazione, sono devoluti in conformità dell'atto costitutivo o
dello statuto.
Qualora questi non dispongano, se trattasi di fondazione, provvede
l'autorità governativa, attribuendo i beni ad altri enti che hanno
fini analoghi, se trattasi di associazione, si osservano le
deliberazioni dell'assemblea che ha stabilito lo scioglimento e,
quando anche queste mancano, provvede nello stesso modo l'autorità
governativa.
I creditori che durante la liquidazione non hanno fatto valere il
loro credito possono chiedere il pagamento a coloro ai quali i beni
sono stati devoluti, entro l'anno della chiusura della liquidazione,
in proporzione e nei limiti di ciò che hanno ricevuto (2964 e
seguenti).
Art. 32 Devoluzione dei beni con destinazione particolare
Nel caso di trasformazione o di scioglimento di un ente, al quale
sono stati donati o lasciati beni con destinazione a scopo diverso
da quello proprio dell'ente, l'autorità governativa devolve tali
beni, con lo stesso onere, ad altre persone giuridiche, che hanno
fini analoghi.
Art. 33 Registrazione delle persone giuridiche
In ogni provincia e istituito un pubblico registro delle persone
giuridiche (att. 22 e seguenti).
Nel registro devono indicarsi la data dell'atto costitutivo, quella
del decreto di riconoscimento, la denominazione, lo scopo, il
patrimonio, la durata, qualora sia stata determinata, la sede della
persona giuridica e il cognome e il nome degli amministratori con la
menzione di quelli ai quali è attribuita la rappresentanza.
La registrazione può essere disposta anche d'ufficio.
Gli amministratori di un'associazione o di una fondazione non
registrata, benché riconosciuta, rispondono personalmente e
solidalmente, insieme con la persona giuridica, delle obbligazioni
assunte (1292).
Art. 34 Registrazione di atti
Nel registro devono iscriversi anche le modificazioni dell'atto
costitutivo e dello statuto, dopo che sono state approvate
dall'autorità governativa, il trasferimento della sede e
l'istituzione di sedi secondarie, la sostituzione degli
amministratori con indicazione di quelli ai quali spetta la
rappresentanza, le deliberazioni di scioglimento, i provvedimenti
che ordinano lo scioglimento o dichiarano l'estinzione, il cognome e
il nome dei liquidatori.
Se l'iscrizione non ha avuto luogo, i fatti indicati non possono
essere opposti ai terzi, a meno che si provi che questi ne erano a
conoscenza.
Art. 35 Disposizione penale
Gli amministratori e i liquidatori che non richiedono le iscrizioni
prescritte dagli artt. 33 e 34, nel termine e secondo le modalità
stabiliti dalle norme di attuazione del codice (att. 25 e seguenti)
sono puniti con l'ammenda da L. 20.000 a L. 1.000.000.
CAPO III Delle associazioni non riconosciute e dei comitati
Art. 36 Ordinamento e amministrazione delle associazioni non
riconosciute
L'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non
riconosciute come persone giuridiche sono regolati dagli accordi
degli associati.
Le dette associazioni possono stare in giudizio nella persona di
coloro ai quali, secondo questi accordi, e conferita la presidenza o
la direzione (Cod. Proc. Civ. 75, 78).
Art. 37 Fondo comune
I contributi degli associati e i beni acquistati con questi
contributi costituiscono il fondo comune dell'associazione. Finche
questa dura, i singoli associati non possono chiedere la divisione
del fondo comune, né pretendere la quota in caso di recesso.
Art. 38 Obbligazioni
Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano
l'associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo
comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e
solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto
dell'associazione (Cod. Proc. Civ. 19).
Art. 39 Comitati
I comitati di soccorso o di beneficienza e i comitati promotori di
opere pubbliche, monumenti, esposizioni, mostre, festeggiamenti e
simili sono regolati dalle disposizioni seguenti, salvo quanto e
stabilito nelle leggi speciali.
Art. 40 Responsabilità degli organizzatori
Gli organizzatori e coloro che assumono la gestione dei fondi
raccolti sono responsabili personalmente e solidalmente della
conservazione dei fondi e della loro destinazione allo scopo
annunziato.
Art. 41 Responsabilità dei componenti. Rappresentanza in giudizio
Qualora il comitato non abbia ottenuto la personalità giuridica
(12), i suoi componenti rispondono personalmente e solidalmente
delle obbligazioni assunte. I sottoscrittori sono tenuti soltanto a
effettuare le oblazioni promesse.
Il comitato può stare in giudizio nella persona del Presidente (Cod.
Proc. Civ. 75).
Art. 42 Diversa destinazione dei fondi
Qualora i fondi raccolti siano insufficienti allo scopo, o questo
non sia più attuabile, o, raggiunto lo scopo, si abbia un residuo di
fondi, l'autorità governativa stabilisce la devoluzione dei beni, se
questa non è stata disciplinata al momento della costituzione.
TITOLO III DEL DOMICILIO E DELLA RESIDENZA
Art. 43 Domicilio e residenza
Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la
sede principale dei suoi affari e interessi (Cod. Proc. Civ. 139).
La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale.
Art. 44 Trasferimento della residenza e del domicilio
Il trasferimento della residenza non può essere opposto ai terzi di
buona fede, se non è stato denunciato nei modi prescritti dalla
legge (att. 31).
Quando una persona ha nel medesimo luogo il domicilio e la residenza
e trasferisce questa altrove, di fronte ai terzi di buona fede si
considera trasferito pure il domicilio, se non si è fatta una
diversa dichiarazione nell'atto in cui e stato denunciato il
trasferimento della residenza.
Art. 45 Domicilio dei coniugi del minore e dell'interdetto
Ciascuno dei coniugi ha il proprio domicilio nel luogo in cui ha
stabilito la sede principale dei propri affari o interessi.
Il minore ha il domicilio nel luogo di residenza della famiglia o
quello del tutore. Se i genitori sono separati o il loro matrimonio
è stato annullato o sciolto o ne sono cessati gli effetti civili o
comunque non hanno la stessa residenza, il minore ha il domicilio
del genitore con il quale convive.
L'interdetto ha il domicilio del tutore (343).
Art. 46 Sede delle persone giuridiche
Quando la legge fa dipendere determinati effetti dalla residenza o
dal domicilio, per le persone giuridiche si ha riguardo al luogo in
cui e stabilita la loro sede (Cod. Proc. Civ. 141, 145).
Nei casi in cui la sede stabilita ai sensi dell'art. 16 o la sede
risultante dal registro è diversa da quella effettiva, i terzi
possono considerare come sede della persona giuridica anche questa
ultima (33).
Art. 47 Elezione di domicilio
Si può eleggere domicilio speciale per determinati atti o affari.
Questa elezione deve farsi espressamente per iscritto (1350).
TITOLO IV
DELL'ASSENZA E DELLA DICHIARAZIONE DI MORTE PRESUNTA
CAPO I
Dell'assenza
Art. 48 Curatore dello scomparso
Quando una persona non è più comparsa nel luogo del suo ultimo
domicilio o dell'ultima sua residenza (43) e non se ne hanno più
notizie, il tribunale dell'ultimo domicilio o dell'ultima residenza
su istanza degli interessati o dei presunti successori legittimi, o
del pubblico ministero, può nominare un curatore che rappresenti, la
persona in giudizio o nella formazione degli inventari e dei conti e
nelle liquidazioni o divisioni in cui sia interessata, e può dare
gli altri provvedimenti necessari alla conservazione del patrimonio
dello scomparso (Cod. Proc. Civ. 721).
Se vi è un legale rappresentante, non si fa luogo alla nomina del
curatore. Se vi è un procuratore, il tribunale provvede soltanto per
gli atti che il medesimo non può fare.
Art. 49 Dichiarazione di assenza
Trascorsi due anni dal giorno a cui risale l'ultima notizia, i
presunti successori legittimi e chiunque ragionevolmente creda di
avere sui beni dello scomparso diritti dipendenti dalla morte di lui
possono domandare al tribunale competente, secondo l'articolo
precedente, che ne sia dichiarata l'assenza (Cod. Proc. Civ. 722 e
seguenti).
Art. 50 Immissione nel possesso temporaneo dei beni
Divenuta eseguibile la sentenza che dichiara l'assenza, il
tribunale, su istanza di chiunque vi abbia interesse o del pubblico
ministero, ordina l'apertura degli atti di ultima volontà
dell'assente, se vi sono.
Coloro che sarebbero eredi testamentari o legittimi, se l'assente
fosse morto nel giorno a cui risale l'ultima notizia di lui, o i
loro rispettivi eredi (479) possono domandare l'immissione nel
possesso temporaneo dei beni.
I legatari, i donatari e tutti quelli ai quali spetterebbero diritti
dipendenti dalla morte dell'assente possono domandare di essere
ammessi all'esercizio temporaneo di questi diritti.
Coloro che per effetto della morte dell'assente sarebbero liberati
da obbligazioni possono essere temporaneamente esonerati
dall'adempimento di esse salvo che si tratti delle obbligazioni
alimentari previste dall'art. 434.
Per ottenere l'immissione nel possesso l'esercizio temporaneo dei
diritti o la liberazione temporanea delle obbligazioni si deve dare
cauzione nella somma determinata dal tribunale, se taluno non sia in
grado di darla il tribunale può stabilire altre cautele, avuto
riguardo alla qualità delle persone e alla loro parentela con
l'assente.
Art. 51 Assegno alimentare a favore del coniuge dell'assente
Il coniuge dell'assente, oltre ciò che gli spetta per effetto del
regime patrimoniale dei coniugi e per titolo di successione, può
ottenere dal tribunale, in caso di bisogno, un assegno alimentare da
determinarsi secondo le condizioni della famiglia e l'entità del
patrimonio dell'assente.
Art. 52 Effetti della immissione nel possesso temporaneo
L'immissione nel possesso temporaneo dei beni deve essere preceduto
dalla formazione dell'inventario dei beni (Cod. Proc. Civ. 769 e
seguenti).
Essa attribuisce a coloro che l'ottengono e ai loro successori
l'amministrazione dei beni dell'assente, la rappresentanza di lui in
giudizio e il godimento delle rendite dei beni nei limiti stabiliti
nell'articolo seguente.
Art. 53 Godimento dei beni
Gli ascendenti, i discendenti e il coniuge immessi nel possesso
temporaneo dei beni ritengono a loro profitto la totalità delle
rendite. Gli altri devono riservare all'assente il terzo delle
rendite.
Art. 54 Limiti alla disponibilità dei beni
Coloro che hanno ottenuto l'immissione nel possesso temporaneo dei
beni non possono alienarli, ipotecarli o sottoporli a pegno, se non
per necessità o utilità evidente riconosciuta dal tribunale.
Il tribunale nell'autorizzare questi atti dispone circa l'uso e
l'impiego delle somme ricavate.
Art. 55 Immissione di altri nel possesso temporaneo
Se durante il possesso temporaneo taluno prova di avere avuto, al
giorno a cui risale l'ultima notizia dell'assente, un diritto
prevalente o eguale a quello del possessore, può escludere questo
dal possesso o farvisi associare; ma non ha diritto ai frutti (820,
1148) se non dal giorno della domanda giudiziale.
Art. 56 Ritorno dell'assente o prova della sua esistenza
Se durante il possesso temporaneo l'assente ritorna o è provata
l'esistenza di lui, cessano gli effetti della dichiarazione di
assenza, salva, se occorre, l'adozione di provvedimenti per la
conservazione del patrimonio a norma dell'art. 48.
I possessori temporanei dei beni devono restituirli; ma fino al
giorno della loro costituzione in mora (1219) continuano a godere i
vantaggi attribuiti dagli artt. 52 e 53, e gli atti compiuti ai
sensi dell'art. 54 restano irrevocabili.
Se l'assenza e stata volontaria e non è giustificata, l'assente
perde il diritto di farsi restituire le rendite riservategli dalla
norma dell'art. 53.
Art. 57 Prova della morte dell'assente
Se durante il possesso temporaneo è provata la morte dell'assente,
la successione si apre a vantaggio di coloro che al momento della
morte erano i suoi eredi o legatari.
Si applica anche in questo caso la disposizione del secondo comma
dell'articolo precedente.
CAPO II Della dichiarazione di morte presunta
Art. 58 Dichiarazione di morte presunta dell'assente
Quando sono trascorsi dieci anni dal giorno a cui risale l'ultima
notizia dell'assente, il tribunale competente secondo l'art. 48, su
istanza del pubblico ministero o di taluna delle persone indicate
nei capoversi dell'art. 50, può con sentenza dichiarare presunta la
morte dell'assente nel giorno a cui risale l'ultima notizia.
In nessun caso la sentenza può essere pronunziata se non sono
trascorsi nove anni dal raggiungimento della maggiore età
dell'assente.
Può essere dichiarata la morte presunta anche se sia mancata la
dichiarazione di assenza.
Art. 59 Termine per la rinnovazione dell'istanza
L'istanza, quando è stata rigettata, non può essere riproposta prima
che siano decorsi almeno due anni.
Art. 60 Altri casi di dichiarazione di morte presunta
Oltre che nel caso indicato nell'art. 58, può essere dichiarata la
morte presunta nei casi seguenti:
l) quando alcuno è scomparso in operazioni belliche alle quali ha
preso parte, sia nei corpi armati, sia al seguito di essi, o alle
quali si è comunque trovato presente, senza che si abbiano più
notizie di lui, e sono trascorsi due anni dall'entrata in vigore del
trattato di pace o, in mancanza di questo, tre anni dalla fine
dell'anno in cui sono cessate le ostilità;
2) quando alcuno e stato fatto prigioniero dal nemico, o da questo
internato o comunque trasportato in paese straniero, e sono
trascorsi due anni dall'entrata in vigore del trattato di pace, o,
in mancanza di questo, tre anni dalla fine dell'anno in cui sono
cessate le ostilità, senza che si siano avute notizie di lui dopo
l'entrata in vigore del trattato di pace ovvero dopo la cessazione
delle ostilità;
3) quando alcuno e scomparso per un infortunio e non si hanno più
notizie di lui, dopo due anni dal giorno dell'infortunio o, se il
giorno non e conosciuto, dopo due anni dalla fine del mese o, se
neppure il mese è conosciuto, dalla fine dell'anno in cui
l'infortunio e avvenuto.
Art. 61 Data della morte presunta
Nei casi previsti dai nn. 1 e 3 dell'articolo precedente, la
sentenza determina il giorno e possibilmente l'ora a cui risale la
scomparsa nell'operazione bellica o nell'infortunio, e nel caso
indicato dal n. 2 il giorno a cui risale l'ultima notizia.
Qualora non possa determinarsi l'ora, la morte presunta si ha per
avvenuta alla fine del giorno indicato.
Art. 62 Condizioni e forme della dichiarazione di morte presunta
La dichiarazione di morte presunta nei casi indicati dall'art. 60
può essere domandata quando non si e potuto procedere agli
accertamenti richiesti dalla legge per la compilazione dell'atto di
morte.
Questa dichiarazione è pronunziata con sentenza del tribunale su
istanza del pubblico ministero o di alcuna delle persone indicate
nei capoversi dell'art. 50.
Il tribunale, qualora non ritenga di accogliere l'istanza di
dichiarazione di morte presunta, può dichiarare l'assenza dello
scomparso (49 e seguenti; Cod. Proc. Civ. 726).
Art. 63 Effetti della dichiarazione di morte presunta dell'assente
Divenuta eseguibile la sentenza indicata nell'art. 58, coloro che
ottennero l'immissione nel possesso temporaneo dei beni dell'assente
o i loro successori possono disporre liberamente dei beni.
Coloro ai quali fu concesso l'esercizio temporaneo dei diritti o la
liberazione temporanea dalle obbligazioni di cui all'art. 50
conseguono l'esercizio definitivo dei diritti o la liberazione
definitiva dalle obbligazioni.
Si estinguono inoltre le obbligazioni. alimentari indicate nel
quarto comma dell'art. 50.
In ogni caso cessano le cauzioni e le altre cautele che sono state
imposte.
Art. 64 Immissione nel possesso e inventario
Se non v'e stata immissione nel possesso temporaneo dei beni, gli
aventi diritto indicati nei capoversi dell'art. 50 o i loro
successori conseguono il pieno esercizio dei diritti loro spettanti,
quando è diventata eseguibile la sentenza menzionata nell'art. 58.
Coloro che prendono possesso dei beni devono fare precedere
l'inventario dei beni (Cod. Proc. Civ. 769 e seguenti).
Parimenti devono far precedere l'inventario dei beni coloro che
succedono per effetto della dichiarazione di morte presunta nei casi
indicati dall'art. 60.
Art. 65 Nuovo matrimonio del coniuge
Divenuta eseguibile la sentenza che dichiara la morte presunta, il
coniuge può contrarre nuovo matrimonio (68, 117).
Art. 66 Prova dell'esistenza della persona di cui è stata dichiarata
la morte presunta
La persona di cui e stata dichiarata la morte presunta, se ritorna o
ne è provata l'esistenza, ricupera i beni nello stato in cui si
trovano e ha diritto di conseguire il prezzo di quelli alienati,
quando esso sia tuttora dovuto, o i beni nei quali sia stato
investito (73).
Essa ha altresì diritto di pretendere l'adempimento delle
obbligazioni considerate estinte ai sensi del secondo comma
dell'art. 63.
Se è provata la data della sua morte, il diritto previsto nel primo
comma di questo articolo compete a coloro che a quella data
sarebbero stati i suoi eredi o legatari. Questi possono inoltre
pretendere l'adempimento delle obbligazioni considerate estinte ai
sensi del secondo comma dell'art. 63 per il tempo anteriore alla
data della morte.
Sono salvi in ogni caso gli effetti delle prescrizioni e delle
usucapioni (1158 e seguenti; 2934 e seguenti).
Art. 67 Dichiarazione di esistenza o accertamento della morte
La dichiarazione di esistenza della persona di cui e stata
dichiarata la morte presunta e l'accertamento della morte possono
essere sempre fatti, su richiesta del pubblico ministero o di
qualunque interessato, in contraddittorio di tutti coloro che furono
parti nel giudizio in cui fu dichiarata la morte presunta.
Art. 68 Nullità del nuovo matrimonio
Il matrimonio contratto a norma dell'art. 65 è nullo, qualora la
persona della quale fu dichiarata la morte presunta ritorni o ne sia
accertata l'esistenza.
Sono salvi gli effetti civili del matrimonio dichiarato nullo (128).
La nullità non può essere pronunziata nel caso in cui è accertata la
morte, anche se avvenuta in una data posteriore a quella del
matrimonio (117).
CAPO III Delle ragioni eventuali che competono alla persona di cui
si ignora l'esistenza o di cui è stata dichiarata la morte presunta
Art. 69 Diritti spettanti alla persona di cui si ignora l'esistenza
Nessuno e ammesso a reclamare un diritto in nome della persona di
cui si ignora l'esistenza, se non prova che la persona esisteva
quando il diritto e nato.
Art. 70 Successione alla quale sarebbe chiamata la persona di cui si
ignora l'esistenza
Quando s'apre una successione alla quale sarebbe chiamata in tutto o
in parte una persona di cui s'ignora l'esistenza, la successione e
devoluta a coloro ai quali sarebbe spettata in mancanza della detta
persona, salvo il diritto di rappresentazione (467 e seguenti).
Coloro ai quali e devoluta la successione devono innanzi tutto
procedere all'inventario dei beni (Cod. Proc. Civ. 769 e seguenti) e
devono dare cauzione (1179; Cod. Proc. Civ. 50, 725).
Art. 71 Estinzione dei diritti spettanti alla persona di cui si
ignora l'esistenza
Le disposizioni degli articoli precedenti non pregiudicano la
petizione di eredità (533 e seguenti) né gli altri diritti spettanti
alla persona di cui s'ignora l'esistenza o ai suoi eredi o aventi
causa, salvi gli effetti della prescrizione (2934 e seguenti) o
dell'usucapione (1158 e seguenti).
La restituzione dei frutti non è dovuta se non dal giorno della
costituzione in mora (821, 1219).
Art. 72 Successione a cui sarebbe chiamata la persona della quale è
stata dichiarata la morte presunta
Quando s'apre una successione alla quale sarebbe chiamata in tutto o
in parte una persona di cui è stata dichiarata la morte presunta (58
e seguenti), coloro ai quali, in sua mancanza, e devoluta la
successione devono innanzi tutto procedere all'inventario dei beni (Cod.
Proc. Civ. 769).
Art. 73 Estinzione dei diritti spettanti alla persona di cui è stata
dichiarata la morte presunta
Se la persona di cui è stata dichiarata la morte presunta ritorna o
ne è provata l'esistenza al momento dell'apertura della successione,
essa o i suoi eredi o aventi causa possono esercitare la petizione
di eredita (533 e seguenti) e far valere ogni altro diritto, ma non
possono recuperare i beni se non nello stato in cui si trovano, e
non possono ripetere che il prezzo di quelli alienati, quando è
ancora dovuto, o i beni nei quali esso e stato investito, salvi gli
effetti della prescrizione o dell'usucapione (1158 e seguenti; 2934
e seguenti).
Si applica la disposizione del secondo comma dell'art. 71.
TITOLO V
DELLA PARENTELA E DELL'AFFINITA'
Art. 74 Parentela
La parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno
stesso stipite.
Art. 75 Linee della parentela
Sono parenti in linea retta le persone di cui l'una discende
dall'altra; in linea collaterale quelle che, pur avendo uno stipite
comune, non discendono l'una dall'altra.
Art. 76 Computo dei gradi
Nella linea retta si computano altrettanti gradi quante sono le
generazioni, escluso lo stipite.
Nella linea collaterale i gradi si computano dalle generazioni,
salendo da uno dei parenti fino allo stipite comune e da questo
discendendo all'altro parente, sempre restando escluso lo stipite.
Art. 77 Limite della parentela
La legge non riconosce il vincolo di parentela oltre il sesto grado
(572), salvo che per alcuni effetti specialmente determinati.
Art. 78 Affinità
L'affinità è il vincolo tra un coniuge e i parenti dell'altro
coniuge.
Nella linea e nel grado in cui taluno è parente d'uno dei due
coniugi, egli è affine dell'altro coniuge.
L'affinità non cessa per la morte, anche senza prole, del coniuge da
cui deriva, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati
(434). Cessa se il matrimonio è dichiarato nullo, salvi gli effetti
di cui all'art. 87, n. 4.
TITOLO VI
DEL MATRIMONIO
CAPO I
Della promessa di matrimonio
Art. 79 Effetti
La promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo ne ad eseguire ciò
che si fosse convenuto per il caso di non adempimento.
Art. 80 Restituzione dei doni
Il promittente può domandare la restituzione dei doni fatti a causa
della promessa di matrimonio, se questo non è stato contratto (785,
2694).
La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno in cui s'e
avuto il rifiuto di celebrare il matrimonio o dal giorno della morte
di uno dei promittenti.
Art. 81 Risarcimento dei danni
La promessa di matrimonio fatta vicendevolmente per atto pubblico o
per scrittura privata da una persona maggiore di età o dal minore
ammesso a contrarre matrimonio a norma dell'art. 84, oppure
risultante dalla richiesta della pubblicazione, obbliga il
promittente che senza giusto motivo ricusi di eseguirla a risarcire
il danno cagionato all'altra parte per le spese fatte e per le
obbligazioni contratte a causa di quella promessa. Il danno è
risarcito entro il limite in cui le spese e le obbligazioni
corrispondono alla condizione delle parti (2056).
Lo stesso risarcimento è dovuto dal promittente che con la propria
colpa ha dato giusto motivo al rifiuto dell'altro.
La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno del rifiuto di
celebrare il matrimonio (2964 e seguenti).
CAPO II
Del matrimonio celebrato davanti a ministri del culto cattolico e
del matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello
stato
Art. 82 Matrimonio celebrato davanti a ministri del culto cattolico
Il matrimonio celebrato davanti a un ministro del culto cattolico e
regolato in conformità del Concordato con la Santa Sede e delle
leggi speciali sulla materia.
Art. 83 Matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi
nello Stato
Il matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello
Stato è regolato dalle disposizioni del capo seguente, salvo quanto
è stabilito nella legge speciale concernente tale matrimonio.
CAPO III
Del matrimonio celebrato davanti all'ufficiale dello stato civile
SEZIONE I
Delle condizioni necessarie per contrarre matrimonio
Art. 84 Età
I minori di età non possono contrarre matrimonio.
Il tribunale, su istanza dell'interessato, accertata la sua maturità
psico-fisica e la fondatezza delle ragioni addotte, sentito il
pubblico ministero, i genitori o il tutore, può con decreto emesso
in camera di consiglio ammettere per gravi motivi al matrimonio chi
abbia compiuto sedici anni.
Il decreto è comunicato al pubblico ministero, agli sposi, ai
genitori e al tutore.
Contro il decreto può essere proposto reclamo, con ricorso alla
corte d'appello, nel termine perentorio di dieci giorni dalla
comunicazione.
La corte d'appello decide con ordinanza non impugnabile, emessa in
camera di consiglio.
Il decreto acquista efficacia quando è decorso il termine previsto
nel quarto comma, senza che sia stato proposto reclamo.
Art. 85 Interdizione per infermità di mente
Non può contrarre matrimonio l'interdetto per infermità di mente
(116, 117, 119, 414 e seguenti).
Se l'istanza di interdizione è soltanto promossa, il pubblico
ministero può richiedere che si sospenda la celebrazione del
matrimonio; in tal caso la celebrazione non può aver luogo finché la
sentenza che ha pronunziato sull'istanza non sia passata in
giudicato (Cod. Proc. Civ. 324).
Art. 86 Libertà di stato
Non può contrarre matrimonio chi è vincolato da un matrimonio
precedente (65, 116, 117, 124, c.p. 556).
Art. 87 Parentela, affinità, adozione e affiliazione
Non possono contrarre matrimonio fra loro:
l) gli ascendenti e i discendenti in linea retta, legittimi o
naturali;
2) i fratelli e le sorelle germani, consanguinei o uterini;
3) lo zio e la nipote, la zia e il nipote;
4) gli affini in linea retta; il divieto sussiste anche nel caso in
cui l'affinità deriva dal matrimonio dichiarato nullo o sciolto o
per il quale è stata pronunciata la cessazione degli effetti civili;
5) gli affini in linea collaterale in secondo grado;
6) l'adottante, l'adottato e i suoi discendenti;
7) i figli adottivi della stessa persona;
8) l'adottato e i figli dell'adottante;
9) l'adottato e il coniuge dell'adottante, l'adottante e il coniuge
dell'adottato.
I divieti contenuti nei nn. 6, 7, 8 e 9 sono applicabili
all'affiliazione.
I divieti contenuti nei nn. 2 e 3 si applicano anche se il rapporto
dipende da filiazione naturale.
Il tribunale, su ricorso degli interessati, con decreto emesso in
camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare
il matrimonio nei casi indicati dai nn. 3 e 5, anche se si tratti di
affiliazione o di filiazione naturale. L'autorizzazione può essere
accordata anche nel caso indicato dal n. 4 quando l'affinità deriva
da matrimonio dichiarato nullo.
Il decreto è notificato agli interessati e al pubblico ministero.
Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto
dell'art. 84.
Art. 88 Delitto
Non possono contrarre matrimonio tra loro le persone delle quali
l'una è stata condannata per omicidio consumato o tentato sul
coniuge dell'altra (116, 117).
Se ebbe luogo soltanto rinvio a giudizio ovvero fu ordinata la
cattura, si sospende la celebrazione del matrimonio fino a quando
non è pronunziata sentenza di proscioglimento.
Art. 89 Divieto temporaneo di nuove nozze
Non può contrarre matrimonio la donna, se non dopo trecento giorni
dallo scioglimento, dall'annullamento o dalla cessazione degli
effetti civili del precedente matrimonio. Sono esclusi dal divieto i
casi in cui lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del
precedente matrimonio siano stati pronunciati in base all'art. 3, n.
2, lett. b) ed f), della L. 1° dicembre 1970, n. 898, e nei casi in
cui il matrimonio sia stato dichiarato nullo per impotenza, anche
soltanto a generare, di uno dei coniugi.
Il tribunale con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il
pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio quando è
inequivocabilmente escluso lo stato di gravidanza o se risulta da
sentenza passata in giudicato che il marito non ha convissuto con la
moglie, nei trecento giorni precedenti lo scioglimento,
l'annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto
dell'art. 84 e del comma quinto dell'art. 87.
Il divieto cessa dal giorno in cui la gravidanza è terminata.
Art. 90 Assenza del minore
Con il decreto di cui all'art. 84 il tribunale o la corte di appello
nominano, se le circostanze lo esigono, un curatore speciale che
assista il minore nella stipulazione delle convenzioni matrimoniali.
Art. 91 Diversità di razza o di nazionalità (abrogato)
Art. 92 Matrimonio del Re Imperatore e dei Principi Reali (omissis)
SEZIONE II
Delle formalità preliminari del matrimonio
Art. 93 Pubblicazione
La celebrazione del matrimonio dev'essere preceduta dalla
pubblicazione fatta a cura dell'ufficiale dello stato civile.
La pubblicazione consiste nell'affissione alla porta della casa
comunale di un atto dove si indica il nome, il cognome, la
professione, il luogo di nascita e la residenza degli sposi, se essi
siano maggiori o minori di età, nonché il luogo dove intendono
celebrare il matrimonio. L'atto deve anche indicare il nome del
padre e il nome e il cognome della madre degli sposi, salvi i casi
in cui la legge vieta questa menzione (115, 138).
Art. 94 Luogo della pubblicazione
La pubblicazione deve essere richiesta all'ufficiale dello stato
civile del comune dove uno degli sposi ha la residenza ed è fatta
nei comuni di residenza degli sposi.
Se la residenza non dura da un anno, la pubblicazione deve farsi
anche nel comune della precedente residenza.
L'ufficiale dello stato civile cui si domanda la pubblicazione
provvede a chiederla agli ufficiali degli altri comuni nei quali la
pubblicazione deve farsi. Essi devono trasmettere all'ufficiale
dello stato civile richiedente il certificato dell'eseguita
pubblicazione.
Art. 95 Durata della pubblicazione
L'atto di pubblicazione resta affisso alla porta della casa comunale
almeno per otto giorni, comprendenti due domeniche successive (100,
115, 138).
Art. 96 Richiesta della pubblicazione
La richiesta della pubblicazione deve farsi da ambedue gli sposi o
da persona che ne ha da essi ricevuto speciale incarico (81, 135).
Art. 97 Documenti per la pubblicazione
Chi richiede la pubblicazione deve presentare all'ufficiale dello
stato civile un estratto per riassunto dell'atto di nascita di
entrambi gli sposi, nonché ogni altro documento necessario a provare
la libertà degli sposi.
Coloro che esercitano o hanno esercitato la potestà debbono
dichiarare all'ufficiale di stato civile al quale viene rivolta la
richiesta di pubblicazione, sotto la propria personale
responsabilità, che gli sposi non si trovano in alcuna delle
condizioni che impediscono il matrimonio a norma dell'art. 87, di
cui debbono prendere conoscenza attraverso la lettura chiara e
completa fatta dall'ufficiale di stato civile, con ammonizione delle
conseguenze penali delle dichiarazioni mendaci.
La dichiarazione prevista al comma precedente è resa e sottoscritta
dinanzi all'ufficiale di stato civile ed autenticata dallo stesso.
Si applicano le disposizioni degli artt. 20, 24 e 26 della L. 4
gennaio 1968, n. 15.
In difetto della dichiarazione prevista nel secondo comma,
l'ufficiale di stato civile accerta d'ufficio, esclusivamente
mediante esame dell'atto integrale di nascita, l'assenza di
impedimento di parentela o di affinità a termini e per gli effetti
di cui all'art. 87.
Qualora i richiedenti non presentino i documenti necessari,
l'ufficiale di stato civile provvede su loro domanda a richiederli.
(l) Articolo cosi modificato dalla L. 19 maggio 1971, n. 423 e
successivamente dalla L. 19 maggio 1975, n. 151.
Art. 98 Rifiuto della pubblicazione
L'ufficiale dello stato civile che non crede di poter procedere alla
pubblicazione rilascia un certificato coi motivi del rifiuto
(112,138).
Contro il rifiuto è dato ricorso al tribunale, che provvede in
camera di consiglio, sentito il pubblico ministero (Cod. Proc. Civ.
737 e seguenti).
Art. 99 Termine per la celebrazione del matrimonio
Il matrimonio non può essere celebrato prima del quarto giorno dopo
compiuta la pubblicazione.
Se il matrimonio non è celebrato nei centottanta giorni successivi,
la pubblicazione si considera come non avvenuta.
Art. 100 Riduzione del termine e omissione della pubblicazione
Il tribunale, su istanza degli interessati, con decreto non
impugnabile emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico
ministero, può ridurre, per gravi motivi, il termine della
pubblicazione. In questo caso la riduzione del termine è dichiarata
nella pubblicazione.
Può anche autorizzare, con le stesse modalità, per cause gravissime,
l'omissione della pubblicazione, quando venga presentato un atto di
notorietà con il quale quattro persone, ancorché parenti degli
sposi, dichiarano con giuramento, davanti al pretore del mandamento
di uno degli sposi, di ben conoscerli, indicando esattamente il nome
e cognome, la professione e la residenza dei medesimi e dei loro
genitori, e assicurano sulla loro coscienza che nessuno degli
impedimenti stabiliti dagli artt. 85, 86, 87, 88 e 89 si oppone al
matrimonio.
Il pretore deve far precedere all'atto di notorietà la lettura di
detti articoli e ammonire i dichiaranti sull'importanza della loro
attestazione e sulla gravità delle possibili conseguenze.
Quando è stata autorizzata la omissione della pubblicazione, gli
sposi, per essere ammessi alla celebrazione del matrimonio, devono
presentare all'ufficiale dello stato civile, insieme col decreto di
autorizzazione, gli atti previsti dall'art. 97.
Art. 101 Matrimonio in imminente pericolo di vita
Nel caso di imminente pericolo di vita di uno degli sposi,
l'ufficiale dello stato civile del luogo può procedere alla
celebrazione del matrimonio senza pubblicazione e senza l'assenso al
matrimonio, se questo è richiesto, purché gli sposi prima giurino
che non esistono tra loro impedimenti non suscettibili di dispensa
(86, 87).
L'ufficiale dello stato civile dichiara nell'atto di matrimonio il
modo con cui ha accertato l'imminente pericolo di vita (Cod. Nav.
204, 834).
SEZIONE III
Delle opposizioni al matrimonio
Art. 102 Persone che possono fare opposizione
I genitori e, in mancanza loro, gli altri ascendenti e i collaterali
entro il terzo grado (76) possono fare opposizione al matrimonio dei
loro parenti per qualunque causa che osti alla sua celebrazione.
Se uno degli sposi è soggetto a tutela (343 e seguenti) o a cura
(390 e seguenti), il diritto di fare opposizione compete anche al
tutore o al curatore.
Il diritto di opposizione compete anche al coniuge della persona che
vuole contrarre un altro matrimonio.
Quando si tratta di matrimonio in contravvenzione all'art. 89, il
diritto di opposizione spetta anche, se il precedente matrimonio fu
sciolto (149), ai parenti del precedente marito e, se il matrimonio
fu dichiarato nullo (117 e seguenti), a colui col quale il
matrimonio era stato contratto e ai parenti di lui.
Il pubblico ministero deve sempre fare opposizione al matrimonio, se
sa che vi osta un impedimento o se gli consta l'infermità di mente
di uno degli sposi, nei confronti del quale, a causa dell'età, non
possa essere promossa l'interdizione (414 e seguenti).
Art. 103 Atto di opposizione
L'atto di opposizione deve dichiarare la qualità che attribuisce
all'opponente il diritto di farla, le cause dell'opposizione, e
contenere l'elezione di domicilio nel comune dove siede il tribunale
L'atto deve essere notificato nella forma della citazione (Cod. Proc.
Civ. 137, 163) agli sposi e all'ufficiale dello stato civile del
comune nel quale il matrimonio deve essere celebrato.
Art. 104 Effetti dell'opposizione
L'opposizione fatta da chi ne ha facoltà, per causa ammessa dalla
legge, sospende la celebrazione del matrimonio sino a che con
sentenza passata in giudicato sia rimossa l'opposizione.
Se l'opposizione è respinta, l'opponente, che non sia un ascendente
o il pubblico ministero, può essere condannato al risarcimento dei
danni.
Art. 105 Matrimonio del Re Imperatore e dei Principi Reali (omissis)
SEZIONE IV
Della celebrazione del matrimonio
Art. 106 Luogo della celebrazione
Il matrimonio deve essere celebrato pubblicamente nella casa
comunale (110) davanti all'ufficiale dello stato civile al quale fu
fatta la richiesta di pubblicazione (94, 109).
Art. 107 Forma della celebrazione
Nel giorno indicato dalle parti l'ufficiale dello stato civile, alla
presenza di due testimoni, anche se parenti, dà lettura agli sposi
degli artt. 143, 144 e 147; riceve da ciascuna delle parti
personalmente, l'una dopo l'altra, la dichiarazione che esse si
vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie, e di
seguito dichiara che esse sono unite in matrimonio.
L'atto di matrimonio deve essere compilato immediatamente dopo la
celebrazione.
Art. 108 Inapponibilità di termini e condizioni
La dichiarazione degli sposi di prendersi rispettivamente in marito
e in moglie non può essere sottoposta ne a termine ne a condizione
(1353).
Se le parti aggiungono un termine o una condizione, l'ufficiale
dello stato civile non può procedere alla celebrazione del
matrimonio. Se ciò nonostante il matrimonio è celebrato, il termine
e la condizione si hanno per non apposti (138).
Art. 109 Celebrazione in un comune diverso
Quando vi è necessità o convenienza di celebrare il matrimonio in un
comune diverso da quello indicato nell'art. 106, l'ufficiale dello
stato civile, trascorso il termine stabilito nel primo comma
dell'art. 99, richiede per iscritto l'ufficiale del luogo dove il
matrimonio si deve celebrare.
La richiesta è menzionata nell'atto di celebrazione e in esso
inserita. Nel giorno successivo alla celebrazione del matrimonio,
l'ufficiale davanti al quale esso fu celebrato invia, per la
trascrizione, copia autentica dell'atto all'ufficiale da cui fu
fatta la richiesta.
Art. 110 Celebrazione fuori della casa comunale
Se uno degli sposi, per infermità o per altro impedimento
giustificato all'ufficio dello stato civile, è nell'impossibilità di
recarsi alla casa comunale, l'ufficiale si trasferisce col
segretario nel luogo in cui si trova lo sposo impedito, e ivi, alla
presenza di quattro testimoni, procede alla celebrazione del
matrimonio secondo l'art. 107.
Art. 111 Celebrazione per procura
I militari e le persone che per ragioni di servizio si trovano al
seguito delle forze armate possono, in tempo di guerra, celebrare il
matrimonio per procura.
La celebrazione del matrimonio per procura può anche farsi se uno
degli sposi risiede all'estero e concorrono gravi motivi da
valutarsi dal tribunale nella cui circoscrizione risiede l'altro
sposo. L'autorizzazione è concessa con decreto non impugnabile
emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.
La procura deve contenere l'indicazione della persona con la quale
il matrimonio si deve contrarre.
La procura deve essere fatta per atto pubblico (2699); i militari e
le persone al seguito delle forze armate, in tempo di guerra,
possono farla nelle forme speciali ad essi consentite.
Il matrimonio non può essere celebrato quando sono trascorsi
centottanta giorni da quello in cui la procura è stata rilasciata.
La coabitazione, anche temporanea dopo la celebrazione del
matrimonio, elimina gli effetti della revoca della procura, ignorata
dall'altro coniuge al momento della celebrazione.
Art. 112 Rifiuto della celebrazione
L'ufficiale dello stato civile non può rifiutare la celebrazione del
matrimonio se non per una causa ammessa dalla legge.
Se la rifiuta, deve rilasciare un certificato con l'indicazione dei
motivi (98,138).
Contro il rifiuto è dato ricorso al tribunale che provvede in camera
di consiglio, sentito il pubblico ministero (Cod. Proc. Civ. 737 e
seguenti).
Art. 113 Matrimonio celebrato davanti a un apparente ufficiale dello
stato civile
Si considera celebrato davanti all'ufficiale dello stato civile il
matrimonio che sia stato celebrato dinanzi a persona la quale, senza
avere la qualità di ufficiale dello stato civile, ne esercitava
pubblicamente le funzioni, a meno che entrambi gli sposi, al momento
della celebrazione, abbiano saputo che la detta persona non aveva
tale qualità.
Art. 114 Matrimonio del Re Imperatore e dei Principi Reali (omissis)
SEZIONE V
Del matrimonio dei cittadini in paese straniero e degli stranieri
nello Stato
Art. 115 Matrimonio del cittadino all'estero
Il cittadino è soggetto alle disposizioni contenute nella sezione
prima di questo capo, anche quando contrae matrimonio in paese
straniero secondo le forme ivi stabilite (84 e seguenti).
La pubblicazione deve anche farsi nello Stato a norma degli artt.
93, 94 e 95. Se il cittadino non risiede nello Stato, la
pubblicazione si fa nel comune dell'ultimo domicilio (43).
Art. 116 Matrimonio dello straniero nello Stato
Lo straniero che vuole contrarre matrimonio nello Stato deve
presentare all'ufficiale dello stato civile una dichiarazione
dell'autorità competente del proprio paese, dalla quale risulti che
giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio.
Anche lo straniero è tuttavia soggetto alle disposizioni contenute
negli artt. 85, 86, 87, nn.1, 2 e 4, 88 e 89.
Lo straniero che ha domicilio o residenza nello Stato deve inoltre
far fare la pubblicazione secondo le disposizioni di questo codice
(93 e seguenti).
SEZIONE VI
Della nullità del matrimonio
Art. 117 Matrimonio contratto con violazione degli artt. 84, 86, 87
e 88
Il matrimonio contratto con violazione degli artt. 86, 87 e 88 può
essere impugnato dai coniugi, dagli ascendenti prossimi, dal
pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano per impugnarlo un
interesse legittimo e attuale (125,127).
Il matrimonio contratto con violazione dell'art. 84 può essere
impugnato dai coniugi, da ciascuno dei genitori e dal pubblico
ministero. La relativa azione di annullamento può essere proposta
personalmente dal minore non oltre un anno dal raggiungimento della
maggiore età. La domanda, proposta dal genitore o dal pubblico
ministero, deve essere respinta ove, anche in pendenza del giudizio,
il minore abbia raggiunto la maggiore età ovvero vi sia stato
concepimento o procreazione e in ogni caso sia accertata la volontà
del minore di mantenere in vita il vincolo matrimoniale.
Il matrimonio contratto dal coniuge dell'assente non può essere
impugnato finché dura l'assenza.
Nei casi in cui si sarebbe potuta accordare l'autorizzazione ai
sensi del quarto comma dell'art. 87, il matrimonio non può essere
impugnato dopo un anno dalla celebrazione.
La disposizione del primo comma del presente articolo si applica
anche nel caso di nullità del matrimonio previsto dall'art. 68.
Art. 118 (abrogato)
Art. 119 Interdizione
Il matrimonio di chi è stato interdetto per infermità di mente può
essere impugnato dal tutore, dal pubblico ministero e da tutti
coloro che abbiano un interesse legittimo se, al tempo del
matrimonio, vi era già sentenza di interdizione passata in
giudicato, ovvero se la interdizione è stata pronunziata
posteriormente ma l'infermità esisteva al tempo del matrimonio. Può
essere impugnato, dopo revocata l'interdizione, anche dalla persona
che era interdetta.
L'azione non può essere proposta se, dopo revocata l'interdizione,
vi è stata coabitazione per un anno.
Art. 120 Incapacità di intendere o di volere
Il matrimonio può essere impugnato da quello dei coniugi che,
quantunque non interdetto, provi di essere stato incapace di
intendere o di volere, per qualunque causa, anche transitoria, al
momento della celebrazione del matrimonio.
L'azione non può essere proposta se vi è stata coabitazione per un
anno dopo che il coniuge incapace ha recuperato la pienezza delle
facoltà mentali.
Art. 121 (abrogato)
Art. 122 Violenza ed errore
Il matrimonio può essere impugnato da quello dei coniugi il cui
consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di
eccezionale gravità derivante da cause esterne allo sposo.
Il matrimonio può altresì essere impugnato da quello dei coniugi il
cui consenso è stato dato per effetto di errore sull'identità della
persona o di errore essenziale su qualità personali dell'altro
coniuge.
L'errore sulle qualità personali è essenziale qualora, tenute
presenti le condizioni dell'altro coniuge, si accerti che lo stesso
non avrebbe prestato il suo consenso se l'avesse esattamente
conosciute e purché l'errore riguardi:
l) l'esistenza di una malattia fisica o psichica o di una anomalia o
deviazione sessuale, tali da impedire lo svolgimento della vita
coniugale;
2) l'esistenza di una sentenza di condanna per delitto non colposo
alla reclusione non inferiore a cinque anni, salvo il caso di
intervenuta riabilitazione prima della celebrazione del matrimonio.
L'azione di annullamento non può essere proposta prima che la
sentenza sia divenuta irrevocabile;
3) la dichiarazione di delinquenza abituale o professionale;
4) la circostanza che l'altro coniuge sia stato condannato per
delitti concernenti la prostituzione a pena non inferiore a due
anni. L'azione di annullamento non può essere proposta prima che la
condanna sia divenuta irrevocabile;
5) lo stato di gravidanza causato da persona diversa dal soggetto
caduto in errore, purché vi sia stato disconoscimento ai sensi
dell'art. 233, se la gravidanza è stata portata a termine.
L'azione non può essere proposta se vi è stata coabitazione per un
anno dopo che siano cessate la violenza o le cause che hanno
determinato il timore ovvero sia stato scoperto l'errore.
Art. 123 Simulazione
Il matrimonio può essere impugnato da ciascuno dei coniugi quando
gli sposi abbiano convenuto di non adempiere agli obblighi e di non
esercitare i diritti da esso discendenti.
L'azione non può essere proposta decorso un anno dalla celebrazione
del matrimonio ovvero nel caso in cui i contraenti abbiano
convissuto come coniugi successivamente alla celebrazione medesima.
Art. 124 Vincolo di precedente matrimonio
Il coniuge può in qualunque tempo impugnare il matrimonio dell'altro
coniuge; se si oppone la nullità del primo matrimonio, tale
questione deve essere preventivamente giudicata (86, 117).
Art. 125 Azione del pubblico ministero
L'azione di nullità non può essere promossa dal pubblico ministero
dopo la morte di uno dei coniugi.
Art. 126 Separazione dei coniugi in pendenza del giudizio
Quando è proposta domanda di nullità del matrimonio, il Tribunale
può, su istanza di uno dei coniugi, ordinare la loro separazione
temporanea durante il giudizio; può ordinarla anche d'ufficio, se
ambedue i coniugi o uno di essi sono minori o interdetti.
Art. 127 Intrasmissibilità dell'azione
L'azione per impugnare il matrimonio non si trasmette agli eredi se
non quando il giudizio è già pendente alla morte dell'attore.
Art. 128 Matrimonio putativo
Se il matrimonio è dichiarato nullo, gli effetti del matrimonio
valido si producono, in favore dei coniugi, fino alla sentenza che
pronunzia la nullità, quando i coniugi stessi lo hanno contratto in
buona fede, oppure quando il loro consenso è stato estorto con
violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da
cause esterne agli sposi.
Gli effetti del matrimonio valido si producono anche rispetto ai
figli nati o concepiti durante il matrimonio dichiarato nullo,
nonché rispetto ai figli nati prima del matrimonio e riconosciuti
anteriormente alla sentenza che dichiara la nullità.
Se le condizioni indicate nel primo comma si verificano per uno solo
dei coniugi, gli effetti valgono soltanto in favore di lui e dei
figli.
Il matrimonio dichiarato nullo, contratto in malafede da entrambi i
coniugi, ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli nati
o concepiti durante lo stesso, salvo che la nullità dipenda da
bigamia o incesto.
Nell'ipotesi di cui al comma precedente, i figli nei cui confronti
non si verifichino gli effetti del matrimonio valido, hanno lo stato
di figli naturali riconosciuti, nei casi in cui il riconoscimento è
consentito.
Art. 129 Diritti dei coniugi in buona fede
Quando le condizioni del matrimonio putativo si verificano rispetto
ad ambedue i coniugi, il giudice può disporre a carico di uno di
essi e per un periodo non superiore a tre anni l'obbligo di
corrispondere somme periodiche di denaro, in proporzione alle sue
sostanze, a favore dell'altro, ove questi non abbia adeguati redditi
propri e non sia passato a nuove nozze.
Per i provvedimenti che il giudice adotta riguardo ai figli, si
applica l'art. 155.
Art. 129 bis Responsabilità del coniuge in mala fede e del terzo
Il coniuge al quale sia imputabile la nullità del matrimonio, è
tenuto a corrispondere all'altro coniuge in buona fede, qualora il
matrimonio sia annullato, una congrua indennità, anche in mancanza
di prova del danno sofferto. L'indennità deve comunque comprendere
una somma corrispondente al mantenimento per tre anni. E' tenuto
altresì a prestare gli alimenti al coniuge in buona fede, sempre che
non vi siano altri obbligati.
Il terzo al quale sia imputabile la nullità del matrimonio è tenuto
a corrispondere al coniuge in buona fede, se il matrimonio è
annullato, l'indennità prevista nel comma precedente.
In ogni caso il terzo che abbia concorso con uno dei coniugi nel
determinare la nullità del matrimonio è solidalmente responsabile
con lo stesso per il pagamento dell'indennità.
SEZIONE VII
Delle prove della celebrazione del matrimonio
Art. 130 Atto di celebrazione del matrimonio
Nessuno può reclamare il titolo di coniuge e gli effetti del
matrimonio, se non presenta l'atto di celebrazione estratto dai
registri dello stato civile.
Il possesso di stato, quantunque allegato da ambedue i coniugi, non
dispensa dal presentare l'atto di celebrazione.
Art. 131 Possesso di stato
Il possesso di stato, conforme all'atto di celebrazione del
matrimonio, sana ogni difetto di forma.
Art. 132 Mancanza dell'atto di celebrazione
Nel caso di distruzione o di smarrimento dei registri dello stato
civile l'esistenza del matrimonio può essere provata a norma
dell'art. 452.
Quando vi sono indizi che per dolo o per colpa del pubblico
ufficiale o per un caso di forza maggiore l'atto di matrimonio non è
stato inserito nei registri a ciò destinati, la prova dell'esistenza
del matrimonio è ammessa, sempre che risulti in modo non dubbio un
conforme possesso di stato.
Art. 133 Prova della celebrazione risultante da sentenza penale
Se la prova della celebrazione del matrimonio risulta da sentenza
penale, l'iscrizione della sentenza nel registro dello stato civile
assicura al matrimonio, dal giorno della sua celebrazione, tutti gli
effetti riguardo tanto ai coniugi quanto ai figli.
SEZIONE VIII
Disposizioni penali
Art. 134 Omissione di pubblicazione
Sono puniti con l'ammenda da L. 80.000 a L. 400.000 gli sposi e
l'ufficiale dello stato civile che hanno celebrato matrimonio senza
che la celebrazione sia stata preceduta dalla prescritta
pubblicazione (93 e seguenti).
Art. 135 Pubblicazione senza richiesta o senza documenti
E' punito con l'ammenda da L. 40.000 a L. 200.000 l'ufficiale dello
stato civile che ha proceduto alla pubblicazione di un matrimonio
senza la richiesta di cui all'art. 96 o quando manca alcuno dei
documenti prescritti dal primo comma dell'art. 97.
Art. 136 Impedimenti conosciuti dall'ufficiale dello stato civile
L'ufficiale dello stato civile che procede alla celebrazione del
matrimonio, quando vi osta qualche impedimento o divieto di cui egli
ha notizia, è punito con l'ammenda da L. 100.000 a L. 600.000.
Art. 137 Incompetenza dell'ufficiale dello stato civile. Mancanza
dei testimoni
E' punito con l'ammenda da L. 60.000 a L. 400.000 l'ufficiale dello
stato civile che ha celebrato un matrimonio per cui non era
competente (106).
La stessa pena si applica all'ufficiale dello stato civile che ha
proceduto alla celebrazione di un matrimonio senza la presenza dei
testimoni.
Art. 138 Altre infrazioni
E' punito con l'ammenda stabilita nell'art. 135 l'ufficiale dello
stato civile che in qualunque modo contravviene alle disposizioni
degli artt. 93, 95, 98, 99, 106, 107, 108, 109, 110 e 112 o commette
qualsiasi altra infrazione per cui non sia stabilita una pena
speciale in questa sezione.
Art. 139 Cause di nullità note a uno dei coniugi
Il coniuge il quale, conoscendo prima della celebrazione una causa
di nullità del matrimonio, l'abbia lasciata ignorare all'altro, è
punito, se il matrimonio è annullato, con l'ammenda da L. 200.000 a
L. 1.000.000.
Art. 140 Inosservanza del divieto temporaneo di nuove nozze
La donna che contrae matrimonio contro il divieto dell'art. 89,
l'ufficiale che lo celebra e l'altro coniuge sono puniti con
l'ammenda da L. 100.000 a L. 200.000.
Art. 141 Competenza
I reati previsti nei precedenti articoli sono di competenza del
tribunale.
NOTA Le contravvenzioni indicate negli articoli precedenti sono
diventati illeciti amministrativi. Vedere Leggi Speciali.
Art. 142 Limiti d'applicazione delle precedenti disposizioni
Le disposizioni della presente sezione si applicano quando i fatti
ivi contemplati non costituiscono reato più grave.
CAPO IV
Dei diritti e dei doveri che nascono dal matrimonio
Art. 143 Diritti e doveri reciproci dei coniugi
Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi
diritti e assumono i medesimi doveri.
Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà,
all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione
nell'interesse della famiglia e alla coabitazione (Cod. Pen. 570).
Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie
sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o
casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.
Art. 143 bis Cognome della moglie
La moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo
conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze.
Art. 143 ter (abrogato)
Art. 144 Indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia
I coniugi concordano tra loro l'indirizzo della vita familiare e
fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi
e quelle preminenti della famiglia stessa.
A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l'indirizzo
concordato.
Art. 145 Intervento del giudice
In caso di disaccordo ciascuno dei coniugi può chiedere, senza
formalità, l'intervento del giudice il quale, sentite le opinioni
espresse dai coniugi e, per quanto opportuno, dai figli conviventi
che abbiano compiuto il sedicesimo anno, tenta di raggiungere una
soluzione concordata.
Ove questa non sia possibile e il disaccordo concerne la fissazione
della residenza o altri affari essenziali, il giudice, qualora ne
sia richiesto espressamente e congiuntamente dai coniugi, adotta,
con provvedimento non impugnabile, la soluzione che ritiene più
adeguata alle esigenze dell'unità e della vita della famiglia.
Art. 146 Allontanamento dalla residenza familiare
Il diritto all'assistenza morale e materiale previsto dall'art. 143
è sospeso nei confronti del coniuge che, allontanatosi (Cod. Pen.
570) senza giusta causa dalla residenza familiare, rifiuta di
tornarvi.
La proposizione della domanda di separazione o di annullamento o di
scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio
costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza
familiare.
Il giudice può, secondo le circostanze, ordinare il sequestro dei
beni del coniuge allontanatosi, nella misura atta a garantire
l'adempimento degli obblighi previsti dagli artt. 143, terzo comma,
e 147.
Art. 147 Doveri verso i figli
Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere,
istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità,
dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.
Art. 148 Concorso negli oneri
I coniugi devono adempiere l'obbligazione prevista nell'articolo
precedente in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro
capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non
hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti legittimi o naturali,
in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i
mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei
confronti dei figli.
In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di
chiunque vi ha interesse, sentito l'inadempiente ed assunte
informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi
dell'obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente
all'altro coniuge o a chi sopporta le spese per il mantenimento,
l'istruzione e l'educazione della prole.
Il decreto notificato agli interessati ed al terzo debitore,
costituisce titolo esecutivo (Cod. Proc. Civ. 474), ma le parti ed
il terzo debitore, possono proporre opposizione nel termine di venti
giorni dalla notifica.
L'opposizione è regolata dalle norme relative all'opposizione al
decreto di ingiunzione, in quanto applicabili.
Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme
del processo ordinario, la modificazione e la revoca del
provvedimento.
CAPO V
Dello scioglimento del matrimonio e della separazione dei coniugi
Art. 149 Scioglimento del matrimonio
Il matrimonio si scioglie con la morte di uno dei coniugi e negli
altri casi previsti dalla legge.
Gli effetti civili del matrimonio celebrato con rito religioso, ai
sensi dell'art. 82 o dell'art. 83, e regolarmente trascritto,
cessano alla morte di uno dei coniugi e negli altri casi previsti
dalla legge.
Art. 150 Separazione personale
E' ammessa la separazione personale dei coniugi.
La separazione può essere giudiziale o consensuale.
Il diritto di chiedere la separazione giudiziale o l'omologazione di
quella consensuale spetta esclusivamente ai coniugi.
Art. 151 Separazione giudiziale
La separazione può essere chiesta quando si verificano, anche
indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi,
fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza
o da recare grave pregiudizio alla educazione della prole.
Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano
le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia
addebitabile la separazione in considerazione del suo comportamento
contrario ai doveri che derivano dal matrimonio.
Art. 152-153 (abrogati)
Art. 154 Riconciliazione
La riconciliazione tra i coniugi comporta l'abbandono della domanda
di separazione personale già proposta.
Art. 155 Provvedimenti riguardo ai figli
Il giudice che pronunzia la separazione dichiara a quale dei coniugi
i figli sono affidati e adotta ogni altro provvedimento relativo
alla prole, con esclusivo riferimento all'interesse morale e
materiale di essa.
In particolare il giudice stabilisce la misura e il modo con cui
l'altro coniuge deve contribuire al mantenimento, all'istruzione e
all'educazione dei figli, nonché le modalità di esercizio dei suoi
diritti nei rapporti con essi.
Il coniuge cui sono affidati i figli, salva diversa disposizione del
giudice, ha l'esercizio esclusivo della potestà su di essi; egli
deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che
sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i
figli sono adottate da entrambi i coniugi. Il coniuge cui i figli
non siano affidati ha il diritto e il dovere di vigilare sulla loro
istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga
che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.
L'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza, e ove sia
possibile, al coniuge cui vengono affidati i figli.
Il giudice dà inoltre disposizioni circa l'amministrazione dei beni
dei figli e, nell'ipotesi che l'esercizio della potestà sia affidato
ad entrambi i genitori, il concorso degli stessi al godimento
dell'usufrutto legale.
In ogni caso il giudice può per gravi motivi ordinare che la prole
sia collocata presso una terza persona o, nella impossibilità, in un
istituto di educazione (Cod. Proc. Civ. 710).
Nell'emanare i provvedimenti relativi all'affidamento dei figli e al
contributo al loro mantenimento, il giudice deve tener conto
dell'accordo fra le parti: i provvedimenti possono essere diversi
rispetto alle domande delle parti o al loro accordo, ed emessi dopo
l'assunzione di mezzi prova dedotti dalle parti o disposti d'ufficio
dal giudice.
I coniugi hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle
disposizioni concernenti l'affidamento dei figli, l'attribuzione
dell'esercizio della potestà su di essi e le disposizioni relative
alla misura e alle modalità del contributo.
NOTA Il quarto comma dell’art.155 è stato dichiarato in parte
illegittimo dalla Corte Costituzionale (Sent. 454 del 19-27 luglio
1989).
Art. 156 Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i
coniugi
Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del
coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di
ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento,
qualora egli non abbia adeguati redditi propri.
L'entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle
circostanze e ai redditi dell'obbligato.
Resta fermo l'obbligo di prestare gli alimenti di cui agli artt. 433
e seguenti.
Il giudice che pronunzia la separazione può imporre al coniuge di
prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che
egli possa sottrarsi all'adempimento degli obblighi previsti dai
precedenti commi e dall'art. 155.
La sentenza costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca
giudiziale ai sensi dell'art. 2818.
In caso di inadempienza, su richiesta dell'avente diritto, il
giudice può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge
obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche
periodicamente somme di danaro all'obbligato, che una parte di esse
venga versata direttamente agli aventi diritto.
Qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di
parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di cui
ai commi precedenti.
Art. 156 bis Cognome della moglie
Il giudice può vietare alla moglie l'uso del cognome del marito
quando tale uso sia a lui gravemente pregiudizievole, e può
parimenti autorizzare la moglie a non usare il cognome stesso,
qualora dall'uso possa derivarle grave pregiudizio.
Art. 157 Cessazione degli effetti della separazione
I coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti della
sentenza di separazione, senza che sia necessario l'intervento del
giudice, con un'espressa dichiarazione o con un comportamento non
equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione.
La separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto in
relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la
riconciliazione.
Art. 158 Separazione consensuale
La separazione per il solo consenso dei coniugi non ha effetto senza
l'omologazione del giudice (Cod. Proc. Civ. 710-711)
Quando l'accordo dei coniugi relativamente all'affidamento e al
mantenimento dei figli è in contrasto con l'interesse di questi il
giudice riconvoca i coniugi indicando ad essi le modificazioni da
adottare nell'interesse dei figli e, in caso di inidonea soluzione,
può rifiutare allo stato l'omologazione.
CAPO VI
Del regime patrimoniale della famiglia
SEZIONE I
Disposizioni generali
Art. 159 Del regime patrimoniale legale tra i coniugi
Il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diversa
convenzione stipulata a norma dell'art. 162, è costituito dalla
comunione dei beni regolata dalla sezione III del presente capo.
Art. 160 Diritti inderogabili
Gli sposi non possono derogare, né ai diritti né ai doveri provvisti
dalla legge per effetto del matrimonio.
Art. 161 Riferimento generico a leggi o agli usi
Gli sposi non possono pattuire in modo generico che i loro rapporti
patrimoniali siano in tutto o in parte regolati da leggi alle quali
non sono sottoposti o dagli usi, ma devono enunciare in modo
concreto il contenuto dei patti con i quali intendono regolare
questi loro rapporti.
Art. 162 Forma delle convenzioni matrimoniali
Le convenzioni matrimoniali debbono essere stipulate per atto
pubblico sotto pena di nullità.
La scelta del regime di separazione può anche essere dichiarata
nell'atto di celebrazione del matrimonio.
Le convenzioni possono essere stipulate in ogni tempo, ferme
restando le disposizioni dell'art. 194.
Le convenzioni matrimoniali non possono essere opposte ai terzi
quando a margine dell'atto di matrimonio non risultano annotati la
data del contratto, il notaio rogante e le generalità dei
contraenti, ovvero la scelta di cui al secondo comma.
Art. 163 Modifica delle convenzioni
Le modifiche delle convenzioni matrimoniali, anteriori o successive
al matrimonio, non hanno effetto se l'atto pubblico non è stipulato
col consenso di tutte le persone che sono state parti nelle
convenzioni medesime, o dei loro eredi.
Se uno dei coniugi muore dopo aver consentito con atto pubblico alla
modifica delle convenzioni, questa produce i suoi effetti se le
altre parti esprimono anche successivamente il loro consenso, salva
l'omologazione del giudice. L'omologazione può essere chiesta da
tutte le persone che hanno partecipato alla modificazione delle
convenzioni o dai loro eredi.
Le modifiche convenute e la sentenza di omologazione hanno effetto
rispetto ai terzi solo se ne è fatta annotazione in margine all'atto
del matrimonio.
L'annotazione deve inoltre essere fatta a margine della trascrizione
delle convenzioni matrimoniali ove questa sia richiesta a norma
degli artt. 2643 e seguenti.
Art. 164 Simulazione delle convenzioni matrimoniali
E' consentita ai terzi la prova della simulazione delle convenzioni
matrimoniali (1417).
Le controdichiarazioni scritte possono aver effetto nei confronti di
coloro tra i quali sono intervenute, solo se fatte con la presenza
ed il simultaneo consenso di tutte le persone che sono state parti
nelle convenzioni matrimoniali.
Art. 165 Capacità del minore
Il minore ammesso a contrarre matrimonio è pure capace di prestare
il consenso per tutte le relative convenzioni matrimoniali, le quali
sono valide se egli è assistito dai genitori esercenti la potestà su
di lui o dal tutore o dal curatore speciale nominato a norma
dell'art. 90.
Art. 166 Capacità dell'inabilitato
Per la validità delle stipulazioni e delle donazioni, fatte nel
contratto di matrimonio dall'inabilitato (415) o da colui contro il
quale è stato promosso giudizio di inabilitazione, è necessaria
l'assistenza del curatore già nominato. Se questi non è stato ancora
nominato, si provvede alla nomina di un curatore speciale.
Art. 166-bis Divieto di costituzione di dote
E' nulla ogni convenzione che comunque tenda alla costituzione di
beni in dote.
SEZIONE II
Del fondo patrimoniale
Art. 167 Costituzione del fondo patrimoniale
Ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o un terzo, anche
per testamento, possono costituire un fondo patrimoniale, destinando
determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri, o
titoli di credito, a far fronte ai bisogni della famiglia.
La costituzione del fondo patrimoniale per atto tra vivi, effettuata
dal terzo, si perfeziona con l'accettazione dei coniugi.
L'accettazione può essere fatta con atto pubblico posteriore.
La costituzione può essere fatta anche durante il matrimonio.
I titoli di credito devono essere vincolati rendendoli nominativi
con annotazione del vincolo o in altro modo idoneo.
Art. 168 Impiego ed amministrazione del fondo
La proprietà dei beni costituenti il fondo patrimoniale spetta ad
entrambi i coniugi, salvo che sia diversamente stabilito nell'atto
di costituzione.
I frutti (820) dei beni costituenti il fondo patrimoniale sono
impiegati per i bisogni della famiglia.
L'amministrazione dei beni costituenti il fondo patrimoniale è
regolata dalle norme relative all'amministrazione della comunione
legale.
Art. 169 Alienazione dei beni del fondo
Se non è stato espressamente consentito nell'atto di costituzione,
non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque
vincolare beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di
entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, con l'autorizzazione
concessa dal giudice, con provvedimento emesso in camera di
consiglio, nei soli casi di necessità o di utilità evidente.
Art. 170 Esecuzione sui beni e sui frutti
L'esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver
luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti
per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
Art. 171 Cessazione del fondo
La destinazione del fondo termina a seguito dell'annullamento o
dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del
matrimonio.
Se vi sono figli minori il fondo dura fino al compimento della
maggiore età dell'ultimo figlio. In tale caso il giudice può
dettare, su istanza di chi vi abbia interesse, norme per
l'amministrazione del fondo.
Considerate le condizioni economiche dei genitori e dei figli ed
ogni altra circostanza, il giudice può altresì attribuire ai figli,
in godimento o in proprietà, una quota dei beni del fondo.
Se non vi sono figli, si applicano le disposizioni sullo
scioglimento della comunione legale.
Art. 172-176 (abrogati)
SEZIONE III
Della comunione legale
Art. 177 Oggetto della comunione
Costituiscono oggetto della comunione:
a) gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente
durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni
personali;
b) i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non
consumati allo scioglimento della comunione;
c) i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se,
allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati
d) le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il
matrimonio.
Qualora. si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi
anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione
concerne solo gli utili e gli incrementi.
Art. 178 Beni destinati all'esercizio di impresa
I beni destinati all'esercizio dell'impresa di uno dei coniugi
costituita dopo il matrimonio e gli incrementi dell'impresa
costituita anche precedentemente si considerano oggetto della
comunione solo se sussistono al momento dello scioglimento di
questa.
Art. 179 Beni personali
Non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del
coniuge:
a) i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario
o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento;
b) i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di
donazione o successione, quando nell'atto di liberalità o nel
testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla
comunione;
c) i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro
accessori;
d) i beni che servono all'esercizio della professione del coniuge,
tranne quelli destinati alla conduzione di un'azienda facente parte
della comunione;
e) i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la
pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità
lavorativa;
f) i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni
personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia
espressamente dichiarato all'atto dell'acquisto (2647).
L'acquisto di beni immobili, o di beni mobili elencati nell'art.
2683, effettuato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione, ai
sensi delle lett. c), d) ed f) del precedente comma, quando tale
esclusione risulti dall'atto di acquisto se di esso sia stato parte
anche l'altro coniuge.
Art. 180 Amministrazione dei beni della comunione
L'amministrazione dei beni della comunione e la rappresentanza in
giudizio per gli atti ad essa relativi spettano disgiuntamente ad
entrambi i coniugi.
Il compimento degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione,
nonché la stipula dei contratti con i quali si concedono o si
acquistano diritti personali di godimento e la rappresentanza in
giudizio per le relative azioni spettano congiuntamente ad entrambi
i coniugi.
Art. 181 Rifiuto di consenso
Se uno dei coniugi rifiuta il consenso per la stipulazione di un
atto di straordinaria amministrazione o per gli altri atti per cui
il consenso è richiesto, l'altro coniuge può rivolgersi al giudice
per ottenere l'autorizzazione nel caso in cui la stipulazione
dell'atto è necessaria nell'interesse della famiglia o dell'azienda
che a norma della lett. d) dell'art. 177 fa parte della comunione.
Art. 182 Amministrazione affidata ad uno solo dei coniugi
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Persons/Matta/Trib4-97.htm>
In caso di lontananza o di altro impedimento di uno dei coniugi
l'altro, in mancanza di procura del primo risultante da atto
pubblico (2699) o da scrittura privata autenticata (2703), può
compiere, previa autorizzazione del giudice e con le cautele
eventualmente da questo stabilite, gli atti necessari per i quali è
richiesto, a norma del l'art. 180, il consenso di entrambi i
coniugi.
Nel caso di gestione comune di azienda, uno dei coniugi può essere
delegato dall'altro al compimento di tutti gli atti necessari
all'attività dell'impresa.
Art. 183 Esclusione dall'amministrazione
Se uno dei coniugi è minore o non può amministrare ovvero se ha male
amministrato, l'altro coniuge può chiedere al giudice di escluderlo
dall'amministrazione.
Il coniuge privato dell'amministrazione può chiedere al giudice di
esservi reintegrato, se sono venuti meno i motivi che hanno
determinato l'esclusione.
La esclusione opera di diritto riguardo al coniuge interdetto e
permane sino a quando non sia cessato lo stato di interdizione.
Art. 184 Atti compiuti senza il necessario consenso
Gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso
dell'altro coniuge e da questo non convalidati sono annullabili se
riguardano beni immobili o beni mobili elencati nell'art. 2683.
L'azione può essere proposta dal coniuge il cui consenso era
necessario entro un anno (2964) dalla data in cui ha avuto
conoscenza dell'atto e in ogni caso entro un anno dalla data di
trascrizione. Se l'atto non sia stato trascritto e quando il coniuge
non ne abbia avuto conoscenza prima dello scioglimento della
comunione l'azione non può essere proposta oltre l'anno dallo
scioglimento stesso.
Se gli atti riguardano beni mobili diversi da quelli indicati nel
primo comma, il coniuge che li ha compiuti senza il consenso
dell'altro è obbligato su istanza di quest'ultimo a ricostruire la
comunione nello stato in cui era prima del compimento dell'atto o,
qualora ciò non sia possibile, al pagamento dell'equivalente secondo
i valori correnti all'epoca della ricostituzione della comunione.
Art. 185 Amministrazione dei beni personali del coniuge
All'amministrazione dei beni che non rientrano nella comunione o nel
fondo patrimoniale si applicano le disposizioni dei commi secondo,
terzo e quarto dell'art. 217.
Art. 186 Obblighi gravanti sui beni della comunione
I beni della comunione rispondono:
a) di tutti i pesi ed oneri gravanti su di essi al momento
dell'acquisto;
b) di tutti i carichi dell'amministrazione;
c) delle spese per il mantenimento della famiglia e per l'istruzione
e l'educazione dei figli e di ogni obbligazione contratta dai
coniugi, anche separatamente, nell'interesse della famiglia;
d) di ogni obbligazione contratta congiuntamente dai coniugi.
Art. 187 Obbligazioni contratte dai coniugi prima del matrimonio
I beni della comunione, salvo quanto disposto nell'art. 189, non
rispondono delle obbligazioni contratte da uno dei coniugi prima del
matrimonio.
Art. 188 Obbligazioni derivanti da donazioni o successioni
I beni della comunione, salvo quanto disposto nell'art. 189, non
rispondono delle obbligazioni da cui sono gravate le donazioni e le
successioni conseguite dai coniugi durante il matrimonio e non
attribuite alla comunione.
Art. 189 Obbligazioni contratte separatamente dai coniugi
I beni della comunione fino al valore corrispondente alla quota del
coniuge obbligato, rispondono, quando i creditori non possono
soddisfarsi sui beni personali delle obbligazioni contratte dopo il
matrimonio, da uno dei coniugi per il compimento di atti eccedenti
l'ordinaria amministrazione senza il necessario consenso dell'altro.
I creditori particolari di uno dei coniugi, anche se il credito è
sorto anteriormente al matrimonio, possono soddisfarsi in via
sussidiaria sui beni della comunione, fino al valore corrispondente
alla quota del coniuge obbligato. Ad essi, se chirografari, sono
preferiti i creditori della comunione.
Art. 190 Responsabilità sussidiaria dei beni personali
I creditori possono agire in via sussidiaria sui beni personali di
ciascuno dei coniugi, nella misura della metà del credito, quando i
beni della comunione non sono sufficienti a soddisfare i debiti su
di essa gravanti.
Art. 191 Scioglimento della comunione
La comunione si scioglie per la dichiarazione di assenza o di morte
presunta, di uno dei coniugi, per l'annullamento, per lo
scioglimento o per la cessazione degli effetti civili del
matrimonio, per la separazione personale, per la separazione
giudiziale dei beni, per mutamento convenzionale del regime
patrimoniale, per il fallimento di uno dei coniugi.
Nel caso di azienda di cui alla lett. d) dell'art. 177, lo
scioglimento della comunione può essere deciso, per accordo dei
coniugi, osservata la forma prevista dall'art. 162.
Art. 192 Rimborsi e restituzioni
Ciascuno dei coniugi è tenuto a rimborsare alla comunione le somme
prelevate dal patrimonio comune per fini diversi dall'adempimento
delle obbligazioni previste dall'art. 186.
E' tenuto altresì a rimborsare il valore dei beni di cui all'art.
189, a meno che, trattandosi di atto di straordinaria
amministrazione da lui compiuto, dimostri che l'atto stesso sia
stato vantaggioso per la comunione o abbia soddisfatto una necessità
della famiglia.
Ciascuno dei coniugi può richiedere la restituzione delle somme
prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed
investimenti del patrimonio comune.
I rimborsi e le restituzioni si effettuano al momento dello
scioglimento della comunione; tuttavia il giudice può autorizzarli
in un momento anteriore se l'interesse della famiglia lo esige o lo
consente.
Il coniuge che risulta creditore può chiedere di prelevare beni
comuni sino a concorrenza del proprio credito. In caso di dissenso
si applica il quarto comma. I prelievi si effettuano sul denaro,
quindi sui mobili e infine sugli immobili.
Art. 193 Separazione giudiziale dei beni
La separazione giudiziale dei beni può essere pronunziata in caso di
interdizione (417) o di inabilitazione (414) di uno dei coniugi o di
cattiva amministrazione della comunione.
Può altresì essere pronunziata quando il disordine degli affari di
uno dei coniugi o la condotta da questi tenuta nell'amministrazione
dei beni mette in pericolo gli interessi dell'altro o della
comunione o della famiglia, oppure quando uno dei coniugi non
contribuisce ai bisogni di questa in misura proporzionale alle
proprie sostanze o capacità di lavoro.
La separazione può essere chiesta da uno dei coniugi o dal suo
legale rappresentante.
La sentenza che pronunzia la separazione retroagisce al giorno in
cui è stata proposta la domanda ed ha l'effetto di instaurare il
regime di separazione dei beni regolato nella sezione V del presente
capo, salvi i diritti dei terzi.
La sentenza è annotata a margine dell'atto di matrimonio e
sull'originale delle convenzioni matrimoniali (2653).
Art. 194 Divisione dei beni della comunione
La divisione dei beni della comunione legale si effettua ripartendo
in parti eguali l'attivo e il passivo.
Il giudice, in relazione alle necessità della prole e
all'affidamento di essa, può costituire a favore di uno dei coniugi
l'usufrutto su una parte dei beni spettanti all'altro coniuge.
Art. 195 Prelevamento dei beni mobili
Nella divisione i coniugi o i loro eredi hanno diritto di prelevare
i beni mobili che appartenevano ai coniugi stessi prima della
comunione o che sono ad essi pervenuti durante la medesima per
successione o donazione. In mancanza di prova contraria si presume
che i beni mobili facciano parte della comunione.
Art. 196 Ripetizione del valore in caso di mancanza delle cose da
prelevare
Se non si trovano i beni mobili che il coniuge o i suoi eredi hanno
diritto di prelevare a norma dell'articolo precedente essi possono
ripeterne il valore, provandone l'ammontare anche per notorietà,
salvo che la mancanza di quei beni sia dovuta a consumazione per uso
o perimento o per altra causa non imputabile all'altro coniuge.
Art. 197 Limiti al prelevamento nei riguardi dei terzi
Il prelevamento autorizzato dagli articoli precedenti non può farsi,
a pregiudizio dei terzi, qualora la proprietà individuale dei beni
non risulti da atto avente data certa (2702, 2704). E' fatto salvo
al coniuge o ai suoi eredi il diritto di regresso sui beni della
comunione spettanti all'altro coniuge nonché sugli altri beni di
lui.
Art. 198-209 (abrogati)
SEZIONE IV
Della comunione convenzionale
Art. 210 Modifiche convenzionali alla comunione legale dei beni
I coniugi possono, mediante convenzione stipulata a norma dell'art.
162, modificare il regime della comunione legale dei beni purché i
patti non siano in contrasto con le disposizioni dell'art. 161.
I beni indicati alle lett. c), d) ed e), dell'art. 179 non possono
essere compresi nella comunione convenzionale.
Non sono derogabili le norme della comunione legale relative
all'amministrazione dei beni della comunione e all'uguaglianza delle
quote limitatamente ai beni che formerebbero oggetto della comunione
legale.
Art. 211 Obbligazioni dei coniugi contratte prima del matrimonio
I beni della comunione rispondono delle obbligazioni contratte da
uno dei coniugi prima del matrimonio limitatamente al valore dei
beni di proprietà del coniuge stesso prima del matrimonio che, in
base a convenzione stipulata a norma dell'art. 162, sono entrati a
far parte della comunione dei beni.
Art. 212-214 (abrogati)
SEZIONE V Del regime di separazione dei beni
I coniugi possono convenire che ciascuno di essi conservi la
titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio.
Art. 216 (abrogato)
Art. 217 Amministrazione e godimento dei beni
Ciascun coniuge ha il godimento e l'amministrazione dei beni di cui
è titolare esclusivo.
Se ad uno dei coniugi è stata conferita la procura ad amministrare i
beni dell'altro con l'obbligo di rendere conto dei frutti, egli è
tenuto verso l'altro coniuge secondo le regole del mandato (1710,
1718).
Se uno dei coniugi ha amministrato i beni dell'altro con procura
senza l'obbligo di rendere conto dei frutti, egli ed i suoi eredi, a
richiesta dell'altro coniuge o allo scioglimento o alla cessazione
degli effetti civili del matrimonio, sono tenuti a consegnare i
frutti esistenti e non rispondono per quelli consumati.
Se uno dei coniugi, nonostante l'opposizione dell'altro, amministra
i beni di questo o comunque compie atti relativi a detti beni
risponde dei danni e della mancata percezione dei frutti.
Art. 218 Obbligazioni del coniuge che gode dei beni dell'altro
coniuge
Il coniuge che gode dei beni dell'altro coniuge è soggetto a tutte
le obbligazioni dell'usufruttuario (1001).
Art. 219 Prova della proprietà dei beni
Il coniuge può provare con ogni mezzo nei confronti dell'altro la
proprietà esclusiva di un bene.
I beni di cui nessuno dei coniugi può dimostrare la proprietà
esclusiva sono di proprietà indivisa per pari quota di entrambi i
coniugi.
Art. 220-230 (abrogati)
SEZIONE VI
Dell'impresa familiare
Art. 230-bis Impresa familiare
Salvo che configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta
in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o
nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la
condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili
dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli
incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in
proporzione alla quantità alla qualità del lavoro prestato. Le
decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli incrementi
nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi
produttivi e alla cessazione dell'impresa sono adottate, a
maggioranza, dai familiari che partecipano alla impresa stessa. I
familiari partecipanti all'impresa che non hanno la piena capacità
di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la potestà su
di essi.
Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell'uomo.
Ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come
familiare il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini
entro il secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il
coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il
secondo.
Il diritto di partecipazione di cui al primo comma è intrasferibile,
salvo che il trasferimento avvenga a favore di familiari indicati
nel comma precedente col consenso di tutti i partecipi. Esso può
essere liquidato in danaro alla cessazione, per qualsiasi causa,
della prestazione del lavoro, ed altresì in caso di alienazione
dell'azienda. Il pagamento può avvenire in più annualità,
determinate, in difetto di accordo, dal giudice.
In caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell'azienda i
partecipi di cui al primo comma hanno diritto di prelazione
sull'azienda. Si applica, nei limiti in cui è compatibile, la
disposizione dell'art. 732.
Le comunioni tacite familiari nell'esercizio dell'agricoltura (2140)
sono regolate dagli usi che non contrastino con le precedenti norme.
TITOLO VII
DELLA FILIAZIONE
CAPO I
Dello Stato di figlio legittimo
SEZIONE I
Dello stato di figlio legittimo
Art. 231 Paternità del marito
Il marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio.
Art. 232 Presunzione di concepimento durante il matrimonio
Si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando
sono trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio
e non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data
dell'annullamento, dello scioglimento o dalla cessazione degli
effetti civili del matrimonio.
La presunzione non opera decorsi trecento giorni dalla pronuncia di
separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione
consensuale, ovvero dalla data della comparizione dei coniugi avanti
al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere
separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi
previsti nel comma precedente.
Art. 233 Nascita del figlio prima dei centottanta giorni
Il figlio nato prima che siano trascorsi centottanta giorni dalla
celebrazione del matrimonio è reputato legittimo se uno dei coniugi,
o il figlio stesso, non ne disconoscono la paternità.
Art. 234 Nascita del figlio dopo i trecento giorni
Ciascuno dei coniugi e i loro eredi possono provare che il figlio,
nato dopo i trecento giorni dall'annullamento, dallo scioglimento o
dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio, è stato
concepito durante il matrimonio.
Possono analogamente provare il concepimento durante la convivenza
quando il figlio sia nato dopo i trecento giorni dalla pronuncia di
separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione
consensuale, ovvero dalla data di comparizione dei coniugi avanti al
giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere
separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi
previsti nel comma precedente.
In ogni caso il figlio può proporre azione per reclamare lo stato di
legittimo.
Art. 235 Disconoscimento di paternità
L'azione per il disconoscimento di paternità del figlio concepito
durante il matrimonio è consentita solo nei casi seguenti:
l) se i coniugi non hanno coabitato nel periodo compreso fra il
trecentesimo ed il centottantesimo giorno prima della nascita;
2) se durante il tempo predetto il marito era affetto da impotenza,
anche se soltanto di generare;
3) se nel detto periodo la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto
celata al marito la propria gravidanza e la nascita del figlio. In
tali casi il marito è ammesso a provare che il figlio presenta
caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibile con
quello del presunto padre, o ogni altro fatto tendente ad escludere
la paternità.
La sola dichiarazione della madre non esclude la paternità.
L'azione di disconoscimento può essere esercitata anche dalla madre
o dal figlio che ha raggiunto la maggiore età in tutti i casi in cui
può essere esercitata dal padre.
SEZIONE II
Delle prove della filiazione legittima
Art. 236 Atto di nascita e possesso di stato
La filiazione legittima si prova con l'atto di nascita iscritto nei
registri dello stato civile.
Basta, in mancanza di questo titolo, il possesso continuo dello
stato di figlio legittimo.
Art. 237 Fatti costitutivi del possesso di stato
Il possesso di stato risulta da una serie di fatti che nel loro
complesso valgono a dimostrare le relazioni di filiazioni e di
parentela fra una persona e la famiglia a cui essa pretende di
appartenere.
In ogni caso devono concorrere i seguenti fatti:
che la persona abbia sempre portato il cognome del padre che essa
pretende di avere;
che il padre l'abbia trattata come figlio e abbia provveduto in
questa qualità al mantenimento, alla educazione e al collocamento di
essa;
che sia stata costantemente considerata come tale nei rapporti
sociali;
che sia stata riconosciuta in detta qualità dalla famiglia.
Art. 238 Atto di nascita conforme al possesso di stato
Salvo quanto disposto dagli artt. 128, 233, 234, 235 e 239, nessuno
può reclamare uno stato contrario a quello che gli attribuiscono
l'atto di nascita di figlio legittimo e il possesso di stato
conforme all'atto stesso.
Parimenti non si può contestare la legittimità di colui il quale ha
un possesso di stato conforme all'atto di nascita.
Art. 239 Supposizione di parto o sostituzione di neonato
Qualora si tratti di supposizione di parto o di sostituzione di
neonato (Cod. Pen. 566 e seguenti), ancorché vi sia un atto di
nascita conforme al possesso di stato, il figlio può reclamare uno
stato diverso, dando la prova della filiazione anche a mezzo di
testimoni nei limiti e secondo le regole dell'art. 241.
Parimenti si può contestare la legittimità del figlio dando anche a
mezzo di testimoni, nei limiti e secondo le regole sopra indicati,
la prova della supposizione o della sostituzione predette.
Art. 240 Mancanza dell'atto di matrimonio
La legittimità del figlio di due persone, che hanno pubblicamente
vissuto come marito e moglie e sono morte ambedue, non può essere
contestata per il solo motivo che manchi la prova della celebrazione
del matrimonio (130), qualora la stessa legittimità sia provata da
un possesso di stato (237) che non sia in opposizione con l'atto di
nascita.
Art. 241 Prova con testimoni
Quando mancano l'atto di nascita e il possesso di stato, o quando il
figlio fu iscritto sotto falsi nomi (Cod. Pen. 495) o come nato da
genitori ignoti, la prova della filiazione può darsi col mezzo di
testimoni.
Questa prova non può essere ammessa che quando vi è un principio di
prova per iscritto (242), ovvero quando le presunzioni e gli indizi
sono abbastanza gravi da determinare l'ammissione della prova.
Art. 242 Principio di prova per iscritto
Il principio di prova per iscritto risulta dai documenti di
famiglia, dai registri e dalle carte private del padre o della
madre, dagli atti pubblici e privati provenienti da una delle parti
che sono impegnate nella controversia o da altra persona, che, se
fosse in vita, avrebbe interesse nella controversia.
Art. 243 Prova contraria
La prova contraria può darsi con tutti i mezzi atti a dimostrare che
il reclamante non è figlio della donna che egli pretende di avere
per madre, oppure che non è figlio del marito della madre, quando
risulta provata la maternità.
SEZIONE III
Dell'azione di disconoscimento e delle azioni di contestazione e di
reclamo di legittimità
Art. 244 Termini dell'azione di disconoscimento
L'azione di disconoscimento della paternità da parte della madre
deve essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del
figlio.
Il marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno che
decorre dal giorno della nascita quando egli si trovava al tempo di
questa nel luogo in cui è nato il figlio; dal giorno del suo ritorno
nel luogo in cui è nato il figlio o in cui è la residenza familiare
(144) se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di non
aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine decorre
dal giorno in cui ne ha avuto notizia.
L'azione di disconoscimento della paternità può essere proposta dal
figlio, entro un anno dal compimento della maggiore età o dal
momento in cui viene successivamente a conoscenza dei fatti che
rendono ammissibile il disconoscimento.
L'azione può essere altresì promossa da un curatore speciale
nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del
figlio minore che ha compiuto i sedici anni, o del pubblico
ministero quando si tratta di minore di età inferiore.
NOTA Il secondo comma è stato dichiarato in parte illegittimo dalla
Corte Costit. (sentenza 134 del 2 maggio 1985).
Art. 245 Sospensione del termine
Se la parte interessata a promuovere l'azione di disconoscimento
della paternità si trova in stato di interdizione per infermità di
mente (414), la decorrenza del termine indicato nell'articolo
precedente è sospesa, nei suoi confronti, sino a che dura lo stato
di interdizione. L'azione può tuttavia essere promossa dal tutore.
Art. 246 Trasmissibilità dell'azione
Se il titolare dell'azione di disconoscimento della paternità muore
senza averla promossa, ma prima che ne sia decorso il termine, sono
ammessi ad esercitarla in sua vece:
l) nel caso di morte del presunto padre o della madre, i discendenti
e gli ascendenti; il nuovo termine decorre dalla morte del presunto
padre o della madre, o dalla nascita del figlio se si tratta di
figlio postumo;
2) nel caso di morte del figlio, il coniuge o i discendenti; il
nuovo termine decorre dalla morte del figlio o dal raggiungimento
della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti.
Art. 247 Legittimazione passiva
Il presunto padre, la madre ed il figlio sono litisconsorti (Cod.
Proc. Civ. 102) necessari nel giudizio di disconoscimento.
Se una delle parti è minore o interdetta, l'azione è proposta in
contraddittorio con un curatore nominato dal giudice davanti al
quale il giudizio deve essere promosso.
Se una delle parti è un minore emancipato o un maggiore inabilitato,
l'azione è proposta contro la stessa assistita da un curatore
parimenti nominato dal giudice.
Se il presunto padre o la madre o il figlio sono morti l'azione si
propone nei confronti delle persone indicate nell'articolo
precedente o, in loro mancanza, nei confronti di un curatore
parimenti nominato dal giudice.
Art. 248 Legittimazione all'azione di contestazione della
legittimità. Imprescrittibilità
L'azione per contestare la legittimità spetta a chi dall'atto di
nascita del figlio risulti suo genitore e a chiunque vi abbia
interesse.
L'azione è imprescrittibile.
Quando l'azione è proposta nei confronti di persone premorte o
minori o altrimenti incapaci, si osservano le disposizioni
dell'articolo precedente.
Nel giudizio devono essere chiamati entrambi i genitori (Cod. Proc.
Civ. 70, 102, 715).
Art. 249 Reclamo della legittimità
L'azione per reclamare lo stato legittimo spetta al figlio; ma, se
egli non l'ha promossa ed è morto in età minore o nei cinque anni
dopo aver raggiunto la maggiore età, può essere promossa dai
discendenti di lui. Essa deve essere proposta contro entrambi i
genitori, e, in loro mancanza, contro i loro eredi (att. 121).
L'azione è imprescrittibile riguardo al figlio.
CAPO II
Della filiazione naturale e della legittimazione
SEZIONE I
Della filiazione naturale
§1 Del riconoscimento dei figli naturali
Art. 250 Riconoscimento
Il figlio naturale può essere riconosciuto, nei modi previsti
dall'art. 254, dal padre e dalla madre, anche se già uniti in
matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Il
riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto
separatamente.
Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i sedici anni non
produce effetto senza il suo assenso.
Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i sedici anni non
può avvenire senza il consenso dell'altro genitore che abbia già
effettuato il riconoscimento.
Il consenso non può essere rifiutato ove il riconoscimento risponda
all'interesse del figlio. Se vi è opposizione, su ricorso del
genitore che vuole effettuare il riconoscimento, sentito il minore
in contraddittorio con il genitore che si oppone e con l'intervento
del pubblico ministero, decide il tribunale con sentenza che, in
caso di accoglimento della domanda, tiene luogo del consenso
mancante.
Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano
compiuto il sedicesimo anno di età.
Art. 251 Riconoscimento di figli incestuosi
I figli nati da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela
(74) anche soltanto naturale, in linea retta all'infinito o in linea
collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità (78) in
linea retta, non possono essere riconosciuti (128, 278) dai loro
genitori, salvo che questi al tempo del concepimento ignorassero il
vincolo esistente tra di loro o che sia stato dichiarato nullo il
matrimonio da cui deriva l'affinità. Quando uno solo dei genitori è
stato in buona fede, il riconoscimento del figlio può essere fatto
solo da lui.
Il riconoscimento è autorizzato dal giudice, avuto riguardo
all'interesse del figlio ed alla necessità di evitare allo stesso
qualsiasi pregiudizio.
Art. 252 Affidamento del figlio naturale e suo inserimento nella
famiglia legittima
Qualora il figlio naturale di uno dei coniugi sia riconosciuto
durante il matrimonio il giudice, valutate le circostanze, decide in
ordine all'affidamento del minore e adotta ogni altro provvedimento
a tutela del suo interesse morale e materiale.
L'eventuale inserimento del figlio naturale nella famiglia legittima
di uno dei genitori può essere autorizzato dal giudice qualora ciò
non sia contrario all'interesse del minore e sia accertato il
consenso dell'altro coniuge e dei figli legittimi che abbiano
compiuto il sedicesimo anno di età e siano conviventi, nonché
dell'altro genitore naturale che abbia effettuato il riconoscimento.
In questo caso il giudice stabilisce le condizioni che il genitore
cui il figlio è affidato deve osservare e quelle cui deve attenersi
l'altro genitore.
Qualora il figlio naturale sia riconosciuto anteriormente al
matrimonio, il suo inserimento nella famiglia legittima è
subordinato al consenso dell'altro coniuge, a meno che il figlio
fosse già convivente con il genitore all'atto del matrimonio o
l'altro coniuge conoscesse l'esistenza del figlio naturale.
E' altresì richiesto il consenso dell'altro genitore naturale che
abbia effettuato il riconoscimento.
Art. 253 Inammissibilità del riconoscimento
In nessun caso è ammesso un riconoscimento in contrasto con lo stato
di figlio legittimo o legittimato in cui la persona si trova.
Art. 254 Forma del riconoscimento
Il riconoscimento del figlio naturale è fatto nell'atto di nascita,
oppure con una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al
concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile o davanti
al giudice tutelare o in un atto pubblico o in un testamento (587),
qualunque sia la forma di questo.
La domanda di legittimazione di un figlio naturale presentata al
giudice o la dichiarazione della volontà di legittimarlo espressa
dal genitore in un atto pubblico (2699) o in un testamento (587)
importa riconoscimento, anche se la legittimazione non abbia luogo.
Art. 255 Riconoscimento di un figlio premorto
Può anche aver luogo il riconoscimento del figlio premorto in favore
dei suoi discendenti legittimi e dei suoi figli naturali
riconosciuti.
Art. 256 Irrevocabilità del riconoscimento
Il riconoscimento è irrevocabile. Quando è contenuto in un
testamento ha effetto dal giorno della morte del testatore, anche se
il testamento è stato revocato.
Art. 257 Clausole limitatrici
E' nulla ogni clausola diretta a limitare gli effetti del
riconoscimento.
Art. 258 Effetti del riconoscimento
Il riconoscimento non produce effetti che riguardo al genitore da
cui fu fatto, salvo i casi previsti dalla legge.
L'atto di riconoscimento di uno solo dei genitori non può contenere
indicazioni relative all'altro genitore. Queste indicazioni, qualora
siano state fatte, sono senza effetto.
Il pubblico ufficiale che le riceve e l'ufficiale dello stato civile
che le riproduce sui registri dello stato civile sono puniti con
l'ammenda da lire ventimila a lire ottantamila. Le indicazioni
stesse devono essere cancellate.
Art. 259-260 (abrogati)
Art. 261 Diritti e doveri derivanti al genitore dal riconoscimento
Il riconoscimento comporta da parte del genitore l'assunzione di
tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei
figli legittimi.
Art. 262 Cognome del figlio
Il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo
ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato
contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio naturale assume
il cognome del padre.
Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o
riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre,
il figlio naturale può assumere il cognome del padre aggiungendolo o
sostituendolo a quello della madre.
Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa
l'assunzione del cognome del padre.
Art. 263 Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità
Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità
dall'autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto e
da chiunque vi abbia interesse.
L'impugnazione è ammessa anche dopo la legittimazione (280 e
seguenti).
L'azione è imprescrittibile.
Art. 264 Impugnazione da parte del riconosciuto
Colui che è stato riconosciuto non può, durante la minore età o lo
stato d'interdizione per infermità di mente, impugnare il
riconoscimento.
Tuttavia il giudice, con provvedimento in camera di consiglio su
istanza del pubblico ministero o del tutore o dell'altro genitore
che abbia validamente riconosciuto il figlio o del figlio stesso che
abbia compiuto il sedicesimo anno di età, può dare l'autorizzazione
per impugnare il riconoscimento, nominando un curatore speciale
(715).
Art. 265 Impugnazione per violenza
Il riconoscimento può essere impugnato per violenza dall'autore del
riconoscimento entro un anno (2964) dal giorno in cui la violenza è
cessata.
Se l'autore del riconoscimento è minore, l'azione può essere
promossa entro un anno dal conseguimento dell'età maggiore (267).
Art. 266 Impugnazione del riconoscimento per effetto di interdizione
giudiziale
Il riconoscimento può essere impugnato per l'incapacità che deriva
da interdizione giudiziale (414 e seguenti) dal rappresentante
dell'interdetto e, dopo la revoca dell'interdizione, dall'autore del
riconoscimento, entro un anno dalla data della revoca (267).
Art. 267 Trasmissibilità dell'azione
Nei casi indicati dagli artt. 265 e 266, se l'autore del
riconoscimento è morto senza aver promosso l'azione, ma prima che
sia scaduto il termine, l’azione può essere promossa dai
discendenti, dagli ascendenti o dagli eredi.
Art. 268 Provvedimenti in pendenza del giudizio
Quando è impugnato il riconoscimento, il giudice può dare, in
pendenza del giudizio, i provvedimenti che ritenga opportuni
nell'interesse del figlio.
§ 2 Della dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità
naturale
Art. 269 Dichiarazione giudiziale di paternità e maternità
La paternità e la maternità naturale possono essere giudizialmente
dichiarate nei casi in cui il riconoscimento è ammesso.
La prova della paternità e della maternità può essere data con ogni
mezzo.
La maternità è dimostrata provando la identità di colui che si
pretende essere figlio e di colui ce fu partorito dalla donna, la
quale si assume essere madre.
La sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti
tra la madre e il preteso padre all'epoca del concepimento non
costituiscono prova della paternità naturale.
Art. 270 Legittimazione attiva e termine
L'azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità
o la maternità naturale è imprescrittibile riguardo al figlio.
Se il figlio muore prima di avere iniziato l'azione, questa può
essere promossa dai discendenti legittimi, legittimati o naturali
(258) riconosciuti, entro due anni dalla morte.
L'azione promossa dal figlio, se egli muore, può essere proseguita
dai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti.
Art. 271-272 (abrogati)
Art. 273 Azione nell'interesse del minore o dell'interdetto
L'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità
o la maternità naturale può essere promossa, nell'interesse del
minore, dal genitore che esercita la potestà prevista dall'art. 316
o dal tutore. Il tutore però deve chiedere l'autorizzazione del
giudice, il quale può anche nominare un curatore speciale.
Occorre il consenso del figlio per promuovere o per proseguire
l'azione se egli ha compiuto l'età di sedici anni.
Per l'interdetto l'azione può essere promossa dal tutore previa
autorizzazione del giudice.
Art. 274 Ammissibilità dell'azione
L'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità
naturale è ammessa solo quando concorrono specifiche circostanze
tali da farla apparire giustificata.
Sull'ammissibilità il tribunale decide in camera di consiglio con
decreto motivato, su ricorso (Cod. Proc. Civ. 125, 737) di chi
intende promuovere l'azione, sentiti il pubblico ministero e le
parti e assunte le informazioni del caso. Contro il decreto si può
proporre reclamo con ricorso alla Corte d'appello, che pronuncia
anche essa in camera di consiglio.
L'inchiesta sommaria compiuta dal tribunale ha luogo senza alcuna
pubblicità e deve essere mantenuta segreta. Al termine
dell'inchiesta gli atti e i documenti della stessa sono depositati
in cancelleria ed il cancelliere deve darne avviso alle parti le
quali, entro quindici giorni dalla comunicazione di detto avviso,
hanno facoltà di esaminarli e di depositare memorie illustrative.
Il tribunale, anche prima di ammettere l'azione, può, se trattasi di
minore o d'altra persona incapace, nominare un curatore speciale che
la rappresenti in giudizio.
Art. 275 (abrogato)
Art. 276 Legittimazione passiva
La domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità naturale
deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in
mancanza di lui, nei confronti dei suoi eredi (Cod. Proc. Civ. 102).
Alla domanda può contraddire chiunque vi abbia interesse.
Art. 277 Effetti della sentenza
La sentenza che dichiara la filiazione naturale produce gli effetti
del riconoscimento (258 e seguenti).
Il giudice può anche dare i provvedimenti che stima utili per il
mantenimento, l'istruzione e l'educazione del figlio e per la tutela
degli interessi patrimoniali di lui.
Art. 278 Indagini sulla paternità o maternità
Le indagini sulla paternità o sulla maternità non sono ammesse nei
casi in cui, a norma dell'art. 251, il riconoscimento dei figli
incestuosi è vietato.
Possono essere ammesse dal giudice quando vi è stato ratto o
violenza carnale nel tempo che corrisponde a quello del concepimento
(Cod. Pen. 519, 523 e seguenti).
Art. 279 Responsabilità per il mantenimento e l'educazione
In ogni caso in cui non può proporsi l'azione per la dichiarazione
giudiziale di paternità o di maternità, il figlio naturale può agire
per ottenere il mantenimento, I'istruzione e l'educazione (580,
594). Il figlio naturale se maggiorenne e in stato di bisogno può
agire per ottenere gli alimenti.
L'azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi
dell'art. 274.
L'azione può essere promossa nell'interesse del figlio minore da un
curatore speciale nominato dal giudice su richiesta del pubblico
ministero o del genitore che esercita la potestà.
SEZIONE II
Della legittimazione dei figli naturali
Art. 280 Legittimazione
La legittimazione attribuisce a colui che è nato fuori del
matrimonio la qualità di figlio legittimo.
Essa avviene per susseguente matrimonio dei genitori del figlio
naturale o per provvedimento del giudice.
Art. 281 Divieto di legittimazione
Non possono essere legittimati i figli che non possono essere
riconosciuti (251).
Art. 282 Legittimazione dei figli premorti
La legittimazione dei figli premorti può anche aver luogo in favore
dei loro discendenti legittimi e dei loro figli naturali
riconosciuti.
Art. 283 Effetti e decorrenza della legittimazione per susseguente
matrimonio
I figli legittimati per susseguente matrimonio acquistano i diritti
dei figli legittimi dal giorno del matrimonio, se sono stati
riconosciuti da entrambi i genitori nell'atto di matrimonio o
anteriormente, oppure dal giorno del riconoscimento se questo è
avvenuto dopo il matrimonio.
Art. 284 Legittimazione per provvedimento del giudice
La legittimazione può essere concessa con provvedimento del giudice
soltanto se corrisponde agli interessi del figlio ed inoltre se
concorrono le seguenti condizioni:
l) che sia domandata dai genitori stessi o da uno di essi e che il
genitore abbia compiuto l'età indicata nel quinto comma dell'art.
250;
2) che per il genitore vi sia l'impossibilità o un gravissimo
ostacolo a legittimare il figlio per susseguente matrimonio;
3) che vi sia l'assenso dell'altro coniuge se il richiedente è unito
in matrimonio e non è legalmente separato;
4) che vi sia il consenso del figlio legittimando se ha compiuto gli
anni sedici, o dell'altro genitore o del curatore speciale, se il
figlio è minore degli anni sedici, salvo che il figlio sia già
riconosciuto.
La legittimazione può essere chiesta anche in presenza di figli
legittimi o legittimati. In tal caso il presidente del tribunale
deve ascoltare i figli legittimi o legittimati, se di eta superiore
ai sedici anni.
Art. 285 Condizione per la legittimazione dopo la morte dei genitori
Se uno dei genitori ha espresso in un testamento o in un atto
pubblico la volontà di legittimare i figli naturali, questi possono,
dopo la morte di lui, domandare la legittimazione se sussisteva la
condizione prevista nel n. 2 dell'articolo precedente.
In questo caso la domanda deve essere comunicata agli ascendenti,
discendenti, e coniuge o, in loro mancanza, a due tra i prossimi
parenti, del genitore entro il quarto grado.
Art. 286 Legittimazione domandata dall'ascendente
La domanda di legittimazione di un figlio naturale riconosciuto
(250, 277) può in caso di morte del genitore essere fatta da uno
degli ascendenti legittimi di lui, se il genitore non ha comunque
espressa una volontà in contrasto con quella di legittimare (att.
124).
Art. 287 Legittimazione in base alla procura per il matrimonio
Nei casi in cui è consentito di celebrare il matrimonio per procura,
quando concorrono le condizioni per la legittimazione per
susseguente matrimonio la legittimazione dei figli naturali con
provvedimento del giudice può essere domandata in base alla procura
a contrarre il matrimonio, se questo non poté essere celebrato per
la sopravvenuta morte del mandante.
Quando i figli sono stati riconosciuti, per domandarne la
legittimazione è necessario che dalla procura risulti la volontà di
riconoscerli o di legittimarli.
Art. 288 Procedura
La domanda di legittimazione accompagnata dai documenti
giustificativi deve essere diretta al presidente del tribunale nella
cui circoscrizione il richiedente ha la residenza.
Il tribunale, sentito il pubblico ministero, accerta la sussistenza
delle condizioni stabilite negli articoli precedenti e delibera, in
camera di consiglio (Cod. Proc. Civ. 737) sulla domanda di
legittimazione.
Il pubblico ministero e la parte possono, entro venti giorni dalla
comunicazione, proporre reclamo alla Corte d'appello. Questa,
richiamati gli atti dal tribunale, delibera in camera di consiglio,
sentito il pubblico ministero.
In ogni caso la sentenza che accoglie la domanda è annotata in calce
all'atto di nascita del figlio.
Art. 289 Azioni esperibili dopo la legittimazione
La legittimazione per provvedimento del giudice non impedisce
l'azione ordinaria per la contestazione dello stato di figlio
legittimato per la mancanza delle condizioni indicate nel n. 1
dell'art. 284, negli artt. 285, 286 e 287, ferma restando la
disposizione dell'art. 263.
Se manca la condizione indicata nel n. 3 dell'art. 284 la
contestazione può essere promossa soltanto dal coniuge del quale è
mancato l'assenso.
Art. 290 Effetti e decorrenza della legittimazione per provvedimento
del giudice
La legittimazione per provvedimento del giudice produce gli stessi
effetti della legittimazione per susseguente matrimonio, ma soltanto
dalla data del provvedimento e nei confronti del genitore riguardo
al quale la legittimazione è stata concessa.
Se il provvedimento interviene dopo la morte del genitore, gli
effetti risalgono alla data della morte, purché la domanda di
legittimazione non sia stata presentata dopo un anno da tale data.
TITOLO VIII
Dell'adozione di persone maggiori di età
CAPO I
Dell'adozione di persone maggiori di età e dei suoi effetti
Art. 291 Condizioni
L'adozione è permessa alle persone che non hanno discendenti
legittimi o legittimati, che hanno compiuto gli anni trentacinque e
che superano almeno di diciotto anni l'età di coloro che essi
intendono adottare.
Quando eccezionali circostanze lo consigliano, il tribunale può
autorizzare l'adozione se l'adottante ha raggiunto almeno l'età di
trent'anni, ferma restando la differenza di età di cui al comma
precedente.
Art. 292 Divieto di adozione per diversità di razza (abrogato)
Art. 293 Divieto d'adozione di figli nati fuori del matrimonio
I figli nati fuori del matrimonio non possono essere adottati dai
loro genitori.
Art. 294 Pluralità di adottati o di adottanti
E' ammessa l'adozione di più persone anche con atti successivi.
Nessuno può essere adottato da più di una persona, salvo che i due
adottanti siano marito e moglie.
Art. 295 Adozione da parte del tutore
Il tutore non può adottare la persona (414) della quale ha avuto la
tutela, se non dopo che sia stato approvato il conto della sua
amministrazione, sia stata fatta la consegna dei beni e siano state
estinte le obbligazioni risultanti a suo carico o data idonea
garanzia per il loro adempimento (385 e seguenti).
Art. 296 Consenso per l'adozione
Per l'adozione si richiede il consenso dell'adottante e
dell'adottando (298, 311 e seguenti).
Se l'adottando non ha compiuto la maggiore età il consenso è dato
dal suo legale rappresentante.
Art. 297 Assenso del coniuge o dei genitori
Per l'adozione è necessario l'assenso dei genitori dell'adottando e
l'assenso del coniuge dell'adottante e dell'adottando, se coniugati
e non legalmente separati.
Quando è negato l'assenso previsto dal primo comma, il tribunale,
sentiti gli interessati, su istanza dell'adottante, può, ove
ritenga. ll rifiuto ingiustificato o contrario all'interesse
dell'adottando, pronunziare ugualmente l'adozione, salvo che si
tratti dell'assenso dei genitori esercenti la potestà o del coniuge,
se convivente, dell'adottante o dell'adottando. Parimenti il
tribunale può pronunziare l'adozione quando è impossibile ottenere
l'assenso per incapacità o irreperibilità delle persone chiamate ad
esprimerlo.
Art. 298 Decorrenza degli effetti dell'adozione
L'adozione produce i suoi effetti dalla data del decreto che la
pronunzia.
Finché il decreto non è emanato, tanto l'adottante quanto
l'adottando possono revocare il loro consenso.
Se l'adottante muore dopo la prestazione del consenso e prima
dell'emanazione del decreto, si può procedere al compimento degli
atti necessari per l'adozione.
Gli eredi dell'adottante possono presentare alla corte memorie e
osservazioni per opporsi all'adozione.
Se l'adozione è ammessa, essa produce i suoi effetti dal momento
della morte dell'adottante.
Art. 299 Cognome dell'adottato
L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al
proprio.
L'adottato che sia figlio naturale non riconosciuto dei propri
genitori assume solo il cognome dell'adottante. Il riconoscimento
successivo all'adozione non fa assumere all'adottato il cognome del
genitore che lo ha riconosciuto, salvo che l'adozione sia
successivamente revocata. Il figlio naturale che sia stato
riconosciuto dai propri genitori e sia successivamente adottato,
assume il cognome dell'adottante.
Se l'adozione è compiuta da coniugi, l'adottato assume il cognome
del marito.
Se l'adozione è compiuta da una donna maritata, I'adottato, che non
sia figlio del marito, assume il cognome della famiglia di lei.
Art. 300 Diritti e doveri dell'adottato
L'adottato conserva tutti i diritti e i doveri verso la sua famiglia
di origine (315 e seguenti), salve le eccezioni stabilite dalla
legge.
L'adozione non induce alcun rapporto civile tra l'adottante e la
famiglia dell'adottato né tra l'adottato e i parenti dell'adottante,
salve le eccezioni stabilite dalla legge (87).
Art. 301-303 (abrogati)
Art. 304 Diritti di successione
L'adozione non attribuisce all'adottante alcun diritto di
successione (567).
I diritti dell'adottato nella successione dell'adottante sono
regolati dalle norme contenute nel libro II (468, 536, 567).
Art. 305 Revoca dell'adozione
L'adozione si può revocare soltanto nei casi preveduti dagli
articoli seguenti (att. 352, 127).
Art. 306 Revoca per indegnità dell'adottato
La revoca dell'adozione può essere pronunziata dal tribunale su
domanda dell'adottante, quando l'adottato abbia attentato alla vita
di lui o del suo coniuge, dei suoi discendenti o ascendenti, ovvero
si sia reso colpevole verso loro di delitto punibile con pena
restrittiva della libertà personale non inferiore nel minimo a tre
anni.
Se l'adottante muore in conseguenza dell'attentato, la revoca
dell'adozione può essere chiesta da coloro ai quali si devolverebbe
l'eredità in mancanza dell'adottato e dei suoi discendenti.
Art. 307 Revoca per indegnità dell'adottante
Quando i fatti previsti dall'articolo precedente sono stati compiuti
dall'adottante contro l'adottato, oppure contro il coniuge o i
discendenti o gli ascendenti di lui, la revoca può essere
pronunziata su domanda dell'adottato.
Art. 308 (abrogato)
Art. 309 Decorrenza degli effetti della revoca
Gli effetti dell'adozione (298 e seguenti) cessano quando passa in
giudicato la sentenza di revoca.
Se tuttavia la revoca è pronunziata dopo la morte dell'adottante per
fatto imputabile all'adottato, l'adottato e i suoi discendenti sono
esclusi dalla successione dell'adottante (463 e seguenti.).
Art. 310 (abrogato)
CAPO II
Delle forme dell'adozione di persone di maggiore età
Art. 311 Manifestazione del consenso
Il consenso dell'adottante e dell'adottando o del legale
rappresentante di questo, deve essere manifestato personalmente al
presidente del tribunale nel cui circondario l'adottante ha la
residenza.
L'assenso delle persone indicate negli artt. 296 e 297 può essere
dato da persona munita di procura speciale rilasciata per atto
pubblico o per scrittura privata autenticata.
Art. 312 Accertamenti del tribunale
Il tribunale, assunte le opportune informazioni, verifica:
l) se tutte le condizioni della legge sono state adempiute;
2) se l'adozione conviene all'adottando.
Art. 313 Provvedimento del tribunale
Il tribunale, in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero
e omessa ogni altra formalità di procedura, provvede con decreto
motivato decidendo di far luogo o non far luogo all'adozione.
L'adottante, il pubblico ministero, l’adottando, entro trenta giorni
dalla comunicazione, possono impugnare il decreto del tribunale con
reclamo alla corte di appello, che decide in camera di consiglio,
sentito il pubblico ministero.
Art. 314 Pubblicità
Il decreto che pronuncia l'adozione, divenuto definitivo, è
trascritto a cura del cancelliere del tribunale competente, entro il
decimo giorno successivo a quello della relativa comunicazione, da
effettuarsi non oltre cinque giorni dal deposito, da parte del
cancelliere del giudice dell'impugnazione, su apposito registro e
comunicato all'ufficiale di stato civile per l'annotazione a margine
dell'atto di nascita dell'adottato.
Con la procedura di cui al comma precedente deve essere altresì
trascritta ed annotata la sentenza di revoca della adozione, passata
in giudicato.
L'autorità giudiziaria può inoltre ordinare la pubblicazione del
decreto che pronunzia l'adozione o della sentenza di revoca nei modi
che ritiene opportuni.
TITOLO IX
DELLA POTESTA' DEI GENITORI
Art. 315 Doveri del figlio verso i genitori
Il figlio (231 e seguenti) deve rispettare i genitori e deve
contribuire in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito,
al mantenimento della famiglia finché convive con essa.
Art. 316 Esercizio della potestà dei genitori
Il figlio è soggetto alla potestà dei genitori sino all'età maggiore
o alla emancipazione (2, 390)
La potestà è esercitata di comune accordo da entrambi (155, 317,
327, 343) i genitori.
In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno
dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i
provvedimenti che ritiene più idonei.
Se sussiste un incombente pericolo di grave pregiudizio per il
figlio, il padre può adottare i provvedimenti urgenti ed
indifferibili (322).
Il giudice, sentiti i genitori ed il figlio, se maggiore degli anni
quattordici, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili
nell'interesse del figlio e dell'unità familiare. Se il contrasto
permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei
genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare
l'interesse del figlio.
Art. 317 Impedimento di uno dei genitori
Nel caso di lontananza, di incapacità o di altro impedimento che
renda impossibile ad uno dei genitori l'esercizio della potestà,
questa è esercitata in modo esclusivo dall'altro.
La potestà comune dei genitori non cessa quando, a seguito di
separazione, di scioglimento, di annullamento o di cessazione degli
effetti civili del matrimonio, i figli vengono affidati ad uno di
essi. L'esercizio della potestà è regolato, in tali casi, secondo
quanto disposto nell'art. 155.
Art. 317-bis Esercizio della potestà
Al genitore che ha riconosciuto il figlio naturale spetta la potestà
su di lui.
Se il riconoscimento è fatto da entrambi i genitori, I'esercizio
della potestà spetta congiuntamente ad entrambi qualora siano
conviventi. Si applicano le disposizioni dell'art. 316. Se i
genitori non convivono l'esercizio della potestà spetta al genitore
col quale il figlio convive ovvero, se non convive con alcuno di
essi, al primo che ha fatto il riconoscimento. Il giudice,
nell'esclusivo interesse del figlio, può disporre diversamente; può
anche escludere dall'esercizio della potestà entrambi i genitori,
provvedendo alla nomina di un tutore.
Il genitore che non esercita la potestà ha il potere di vigilare
sull'istruzione, sull'educazione e sulle condizioni di vita del
figlio minore.
Art. 318 Abbandono della casa del genitore
Il figlio non può abbandonare la casa dei genitori o del genitore
che esercita su di lui la potestà né la dimora da essi assegnatagli.
Qualora se ne allontani senza il permesso, i genitori possono
richiamarlo ricorrendo, se necessario, al giudice tutelare.
Art. 319 (abrogato)
Art. 320 Rappresentanza e amministrazione
I genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via
esclusiva la potestà, rappresentano i figli nati e nascituri in
tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. Gli atti di
ordinaria amministrazione, esclusi i contratti con i quali si
concedono o si acquistano diritti personali di godimento, possono
essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore (322).
Si applicano, in caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle
decisioni concordate, le disposizioni dell'art. 316.
I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni
pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte,
accettare o rinunziare ad eredità o legati, accettare donazioni,
procedere allo scioglimento di comunioni, contrarre mutui o
locazioni ultranovennali (1572) o compiere altri atti eccedenti la
ordinaria amministrazione né promuovere, transigere o compromettere
in arbitri giudizi relativi a tali atti, se non per necessità o
utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice
tutelare.
I capitali non possono essere riscossi senza autorizzazione del
giudice tutelare, il quale ne determina l'impiego.
L'esercizio di una impresa commerciale (2195) non può essere
continuato se non con l'autorizzazione del tribunale su parere del
giudice tutelare. Questi può consentire l'esercizio provvisorio
dell'impresa, fino a quando il tribunale abbia deliberato sulla
istanza (2198).
Se sorge conflitto di interessi patrimoniali tra i figli soggetti
alla stessa potestà, o tra essi e i genitori o quello di essi che
esercita in via esclusiva la potestà, il giudice tutelare nomina ai
figli un curatore speciale. Se il conflitto sorge tra i figli e uno
solo dei genitori esercenti la potestà, la rappresentanza dei figli
spetta esclusivamente all'altro genitore.
Art. 321 Nomina di un curatore speciale
In tutti i casi in cui i genitori congiuntamente, o quello di essi
che esercita in via esclusiva la potestà 1155), non possono o non
vogliono compiere uno o più atti di interesse del figlio, eccedente
l'ordinaria amministrazione, il giudice, su richiesta del figlio
stesso, del pubblico ministero o di uno dei parenti che vi abbia
interesse, e sentiti i genitori, può nominare al figlio un curatore
speciale autorizzandolo al compimento di tali atti.
Art. 322 Inosservanza delle disposizioni precedenti
Gli atti compiuti senza osservare le norme dei precedenti articoli
del presente titolo possono essere annullati su istanza dei genitori
esercenti la potestà o del figlio o dei suoi eredi o aventi causa.
Art. 323 Atti vietati ai genitori
I genitori esercenti la potestà sui figli non possono, neppure
all'asta pubblica, rendersi acquirenti direttamente o per interposta
persona dei beni e dei diritti del minore.
Gli atti compiuti in violazione del divieto previsto nel comma
precedente possono essere annullati (1422) su istanza del figlio o
dei suoi eredi o aventi causa.
I genitori esercenti la potestà non possono diventare cessionari di
alcuna ragione o credito verso il minore (1261).
Art. 324 Usufrutto legale
I genitori esercenti la potestà hanno in comune l'usufrutto dei beni
del figlio.
I frutti percepiti sono destinati al mantenimento della famiglia e
all'istruzione ed educazione dei figli.
Non sono soggetti ad usufrutto legale:
l) i beni acquistati dal figlio con i proventi del proprio lavoro;
2) i beni lasciati o donati (587, 769) al figlio per intraprendere
una carriera, un'arte o una professione;
3) i beni lasciati o donati con la condizione che i genitori
esercenti la potestà o uno di essi non ne abbiano l'usufrutto: la
condizione però non ha effetto per i beni spettanti al figlio a
titolo di legittima (537);
4) i beni pervenuti al figlio per eredità, legato o donazione e
accettati nell'interesse del figlio contro la volontà dei genitori
esercenti la potestà. Se uno solo di essi era favorevole
all'accettazione, I'usufrutto legale spetta esclusivamente a lui.
Art. 325 Obblighi inerenti all'usufrutto legale
Gravano sull'usufrutto legale gli obblighi propri dell'usufruttuario
(1001).
Art. 326 Inalienabilità dell'usufrutto legale. Esecuzione sui
frutti.
L'usufrutto legale non può essere oggetto di alienazione, di pegno o
di ipoteca né di esecuzione da parte dei creditori.
L'esecuzione sui frutti dei beni del figlio da parte dei creditori
dei genitori o di quello di essi che ne è titolare esclusivo non può
aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati
contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
Art. 327 Usufrutto legale di uno solo dei genitori
Il genitore che esercita in modo esclusivo la potestà è il solo
titolare dell'usufrutto legale.
Art. 328 Nuove nozze
Il genitore che passa a nuove nozze conserva l'usufrutto legale, con
l'obbligo tuttavia di accantonare in favore del figlio quanto
risulti eccedente rispetto alle spese per il mantenimento,
I'istruzione e l'educazione di quest'ultimo.
Art. 329 Godimento dei beni dopo la cessazione dell'usufrutto legale
Cessato l'usufrutto legale, se il genitore ha continuato a godere i
beni del figlio convivente con esso senza procura ma senza
opposizione, o anche con procura ma senza l'obbligo di rendere conto
dei frutti, egli o i suoi eredi non sono tenuti che a consegnare i
frutti esistenti al tempo della domanda.
Art. 330 Decadenza dalla potestà sui figli
Il giudice può pronunziare la decadenza della potestà quando il
genitore viola o trascura i doveri (147; Cod. Pen. 570) ad essa
inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del
figlio.
In tale caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare
l'allontanamento del figlio dalla residenza familiare.
Art. 331 (abrogato)
Art. 332 Reintegrazione nella potestà
Il giudice può reintegrare nella potestà il genitore che ne è
decaduto, quando, cessate le ragioni per le quali la decadenza è
stata pronunciata, e escluso ogni pericolo di pregiudizio per il
figlio.
Art. 333 Condotta del genitore pregiudizievole ai figli
Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da
dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall'art. 330, ma
appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice, secondo le
circostanze può adottare i provvedimenti convenienti e può anche
disporre l'allontanamento di lui dalla residenza familiare.
Tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento.
Art. 334 Rimozione dall'amministrazione
Quando il patrimonio del minore è male amministrato, il tribunale
può stabilire le condizioni a cui i genitori devono attenersi
nell'amministrazione o può rimuovere entrambi o uno solo di essi
dall'amministrazione stessa e privarli, in tutto o in parte,
dell'usufrutto legale.
L'amministrazione è affidata ad un curatore, se è disposta la
rimozione di entrambi i genitori.
Art. 335 Riammissione nell'esercizio dell'amministrazione
Il genitore rimosso dall'amministrazione ed eventualmente privato
dell'usufrutto legale può essere riammesso dal tribunale
nell'esercizio dell'una o nel godimento dell'altro, quando sono
cessati i motivi che hanno provocato il provvedimento (336; att.
382, 51).
Art. 336 Procedimento
I provvedimenti indicati negli articoli precedenti sono adottati su
ricorso dell'altro genitore, dei parenti (77) o del pubblico
ministero e, quando si tratta di revocare deliberazioni anteriori,
anche del genitore interessato.
Il tribunale provvede in camera di consiglio (Cod. Proc. Civ. 737)
assunte informazioni e sentito il pubblico ministero. Nei casi in
cui il provvedimento e richiesto contro il genitore, questi deve
essere sentito.
In caso di urgente necessità il tribunale può adottare, anche di
ufficio, provvedimenti temporanei nell'interesse del figlio.
Art. 337 Vigilanza del giudice tutelare
Il giudice tutelare deve vigilare sull'osservanza delle condizioni
che il tribunale abbia stabilito per l'esercizio della potestà e per
l'amministrazione dei beni.
Art. 338-341 (abrogati)
Art. 342 Nuove nozze del genitore non ariano (abrogato)
TITOLO X
DELLA TUTELA E DELL'EMANCIPAZIONE
CAPO I
Della tutela dei minori
Art. 343 Apertura della tutela
Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possono
esercitare la potestà dei genitori, si apre la tutela presso la
pretura del mandamento dove è la sede principale degli affari e
interessi del minore (att. 129).
Se il tutore è domiciliato o trasferisce il domicilio in altro
mandamento, la tutela può essere ivi trasferita con decreto del
tribunale.
SEZIONE I
Del giudice tutelare
Art. 344 Funzioni del giudice tutelare
Presso ogni pretura il giudice tutelare soprintende alle tutele e
alle curatele ed esercita le altre funzioni affidategli dalla legge.
Il giudice tutelare può chiedere l'assistenza degli organi della
pubblica amministrazione e di tutti gli enti i cui scopi
corrispondono alle sue funzioni (att. 43 e seguenti).
SEZIONE II
Del tutore e del protutore
Art. 345 Denunzie al giudice tutelare
L'ufficiale dello stato civile, che riceve la dichiarazione di morte
di una persona la quale ha lasciato figli in età minore ovvero la
dichiarazione di nascita di un figlio di genitori ignoti, e il
notaio, che, procede alla pubblicazione (620) di un testamento
contenente la designazione di un tutore o di un protutore, devono
darne notizia al giudice tutelare entro dieci giorni.
Il cancelliere, entro quindici giorni dalla pubblicazione o dal
deposito in cancelleria, deve dare notizia al giudice tutelare delle
decisioni dalle quali derivi l'apertura di una tutela.
I parenti entro il terzo grado (76) devono denunziare al giudice
tutelare il fatto da cui deriva l'apertura della tutela entro dieci
giorni da quello in cui ne hanno avuto notizia. La denunzia deve
essere fatta anche dalla persona designata quale tutore o protutore
entro dieci giorni da quello in cui ha avuto notizia della
designazione.
Art. 346 Nomina del tutore e del protutore
Il giudice tutelare, appena avuta notizia del fatto da cui deriva
l'apertura della tutela, procede alla nomina del tutore e del
protutore (348, 354, 360, 389).
Art. 347 Tutela di più fratelli
E' nominato un solo tutore a più fratelli e sorelle, salvo che
particolari circostanze consiglino la nomina di più tutori. Se vi è
conflitto di interessi tra minori soggetti alla stessa tutela, il
giudice tutelare nomina ai minori un curatore speciale.
Art. 348 Scelta del tutore
Il giudice tutelare nomina tutore la persona designata dal genitore
che ha esercitato per ultimo la potestà dei genitori. La
designazione può essere fatta per testamento (587-2), per atto
pubblico o per scrittura privata autenticata (2699; 2703).
Se manca la designazione ovvero se gravi motivi si oppongono alla
nomina della persona designata, la scelta del tutore avviene
preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti
o affini (74, 78) del minore, i quali, in quanto sia opportuno,
devono essere sentiti.
Il giudice, prima di procedere alla nomina del tutore, deve anche
sentire il minore che abbia raggiunto l'età di anni sedici.
In ogni caso la scelta deve cadere su persona idonea all'ufficio, di
ineccepibile condotta, la quale dia affidamento di educare e
istruire il minore conformemente a quanto è prescritto nell'art.
147.
(5° comma abrogato).
Art. 349 Giuramento del tutore
Il tutore, prima di assumere l'ufficio, presta davanti al giudice
tutelare giuramento di esercitarlo con fedeltà e diligenza.
Art. 350 Incapacità all'ufficio tutelare
Non possono essere nominati tutori e, se sono stati nominati, devono
cessare dall'ufficio (att. 129):
1) coloro che non hanno la libera amministrazione del proprio
patrimonio;
2) coloro che sono stati esclusi dalla tutela per disposizione
scritta del genitore il quale per ultimo ha esercitato la patria
potestà;
3) coloro che hanno o sono per avere o dei quali gli ascendenti, i
discendenti o il coniuge hanno o sono per avere col minore una lite,
per effetto della quale può essere pregiudicato lo stato del minore
o una parte notevole del patrimonio di lui;
4) coloro che sono incorsi nella perdita della patria potestà o
nella decadenza da essa, o sono stati rimossi da altra tutela;
5) il fallito che non è stato cancellato dal registro dei falliti.
Art. 351 Dispensa dall'ufficio tutelare
Sono dispensati dall'ufficio di tutore:
1) abrogato;
2) il Presidente del Consiglio dei Ministri;
3) i membri del Sacro Collegio;
4) i Presidenti delle Assemblee legislative:
5) i Ministri Segretari di Stato.
Le persone indicate nei nn. 2, 3, 4 e 5 possono far noto al giudice
tutelare che non intendono valersi della dispensa.
Art. 352 Dispensa su domanda
Hanno diritto di essere dispensati su loro domanda dall'assumere o
dal continuare l'esercizio della tutela (353):
1) i grandi ufficiali dello Stato non compresi nell'articolo
precedente;
2) gli arcivescovi, i vescovi e i ministri del culto aventi cura
d'anime;
3) abrogato;
4) i militari in attività di servizio;
5) chi ha compiuto gli anni sessantacinque
6) chi ha più di tre figli minori;
7) chi esercita altra tutela;
8) chi è impedito di esercitare la tutela da infermità permanente;
9) chi ha missione dal Governo fuori dello Stato o risiede per
ragioni di pubblico servizio fuori della circoscrizione del
tribunale dove è costituita la tutela.
Art. 353 Domanda di dispensa
La domanda di dispensa per le cause indicate nell'articolo
precedente deve essere presentata al giudice tutelare prima della
prestazione del giuramento, salvo che la causa di dispensa sia
sopravvenuta.
Il tutore è tenuto ad assumere e a mantenere l'ufficio fino a quando
la tutela non sia stata conferita ad altra persona.
Art. 354 Tutela affidata a enti di assistenza
La tutela dei minori, che non hanno nel luogo del loro domicilio
parenti conosciuti o capaci di esercitare l'ufficio di tutore, può
essere deferita dal giudice tutelare a un ente di assistenza nel
comune dove ha domicilio il minore o all'ospizio in cui questi e
ricoverato (402). L'amministrazione dell'ente o dell'ospizio delega
uno dei propri membri a esercitare le funzioni di tutela (355-2)
E' tuttavia in facoltà del giudice tutelare di nominare un tutore al
minore quando la natura o I'entità dei beni o altre circostanze lo
richiedono.
Art. 355 Protutore
Sono applicabili al protutore le disposizioni stabilite per il
tutore in questa sezione.
Non si nomina il protutore nei casi contemplati nel primo comma
dell'art. 354.
Art. 356 Donazione o disposizione testamentaria a favore del minore
Chi fa una donazione o dispone con testamento a favore di un minore,
anche se questi è soggetto alla patria potestà, può nominargli un
curatore speciale per l'amministrazione dei beni donati o lasciati.
Se il donante o il testatore non ha disposto altrimenti, il curatore
speciale deve osservare le forme stabilite dagli artt. 374 e 375 per
il compimento di atti eccedenti l'ordinaria amministrazione.
Si applica in ogni caso al curatore speciale l'art. 384.
SEZIONE III
Dell'esercizio della tutela
Art. 357 Funzioni del tutore
Il tutore ha la cura della persona del minore (371), lo rappresenta
in tutti gli atti civili e ne amministra i beni (362 e seguenti).
Art. 358 Doveri del minore
Il minore deve rispetto e obbedienza al tutore. Egli non può
abbandonare la casa o I'istituto al quale è stato destinato, senza
il permesso del tutore.
Qualora se ne allontani senza permesso, il tutore ha diritto di
richiamarvelo, ricorrendo, se è necessario, al giudice tutelare.
Art. 359 (abrogato)
Art. 360 Funzioni del protutore
Il protutore rappresenta il minore nei casi in cui l'interesse di
questo è in opposizione con l'interesse del tutore (380).
Se anche il protutore si trova in opposizione d'interessi col
minore, il giudice tutelare nomina un curatore speciale.
Il protutore è tenuto a promuovere la nomina di un nuovo tutore nel
caso in cui il tutore è venuto a mancare o ha abbandonato l'ufficio.
Frattanto egli ha cura della persona del minore, lo rappresenta e
può fare tutti gli atti conservativi e gli atti urgenti di
amministrazione.
Art. 361 Provvedimenti urgenti
Prima che il tutore o il protutore abbia assunto le proprie
funzioni, spetta al giudice tutelare di dare, sia d'ufficio sia su
richiesta del pubblico ministero, di un parente o di un affine del
minore, i provvedimenti urgenti che possono occorrere per la cura
del minore o per conservare e amministrare il patrimonio. Il giudice
può procedere, occorrendo, all'apposizione dei sigilli (Cod. Proc.
Civ. 752 e seguenti), nonostante qualsiasi dispensa.
Art. 362 Inventario
Il tutore, nei dieci giorni successivi a quello in cui ha avuto
legalmente notizia della sua nomina, deve procedere all'inventario
dei beni del minore, nonostante qualsiasi dispensa (363 e seguenti;
att. 46-1).
L'inventario deve essere compiuto nel termine di trenta giorni,
salva al giudice tutelare la facoltà di prorogare il termine se le
circostanze lo esigono (382).
Art. 363 Formazione dell'inventario
L'inventario si fa col ministero del cancelliere della pretura o di
un notaio a ciò delegato dal giudice tutelare, con l'intervento del
protutore e, se è possibile, anche del minore che abbia compiuto gli
anni sedici, e con l'assistenza di due testimoni scelti
preferibilmente fra i parenti o gli amici della famiglia.
Il giudice può consentire che l'inventario sia fatto senza ministero
di cancelliere o di notaio, se il valore presumibile del patrimonio
non eccede quindicimila lire.
L'inventario è depositato presso la pretura.
Nel verbale di deposito il tutore e il protutore ne dichiarano con
giuramento la sincerità.
Art. 364 Contenuto dell'inventario
Nell'inventario si indicano gli immobili, i mobili, i crediti e i
debiti e si descrivono le carte, note e scritture relative allo
stato attivo e passivo del patrimonio, osservando le formalità
stabilite nel codice di procedura civile (Cod. Proc. Civ. 769 e
seguenti).
Art. 365 Inventario di aziende
Se nel patrimonio del minore esistono aziende commerciali o
agricole, si procede con le forme usate nel commercio o
nell'economia agraria alla formazione dell'inventario dell'azienda,
con l'assistenza e l'intervento delle persone indicate nell'art.
363. Questi particolari inventari sono pure depositati presso la
pretura e il loro riepilogo e riportato nell'inventario generale.
Art. 366 Beni amministrati da curatore speciale
Il tutore deve comprendere nell'inventario generale del patrimonio
del minore anche i beni, la cui amministrazione è stata deferita a
un curatore speciale (356). Se questi ha formato un inventario
particolare di tali beni, deve rimetterne copia al tutore, il quale
lo unirà all'inventario generale.
Il curatore deve anche comunicare al tutore copia dei conti
periodici della sua amministrazione, salvo che il disponente lo
abbia esonerato.
Art. 367 Dichiarazione di debiti o crediti del tutore
Il tutore, che ha debiti, crediti o altre ragioni verso il minore,
deve esattamente dichiararli prima della chiusura dell'inventario.
Il cancelliere o il notaio hanno l'obbligo d'interpellarlo al
riguardo.
Nel caso d'inventario senza opera di cancelliere o di notaio, il
tutore è interpellato dal giudice tutelare all'atto del deposito.
In ogni caso si fa menzione dell'interpellazione e della
dichiarazione del tutore nell'inventario o nel verbale di deposito
(368).
Art. 368 Omissione della dichiarazione
Se il tutore, conoscendo il suo credito o le sue ragioni,
espressamente interpellato non li ha dichiarati, decade da ogni suo
diritto.
Qualora, sapendo di essere debitore, non abbia dichiarato fedelmente
il proprio debito, può essere rimosso dalla tutela (384).
Art. 369 Deposito di titoli e valori
Il tutore deve depositare il denaro, i titoli di credito al
portatore e gli oggetti preziosi esistenti nel patrimonio del minore
presso un istituto di credito (att. 251 e seguenti) designato dal
giudice tutelare, salvo che questi disponga diversamente per la loro
custodia.
Non è tenuto a depositare le somme occorrenti per le spese urgenti
di mantenimento e di educazione del minore e per le spese di
amministrazione (357).
Art. 370 Amministrazione prima dell'inventario
Prima che sia compiuto l'inventario, I'amministrazione del tutore
deve limitarsi agli affari che non ammettono dilazione (361).
Art. 371 Provvedimenti circa l'educazione e l'amministrazione
Compiuto l'inventario, il giudice tutelare, su proposta del tutore e
sentito il protutore, delibera:
l) sul luogo dove il minore deve essere allevato e sul suo
avviamento agli studi o all'esercizio di un'arte, mestiere o
professione, sentito lo stesso minore se ha compiuto gli anni dieci,
e richiesto, quando è opportuno, I'avviso dei parenti prossimi e del
comitato di patronato dei minorenni;
2) sulla spesa annua occorrente per il mantenimento e l'istruzione
del minore e per l'amministrazione del patrimonio, fissando i modi
d'impiego del reddito eccedente;
3) sulla convenienza di continuare ovvero alienare o liquidare le
aziende commerciali, che si trovano nel patrimonio del minore, e
sulle relative modalità e cautele.
Nel caso in cui il giudice stimi evidentemente utile per il minore
la continuazione dell'esercizio dell'impresa, il tutore deve
domandare l'autorizzazione del tribunale. In pendenza della
deliberazione del tribunale il giudice tutelare può consentire
l'esercizio provvisorio dell'impresa (2198; att. 38-2).
Art. 372 Investimento di capitali
I capitali del minore devono, previa autorizzazione del giudice
tutelare, essere dal tutore investiti:
1) in titoli dello Stato o garantiti dallo Stato;
2) nell'acquisto di beni immobili posti nello Stato;
3) in mutui garantiti da idonea ipoteca sopra beni posti nello
Stato, o in obbligazioni emesse da pubblici istituti autorizzati a
esercitare il credito fondiario;
4) in depositi fruttiferi presso le casse postali o presso altre
casse di risparmio o monti di credito su pegno. Il giudice, sentito
il tutore e il protutore, può autorizzare il deposito presso altri
istituti di credito (att. 251), ovvero, per motivi particolari, un
investimento diverso da quelli sopra indicati (att. 45-1)
Art. 373 Titoli al portatore
Se nel patrimonio del minore si trovano titoli al portatore, il
tutore deve farli convertire in nominativi (1999), salvo che il
giudice tutelare disponga che siano depositati in cauta custodia
(att. 45-1).
Art. 374 Autorizzazione del giudice tutelare
Il tutore non può senza l'autorizzazione del giudice tutelare (377;
att. 45-1):
l) acquistare beni, eccettuati i mobili necessari per l'uso del
minore, per l'economia domestica e per l'amministrazione del
patrimonio (357);
2) riscuotere capitali, consentire alla cancellazione di ipoteche o
allo svincolo di pegni, assumere obbligazioni, salvo che queste
riguardino le spese necessarie per il mantenimento del minore e per
l'ordinaria amministrazione del suo patrimonio;
3) accettare eredità o rinunciarvi, accettare donazioni o legati
soggetti a pesi o a condizioni;
4) fare contratti di locazione d'immobili oltre il novennio (1572) o
che in ogni caso si prolunghino oltre un anno dopo il raggiungimento
della maggiore età;
5) promuovere giudizi, salvo che si tratti di denunzie di nuova
opera o di danno temuto (1171 s.), di azioni possessorie o di
sfratto e di azioni per riscuotere frutti o per ottenere
provvedimenti conservativi.
Art. 375 Autorizzazione del tribunale
Il tutore non può senza l'autorizzazione del tribunale (Cod. Proc.
Civ. 732):
l) alienare beni, eccettuati i frutti e i mobili soggetti a facile
deterioramento (376);
2) costituire pegni o ipoteche;
3) procedere a divisione o promuovere i relativi giudizi;
4) fare compromessi e transazioni o accettare concordati.
L'autorizzazione è data su parere del giudice tutelare.
Art. 376 Vendita di beni
Nell'autorizzare la vendita di beni, il tribunale determina se debba
farsi all'incanto o a trattative private, fissandone in ogni caso il
prezzo minimo (Cod. Proc. Civ. 734).
Quando nel dare l'autorizzazione il tribunale non ha stabilito il
modo di erogazione o di reimpiego del prezzo, lo stabilisce il
giudice tutelare (att. 45-1)
Art. 377 Atti compiuti senza l'osservanza delle norme dei precedenti
articoli
Gli atti compiuti senza osservare le norme dei precedenti articoli
possono essere annullati su istanza del tutore o del minore o dei
suoi eredi o aventi causa (1425 e seguenti).
Art. 378 Atti vietati al tutore e al protutore
Il tutore e il protutore non possono, neppure all'asta pubblica,
rendersi acquirenti direttamente o per interposta persona dei beni e
dei diritti del minore (1471, n. 3).
Non possono prendere in locazione i beni del minore senza
l'autorizzazione e le cautele fissate dal giudice tutelare.
Gli atti compiuti in violazione di questi divieti possono essere
annullati su istanza delle persone indicate nell'articolo
precedente, ad eccezione del tutore e del protutore che li hanno
compiuti (1425 e seguenti).
Il tutore e il protutore non possono neppure diventare cessionari di
alcuna ragione o credito (1261) verso il minore.
Art. 379 Gratuità della tutela
L'ufficio tutelare è gratuito.
Il giudice tutelare tuttavia, considerando l'entità del patrimonio e
le difficolta dell'amministrazione, può assegnare al tutore un'equa
indennità. Può altresì, se particolari circostanze lo richiedono,
sentito il protutore, autorizzare il tutore a farsi coadiuvare
nell'amministrazione, sotto la sua personale responsabilità, da una
o più persone stipendiate.
Art. 380 Contabilità dell'amministrazione
Il tutore deve tenere regolare contabilità della sua amministrazione
e renderne conto ogni anno al giudice tutelare (att. 46-1).
Il giudice può sottoporre il conto annuale all'esame del protutore e
di qualche prossimo parente o affine del minore.
Art. 381 Cauzione
Il giudice tutelare, tenuto conto della particolare natura ed entità
del patrimonio, può imporre al tutore di prestare una cauzione,
determinandone l'ammontare e le modalità (att. 131).
Egli può anche liberare il tutore in tutto o in parte dalla cauzione
che avesse prestata.
Art. 382 Responsabilità del tutore e del protutore
Il tutore deve amministrare il patrimonio del minore con la
diligenza del buon padre di famiglia. Egli risponde verso il minore
di ogni danno a lui cagionato violando i propri doveri.
Nella stessa responsabilità incorre il protutore per ciò che
riguarda i doveri del proprio ufficio.
SEZIONE IV
Della cessazione del tutore dall'ufficio
Art. 383 Esonero dall'ufficio
Il giudice tutelare può sempre esonerare il tutore dall'ufficio,
qualora l'esercizio di esso sia al tutore soverchiamente gravoso e
vi sia altra persona atta a sostituirlo (att. 129-2).
Art. 384 Rimozione e sospensione del tutore
Il giudice tutelare può rimuovere dall'ufficio il tutore che si sia
reso colpevole di negligenza o abbia abusato dei suoi poteri, o si
sia dimostrato inetto nell'adempimento di essi, o sia divenuto
immeritevole dell'ufficio per atti anche estranei alla tutela,
ovvero sia divenuto insolvente.
Il giudice non può rimuovere il tutore se non dopo averlo sentito o
citato; può tuttavia sospenderlo dall'esercizio della tutela nei
casi che non ammettono dilazione (att. 129-2).
SEZIONE V
Del rendimento del conto finale
Art. 385 Conto finale
Il tutore che cessa dalle funzioni deve fare subito la consegna dei
beni e deve presentare nel termine di due mesi il conto finale
dell'amministrazione al giudice tutelare. Questi può concedere una
proroga (att. 46-1).
Art. 386 Approvazione del conto
Il giudice tutelare invita il protutore, il minore divenuto maggiore
o emancipato, ovvero, secondo le circostanze, il nuovo
rappresentante legale a esaminare il conto e a presentare le loro
osservazioni.
Se non vi sono osservazioni, il giudice che non trova nel conto
irregolarità o lacune lo approva; in caso contrario nega
l'approvazione (att. 45-1).
Qualora il conto non sia stato presentato o sia impugnata la
decisione del giudice tutelare, provvede l'autorità giudiziaria nel
contraddittorio degli interessati (att. 45-3).
Art. 387 Prescrizione delle azioni relative alla tutela
Le azioni del minore contro il tutore e quelle del tutore contro il
minore relative alla tutela si prescrivono in cinque anni dal
compimento della maggiore età o dalla morte del minore. Se il tutore
ha cessato dall'ufficio e ha presentato il conto prima della
maggiore età o della morte del minore, il termine decorre dalla data
del provvedimento col quale il giudice tutelare pronunzia sul conto
stesso (386).
Le disposizioni di quest'articolo non si applicano all'azione per il
pagamento del residuo che risulta dal conto definitivo (2941-3).
Art. 388 Divieto di convenzioni prima dell'approvazione del conto
Nessuna convenzione tra il tutore e il minore divenuto maggiore può
aver luogo prima dell'approvazione del conto della tutela (596,
779).
La convenzione può essere annullata su istanza del minore o dei suoi
eredi o aventi causa.
Art. 389 Registro delle tutele
Nel registro delle tutele, istituito presso ogni giudice tutelare,
sono iscritti a cura del cancelliere l'apertura e la chiusura della
tutela, la nomina, I'esonero e la rimozione del tutore e del
protutore, le risultanze degli inventari e dei rendiconti e tutti i
provvedimenti che portano modificazioni nello stato personale o
patrimoniale del minore (att. 48 e seguenti).
Dell'apertura e della chiusura della tutela il cancelliere dà
comunicazione entro dieci giorni all'ufficiale dello stato civile
per l'annotazione in margine all'atto di nascita del minore.
CAPO II
Dell'emancipazione
Art. 390 Emancipazione di diritto
Il minore è di diritto emancipato col matrimonio.
Art. 391 (abrogato)
Art. 392 Curatore dell'emancipato
Curatore del minore sposato con persone maggiore di età è il
coniuge.
Se entrambi i coniugi sono minori di età, il giudice tutelare può
nominare un unico curatore, scelto preferibilmente fra i genitori.
Se interviene l'annullamento per una causa diversa dall'età, o lo
scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio o
la separazione personale, il giudice tutelare nomina curatore uno
dei genitori, se idoneo all'ufficio, o in mancanza, altra persona.
Nel caso in cui il minore contrae successivamente matrimonio, il
curatore lo assiste altresì negli atti previsti nell'art. 165.
Art. 393 Incapacità o rimozione del curatore
Sono applicabili al curatore le disposizioni degli artt. 348 ultimo
comma, 350 e 384 (att. 129-2).
Art. 394 Capacità dell'emancipato
L'emancipazione conferisce al minore la capacità di compiere gli
atti che non eccedono l'ordinaria amministrazione (397, 2942).
Il minore emancipato può con l'assistenza del curatore riscuotere i
capitali sotto la condizione di un idoneo impiego e può stare in
giudizio sia come attore sia come convenuto.
Per gli altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, oltre il
consenso del curatore (395), è necessaria l'autorizzazione del
giudice tutelare (att. 45-1) Per gli atti indicati nell'art. 375
I'autorizzazione, se curatore non è il genitore, deve essere data
dal tribunale su parere del giudice tutelare.
Qualora nasca conflitto di interessi fra il minore e il curatore, è
nominato un curatore speciale a norma dell'ultimo comma dell'art.
320 (396; att. 45-1).
Art. 395 Rifiuto del consenso da parte del curatore
Nel caso in cui il curatore rifiuta il suo consenso, il minore può
ricorrere al giudice tutelare, il quale, se stima ingiustificato il
rifiuto, nomina un curatore speciale per assistere il minore nel
compimento dell'atto, salva, se occorre, I'autorizzazione del
tribunale (att. 45-1).
Art. 396 Inosservanza delle precedenti norme
Gli atti compiuti senza osservare le norme stabilite nell'art. 394
possono essere annullati su istanza del minore o dei suoi eredi o
aventi causa (1425 e seguenti).
Sono applicabili al curatore le disposizioni dell'art. 378.
Art. 397 Emancipato autorizzato all'esercizio di un'impresa
commerciale
Il minore emancipato può esercitare un'impresa commerciale senza
l'assistenza del curatore, se è autorizzato dal tribunale, previo
parere del giudice tutelare e sentito il curatore (2198; att. 100).
L'autorizzazione può essere revocata dal tribunale su istanza del
curatore o d'ufficio, previo, in entrambi i casi, il parere del
giudice tutelare e sentito il minore emancipato.
Il minore emancipato, che è autorizzato all'esercizio di una impresa
commerciale, può compiere da solo gli atti che eccedono l'ordinaria
amministrazione, anche se estranei all'esercizio dell'impresa (394,
774; Cod. Proc. Civ. 75).
Art. 398-399 (abrogati)
TITOLO XI
DELL'AFFILIAZIONE E DELL'AFFIDAMENTO
Art. 400 Norme regolatrici dell'assistenza dei minori
L'assistenza dei minori è regolata, oltre che dalle leggi speciali,
dalle norme del presente titolo (vedere anche Legge 4 maggio 1983,
n. 184, riportata tra le Leggi Speciali).
Art. 401 Limiti di applicazione delle norme
Le disposizioni del presente titolo si applicano anche ai minori che
sono figli di genitori non conosciuti, ovvero figli naturali
riconosciuti dalla sola madre che si trovi nell'impossibilità di
provvedere al loro allevamento.
Le stesse disposizioni si applicano ai minori ricoverati in un
istituto di pubblica assistenza o assistiti da questo per il
mantenimento, l'educazione o la rieducazione, ovvero in istato di
abbandono materiale o morale.
Art. 402 Poteri tutelari spettanti agli istituti di assistenza
L'istituto di pubblica assistenza esercita i poteri tutelari sul
minore ricoverato o assistito (406, 412), secondo le norme del
titolo X, capo I di questo libro (343 e seguenti), fino a quando non
si provveda alla nomina di un tutore, e in tutti i casi nei quali
l'esercizio della patria potestà o della tutela sia impedito. Resta
salva la facoltà del giudice tutelare di deferire la tutela all'ente
di assistenza o all'ospizio, ovvero di nominare un tutore a norma
dell'art. 354.
Nel caso in cui il genitore riprenda l'esercizio della patria
potestà, l'Istituto deve chiedere al giudice tutelare di fissare
eventualmente limiti o condizioni a tale esercizio.
Art. 403 Intervento della pubblica autorità a favore dei minori
Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o è
allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per
negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di
provvedere all'educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo
degli organi di protezione dell'infanzia, lo colloca in luogo
sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla
sua protezione.
Art. 404-413 (abrogati)
TITOLO XII
DELL'INFERMITA' DI MENTE, DELL'INTERDIZIONE E DELL'INABILITAZIONE
Art. 414 Persone che devono essere interdette
Il maggiore di età e il minore emancipato, i quali si trovano in
condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di
provvedere ai propri interessi, devono essere interdetti (417 e
seguenti).
Art. 415 Persone che possono essere inabilitate
Il maggiore di età infermo di mente, lo stato del quale non è
talmente grave da far luogo all'interdizione, può essere inabilitato
(417 e seguenti, 429).
Possono anche essere inabilitati coloro che, per prodigalità (776) o
per abuso abituale di bevande alcoliche o di stupefacenti, espongono
sé e la loro famiglia a gravi pregiudizi economici.
Possono infine essere inabilitati il sordomuto e il cieco dalla
nascita o dalla prima infanzia, se non hanno ricevuto un'educazione
sufficiente, salva l'applicazione dell'art. 414 quando risulta che
essi sono del tutto incapaci di provvedere ai propri interessi.
Art. 416 Interdizione e inabilitazione nell'ultimo anno di minore
età
Il minore non emancipato può essere interdetto o inabilitato
nell'ultimo anno della sua minore età. L'interdizione o
l'inabilitazione ha effetto dal giorno in cui il minore raggiunge
l'età maggiore (421).
Art. 417 Istanza d'interdizione o di inabilitazione
L'interdizione o l'inabilitazione possono essere promosse dal
coniuge, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il
secondo grado, dal tutore o curatore ovvero dal pubblico ministero
(85; Cod. Proc. Civ. 712).
Se l'interdicendo o l'inabilitando si trova sotto la patria potestà
o ha per curatore uno dei genitori, l'interdizione o
l'inabilitazione non può essere promossa che su istanza del genitore
medesimo o del pubblico ministero.
Art. 418 Poteri dell'autorità giudiziaria
Promosso il giudizio d'interdizione, può essere dichiarata anche
d'ufficio l'inabilitazione per infermità di mente.
Se nel corso del giudizio d'inabilitazione si rivela l'esistenza
delle condizioni richieste per l'interdizione, il pubblico ministero
fa istanza al tribunale di pronunziare l'interdizione, e il
tribunale provvede nello stesso giudizio, premessa l'istruttoria
necessaria (att. 40).
Art. 419 Mezzi istruttori e provvedimenti provvisori
Non si può pronunziare l'interdizione o l'inabilitazione senza che
si sia proceduto all'esame dell'interdicendo o dell'inabilitando
(Cod. Proc. Civ. 713 e seguenti).
Il giudice può in questo esame farsi assistere da un consulente
tecnico. Può anche d'ufficio disporre i mezzi istruttori utili ai
fini del giudizio, interrogare i parenti prossimi dell'interdicendo
o inabilitando e assumere le necessarie informazioni.
Dopo l'esame, qualora sia ritenuto opportuno, può essere nominato un
tutore provvisorio all'interdicendo o un curatore provvisorio
all'inabilitando (Cod. Proc. Civ. 714 e seguenti).
Art. 420 Internamento definitivo in manicomio (abrogato)
Art. 421 Decorrenza degli effetti dell'interdizione e
dell'inabilitazione
L'interdizione e l'inabilitazione producono i loro effetti dal
giorno della pubblicazione della sentenza, salvo il caso previsto
dall'art. 416 (776).
Art. 422 Cessazione del tutore e del curatore provvisorio
Nella sentenza che rigetta l'istanza d'interdizione o
d'inabilitazione, può disporsi che il tutore o il curatore
provvisorio, rimanga in ufficio fino a che la sentenza non sia
passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324).
Art. 423 Pubblicità
Il decreto di nomina del tutore o del curatore provvisorio e la
sentenza d'interdizione o d'inabilitazione devono essere
immediatamente annotati a cura del cancelliere nell'apposito
registro e comunicati entro dieci giorni all'ufficiale dello stato
civile per le annotazioni in margine all'atto di nascita (att. 42).
Art. 424 Tutela dell'interdetto e curatela dell'inabilitato
Le disposizioni sulla tutela dei minori e quelle sulla curatela dei
minori emancipati si applicano rispettivamente alla tutela degli
interdetti e alla curatela degli inabilitati (343 e seguenti, 390 e
seguenti).
Le stesse disposizioni si applicano rispettivamente anche nei casi
di nomina del tutore provvisorio dell'interdicendo e del curatore
provvisorio dell'inabilitando a norma dell'art. 419. Per
l'interdicendo non si nomina il protutore provvisorio.
Nella scelta del tutore dell'interdetto e del curatore
dell'inabilitato il giudice tutelare deve preferire il coniuge
maggiore di età che non sia separato legalmente (150 e seguenti), il
padre, la madre, un figlio maggiore di età o la persona
eventualmente designata dal genitore superstite con testamento
(587), atto pubblico o scrittura privata autenticata (2699, 2703).
Art. 425 Esercizio dell'impresa commerciale da parte
dell'inabilitato
L'inabilitato può continuare l'esercizio dell'impresa commerciale
soltanto se autorizzato dal tribunale su parere del giudice tutelare
(2198; att. 100).
L'autorizzazione può essere subordinata alla nomina di un institore
(2203 e seguenti).
Art. 426 Durata dell'ufficio
Nessuno è tenuto a continuare nella tutela dell'interdetto o nella
curatela dell'inabilitato oltre i dieci anni, ad eccezione del
coniuge, degli ascendenti o dei discendenti.
Art. 427 Atti compiuti dall'interdetto e dall'inabilitato
Gli atti compiuti dall'interdetto dopo la sentenza di interdizione
possono essere annullati su istanza del tutore, dell'interdetto o
dei suoi eredi o aventi causa (1425 e seguenti). Sono del pari
annullabili gli atti compiuti dall'interdetto dopo la nomina del
tutore provvisorio, qualora alla nomina segua la sentenza
d'interdizione.
Possono essere annullati su istanza dell'inabilitato o dei suoi
eredi o aventi causa gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione
fatti dall'inabilitato, senza l'osservanza delle prescritte
formalità, dopo la sentenza di inabilitazione o dopo la nomina del
curatore provvisorio, qualora alla nomina sia seguita
l'inabilitazione (776).
Per gli atti compiuti dall'interdetto prima della sentenza
d'interdizione o prima della nomina del tutore provvisorio si
applicano le disposizioni dell'articolo seguente.
Art. 428 Atti compiuti da persona incapace d'intendere o di volere
Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi
essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace
d'intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati
compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima
o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio
all'autore (1425 e seguenti).
L'annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non
quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla
persona incapace d'intendere o di volere o per la qualità del
contratto o altrimenti, risulta la malafede dell'altro contraente
(1425).
L'azione si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui
l'atto o il contratto è stato compiuto (2953).
Resta salva ogni diversa disposizione di legge (120, 591, 775,1195;
att. 130).
Art. 429 Revoca dell'interdizione e dell'inabilitazione
Quando cessa la causa dell'interdizione o dell'inabilitazione,
queste possono essere revocate su istanza del coniuge, dei parenti
entro il quarto grado o degli affini entro il secondo grado, del
tutore dell'interdetto, del curatore dell'inabilitato o su istanza
del pubblico ministero (Cod. Proc. Civ. 720).
Il giudice tutelare deve vigilare per riconoscere se la causa
dell'interdizione o dell'inabilitazione continui. Se ritiene che sia
venuta meno, deve informarne il pubblico ministero.
Art. 430 Pubblicità
Alla sentenza di rievoca dell'interdizione o dell'inabilitazione si
applica l'art. 423.
Art. 431 Decorrenza degli effetti della sentenza di revoca
La sentenza che revoca l'interdizione o l'inabilitazione produce i
suoi effetti appena passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324).
Tuttavia gli atti compiuti dopo la pubblicazione della sentenza di
revoca non possono essere impugnati se non quando la revoca è
esclusa con sentenza passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324).
Art. 432 Inabilitazione nel giudizio di revoca dell'interdizione
L'autorità giudiziaria che pur riconoscendo fondata l'istanza di
revoca dell'interdizione, non crede che l'infermo abbia riacquistato
la piena capacità, può revocare l'interdizione e dichiarare
inabilitato l'infermo medesimo.
Si applica anche in questo caso il primo comma dell'articolo
precedente.
Gli atti non eccedenti l'ordinaria amministrazione, compiuti
dall'inabilitato dopo la pubblicazione della sentenza che revoca
l'interdizione, possono essere impugnati solo quando la revoca è
esclusa con sentenza passata in giudicato.
TITOLO XIII
DEGLI ALIMENTI
Art. 433 Persone obbligate
All'obbligo di prestare gli alimenti sono tenuti, nell'ordine:
1) il coniuge;
2) i figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi, e, in loro
mancanza, i discendenti prossimi, anche naturali;
3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, anche
naturali; gli adottanti;
4) i generi e le nuore;
5) il suocero e la suocera;
6) i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei
germani sugli unilaterali.
Art. 434 Cessazione dell'obbligo tra affini
L'obbligazione alimentare del suocero e della suocera e quella del
genero e della nuora cessano:
l) quando la persona che ha diritto agli alimenti è passata a nuove
nozze;
2) quando il coniuge, da cui deriva l'affinità, e i figli nati dalla
sua unione con l'altro coniuge e i loro discendenti sono morti.
Art. 435 (abrogato)
Art. 436 Obbligo tra adottante e adottato
L'adottante deve (301) gli alimenti al figlio adottivo con
precedenza sui genitori legittimi o naturali di lui.
Art. 437 Obbligo del donatario
Il donatario (769 e seguenti) è tenuto, con precedenza su ogni altro
obbligato, a prestare gli alimenti al donante, a meno che si tratti
di donazione fatta in riguardo di un matrimonio o di una donazione
rimuneratoria (770. 785).
Art. 438 Misura degli alimenti
Gli alimenti possono essere chiesti solo da chi versa in istato di
bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento.
Essi devono essere assegnati in proporzione del bisogno di chi li
domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli.
Non devono tuttavia superare quanto sia necessario per la vita
dell'alimentando (660, 1881), avuto però riguardo alla sua posizione
sociale.
Il donatario non è tenuto oltre il valore della donazione tuttora
esistente nel suo patrimonio.
Art. 439 Misura degli alimenti tra fratelli e sorelle
Tra fratelli e sorelle gli alimenti sono dovuti nella misura dello
stretto necessario.
Possono comprendere anche le spese per l'educazione e l'istruzione
se si tratta di minore.
Art. 440 Cessazione, riduzione e aumento
Se dopo l'assegnazione degli alimenti mutano le condizioni
economiche di chi li somministra o di chi li riceve, l'autorità
giudiziaria provvede per la cessazione, la riduzione o l'aumento,
secondo le circostanze. Gli alimenti possono pure essere ridotti per
la condotta disordinata o riprovevole dell'alimentato.
Se, dopo assegnati gli alimenti, consta che uno degli obbligati di
grado anteriore è in condizione di poterli somministrare, l'autorità
giudiziaria non può liberare l'obbligato di grado posteriore se non
quando abbia imposto all'obbligato di grado anteriore di
somministrare gli alimenti.
Art. 441 Concorso di obbligati
Se più persone sono obbligate nello stesso grado alla prestazione
degli alimenti, tutte devono concorrere alla prestazione stessa,
ciascuna in proporzione delle proprie condizioni economiche.
Se le persone chiamate in grado anteriore alla prestazione non sono
in condizioni di sopportare l'onere in tutto o in parte,
l'obbligazione stessa è posta in tutto o in parte a carico delle
persone chiamate in grado posteriore.
Se gli obbligati non sono concordi sulla misura, sulla distribuzione
e sul modo di somministrazione degli alimenti, provvede l'autorità
giudiziaria secondo le circostanze.
Art. 442 Concorso di aventi diritto
Quando o più persone hanno diritto agli alimenti nei confronti di un
medesimo obbligato, e questi non è in grado di provvedere ai bisogni
di ciascuna di esse, l'autorità giudiziaria dà i provvedimenti
opportuni, tenendo conto della prossimità della parentela e dei
rispettivi bisogni, e anche della possibilità che taluno degli
aventi diritto abbia di conseguire gli alimenti da obbligati di
grado ulteriore.
Art. 443 Modo di somministrazione degli alimenti
Chi deve somministrare gli alimenti ha la scelta di adempiere questa
obbligazione o mediante un assegno alimentare corrisposto in periodi
anticipati (2948), o accogliendo e mantenendo nella propria casa
colui che vi ha diritto.
L'autorità giudiziaria può però, secondo le circostanze, determinare
il modo di somministrazione.
In caso di urgente necessità, l'autorità giudiziaria può altresì
porre temporaneamente l'obbligazione degli alimenti a carico di uno
solo tra quelli che vi sono obbligati, salvo il regresso verso gli
altri.
Art. 444 Adempimento della prestazione alimentare
L'assegno alimentare prestato secondo le modalità stabilite non può
essere nuovamente richiesto, qualunque uso l'alimentando ne abbia
fatto.
Art. 445 Decorrenza degli alimenti
Gli alimenti sono dovuti dal giorno della domanda giudiziale o dal
giorno della costituzione in mora dell'obbligato (1219), quando
questa costituzione sia entro sei mesi seguita dalla domanda
giudiziale (2948).
Art. 446 Assegno provvisorio
Finché non sono determinati definitivamente il modo e la misura
degli alimenti, il pretore o presi dente del tribunale può, sentita
l'altra parte, ordinare un assegno in via provvisoria ponendolo, nel
caso di concorso di più obbligati, a carico anche di uno solo di
essi, salvo il regresso verso gli altri.
Art. 447 Inammissibilità di cessione e di compensazione
Il credito alimentare non può essere ceduto (1260, 2751).
L'obbligo agli alimenti non può opporre all'altra parte la
compensazione, neppure quando si tratta di prestazioni arretrate.
Art. 448 Cessazione per morte dell'obbligato
L'obbligo degli alimenti cessa con la morte dell'obbligato, anche se
questi li ha somministrati in esecuzione di sentenza (50, 63).
TITOLO XIV
DEGLI ATTI DELLO STATO CIVILE
Art. 449 Registri dello stato civile
I registri dello stato civile sono tenuti in ogni comune in
conformità delle norme contenute nella legge sull'ordinamento dello
stato civile.
Art. 450 Pubblicità dei registri dello stato civile
I registri dello stato civile sono pubblici.
Gli ufficiali dello stato civile devono rilasciare gli estratti e i
certificati che vengono loro domandati con le indicazioni dalla
legge prescritte.
Essi devono altresì compiere negli atti affidati alla loro custodia
le indagini domandate dai privati.
Art. 451 Forza probatoria degli atti
Gli atti dello stato civile fanno prova, fino a querela di falso
(2699; Cod. Proc. Civ. 221), di ciò che l'ufficiale pubblico attesta
essere avvenuto alla sua presenza o da lui compiuto.
Le dichiarazioni dei comparenti fanno fede a prova contraria (2697).
Le indicazioni estranee all'atto non hanno alcun valore.
Art. 452 Mancanza, distruzione o smarrimento di registri
Se non si sono tenuti i registri o sono andati distrutti o smarriti
o se, per qualunque altra causa, manca in tutto o in parte la
registrazione dell'atto, la prova della nascita o della morte può
essere data con ogni mezzo.
In caso di mancanza, di distruzione totale o parziale, di
alterazione o di occultamento accaduti per dolo del richiedente,
questi non è ammesso alla prova consentita nel comma precedente.
Art. 453 Annotazioni
Nessuna annotazione può essere fatta sopra un atto già iscritto nei
registri se non è disposta per legge ovvero non e ordinata
dall'autorità giudiziaria.
Art. 454 Rettificazioni
La rettificazione degli atti dello stato civile si fa in forza di
sentenza del tribunale passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324),
con la quale si ordina all'ufficiale dello stato civile di
rettificare un atto esistente nei registri o di ricevere un atto
omesso, o di rinnovare un atto smarrito o distrutto.
Le sentenze devono essere trascritte nei registri.
Art. 455 Efficacia della sentenza di rettificazione
La sentenza di rettificazione non può essere opposta a quelli che
non concorsero a domandare la rettificazione, ovvero non furono
parti in giudizio o non vi furono regolarmente chiamati.
LIBRO SECONDO
DELLE SUCCESSIONI
TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI SULLE SUCCESSIONI
CAPO I
Dell'apertura della successione, della delazione e dell'acquisto
dell'eredità
Art. 456 Apertura della successione
La successione si apre al momento della morte (Cod. Civ. 4, 58 e
seguenti), nel luogo dell'ultimo domicilio del defunto (Cod. Civ.
43, 45).
Art. 457 Delazione dell'eredità
L'eredità si devolve per legge (Cod. Civ. 565 e seguenti) o per
testamento (Cod. Civ. 587 e seguenti; Cost. 42 4° comma).
Non si fa luogo alla successione legittima se non quando manca, in
tutto o in parte, quella testamentaria.
Le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che
la legge riserva ai legittimari (Cod. Civ. 536 e seguenti).
Art. 458 Divieto di patti successori
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Persons/Marella-1997/marella.htm>
E' nulla (Cod. Civ. 1418) ogni convenzione con cui taluno dispone
della propria successione (Cod. Civ. 679, 1412, 1920, 2122 4°
comma). E’ del pari nullo ogni atto col quale taluno dispone dei
diritti che gli possono spettare su una successione non ancora
aperta, o rinunzia ai medesimi (Cod. Civ. 557 2° comma, 2823).
Art. 459 Acquisto dell'eredità
L'eredità si acquista con l'accettazione (Cod. Civ. 470 e seguenti,
586). L'effetto dell'accettazione risale al momento nel quale si è
aperta la successione (Cod. Civ. 456, 1146).
Art. 460 Poteri del chiamato prima dell'accettazione
Il chiamato all'eredità può esercitare le azioni possessorie (Cod.
Civ.1168 e seguenti) a tutela dei beni ereditari, senza bisogno di
materiale apprensione (Cod. Civ.1146).
Egli inoltre può compiere atti conservativi (Cod. Proc. Civ. 670) di
vigilanza e di amministrazione temporanea (Cod. Civ. 486), e può
farsi autorizzare dall'autorità giudiziaria a vendere i beni che non
si possono conservare o la cui conservazione importa grave dispendio
(Cod. Proc. Civ. 747, 748).
Non può il chiamato compiere gli atti indicati nei commi precedenti,
quando si è provveduto alla nomina di un curatore dell'eredità a
norma dell'art. 528.
Art. 461 Rimborso delle spese sostenute dal chiamato
Se il chiamato rinunzia all'eredità (Cod. Civ.519 e seguenti), le
spese sostenute per gli atti indicati dall'articolo precedente sono
a carico dell'eredità.
CAPO II
Della capacità di succedere
Art. 462 Capacità delle persone fisiche
Sono capaci di succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al
tempo dell'apertura della successione (Cod. Civ. 1, 594 e seguenti,
600, 784).
Salvo prova contraria, si presume concepito al tempo dell'apertura
della successione chi è nato entro i trecento giorni dalla morte
della persona della cui successione si tratta (Cod. Civ. 232).
Possono inoltre ricevere per testamento i figli di una determinata
persona vivente al tempo della morte del testatore, benché non
ancora concepiti (Cod. Civ. 643, 715, 784).
CAPO III
Dell'indegnità
Art. 463 Casi d'indegnità
E' escluso dalla successione come indegno (Cod. Civ. 466 e
seguenti):
l) chi ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona
della cui successione si tratta, o il coniuge, o un discendente, o
un ascendente della medesima (Cod. Civ.801), purché non ricorra
alcuna delle cause che escludono la punibilità a norma della legge
penale (Cod. Pen. 45 e seguenti);
2) chi ha commesso, in danno di una di tali persone, un fatto al
quale la legge penale dichiara applicabili le disposizioni
sull'omicidio (Cod. Pen. 397, 579, 580);
3) chi ha denunziato una di tali persone per reato punibile (*) con
l'ergastolo o con la reclusione per un tempo non inferiore nel
minimo a tre anni, se la denunzia è stata dichiarata calunniosa in
giudizio penale (Cod. Pen. 368); ovvero ha testimoniato contro le
persone medesime imputate dei predetti reati, se la testimonianza è
stata dichiarata, nei confronti di lui, falsa in giudizio penale
(Cod. Pen. 372);
4) chi ha indotto con dolo (Cod. Civ. 1439) o violenza (Cod. Civ.
1434) la persona, della cui successione si tratta, a fare, revocare
o mutare il testamento, o ne l'ha impedita;
5) chi ha soppresso, celato o alterato il testamento dal quale la
successione sarebbe stata regolata;
6) chi ha formato un testamento falso o ne ha fatto scientemente uso
(**).
(*) Si omette il riferimento alla pena di morte, soppressa sia per i
delitti previsti dal codice penale (art.1, pt. I, d. lgs. lgt. 10
agosto 1944, n. 224), sia per i delitti previsti dalle leggi
speciali diverse da quelle militari di guerra (art.1, pt. I, d. lgs.
22 gennaio 1948, n.21)
(**) L'art. 609 del codice penale dispone che la condanna per
determinati reati a sfondo sessuale comporta "l'esclusione della
successione della persona offesa".
Art. 464 Restituzione dei frutti
L'indegno è obbligato a restituire i frutti (Cod. Civ. 820) che gli
sono pervenuti dopo l'apertura della successione (Cod. Civ.535,
1148).
Art. 465 Indegnità del genitore
Colui che è escluso per indegnità dalla successione (Cod. Civ.463)
non ha sui beni della medesima, che siano devoluti ai suoi figli, i
diritti di usufrutto (Cod. Civ. 324) o di amministrazione (Cod. Civ.
320 e seguenti) che la legge accorda ai genitori .
Art. 466 Riabilitazione dell'indegno
Chi è incorso nell'indegnità (Cod. Civ. 463) è ammesso a succedere
quando la persona, della cui successione si tratta, ve lo ha
espressamente abilitato con atto pubblico o con testamento (Cod.
Civ. 587, 2699).
Tuttavia l'indegno non espressamente abilitato, se e stato
contemplato nel testamento quando il testatore conosceva la causa
dell'indegnità, è ammesso a succedere nei limiti della disposizione
testamentaria (Cod. Civ. 1444).
CAPO IV
Della rappresentazione
Art. 467 Nozione (*)
La rappresentazione fa subentrare i discendenti legittimi o naturali
nel luogo e nel grado del loro ascendente (Cod. Civ. 564 3° comma,
740), in tutti i casi in cui questi non può (Cod. Civ. 4, 463) o non
vuole (Cod. Civ. 459, 519) accettare l'eredità o il legato (Cod.
Civ. 522, 523, 649).
Si ha rappresentazione nella successione testamentaria (Cod. Civ.
674 e seguenti) quando il testatore non ha provveduto per il caso in
cui l'istituto non possa o non voglia accettare l'eredità o il
legato, e sempre che non si tratti di legato di usufrutto o di altro
diritto di natura personale.
(*) Articolo così modificato dalla riforma del diritto di famiglia
l. 19 maggio 1975, n.151,
Art. 468 Soggetti
La rappresentazione ha luogo, nella linea retta (Cod. Civ. 75) a
favore dei discendenti (Cod. Civ. 580) dei figli legittimi (Cod.
Civ. 231 e seguenti), legittimati (Cod. Civ. 280 e seguenti) e
adottivi (Cod. Civ. 291 e seguenti), nonché dei discendenti dei
figli naturali (Cod. Civ. 250 e seguenti) del defunto, e, nella
linea collaterale (Cod. Civ. 75), a favore dei discendenti dei
fratelli e delle sorelle del defunto.
I discendenti (Cod. Civ.467) possono succedere per rappresentazione
anche se hanno rinunziato (Cod. Civ. 519 e seguenti) all'eredità
della persona in luogo della quale subentrano, o sono incapaci (Cod.
Civ. 596 e seguenti) o indegni di succedere (Cod. Civ. 463) rispetto
a questa (Cod. Civ. 740).
Art. 469 Estensione del diritto di rappresentazione. Divisione
La rappresentazione ha luogo in infinito, siano uguali o disuguali
il grado dei discendenti e il loro numero in ciascuna stirpe.
La rappresentazione ha luogo anche nel caso di unicità di stirpe
(Cod. Civ. 564 3° comma).
Quando vi é rappresentazione la divisione si fa per stirpi (Cod. Civ
726 2° comma).
Se uno stipite ha prodotto più rami, la suddivisione avviene per
stirpi anche in ciascun ramo, e per capi tra i membri del medesimo
ramo.
CAPO V
Dell'accettazione dell'eredità
SEZIONE I
Disposizioni generali
Art. 470 Accettazione pura e semplice e accettazione col beneficio
d'inventario
L'eredità può essere accettata (Cod. Civ. 2648, 2685) puramente e
semplicemente (Cod. Civ. 475, 476) o col beneficio d'inventario
(Cod. Civ. 484 e seguenti).
L'accettazione col beneficio d'inventario può farsi nonostante
qualunque divieto del testatore (Cod. Civ. 634).
Art. 471 Eredità devolute a minori o interdetti
Non si possono accettare le eredità devolute ai minori (Cod. Civ. 2,
320) e agli interdetti (Cod. Civ. 414), se non col beneficio
d'inventario (Cod. Civ. 489), osservate le disposizioni degli
articoli 321 e 374.
Art. 472 Eredità devolute a minori emancipati o a inabilitati
I minori emancipati (Cod.Civ. 390 e seguenti) e gli inabilitati
(Cod. Civ. 415 e seguenti) non possono accettare l'eredità, se non
col beneficio d'inventario (Cod. Civ. 489), osservate le
disposizioni dell'art. 394.
Art. 473 Eredità devolute a persone giuridiche
L'accettazione delle eredità devolute alle persone giuridiche (Cod.
Civ. 11 e seguenti, 600) non può farsi che col beneficio
d'inventario, osservate le disposizioni della legge circa
l'autorizzazione governativa (*).
Questo articolo non si applica alle società (Cod. Civ. 2247).
(*) L'art. 13.1, L. 15 maggio 1997, n.127, ha abrogato le
disposizioni che prescrivono autorizzazioni per l'acquisto di
immobili o per accettazione di donazioni, eredità e legati da parte
di persone giuridiche, associazioni e fondazioni.
Art. 474 Modi di accettazione
L'accettazione può essere espressa o tacita.
Art. 475 Accettazione espressa
L'accettazione e espressa quando, in un atto pubblico (Cod. Civ.
2699) o in una scrittura privata (Cod. Civ. 2702), il chiamato
all'eredità ha dichiarato di accettarla oppure ha assunto il titolo
di erede (Cod. Civ. 2685).
E nulla la dichiarazione di accettare sotto condizione (Cod. Civ.
1353 e seguenti) o a termine (Cod. Civ. 1184, 1362 2° comma).
Parimenti è nulla la dichiarazione di accettazione parziale di
eredità (Cod. Civ. 1326 5° comma).
Art. 476 Accettazione tacita
L'accettazione è tacita quando il chiamato all'eredità compie un
atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e
che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede
(Cod. Civ. 477, 478, 527, 2648 3° comma).
Art. 477 Donazione, vendita e cessione dei diritti di successione
La donazione, la vendita (Cod. Civ. 1542) o la cessione, che il
chiamato all'eredità faccia dei suoi diritti di successione a un
estraneo o a tutti gli altri chiamati o ad alcuno di questi, importa
accettazione dell'eredità.
Art. 478 Rinunzia che importa accettazione
La rinunzia ai diritti di successione, qualora sia fatta verso
corrispettivo o a favore di alcuni soltanto dei chiamati, importa
accettazione (Cod. Civ. 467, 519 2° comma).
Art. 479 Trasmissione del diritto di accettazione
Se il chiamato all'eredità muore senza averla accettata, il diritto
di accettarla si trasmette agli eredi.
Se questi non sono d'accordo per accettare o rinunziare, colui che
accetta l'eredità acquista tutti i diritti e soggiace a tutti i pesi
ereditari, mentre vi rimane estraneo chi ha rinunziato (Cod. Civ.
521).
La rinunzia all'eredità propria del trasmittente include rinunzia
all'eredità che al medesimo è devoluta (Cod. Civ. 468 2° comma).
Art. 480 Prescrizione
Il diritto di accettare l'eredità si prescrive in dieci anni (Cod.
Civ. 487, 525, 2946) (*).
Il termine decorre dal giorno dell'apertura della successione (Cod.
Civ. 456) e, in caso d'istituzione condizionale (Cod. Civ. 633 e
seguenti), dal giorno in cui si verifica la condizione (Cod. Civ.
1353, 1359).
Il termine non corre per i chiamati ulteriori, se vi è stata
accettazione da parte di precedenti chiamati e successivamente il
loro acquisto ereditario e venuto meno.
(*) Cfr. L. 19 maggio 1975, n.151, art.230 3° comma in cui si indica
in tre anni il termine entro il quale il figlio naturale
riconosciuto prima dell'entrata in vigore della legge deve far
valere le proprie ragioni ereditarie sui beni della succesione.
Art. 481 Fissazione di un termine per l'accettazione
Chiunque vi ha interesse può chiedere che l'autorità giudiziaria
fissi un termine (Cod. Proc. Civ. 749) entro il quale il chiamato
dichiari se accetta o rinunzia all'eredità. Trascorso questo termine
senza che abbia fatto la dichiarazione, il chiamato perde il diritto
(Cod. Civ. 2964) di accettare (Cod. Civ.488).
Art. 482 Impugnazione per violenza o dolo
L'accettazione dell'eredità si può impugnare quando e effetto di
violenza o di dolo (Cod. Civ. 526, 1434 e seguenti).
L'azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui è cessata la
violenza o è stato scoperto il dolo (Cod. Civ. 1442).
Art. 483 Impugnazione per errore
L'accettazione dell'eredità non si può impugnare se è viziata da
errore (Cod. Civ. 526, 1434 e seguenti).
Tuttavia, se si scopre un testamento del quale non si aveva notizia
al tempo dell'accettazione, l'erede (Cod. Civ. 662 e seguente) non è
tenuto a soddisfare i legati (Cod. Civ. 649 e seguenti) scritti in
esso oltre il valore dell'eredità, o con pregiudizio della porzione
legittima che gli e dovuta (Cod. Civ. 536 e seguenti). Se i beni
ereditari non bastano a soddisfare tali legati, si riducono
proporzionalmente anche i legati scritti in altri testamenti. Se
alcuni legatari sono stati già soddisfatti per intero, contro di
loro è data azione di regresso.
L'onere di provare il valore dell'eredità incombe all'erede (Cod.
Civ. 2697).
SEZIONE II
Del beneficio d'inventario
Art. 484 Accettazione col beneficio d'inventario
L'accettazione col beneficio d'inventario (Cod. Civ. 490 e seguenti,
510, 2830) si fa mediante dichiarazione, ricevuta (Cod. Civ. 1350)
da un notaio o dal cancelliere del Tribunale del circondario (*) in
cui si è aperta la successione (Cod. Civ. 456), e inserita nel
registro delle successioni conservato nello stesso tribunale (*)
(att. Cod. Civ. 52, 53).
Entro un mese dall'inserzione, la dichiarazione deve essere
trascritta, a cura del cancelliere, presso l'ufficio dei registri
immobiliari del luogo in cui si è aperta la successione (Cod. Civ.
456, 459, 507 2° comma, 509 2° comma, 2648).
La dichiarazione deve essere preceduta o seguita dall'inventario,
nelle forme prescritte dal codice di procedura civile (Cod. Proc.
Civ. 769 e seguenti).
Se l'inventario è fatto prima della dichiarazione, nel registro deve
pure menzionarsi la data in cui esso e stato compiuto.
Se l'inventario è fatto dopo la dichiarazione, l'ufficiale pubblico
che lo ha redatto deve, nel termine di un mese, far inserire nel
registro l'annotazione della data in cui esso è stato compiuto.
(*) Parole così sostituite dall'art.143, d. lgs 19 febbraio 1998,
n.51.
Art. 485 Chiamato all'eredità che è nel possesso di beni
Il chiamato all'eredità, quando a qualsiasi titolo e nel possesso di
beni ereditari, deve fare l'inventario entro tre mesi dal giorno
dell'apertura della successione (Cod. Civ. 456) o della notizia
della devoluta eredità. Se entro questo termine lo ha cominciato ma
non e stato in grado di completarlo, può ottenere dal tribunale (*)
del luogo in cui si e aperta la successione una proroga che, salvo
gravi circostanze, non deve eccedere i tre mesi (Cod. Proc. Civ.
749).
Trascorso tale termine senza che l'inventario sia stato compiuto, il
chiamato all'eredità è considerato erede puro e semplice.
Compiuto l'inventario, il chiamato che non abbia ancora fatto la
dichiarazione a norma dell'art. 484 ha un termine di quaranta giorni
da quello del compimento dell'inventario medesimo, per deliberare se
accetta (Cod. Civ. 470 e seguenti) o rinunzia (Cod. Civ. 519 e
seguenti) all'eredità. Trascorso questo termine senza che abbia
deliberato, è considerato erede puro e semplice (Cod. Civ. 476) .
(*) Parola così sostituita dall'art. 144, d. lgs 19 febbraio 1998,
n. 51
Art. 486 Poteri
Durante i termini stabiliti dall'articolo precedente per fare
l'inventario e per deliberare, il chiamato, oltre che esercitare i
poteri indicati nell'art. 460, può stare in giudizio come convenuto
per rappresentare l'eredità.
Se non compare, l'autorità giudiziaria nomina un curatore
all'eredità affinche la rappresenti in giudizio (Cod. Proc. Civ.
78-80).
Art. 487 Chiamato all'eredità che non è nel possesso di beni
Il chiamato all'eredità, che non è nel possesso di beni ereditari,
può fare la dichiarazione di accettare col beneficio d'inventario,
fino a che il diritto di accettare non è prescritto (Cod. Civ. 480).
Quando ha fatto la dichiarazione, deve compiere l'inventario nel
termine di tre mesi dalla dichiarazione, salva la proroga accordata
dall'autorità giudiziaria a norma dell'art. 485; in mancanza, e
considerato erede puro e semplice.
Quando ha fatto l'inventario non preceduto da dichiarazione
d'accettazione, questa deve essere fatta nei quaranta giorni
successivi al compimento dell'inventario; in mancanza, il chiamato
perde il diritto di accettare l'eredità.
Art. 488 Dichiarazione in caso di termine fissato dall'autorità
giudiziaria
Il chiamato all'eredità che non è nel possesso di beni ereditari,
qualora gli sia stato assegnato un termine a norma dell'art. 481,
deve, entro detto termine, compiere anche l'inventario; se fa la
dichiarazione e non l'inventario, è considerato erede puro e
semplice.
L'autorità giudiziaria può accordare una dilazione (Cod. Proc. Civ.
749 4° comma).
Art. 489 Incapaci
I minori, gli interdetti e gli inabilitati (Cod. Civ. 414 e
seguente) non s'intendono decaduti dal beneficio d'inventario (Cod.
Civ. 471, 472), se non al compimento di un anno dalla maggiore età o
dal cessare dello stato d'interdizione o d'inabilitazione (Cod. Civ.
431), qualora entro tale termine non si siano conformati alle norme
della presente sezione.
Art. 490 Effetti del beneficio d'inventario
L'effetto del beneficio d'inventario consiste nel tener distinto il
patrimonio del defunto da quello dell'erede (Cod. Civ. 2830, 2941,
n. 5, L. fall. 12 1° comma).
Conseguentemente:
l) l'erede conserva verso l'eredità tutti i diritti e tutti gli
obblighi che aveva verso il defunto, tranne quelli che si sono
estinti per effetto della morte (Cod. Civ. 448);
2) l'erede non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei
legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti (Cod. Civ.564,
1203);
3) i creditori dell'eredità e i legatari hanno preferenza sul
patrimonio ereditario di fronte ai creditori dell'erede. Essi però
non sono dispensati dal domandare la separazione dei beni, secondo
le disposizioni del capo seguente, se vogliono conservare questa
preferenza anche nel caso che l'erede decada dal beneficio
d'inventario (Cod. Civ. 493, 494, 505) o vi rinunzi.
Art. 491 Responsabilità dell'erede nell'amministrazione
L'erede con beneficio d'inventario non risponde dell'amministrazione
dei beni ereditari se non per colpa grave (Cod. Civ. 496, 531).
Art. 492 Garanzia
Se i creditori o altri aventi interesse lo richiedono, l'erede deve
dare idonea garanzia (Cod. Civ. 1179; Cod. Proc. Civ. 750) per il
valore dei beni mobili (Cod. Civ. 812) compresi nell'inventario, per
i frutti (Cod. Civ. 820) degli immobili e per il prezzo dei medesimi
che sopravanzi al pagamento dei creditori ipotecari.
Art. 493 Alienazione dei beni ereditari senza autorizzazione
L'erede decade dal beneficio d'inventario (Cod. Civ. 494, 505, 509,
564), se aliena o sottopone a pegno (Cod. Civ. 2784 e seguenti) o
ipoteca (Cod. Civ. 2808 e seguenti) beni ereditari, o transige
relativamente a questi beni senza l'autorizzazione scritte dal
codice di procedura civile (Cod. Proc. Civ. 747 e seguenti).
Per i beni mobili l'autorizzazione non è necessaria trascorsi cinque
anni dalla dichiarazione di accettare con beneficio d'inventario.
Art. 494 Omissioni o infedeltà nell'inventario
Dal beneficio d'inventario decade (Cod. Civ. 493, 505, 509, 564)
l'erede che ha omesso in mala fede di denunziare nell'inventario
beni appartenenti all'eredità (Cod. Civ. 762), o che ha denunziato
in mala fede, nell'inventario stesso, passività non esistenti (Cod.
Civ. 527).
Art. 495 Pagamento dei creditori e legatari
Trascorso un mese dalla trascrizione prevista nell'art. 484 o
dall'annotazione disposta nello stesso articolo per il caso che
l'inventario sia posteriore alla dichiarazione, l'erede, quando
creditori o legatari non si oppongono (Cod. Civ. 498, 2906) ed egli
non intende promuovere la liquidazione a norma dell'art. 503, paga i
creditori e i legatari a misura che si presentano, salvi i loro
diritti di poziorità (Cod. Civ. 2741, 2830).
Esaurito l'asse ereditario, i creditori rimasti insoddisfatti hanno
soltanto diritto di regresso contro i legatari, ancorché di cosa
determinata appartenente al testatore (Cod. Civ. 649), nei limiti
del valore del legato.
Tale diritto si prescrive in tre anni dal giorno dell'ultimo
pagamento, salvo che il credito sia anteriormente prescritto (Cod.
Civ. 2934 e seguenti).
Art. 496 Rendimento del conto
L'erede ha l'obbligo di rendere conto della sua amministrazione ai
creditori e ai legatari, i quali possono fare assegnare un termine
all'erede (Cod. Proc. Civ. 263 e seguenti, 747 e seguente.; att.
Cod. Proc. Civ. 109, 178).
Art. 497 Mora nel rendimento del conto
L'erede non può essere costretto al pagamento con i propri beni, se
non quando è stato costituito in mora (Cod. Civ. 1219) a presentare
il conto e non ha ancora soddisfatto a quest'obbligo.
Dopo la liquidazione del conto, non può essere costretto al
pagamento con i propri beni se non fino alla concorrenza delle somme
di cui è debitore.
Art. 498 Liquidazione dell'eredità in caso di opposizione
Qualora entro il termine indicato nell'art. 495 gli sia stata
notificata opposizione da parte di creditori o di legatari, l'erede
non può eseguire pagamenti (Cod. Civ. 502), ma deve provvedere alla
liquidazione (Cod. Civ. 503) dell'eredità nell'interesse di tutti i
creditori e legatari (Cod. Civ. 499 e seguenti).
A tal fine egli, non oltre un mese dalla notificazione
dell'opposizione, deve, a mezzo di un notaio del luogo dell'aperta
successione (Cod. Civ. 456), invitare i creditori e i legatari a
presentare, entro un termine stabilito dal notaio stesso e non
inferiore a giorni trenta, le dichiarazioni di credito.
L'invito è spedito per raccomandata ai creditori e ai legatari dei
quali è noto il domicilio o la residenza ed e pubblicato nel foglio
degli annunzi legali della provincia (att. civ. 52 3° comma).
Art. 499 Procedura di liquidazione
Scaduto il termine entro il quale devono presentarsi le
dichiarazioni di credito, l'erede provvede, con l'assistenza del
notaio, a liquidare le attività ereditarie facendosi autorizzare
alle alienazioni necessarie (Cod. proc. civ. 747- 748). Se
l'alienazione ha per oggetto beni sottoposti a privilegio (Cod. Civ.
2745 e seguenti) o a ipoteca (Cod. Civ. 2808), i privilegi non si
estinguono, e le ipoteche non possono essere cancellate (Cod. Civ.
2882) sino a che l'acquirente non depositi il prezzo nel modo
stabilito dal giudice o non provveda al pagamento dei creditori
collocati nello stato di graduazione previsto dal comma seguente.
L'erede forma, sempre con l'assistenza del notaio, lo stato di
graduazione. I creditori sono collocati secondo i rispettivi diritti
di prelazione (Cod. Civ. 2741 e seguenti). Essi sono preferiti ai
legatari. Tra i creditori non aventi diritto a prelazione l'attivo
ereditario è ripartito in proporzione dei rispettivi crediti.
Qualora, per soddisfare i creditori, sia necessario comprendere
nella liquidazione anche l'oggetto di un legato di specie (Cod. Civ.
649), sulla somma che residua dopo il pagamento dei creditori il
legatario di specie è preferito agli altri legatari.
Art. 500 Termine per la liquidazione
L'autorità giudiziaria, su istanza di alcuno dei creditori o
legatari, può assegnare un termine all'erede per liquidare le
attività ereditarie e per formare lo stato di graduazione (Cod.
Proc. Civ. 749).
Art. 501 Reclami
Compiuto lo stato di graduazione (Cod. Civ. 499 2° comma), il notaio
ne dà avviso con raccomandata ai creditori e legatari di cui è noto
il domicilio o la residenza, e provvede alla pubblicazione di un
estratto dello stato nel foglio degli annunzi legali della
provincia. Trascorsi senza reclami (Cod. Proc. Civ. 778) i trenta
giorni dalla data di questa pubblicazione, lo stato di graduazione
diviene definitivo.
Art. 502 Pagamento dei creditori e dei legatari
Divenuto definitivo lo stato di graduazione (Cod. Civ. 501) o
passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324) la sentenza che pronunzia
sui reclami, l'erede deve soddisfare i creditori e i legatari in
conformità dello stato medesimo. Questo costituisce titolo esecutivo
contro l'erede (Cod. Proc. Civ. 474).
La collocazione dei crediti condizionali non impedisce il pagamento
dei creditori posteriori, sempre che questi diano cauzione (Cod.
Civ. 1179).
I creditori e i legatari che non si sono presentati hanno azione
contro l'erede solo nei limiti della somma che residua dopo il
pagamento dei creditori e dei legatari collocati nello stato di
graduazione. Questa azione si prescrive in tre anni dal giorno in
cui lo stato e divenuto definitivo o è passata in giudicato la
sentenza che ha pronunziato sui reclami, salvo che il credito sia
anteriormente prescritto (Cod. Civ. 495).
Art. 503 Liquidazione promossa dall'erede
Anche quando non vi e opposizione di creditori o di legatari,
l'erede può valersi della procedura di liquidazione prevista dagli
articoli precedenti (att. Cod. Civ. 132).
Il pagamento fatto a creditori privilegiati ipotecari non impedisce
all'erede di valersi .di questa procedura.
Art. 504 Liquidazione nel caso di più eredi
Se vi sono più eredi con beneficio d'inventario (Cod. Civ. 510),
ciascuno può promuovere la liquidazione; ma deve convocare i propri
coeredi al notaio nel termine che questi ha stabilito per la
dichiarazione dei crediti. I coeredi che non si presentano sono
rappresentati nella liquidazione dal notaio.
Art. 505 Decadenza dal beneficio
L'erede che, in caso di opposizione, non osserva le norme stabilite
dall'art. 498 o non compie la liquidazione o lo stato di graduazione
nel termine stabilito dall'art. 500, decade dal beneficio
d'inventario (Cod. Civ. 493,494, 509, 564).
Parimenti decade dal beneficio d'inventario l'erede che, nel caso
previsto dall'art. 503 dopo l'invito ai creditori di presentare le
dichiarazioni di credito, esegue pagamenti prima che sia definita la
procedura di liquidazione o non osserva il termine che gli è stato
prefisso a norma dell'art. 500.
La decadenza non si verifica quando si tratta di pagamenti a favore
di creditori privilegiati o ipotecari (Cod. Civ. 503 2° comma) .
In ogni caso la decadenza dal beneficio d'inventario può essere
fatta valere solo dai creditori del defunto e dai legatari (Cod.
civ. 509).
Art. 506 Procedure individuali
Eseguita la pubblicazione prescritta dal terzo comma dell'art. 498,
non possono essere promosse procedure esecutive a istanza dei
creditori. Possono tuttavia essere continuate quelle in corso, ma la
parte di prezzo che residua dopo il pagamento dei creditori
privilegiati e ipotecari deve essere distribuita in base allo stato
di graduazione previsto dall'art. 499.
I crediti a termine diventano esigibili (Cod. Civ. 1186). Resta
tuttavia il beneficio del termine, quando il credito e munito di
garanzia reale (Cod. Civ. 2747, 2796, 2808) su beni la cui
alienazione non si renda necessaria ai fini della liquidazione, e la
garanzia stessa è idonea ad assicurare il soddisfacimento integrale
del credito.
Dalla data di pubblicazione dell'invito ai creditori previsto dal
terzo comma dell'art. 498 e sospeso il decorso degl'interessi dei
crediti chirografari (Cod. Civ. 1282). I creditori tuttavia hanno
diritto, compiuta la liquidazione, al collocamento degli interessi
sugli eventuali residui.
Art. 507 Rilascio dei beni ai creditori e ai legatari
L'erede, non oltre un mese dalla scadenza del termine stabilito per
presentare le dichiarazioni di credito (Cod. Civ. 498), se non ha
provveduto ad alcun atto di liquidazione, può rilasciare tutti i
beni ereditari a favore dei creditori e dei legatari (Cod. Civ. 1977
e seguenti).
A tal fine l'erede deve, nelle forme indicate dall'art. 498, dare
avviso ai creditori e ai legatari dei quali è noto il domicilio o la
residenza (Cod. Civ. 43); deve iscrivere la dichiarazione di
rilascio nel registro delle successioni (att. 52, 53), annotarla in
margine alla trascrizione prescritta dal secondo comma dell'art.
484, e trascriverla presso gli uffici dei registri immobiliari dei
luoghi in cui si trovano gli immobili ereditari (Cod. Civ. 2643) e
presso gli uffici dove sono registrati i beni mobili (Cod. Civ.
2663).
Dal momento in cui è trascritta la dichiarazione di rilascio, gli
atti di disposizione dei beni ereditari compiuti dall'erede sono
senza effetto rispetto ai creditori e ai legatari (Cod. Civ. 2649).
L'erede deve consegnare i beni al curatore nominato secondo le norme
dell'articolo seguente. Eseguita la consegna, egli resta liberato da
ogni responsabilità per i debiti ereditari (Cod. Civ. 1177, 2930).
Art. 508 Nomina del curatore
Trascritta la dichiarazione di rilascio, il tribunale (*) del luogo
dell'aperta successione, su istanza dell'erede o di uno dei
creditori o legatari, o anche d'ufficio, nomina un curatore, perché
provveda alla liquidazione secondo le norme degli artt. 498 e
seguenti (Cod. Civ. 1387).
Il decreto di nomina del curatore è iscritto nel registro delle
successioni (att. 52, 53).
Le attività che residuano, pagate le spese della curatela e
soddisfatti i creditori e i legatari collocati nello stato di
graduazione (Cod. Civ.499 2° comma), spettano all'erede, salva
l'azione dei creditori e legatari, che non si sono presentati, nei
limiti determinati dal terzo comma dell'art. 502.
(*) Parola così sostituita dall'art.144, d. lgs 19 febbraio 1998,
n.51.
Art. 509 Liquidazione proseguita su istanza dei creditori o legatari
Se, dopo la scadenza del termine stabilito per presentare le
dichiarazioni di credito, l'erede incorre nella decadenza dal
beneficio d'inventario (Cod. Civ. 493, 494, 505), ma nessuno dei
creditori o legatari la fa valere (Cod. Civ. 505 4° comma), il
tribunale (*) del luogo dell'aperta successione, su istanza di uno
dei creditori o legatari, sentiti l'erede e coloro che hanno
presentato le dichiarazioni di credito, può nominare un curatore con
l'incarico di provvedere alla liquidazione dell'eredità secondo le
norme degli artt. 499 e seguenti. Dopo la nomina del curatore, la
decadenza dal beneficio non può più essere fatta valere.
Il decreto di nomina del curatore è iscritto nel registro delle
successioni (att. 52, 53), annotato a margine della trascrizione
prescritta dal secondo comma dell'art. 484, e trascritto negli
uffici dei registri immobiliari dei luoghi dove si trovano gli
immobili ereditari e negli uffici dove sono registrati i beni mobili
(Cod. Civ. 2663).
L'erede perde l'amministrazione dei beni ed è tenuto a consegnarli
al curatore. Gli atti di disposizione che l'erede compie dopo
trascritto il decreto di nomina del curatore sono senza effetto
rispetto ai creditori e ai legatari (Cod. Civ. 2644).
(*) Parola così sostituita dall'art.144, d. lgs 19 febbraio 1998,
n.51.
Art. 510 Accettazione o inventario fatti da uno dei chiamati
L'accettazione con beneficio d'inventario fatta da uno dei chiamati
giova a tutti gli altri, anche se l'inventario è compiuto da un
chiamato diverso da quello che ha fatto la dichiarazione.
Art. 511 Spese
Le spese dell'apposizione dei sigilli (Cod. Proc. Civ. 752 e
seguente), dell'inventario e di ogni altro atto dipendente
dall'accettazione con beneficio d'inventario sono a carico
dell'eredità.
CAPO VI
Della separazione dei beni del defunto da quelli dell'erede
Art. 512 Oggetto della separazione
La separazione dei beni del defunto da quelli dell'erede assicura il
soddisfacimento, con i beni del defunto, dei creditori di lui e dei
legatari che l'hanno esercitata, a preferenza dei creditori
dell'erede (490).
Il diritto alla separazione spetta anche ai creditori o legatari che
hanno altre garanzie (2741, 2772) sui beni del defunto.
La separazione non impedisce ai creditori e ai legatari che l'hanno
esercitata, di soddisfarsi anche sui beni propri dell'erede.
Art. 513 Separazione contro i legatari di specie
I creditori del defunto possono esercitare la separazione anche
rispetto ai beni che formano oggetto di legato di specie (649).
Art. 514 Rapporti tra creditori separatisti e non separatisti
I creditori e i legatari che hanno esercitato la separazione hanno
diritto di soddisfarsi sui beni separati a preferenza dei creditori
e dei legatari che non l'hanno esercitata, quando il valore della
parte di patrimonio non separata sarebbe stato sufficiente a
soddisfare i creditori e i legatari non separatisti.
Fuori di questo caso, i creditori e i legatari non separatisti
possono concorrere con coloro che hanno esercitato la separazione;
ma, se parte del patrimonio non e stata separata, il valore di
questa si aggiunge al prezzo dei beni separati per determinare
quanto spetterebbe a ciascuno dei concorrenti, e quindi si considera
come attribuito integralmente ai creditori e ai legatari non
separatisti (att. 54).
Quando la separazione è esercitata da creditori e legatari, i
creditori sono preferiti ai legatari. La preferenza è anche
accordata, nel caso previsto dal comma precedente, ai creditori non
separatisti di fronte ai legatari separatisti (756).
Restano salve in ogni caso le cause di prelazione (2741 e seguenti).
Art. 515 Cessazione della separazione
L'erede può impedire o far cessare la separazione pagando i
creditori e i legatari, e dando cauzione (1179) per il pagamento di
quelli il cui diritto è sospeso da condizione o sottoposto a
termine, oppure è contestato.
Art. 516 Termine per l'esercizio del diritto alla separazione
Il diritto alla separazione deve essere esercitato entro il termine
di tre mesi dall'apertura della successione.
Art. 517 Separazione riguardo ai mobili
Il diritto alla separazione riguardo ai mobili si esercita mediante
domanda giudiziale.
La domanda si propone con ricorso al pretore del luogo dell'aperta
successione, il quale ordina l'inventario, se non e ancora fatto, e
dà le disposizioni necessarie per la conservazione dei beni stessi.
Riguardo ai mobili già alienati dall'erede, il diritto alla
separazione comprende soltanto il prezzo non ancora pagato.
Art. 518 Separazione riguardo agli immobili
Riguardo agli immobili e agli altri beni capaci d'ipoteca, il
diritto alla separazione si esercita mediante l'iscrizione del
credito o del legato sopra ciascuno dei beni stessi. L'iscrizione si
esegue nei modi stabiliti per iscrivere le ipoteche (2827 e
seguenti), indicando il nome del defunto e quello dell'erede, se è
conosciuto, e dichiarando che l'iscrizione stessa viene presa a
titolo di separazione dei beni. Per tale iscrizione non è necessario
esibire il titolo.
Le iscrizioni a titolo di separazione, anche se eseguite in tempi
diversi, prendono tutte il grado della prima e prevalgono sulle
trascrizioni ed iscrizioni contro l'erede o il legatario, anche se
anteriori.
Alle iscrizioni a titolo di separazione sono applicabili le norme
sulle ipoteche (2808 e seguenti).
CAPO VII
Della rinunzia all'eredità
Art. 519 Dichiarazione di rinunzia
La rinunzia all'eredità deve farsi con dichiarazione, ricevuta da un
notaio o dal cancelliere della pretura del mandamento in cui si è
aperta la successione, e inserita nel registro delle successioni
(att. 52, 53, 133).
La rinunzia fatta gratuitamente a favore di tutti coloro ai quali si
sarebbe devoluta la quota del rinunziante non ha effetto finché, a
cura di alcuna delle parti, non siano osservate le forme indicate
nel comma precedente.
Art. 520 Rinunzia condizionata, a termine o parziale
E' nulla la rinunzia fatta sotto condizione o a termine o solo per
parte (475).
Art. 521 Retroattività della rinunzia
Chi rinunzia all'eredità è considerato come se non vi fosse mai
stato chiamato.
Il rinunziante può tuttavia ritenere la donazione o domandare il
legato a lui fatto sino alla concorrenza della porzione disponibile
(556), salve le disposizioni degli artt. 551 e 552.
Art. 522 Devoluzione nelle successioni legittime
Nelle successioni legittime la parte di colui che rinunzia si
accresce a coloro che avrebbero concorso col rinunziante, salvo il
diritto di rappresentazione (467 e seguenti) e salvo il disposto
dell'ultimo comma dell'art. 571. Se il rinunziante e solo, l'eredità
si devolve a coloro ai quali spetterebbe nel caso che egli mancasse.
Art. 523 Devoluzione nelle successioni testamentarie
Nelle successioni testamentarie, se il testatore non ha disposto una
sostituzione (688) e se non ha luogo il diritto di rappresentazione
(4672), la parte del rinunziante si accresce ai coeredi a norma
dell'art. 674, ovvero si devolve agli eredi legittimi a norma
dell'art. 677.
Art. 524 Impugnazione della rinunzia da parte dei creditori
Se taluno rinunzia, benché senza frode, a un'eredità con danno dei
suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare
l'eredità in nome e luogo del rinunziante, al solo scopo di
soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro
crediti (2652, 2740).
Il diritto dei creditori si prescrive in cinque anni dalla rinunzia
(2934 e seguenti).
Art. 525 Revoca della rinunzia
Fino a che il diritto di accettare l'eredità non e prescritto (480)
contro i chiamati che vi hanno rinunziato, questi possono sempre
accettarla, se non è già stata acquistata da altro dei chiamati,
senza pregiudizio delle ragioni acquistate da terzi sopra i beni
dell'eredità.
Art. 526 Impugnazione per violenza o dolo
La rinunzia all'eredità si può impugnare solo se è l'effetto di
violenza o di dolo (1434 e seguenti).
L'azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui è cessata la
violenza o e stato scoperto il dolo (1442).
Art. 527 Sottrazione di beni ereditari
I chiamati all'eredità, che hanno sottratto o nascosto beni
spettanti all'eredità stessa, decadono dalla facoltà di rinunziarvi
e si considerano eredi puri e semplici, nonostante la loro rinunzia.
CAPO VIII
Dell'eredità giacente
Art. 528 Nomina del curatore
Quando il chiamato non ha accettato l'eredità e non e nel possesso
di beni ereditari (458 e seguenti), il pretore del mandamento in cui
si e aperta la successione, su istanza delle persone interessate o
anche d'ufficio, nomina un curatore dell'eredità.
Il decreto di nomina del curatore, a cura del cancelliere, e
pubblicato per estratto nel foglio degli annunzi legali della
provincia e iscritto nel registro delle successioni (att. 52, 53).
Art. 529 Obblighi del curatore
Il curatore e tenuto a procedere all'inventario dell'eredità, a
esercitarne e promuoverne le ragioni, a rispondere alle istanze
proposte contro la medesima, ad amministrarla, a depositare presso
le casse postali o presso un istituto di credito designato dal
pretore il danaro che si trova nell'eredità o si ritrae dalla
vendita dei mobili o degli immobili, e, da ultimo, a rendere conto
della propria amministrazione.
Art. 530 Pagamento dei debiti ereditari
Il curatore può provvedere al pagamento dei debiti ereditari e dei
legati, previa autorizzazione del pretore (Cod. Proc. Civ. 783).
Se però alcuno dei creditori o dei legatari fa opposizione, il
curatore non può procedere ad alcun pagamento, ma deve provvedere
alla liquidazione dell'eredità secondo le norme degli artt. 498 e
seguenti (att. 134-2).
Art. 531 Inventario, amministrazione e rendimento dei conti
Le disposizioni della sezione II del capo V di questo titolo, che
riguardano l'inventario, l'amministrazione e il rendimento di conti
da parte dell'erede con beneficio d'inventario, sono comuni al
curatore dell'eredità giacente, esclusa la limitazione della
responsabilità per colpa (491).
Art. 532 Cessazione della curatela per accettazione dell'eredità
Il curatore cessa dalle sue funzioni quando l'eredità è stata
accettata.
Art. 533 Nozione
L'erede può (2652, 2690) chiedere il riconoscimento della qualità
ereditaria contro chiunque possiede tutti o parte dei beni ereditari
a titolo di erede o senza titolo alcuno, allo scopo di ottenere la
restituzione dei beni medesimi.
L'azione è imprescrittibile, salvi gli effetti dell'usucapione
rispetto ai singoli beni (1158 e seguenti).
Art. 534 Diritti dei terzi
L'erede può agire anche contro gli aventi causa da chi possiede a
titolo di erede o senza titolo.
Sono salvi i diritti acquistati, per effetto di convenzioni a titolo
oneroso con l'erede apparente, dai terzi i quali provino di avere
contrattato in buona fede.
La disposizione del comma precedente non si applica ai beni immobili
e ai beni mobili iscritti nei pubblici registri, se l'acquisto a
titolo di erede (2648) e l'acquisto dall'erede apparente non sono
stati trascritti anteriormente alla trascrizione dell'acquisto da
parte dell'erede o del legatario vero, o alla trascrizione della
domanda giudiziale contro l'erede apparente (2652, n. 7).
Art. 535 Possessore di beni ereditari
Le disposizioni in materia di possesso si applicano anche al
possessore di beni ereditari, per quanto riguarda la restituzione
dei frutti, le spese, i miglioramenti e le addizioni (1148 e
seguenti).
Il possessore in buona fede, che ha alienato pure in buona fede una
cosa dell'eredità, è solo obbligato a restituire all'erede il prezzo
o il corrispettivo ricevuto. Se il prezzo o il corrispettivo è
ancora dovuto, l'erede subentra nel diritto di conseguirlo (2038).
E possessore in buona fede colui che ha acquistato il possesso dei
beni ereditari, ritenendo per errore di essere erede. La buona fede
non giova se l'errore dipende da colpa grave (1147).
CAPO X
Dei legittimari
SEZIONE I
Dei diritti riservati ai legittimari
Art. 536 Legittimari
Le persone a favore delle quali la legge riserva (457, 549) una
quota di eredità o altri diritti nella successione sono: il coniuge,
i figli legittimi, i figli naturali, gli ascendenti legittimi.
Ai figli legittimi sono equiparati i legittimati e gli adottivi.
A favore dei discendenti (77) dei figli legittimi o naturali, i
quali vengono alla successione in luogo di questi (467), la legge
riserva gli stessi diritti che sono riservati ai figli legittimi o
naturali.
Art. 537 Riserva a favore dei figli legittimi e naturali
Salvo quanto disposto dall'art. 542, se il genitore lascia un figlio
solo, legittimo o naturale (459, 231, 573), a questi è riservata la
metà del patrimonio.
Se i figli sono più, è loro riservata la quota dei due terzi, da
dividersi in parti uguali tra tutti i figli, legittimi e naturali.
I figli legittimi possono soddisfare in denaro o in beni immobili
ereditari la porzione spettante ai figli naturali che non vi si
oppongano. Nel caso di opposizione decide il giudice, valutate le
circostanze personali e patrimoniali.
Art. 538 Riserva a favore degli ascendenti legittimi
Se chi muore non lascia figli legittimi né naturali, ma ascendenti
legittimi, a favore di questi è riservato un terzo del patrimonio,
salvo quanto disposto dall'art. 544.
In caso di pluralità di ascendenti, la riserva è ripartita tra i
medesimi secondo i criteri previsti dall'art. 569.
Art. 539 (abrogato)
Art. 540 Riserva a favore del coniuge
A favore del coniuge (459) è riservata la metà del patrimonio
dell'altro coniuge, salve le disposizioni dell'art. 542 per il caso
di concorso con i figli.
Al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati
i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare
(144), e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del
defunto o comuni. Tali diritti gravano sulla porzione disponibile e,
qualora questa non sia sufficiente, per il rimanente sulla quota di
riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota riservata ai figli.
Art. 541 (abrogato)
Art. 542 Concorso di coniuge e figli
Se chi muore lascia, oltre al coniuge, un solo figlio, legittimo o
naturale (459, 231, 258) a quest'ultimo è riservato un terzo del
patrimonio ed un altro terzo spetta al coniuge.
Quando i figli, legittimi o naturali, sono più di uno, ad essi è
complessivamente riservata la metà del patrimonio e al coniuge
spetta un quarto del patrimonio del defunto. La divisione tra tutti
i figli, legittimi e naturali, è effettuata in parti uguali.
Si applica il terzo comma dell'art. 537.
Art. 543 (abrogato)
Art. 544 Concorso di ascendenti legittimi e coniuge
Quando chi muore non lascia né figli legittimi né figli naturali, ma
ascendenti legittimi e il coniuge (459), a quest'ultimo è riservata
la metà del patrimonio, ed agli ascendenti un quarto.
In caso di pluralità di ascendenti, la quota di riserva ad essi
attribuita ai sensi del precedente comma è ripartita tra i medesimi
secondo i criteri previsti dall'art. 569.
Art. 545-547 (abrogati)
Art. 548 Riserva a favore del coniuge separato
Il coniuge cui non è stata addebitata la separazione con sentenza
passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324), ai sensi del secondo
comma dell'art. 151, ha gli stessi diritti successori del coniuge
non separato.
Il coniuge cui è stata addebitata la separazione con sentenza
passata in giudicato ha diritto soltanto ad un assegno vitalizio se
al momento dell'apertura della successione godeva degli alimenti a
carico del coniuge deceduto. L'assegno è commisurato alle sostanze
ereditarie e alla qualità e al numero degli eredi legittimi, e non è
comunque di entità superiore a quella della prestazione alimentare
goduta. La medesima disposizione si applica nel caso in cui la
separazione sia stata addebitata ad entrambi i coniugi.
Art. 549 Divieto di pesi o condizioni sulla quota dei legittimari
Il testatore non può imporre pesi o condizioni sulla quota spettante
ai legittimari, salva l'applicazione delle norme contenute nel
titolo IV di questo libro (733 e seguenti).
Art. 550 Lascito eccedente la porzione disponibile
Quando il testatore dispone di un usufrutto o di una rendita
vitalizia (1872) il cui reddito eccede quello della porzione
disponibile (556), i legittimari (536), ai quali è stata assegnata
la nuda proprietà della disponibile o di parte di essa, hanno la
scelta o di eseguire tale disposizione o di abbandonare (1350) la
nuda proprietà della porzione disponibile. Nel secondo caso il
legatario, conseguendo la disponibile abbandonata, non acquista la
qualità di erede (588).
La stessa scelta spetta ai legittimari quando il testatore ha
disposto della nuda proprietà di una parte eccedente la disponibile.
Se i legittimari sono più, occorre l'accordo di tutti perché la
disposizione testamentaria abbia esecuzione.
Le stesse norme si applicano anche se dell'usufrutto, della rendita
o della nuda proprietà è stato disposto con donazione.
Art. 551 Legato in sostituzione di legittima
Se a un legittimario è lasciato un legato in sostituzione della
legittima, egli può rinunziare al legato (649 e seguenti) e chiedere
la legittima.
Se preferisce di conseguire il legato, perde il diritto di chiedere
un supplemento, nel caso che il valore del legato sia inferiore a
quello della legittima, e non acquista la qualità di erede (588).
Questa disposizione non si applica quando il testatore ha
espressamente attribuito al legittimario la facoltà di chiedere il
supplemento.
Il legato in sostituzione della legittima grava sulla porzione
indisponibile. Se però il valore del legato eccede quello della
legittima spettante al legittimario, per l'eccedenza il legato grava
sulla disponibile.
Art. 552 Donazione e legati in conto di legittima
Il legittimario che rinunzia all'eredità (519 e seguenti), quando
non si ha rappresentazione (467), può sulla disponibile ritenere le
donazioni o conseguire i legati a lui fatti (521-2); ma quando non
vi è stata espressa dispensa dall'imputazione (564-2), se per
integrare la legittima spettante agli eredi è necessario ridurre le
disposizioni testamentarie o le donazioni (554 e seguenti), restano
salve le assegnazioni, fatte dal testatore sulla disponibile, che
non sarebbero soggette a riduzione se il legittimario accettasse
l'eredità, e si riducono le donazioni e i legati fatti a
quest'ultimo.
SEZIONE II
Della reintegrazione della quota riservata ai legittimari
Art. 553 Riduzione delle porzioni degli eredi legittimi in concorso
con legittimari
Quando sui beni lasciati dal defunto si apre in tutto o in parte la
successione legittima (457), nel concorso di legittimari con altri
successibili, le porzioni che spetterebbero a questi ultimi si
riducono proporzionalmente nei limiti in cui è necessario per
integrare la quota riservata (537 e seguenti) ai legittimari, i
quali però devono imputare a questa, ai sensi dell'art. 564,
quantohanno ricevuto dal defunto in virtù di donazioni o di legati.
Art. 554 Riduzione delle disposizioni testamentarie
Le disposizioni testamentarie eccedenti la quota di cui il defunto
poteva disporre sono soggette a riduzione (557 e seguenti) nei
limiti della quota medesima (2652).
Art. 555 Riduzione delle donazioni
Le donazioni (809, 1923), il cui valore eccede la quota della quale
il defunto poteva disporre (172), sono soggette a riduzione fino
alla quota medesima (att. 135).
Le donazioni non si riducono se non dopo esaurito il valore dei beni
di cui è stato disposto per testamento.
Art. 556 Determinazione della porzione disponibile
Per determinare l'ammontare della quota di cui il defunto poteva
disporre si forma una massa di tutti i beni che appartenevano al
defunto al tempo della morte, detraendone i debiti. Si riuniscono
quindi fittiziamente i beni di cui sia stato disposto a titolo di
donazione, secondo il loro valore determinato in base alle regole
dettate negli artt. 747 e 750 e sull'asse così formato si calcola la
quota ii cui il defunto poteva disporre (537 e seguenti, 737; att.
135-2).
Art. 557 Soggetti che possono chiedere la riduzione
La riduzione delle donazioni (809) e delle disposizioni lesive della
porzione di legittima non può essere domandata che dai legittimari e
dai loro eredi o aventi causa (537 e seguenti).
Essi non possono rinunziare a questo diritto, finché vive il donante
né con dichiarazione espressa, né prestando il loro assenso alla
donazione (458).
I donatari e i legatari non possono chiedere la riduzione, né
approfittarne. Non possono chiederla né approfittarne nemmeno i
creditori del defunto, se il legittimario avente diritto alla
riduzione ha accettato con il beneficio d'inventario (484 e
seguenti).
Art. 558 Modo di ridurre le disposizioni testamentarie
La riduzione delle disposizioni testamentarie avviene
proporzionalmente, senza distinguere tra eredi e legatari.
Se il testatore ha dichiarato che una sua disposizione deve avere
effetto a preferenza delle altre, questa disposizione non si riduce,
se non in quanto il valore delle altre non sia sufficiente a
integrare la quota riservata ai legittimari.
Art. 559 Modo di ridurre le donazioni
Le donazioni (809) si riducono cominciando dall'ultima e risalendo
via via alle anteriori.
Art. 560 Riduzione del legato o della donazione d'immobili
Quando oggetto del legato o della donazione da ridurre è un immobile
(812), la riduzione si fa separando dall'immobile medesimo la parte
occorrente per integrare la quota riservata, se ciò può avvenire
comodamente (720).
Se la separazione non può farsi comodamente e il legatario o il
donatario ha nell'immobile un'eccedenza maggiore del quarto della
porzione disponibile, l'immobile si deve lasciare per intero
nell'eredità, salvo il diritto di conseguire il valore della
porzione disponibile. Se l'eccedenza non supera il quarto, il
legatario o il donatario può ritenere tutto l'immobile, compensando
in danaro i legittimari.
Il legatario o il donatario che è legittimario può ritenere tutto
l'immobile, purché il valore di esso non superi l'importo della
porzione disponibile e della quota che gli spetta come legittimario.
Art. 561 Restituzione degli immobili
Gli immobili restituiti in conseguenza della riduzione sono liberi
da ogni peso o ipoteca di cui il legatario o il donatario può averli
gravati, salvo il disposto del n. 8 dell'art. 2652. La stessa
disposizione si applica per i mobili iscritti in pubblici registri
(2683, 2690).
I frutti (820) sono dovuti a decorrere dal giorno della domanda
giudiziale (1148).
Art. 562 Insolvenza del donatario soggetto a riduzione
Se la cosa donata è perita per causa imputabile al donatario o ai
suoi aventi causa o se la restituzione della cosa donata non può
essere richiesta contro l'acquirente, e il donatario è in tutto o in
parte insolvente (2652), il valore della donazione che non si può
recuperare dal donatario si detrae dalla massa ereditaria, ma
restano impregiudicate le ragioni di credito del legittimario e dei
donatari antecedenti contro il donatario insolvente.
Art. 563 Azione contro gli aventi causa dai donatari soggetti a
riduzione
Se i donatari contro i quali è stata pronunziata la riduzione hanno
alienato a terzi gli immobili donati, il legittimario, premessa
l'escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi
acquirenti, nel modo e nell'ordine in cui si potrebbe chiederla ai
donatari medesimi, la restituzione degli immobili (2652, n. 8).
L'azione per ottenere la restituzione deve proporsi secondo l'ordine
di data delle alienazioni, cominciando dall'ultima. Contro i terzi
acquirenti può anche essere richiesta la restituzione dei beni
mobili, oggetto della donazione, salvi gli effetti del possesso di
buona fede (1153 e seguenti).
Il terzo acquirente può liberarsi dall'obbligo di restituire in
natura le cose donate pagando l'equivalente in danaro.
Art. 564 Condizioni per l'esercizio dell'azione di riduzione
Il legittimario che non ha accettato l'eredità col beneficio
d'inventario (484 e seguenti) non può chiedere la riduzione delle
donazioni e dei legati, salvo che le donazioni e i legati siano
stati fatti a persone chiamate come coeredi, ancorché abbiano
rinunziato all'eredità. Questa disposizione non si applica all'erede
che ha accettato col beneficio d'inventario e che ne è decaduto (439
e seguenti).
In ogni caso il legittimario, che domanda la riduzione di donazioni
o di disposizioni testamentarie, deve imputare (737 e seguenti) alla
sua porzione legittima le donazioni e i legati a lui fatti, salvo
che ne sia stato espressamente dispensato (553; att. 1352).
Il legittimario che succede per rappresentazione (467 e seguenti)
deve anche imputare le donazioni e i legati fatti, senza espressa
dispensa, al suo ascendente (740; att. 1352).
La dispensa non ha effetto a danno dei donatari anteriori.
Ogni cosa, che, secondo le regole contenute nel capo II del titolo
IV di questo libro, è esente da collazione, è pure esente da
imputazione.
TITOLO II
DELLE SUCCESSIONI LEGITTIME
Art. 565 Categorie dei successibili
Nella successione legittima l'eredità si devolve al coniuge, ai
discendenti legittimi e naturali, agli ascendenti legittimi, ai
collaterali, agli altri parenti e allo Stato, nell'ordine e secondo
le regole stabilite nel presente titolo.
CAPO I
Della successione dei parenti
Art. 566 Successione dei figli legittimi e naturali
Al padre ed alla madre succedono (459) i figli legittimi e naturali,
in parti uguali.
Si applica il terzo comma dell'art. 537.
Art. 567 Successione dei figli legittimati e adottivi
Ai figli legittimi sono equiparati i legittimati (280 e seguenti) e
gli adottivi (291 e seguenti, 309, 314-326).
I figli adottivi sono estranei alla successione dei parenti
dell'adottante (300-2).
Art. 568 Successione dei genitori
A colui che muore senza lasciare prole, né fratelli o sorelle o loro
discendenti (467 e seguenti), succedono (459) il padre e la madre in
eguali porzioni, o il genitore che sopravvive.
Art. 569 Successione degli ascendenti
A colui che muore senza lasciare prole, ne genitori, ne fratelli o
sorelle o loro discendenti (467 e seguenti), succedono per una metà
gli ascendenti della linea paterna e per l'altra meta gli ascendenti
della linea materna.
Se però gli ascendenti non sono di eguale grado, l'eredità è
devoluta al più vicino senza distinzione di linea.
Art. 570 Successione dei fratelli e delle sorelle
A colui che muore senza lasciare prole, né genitori, ne altri
ascendenti, succedono (459) i fratelli e le sorelle in parti uguali.
I fratelli e le sorelle unilaterali conseguono però la metà della
quota che conseguono i germani.
Art. 571 Concorso di genitori o ascendenti con fratelli e sorelle
Se coi genitori o con uno soltanto di essi concorrono fratelli e
sorelle germani del defunto, tutti sono ammessi alla successione del
medesimo per capi, purché in nessun caso la quota, in cui succedono
i genitori o uno di essi, sia minore della metà.
Se vi sono fratelli e sorelle unilaterali, ciascuno di essi consegue
la metà della quota che consegue ciascuno dei germani o dei
genitori, salva in ogni caso la quota della metà in favore di questi
ultimi.
Se entrambi i genitori non possono o non vogliono (463, 521) venire
alla successione, e vi sono ulteriori ascendenti, a questi ultimi si
devolve, nel modo determinato dall'art. 569, laquota che sarebbe
spettata a uno dei genitori in mancanza dell'altro.
Art. 572 Successione di altri parenti
Se alcuno muore senza lasciare prole, ne genitori, né altri
ascendenti, ne fratelli o sorelle o loro discendenti, la successione
si apre a favore del parente o dei parenti prossimi (76), senza
distinzione di linea.
La successione non ha luogo tra i parenti oltre il sesto grado (77,
586).
Art. 573 Successione dei figli naturali
Le disposizioni relative alla successione dei figli naturali si
applicano quando la filiazione è stata riconosciuta o giudizialmente
dichiarata (250 e seguenti), salvo quanto è disposto dall'art. 580.
Art. 574-576 (abrogati)
Art. 577 Successione del figlio naturale all'ascendente legittimo
immediato del suo genitore
Il figlio naturale succede all'ascendente legittimo immediato del
suo genitore che non può o non vuole accettare l'eredità, se
l'ascendente non lascia ne coniuge, ne discendenti o ascendenti, ne
fratelli o sorelle o loro discendenti, né altri parenti legittimi
entro il terzo grado (Articolo dichiarato illegittimo dalla Corte
Costit., con Sent. 14 aprile 1969, n. 79).
Art. 578 Successione dei genitori al figlio naturale
Se il figlio naturale muore senza lasciar prole né coniuge, la sua
eredità è devoluta a quello dei genitori che lo ha riconosciuto o
del quale è stato dichiarato figlio (250 e seguenti).
Se è stato riconosciuto o dichiarato figlio di entrambi i genitori,
l'eredità spetta per metà a ciascuno di essi.
Se uno solo dei genitori ha legittimato il figlio (280 e seguenti),
l'altro è escluso dalla successione.
Art. 579 Concorso del coniuge e dei genitori
Se al figlio naturale morto senza lasciar prole, ne genitori,
sopravvive il coniuge, l'eredità si devolve per intero al medesimo.
Se vi sono genitori, l'eredita è devoluta per due terzi al coniuge e
per l'altro terzo ai genitori (538).
Art. 580 Diritti dei figli naturali non riconoscibili
Ai figli naturali aventi diritto al mantenimento, all'istruzione e
alla educazione, a norma dell'art. 279, spetta un assegno vitalizio
pari all'ammontare della rendita della quota di eredità alla quale
avrebbero diritto, se la filiazione fosse stata dichiarata o
riconosciuta.
I figli naturali hanno diritto di ottenere su loro richiesta la
capitalizzazione dell'assegno loro spettante a norma del comma
precedente, in denaro, ovvero, a scelta degli eredi legittimi, in
beni ereditari.
CAPO II
Della successione del coniuge
Art. 581 Concorso del coniuge con i figli
Quando con il coniuge concorrono figli legittimi o figli naturali, o
figli legittimi e naturali (257), il coniuge ha diritto alla metà
dell'eredità, se alla successione concorre un solo figlio, e ad un
terzo negli altri casi.
Art. 582 Concorso del coniuge con ascendenti legittimi, fratelli e
sorelle
Al coniuge sono devoluti i due terzi dell'eredità se egli concorre
con ascendenti legittimi o con fratelli e sorelle anche se
unilaterali (459), ovvero con gli uni e con gli altri. In questo
ultimo caso la parte residua è devoluta agli ascendenti, ai fratelli
e alle sorelle, secondo le disposizioni dell'art. 571, salvo in ogni
caso agli ascendenti il diritto a un quarto della eredità.
Art. 583 Successione del solo coniuge
In mancanza di figli legittimi o naturali, di ascendenti, di
fratelli o sorelle, al coniuge si devolve tutta l'eredità.
Art. 584 Successione del coniuge putativo
Quando il matrimonio è stato dichiarato nullo dopo la morte di uno
dei coniugi, al coniuge superstite di buona fede spetta la quota
attribuita al coniuge dalle disposizioni che precedono. Si applica
altresì la disposizione del secondo comma dell'art. 540.
Egli è però escluso dalla successione, quando la persona della cui
eredità si tratta è legata da valido matrimonio al momento della
morte.
Art. 585 Successione del coniuge separato
Il coniuge cui non è stata addebitata la separazione con sentenza
passata in giudicato ha gli stessi diritti successori del coniuge
non separato.
Nel caso in cui al coniuge sia stata addebitata la separazione con
sentenza passata in giudicato, si applicano le disposizioni del
secondo comma dell'art. 548.
CAPO III
Della successione dello stato
Art. 586 Acquisto dei beni da parte dello Stato
In mancanza di altri successibili (459, 572) l'eredità è devoluta
allo Stato (473). L'acquisto si opera di diritto senza bisogno di
accettazione e non può farsi luogo a rinunzia.
Lo Stato non risponde dei debiti ereditari e dei legati oltre il
valore dei beni acquistati.
TITOLO III
DELLE SUCCESSIONI TESTAMENTARIE
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 587 Testamento
Il testamento è un atto revocabile (679 e seguenti) con il quale
taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte
le proprie sostanze o di parte di esse (978, 1920, 2821).
Le disposizioni di carattere non patrimoniale, che la legge consente
siano contenute in un testamento (254, 256, 338, 348, 355, 424-3,
466), hanno efficacia, se contenute in un atto che ha la forma del
testamento (601 e seguenti), anche se manchino disposizioni di
carattere patrimoniale.
Art. 588 Disposizioni a titolo universale e a titolo particolare
Le disposizioni testamentarie, qualunque sia l'espressione o la
denominazione usata dal testatore, sono a titolo universale (633,
637, 647) e attribuiscono la qualità di erede (1141, 1399), se
comprendono l'universalità o una quota dei beni del testatore. Le
altre disposizioni sono a titolo particolare e attribuiscono la
qualità di legatario.
L'indicazione di beni determinati o di un complesso di beni non
esclude che la disposizione sia a titolo universale, quando risulta
che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del
patrimonio.
Art. 589 Testamento congiuntivo o reciproco
Non si può fare testamento da due o più persone nel medesimo atto,
ne a vantaggio di un terzo ne con disposizione reciproca (458).
Art. 590 Conferma ed esecuzione volontaria di disposizioni
testamentarie nulle
La nullità della disposizione testamentaria (att. 137), da qualunque
causa dipenda, non può essere fatta valere da chi, conoscendo la
causa della nullità, ha, dopo la morte del testatore, confermato la
disposizione o dato ad essa volontaria esecuzione (1444).
CAPO II
Della capacità di disporre per testamento
Art. 591 Casi d'incapacità
Possono disporre per testamento tutti coloro che non sono dichiarati
incapaci dalla legge.
Sono incapaci di testare:
l) coloro che non hanno compiuto la maggiore età;
2) gli interdetti per infermità di mente (414);
3) quelli che, sebbene non interdetti, si provi essere stati, per
qualsiasi causa, anche transitoria, incapaci di intendere e di
volere nel momento in cui fecero testamento.
Nei casi d'incapacità preveduti dal presente articolo il testamento
può essere impugnato da chiunque vi ha interesse. L'azione si
prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata data
esecuzione alle disposizioni testamentarie (590, 620, 621, 623).
CAPO III
Della capacità di ricevere per testamento
Art. 592 Figli naturali riconosciuti o riconoscibili
Se vi sono discendenti legittimi, i figli naturali, quando la
filiazione è stata riconosciuta o dichiarata (250 e seguenti), non
possono ricevere per testamento più di quanto avrebbero ricevuto se
la successione si fosse devoluta in base alla legge (573 e
seguenti).
I figli naturali riconoscibili, quando la filiazione risulta nei
modi indicati dall'art. 279, non possono ricevere più di quanto,
secondo la disposizione del comma precedente, potrebbero conseguire
se la filiazione fosse stata riconosciuta o dichiarata.
Art. 593 (abrogato)
Art. 594 Assegno ai figli naturali non riconoscibili
Gli eredi, i legatari e i donatari sono tenuti, in proporzione a
quanto hanno ricevuto, a corrispondere ai figli naturali di cui
all'art. 279, un assegno vitalizio nei limiti stabilitidall'art.
580, se il genitore non ha disposto per donazione o testamento in
favore dei figli medesimi. Se il genitore ha disposto in loro
favore, essi possono rinunziare alla disposizione e chiedere
l'assegno.
Art. 595 (abrogato)
Art. 596 Incapacità del tutore e del protutore
Sono nulle le disposizioni testamentarie della persona sottoposta a
tutela in favore del tutore, se fatte dopo la nomina di questo e
prima che sia approvato il conto o sia estinta l'azione per il
rendimento del conto medesimo (385 e seguenti), quantunque il
testatore sia morto dopo l'approvazione. Questa norma si applica
anche al protutore, se il testamento è fatto nel tempo in cui egli
sostituiva il tutore (360).
Sono però valide le disposizioni fatte in favore del tutore o del
protutore che è ascendente, discendente, fratello, sorella o coniuge
del testatore.
Art. 597 Incapacità del notaio, dei testimoni e dell'interprete
Sono nulle le disposizioni a favore del notaio o di altro ufficiale
che ha ricevuto il testamento pubblico, ovvero a favore di alcuno
dei testimoni o dell'interprete intervenuti al testamento medesimo.
Art. 598 Incapacità di chi ha scritto o ricevuto il testamento
segreto
Sono nulle le disposizioni a favore della persona che ha scritto il
testamento segreto, salvo che siano approvate di mano dello stesso
testatore o nell'atto della consegna. Sono pure nulle le
disposizioni a favore del notaio a cui il testamento segreto è stato
consegnato in plico non sigillato.
Art. 599 Persone interposte
Le disposizioni testamentarie a vantaggio delle persone incapaci
indicate dagli artt. 592, 593, 596, 597 e 598 sono nulle anche se
fatte sotto nome d'interposta persona.
Sono reputate persone interposte il padre, la madre, i discendenti e
il coniuge della persona incapace, anche se chiamati congiuntamente
con l'incapace (738, 740, 779, 780, 2728).
NOTA Il primo comma è stato dichiarato illegittimo (Corte Costit. 28
dicembre 1970).
Art. 600 Enti non riconosciuti
Le disposizioni a favore di un ente non riconosciuto non hanno
efficacia, se entro un anno dal giorno in cui il testamento è
eseguibile (620 e seguenti, 640) non è fatta l'istanza per ottenere
il riconoscimento.
Fino a quando l'ente non è costituito possono essere promossi gli
opportuni provvedimenti conservativi (att. 3).
CAPO IV
Della forma dei testamenti
SEZIONE I
Dei testamenti ordinari
Art. 601 Forme
Le forme ordinarie di testamento sono il testamento olografo e il
testamento per atto di notaio.
Il testamento per atto di notaio è pubblico o segreto.
Art. 602 Testamento olografo
Il testamento olografo deve essere scritto per intero, datato e
sottoscritto di mano del testatore (684).
La sottoscrizione deve essere posta alla fine delle disposizioni. Se
anche non è fatta indicando nome e cognome, è tuttavia valida quando
designa con certezza la persona del testatore.
La data deve contenere l'indicazione del giorno, mese e anno. La
prova della non verità della data è ammessa soltanto quando si
tratta di giudicare della capacità del testatore (591), della
priorità di data tra più testamenti (682) o di altra questione da
decidersi in base al tempo del testamento (651, 656, 657).
Art. 603 Testamento pubblico
Il testamento pubblico è ricevuto dal notaio in presenza di due
testimoni.
Il testatore, in presenza dei testimoni, dichiara al notaio la sua
volontà, la quale è ridotta in iscritto a cura del notaio stesso.
Questi da lettura del testamento al testatore in presenza dei
testimoni. Di ciascuna di tali formalità è fatta menzione nel
testamento.
Il testamento deve indicare il luogo, la data del ricevimento e
l'ora della sottoscrizione, ed essere sottoscritto dal testatore,
dai testimoni e dal notaio. Se il testatore non può sottoscrivere, o
può farlo solo con grave difficoltà, deve dichiararne la causa, e il
notaio deve menzionare questa dichiarazione prima della lettura
dell'atto.
Per il testamento del muto, sordo o sordomuto si osservano le norme
stabilite dalla legge notarile per gli atti pubblici di queste
persone. Qualora il testatore sia incapace anche di leggere, devono
intervenire quattro testimoni.
Art. 604 Testamento segreto
Il testamento segreto può essere scritto dal testatore o da un
terzo. Se è scritto dal testatore, deve essere sottoscritto da lui
alla fine delle disposizioni; se è scritto in tutto o in parte da
altri, o se è scritto con mezzi meccanici, deve portare la
sottoscrizione del testatore anche in ciascun mezzo foglio, unito o
separato.
Il testatore che sa leggere ma non sa scrivere, o che non ha potuto
apporre la sottoscrizione quando faceva scrivere le proprie
disposizioni, deve altresì dichiarare al notaio, che riceve il
testamento, di averlo letto ed aggiungere la causa che gli ha
impedito di sottoscriverlo: di ciò si fa menzione nell'atto di
ricevimento.
Chi non sa o non può leggere non può fare testamento segreto.
Art. 605 Formalità del testamento segreto
La carta su cui sono stese le disposizioni o quella che serve da
involto deve essere sigillata con impronta, in guisa che il
testamento non si possa aprire né estrarre senza rottura o
alterazione.
Il testatore, in presenza di due testimoni, consegna (685)
personalmente al notaio la carta così sigillata, o la fa sigillare
nel modo sopra indicato in presenza del notaio e dei testimoni, e
dichiara che in questa carta è contenuto il suo testamento. Il
testatore, se è muto o sordomuto, deve scrivere tale dichiarazione
in presenza dei testimoni e deve pure dichiarare per iscritto di
aver letto il testamento, se questo è stato scritto da altri.
Sulla carta in cui dal testatore è scritto o involto il testamento,
o su un ulteriore involto predisposto dal notaio e da lui
debitamente sigillato, si scrive l'atto di ricevimento nel quale si
indicano il fatto della consegna e la dichiarazione del testatore,
il numero e l'impronta dei sigilli, e l'assistenza dei testimoni a
tutte le formalità.
L'atto deve essere sottoscritto dal testatore, dai testimoni e dal
notaio.
Se il testatore non può, per qualunque impedimento, sottoscrivere
l'atto della consegna, si osserva quel che è stabilito circa il
testamento per atto pubblico. Tutto ciò deve essere fatto di seguito
e senza passare ad altri atti.
Art. 606 Nullità del testamento per difetto di forma
Il testamento è nullo (1418 e seguenti) quando manca l'autografia o
la sottoscrizione nel caso di testamento olografo, ovvero manca la
redazione per iscritto, da parte del notaio, delle dichiarazioni del
testatore o la sottoscrizione dell'uno o dell'altro, nel caso di
testamento per atto di notaio.
Per ogni altro difetto di forma il testamento può essere annullato
(1441 e seguenti) su istanza di chiunque vi ha interesse. L'azione
di annullamento si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno
in cui è stata data esecuzione alle disposizioni testamentarie.
Art. 607 Validità del testamento segreto come olografo
Il testamento segreto, che manca di qualche requisito suo proprio,
ha effetto come testamento olografo, qualora di questo abbia i
requisiti.
Art. 608 Ritiro di testamento segreto od olografo
Il testamento segreto è il testamento olografo che è stato
depositato possono dal testatore essere ritirati in ogni tempo dalle
mani del notaio presso il quale si trovano (685).
A cura del notaio si redige verbale della restituzione; il verbale è
sottoscritto dal testatore, da due testimoni e dal notaio; se il
testatore non può sottoscrivere, se ne fa menzione.
Quando il testamento è depositato in un pubblico archivio, il
verbale è redatto dall'archivista e sottoscritto dal testatore, dai
testimoni e dall'archivista medesimo.
Della restituzione del testamento si prende nota in margine o in
calce all'atto di consegna o di deposito.
SEZIONE II
Dei testamenti speciali
Art. 609 Malattie contagiose, calamità pubbliche o infortuni
Quando il testatore non può valersi delle forme ordinarie (601 e
seguenti), perché si trova in luogo dove domina una malattia
reputata contagiosa, o per causa di pubblica calamita o
d'infortunio, il testamento è valido se ricevuto da un notaio, dal
pretore o dal conciliatore del luogo, dal sindaco o da chi ne fa le
veci, o da un ministro di culto, in presenza di due testimoni di età
non inferiore a sedici anni.
Il testamento è redatto e sottoscritto da chi lo riceve; è
sottoscritto anche dal testatore e dai testimoni. Se il testatore o
i testimoni non possono sottoscrivere, se ne indica la causa.
Art. 610 Termine di efficacia
Il testamento ricevuto nel modo indicato dall'articolo precedente
perde la sua efficacia tre mesi dopo la cessazione della causa che
ha impedito al testatore di valersi delle forme ordinarie.
Se il testatore muore nell'intervallo, il testamento deve essere
depositato, appena è possibile, nell'archivio notarile del luogo in
cui è stato ricevuto.
Art. 611 Testamento a bordo di nave
Durante il viaggio per mare il testamento può essere ricevuto a
bordo della nave dal comandante di essa.
Il testamento del comandante può essere ricevuto da colui che lo
segue immediatamente in ordine di servizio.
Art. 612 Forme
Il testamento indicato dall'articolo precedente è redatto in doppio
originale alla presenza di due testimoni e deve essere sottoscritto
dal testatore, dalla persona che lo ha ricevuto e dai testimoni; se
il testatore o i testimoni non possono sottoscrivere, si deve
indicare il motivo che ha impedito la sottoscrizione.
Il testamento è conservato tra i documenti di bordo (Cod. Nav. 169 e
seguenti), ed è annotato sul giornale di bordo ovvero sul giornale
nautico e sul ruolo d'equipaggio.
Art. 613 Consegna
Se la nave approda a un porto estero in cui vi sia un'autorità
consolare, il comandante è tenuto a consegnare all'autorità medesima
uno degli originali del testamento e una copia dell'annotazione
fatta sul giornale di bordo ovvero sul giornale nautico e sul ruolo
d'equipaggio.
Al ritorno della nave nello Stato, i due originali del testamento, o
quello non depositato durante il viaggio, devono essere consegnati
all'autorità marittima locale insieme con la copia della predetta
annotazione.
Della consegna si rilascia dichiarazione, di cui si fa cenno in
margine all'annotazione sopraindicata.
Art. 614 Verbale di consegna
L'autorità marittima o consolare locale deve redigere verbale della
consegna del testamento e trasmettere il verbale e gli atti ricevuti
al Ministero della difesa o al Ministero della marina mercantile,
secondo che il testamento sia stato ricevuto a bordo di una nave
della marina militare o di una nave della marina mercantile. Il
Ministero ordina il deposito di uno degli originali nel suo
archivio, e trasmette l'altro all'archivio notarile del luogo del
domicilio o dell'ultima residenza del testatore.
Art. 615 Termine di efficacia
Il testamento fatto durante il viaggio per mare, nella forma
stabilita dagli artt. 611 e seguenti, perde la sua efficacia tre
mesi dopo lo sbarco del testatore in un luogo dove è possibile fare
testamento nelle forme ordinarie.
Art. 616 Testamento a bordo di aeromobile
Al testamento fatto a bordo di un aeromobile durante il viaggio si
applicano le disposizioni degli artt. 611 e 615.
Il testamento è ricevuto dal comandante, in presenza di uno o,
quando è possibile, di due testimoni.
Le attribuzioni delle autorità marittime a norma degli artt. 613 e
614 spettano alle autorità aeronautiche.
Il testamento è annotato sul giornale di rotta (Cod. Nav. 772, 888).
Art. 617 Testamento dei militari e assimilati
Il testamento dei militari e delle persone al seguito delle forze
armate dello Stato può essere ricevuto da un ufficiale o da un
cappellano militare o da un ufficiale della Croce Rossa, in presenza
di due testimoni; esso deve essere sottoscritto dal testatore, dalla
persona che lo ha ricevuto e dai testimoni. Se il testatore o i
testimoni non possono sottoscrivere, si deve indicare il motivo che
ha impedito la sottoscrizione.
Il testamento deve essere al più presto trasmesso al quartiere
generale e da questo al Ministero competente, che ne ordina il
deposito nell'archivio notarile del luogo del domicilio o
dell'ultima residenza del testatore (43).
Art. 618 Casi e termini d'efficacia
Nella forma speciale stabilita dall'articolo precedente possono
testare soltanto coloro i quali, appartenendo a corpi o servizi
mobilitati o comunque impegnati in guerra, si trovano in zona di
operazioni belliche o sono prigionieri presso il nemico, e coloro
che sono acquartierati o di presidio fuori dello Stato o in luoghi
dove siano interrotte le comunicazioni.
Il testamento perde la sua efficacia tre mesi dopo il ritorno del
testatore in un luogo dove è possibile far testamento nelle forme
ordinarie.
Art. 619 Nullità
I testamenti previsti in questa sezione sono nulli (1418 e seguenti)
quando manca la redazione in iscritto della dichiarazione del
testatore ovvero la sottoscrizione della persona autorizzata a
riceverla o del testatore.
Per gli altri difetti di forma si osserva il disposto del secondo
comma dell'art. 606 (590).
SEZIONE III
Della pubblicazione dei testamenti olografi e dei testamenti segreti
Art. 620 Pubblicazione del testamento olografo
Chiunque è in possesso di un testamento olografo deve presentarlo a
un notaio per la pubblicazione, appena ha notizia della morte del
testatore (p. 490 e seguente).
Chiunque crede di avervi interesse può chiedere, con ricorso al
pretore del mandamento in cui si è aperta la successione (456), che
sia fissato un termine per la presentazione (Cod. Proc. Civ. 749).
Il notaio procede alla pubblicazione del testamento in presenza di
due testimoni, redigendo nella forma degli atti pubblici un verbale
nel quale descrive lo stato del testamento, ne riproduce il
contenuto e fa menzione della sua apertura, se è stato presentato
chiuso con sigillo. Il verbale è sottoscritto dalla persona che
presenta il testamento dai testimoni e dal notaio. Ad esso sono
uniti la carta in cui è scritto il testamento, vidimata in ciascun
mezzo foglio dal notaio e dai testimoni, e l'estratto dell'atto di
morte del testatore o copia del provvedimento che ordina l'apertura
degli atti di ultima volontà dell'assente o della sentenza che
dichiara la morte presunta (50, 58).
Nel caso in cui il testamento è stato depositato dal testatore
presso un notaio, la pubblicazione è eseguita dal notaio depositario
(685).
Avvenuta la pubblicazione, il testamento olografo ha esecuzione
(att. 3, 7).
Per giustificati motivi, su istanza (Cod. Proc. Civ. 125) di
chiunque vi ha interesse, il pretore può disporre che periodi o
frasi di carattere non patrimoniale siano cancellati dal testamento
e omessi nelle copie che fossero richieste, salvo che l'autorità
giudiziaria ordini il rilascio di copia integrale.
Art. 621 Pubblicazione del testamento segreto
Il testamento segreto deve essere aperto e pubblicato dal notaio
appena gli perviene la notizia della morte del testatore. Chiunque
crede di avervi interesse può chiedere, con ricorso al pretore del
mandamento in cui si è aperta la successione, che sia fissato un
termine per l'apertura e la pubblicazione.
Si applicano le disposizioni del terzo comma dell'art. 620.
Art. 622 Comunicazione dei testamenti alla pretura
Il notaio deve trasmettere alla cancelleria della pretura, nella cui
giurisdizione si è aperta la successione (456), copia in carta
libera dei verbali previsti dagli artt. 620 e 621 e del testamento
pubblico (att. 55).
Art. 623 Comunicazione agli eredi e legatari
Il notaio che ha ricevuto un testamento pubblico, appena gli è nota
la morte del testatore, o, nel caso di testamento olografo o
segreto, dopo la pubblicazione, comunica l'esistenza del testamento
agli eredi e legatari di cui conosce il domicilio o la residenza
(43).
CAPO V
Dell'istituzione di erede e dei legati
SEZIONE I
Disposizioni generali
Art. 624 Violenza, dolo, errore
La disposizione testamentaria può essere impugnata da chiunque vi
abbia interesse quando è l'effetto di errore, di violenza o di dolo
(1427 e seguenti).
L'errore sul motivo, sia esso di fatto o di diritto, è causa di
annullamento della disposizione testamentaria, quando il motivo
risulta dal testamento ed è il solo che ha determinato il testatore
a disporre.
L'azione (2652, 2960) si prescrive in cinque anni dal giorno in cui
si è avuta notizia della violenza, del dolo o dell'errore.
Art. 625 Erronea indicazione dell'erede o del legatario o della cosa
che forma oggetto della disposizione
Se la persona dell'erede o del legatario è stata erroneamente
indicata, la disposizione ha effetto, quando dal contesto del
testamento o altrimenti risulta in modo non equivoco quale persona
il testatore voleva nominare (628).
La disposizione ha effetto anche quando la cosa che forma oggetto
della disposizione è stata erroneamente indicata o descritta, ma è
certo a quale cosa il testatore intendeva riferirsi.
Art. 626 Motivo illecito
Il motivo illecito rende nulla la disposizione testamentaria, quando
risulta dal testamento ed è il solo che ha determinato il testatore
a disporre (1345, 1418 e seguenti).
Art. 627 Disposizione fiduciaria
Non è ammessa azione in giudizio per accertare che le disposizioni
fatte a favore di persona dichiarata nel testamento sono soltanto
apparenti e che in realtà riguardano altra persona, anche se
espressioni del testamento possono indicare o far presumere che si
tratta di persona interposta.
Tuttavia la persona dichiarata nel testamento, se ha spontaneamente
eseguito la disposizione fiduciaria trasferendo i beni alla persona
voluta dal testatore, non può agire per la ripetizione, salvo che
sia un incapace (2034).
Le disposizioni di questo articolo non si applicano al caso in cui
l'istituzione o il legato sono impugnati come fatti per interposta
persona a favore d'incapaci a ricevere.
Art. 628 Disposizione a favore di persona incerta
E' nulla ogni disposizione fatta a favore di persona che sia
indicata in modo da non poter essere determinata.
Art. 629 Disposizioni a favore dell'anima
Le disposizioni a favore dell'anima sono valide qualora siano
determinati i beni o possa essere determinata la somma da impiegarsi
a tale fine.
Esse si considerano come un onere a carico dell'erede o del
legatario, e si applica l'art. 648.
Il testatore può designare una persona che curi l'esecuzione della
disposizione, anche nel caso in cui manchi un interessato a
richiedere l'adempimento.
Art. 630 Disposizioni a favore dei poveri
Le disposizioni a favore dei poveri e altre simili, espresse
genericamente, senza che si determini l'uso o il pubblico istituto a
cui beneficio sono fatte, s'intendono fatte in favore dei poveri del
luogo in cui il testatore aveva il domicilio al tempo della sua
morte, e i beni sono devoluti all'ente comunale di assistenza.
La precedente disposizione si applica anche quando la persona
incaricata dal testatore di determinare l'uso o il pubblico istituto
non può o non vuole accettare l'incarico.
Art. 631 Disposizioni rimesse all'arbitrio del terzo
E' nulla ogni disposizione testamentaria con la quale si fa
dipendere dall'arbitrio di un terzo l'indicazione dell'erede o del
legatario, ovvero la determinazione della quota di eredità (590).
Tuttavia è valida la disposizione a titolo particolare (588) in
favore di persona da scegliersi dall'onerato o da un terzo tra più
persone determinate dal testatore o appartenenti a famiglie o
categorie di persone da lui determinate, ed è pure valida la
disposizione a titolo particolare a favore di uno tra più enti
determinati del pari dal testatore. Se sono indicate più persone in
modo alternativo e non è stabilito chi deve fare la scelta, questa
si considera lasciata all'onerato.
Se l'onerato o il terzo non può o non vuole fare la scelta, questa è
fatta con decreto dal presidente del tribunale del luogo in cui si è
aperta la successione (456), dopo avere assunto le opportune
informazioni (Cod. Proc. Civ. 751).
Art. 632 Determinazione di legato per arbitrio altrui
E' nulla la disposizione che lascia al mero arbitrio dell'onerato o
di un terzo di determinare l'oggetto o la quantità del legato (590).
Sono validi i legati fatti a titolo di rimunerazione per i servizi
prestati al testatore, anche se non ne sia indicato l'oggetto o la
quantità.
SEZIONE II
Delle disposizioni condizionali, a termine e modali
Art. 633 Condizione sospensiva o risolutiva
Le disposizioni a titolo universale o particolare (588) possono
farsi sotto condizione sospensiva o risolutiva (646, 1353; att.
139).
Art. 634 Condizioni impossibili o illecite
Nelle disposizioni testamentarie (558) si considerano non apposte le
condizioni impossibili e quelle contrarie a norme imperative,
all'ordine pubblico o al buon costume, salvo quanto è stabilito
dall'art. 626 (1354).
Art. 635 Condizione di reciprocità
E' nulla la disposizione a titolo universale o particolare fatta dal
testatore a condizione di essere a sua volta avvantaggiato nel
testamento dell'erede o del legatario (458).
Art. 636 Divieto di nozze
E' illecita la condizione che impedisce le prime nozze o le
ulteriori (634; att. 138).
Tuttavia il legatario di usufrutto (978 e seguenti) o di uso, di
abitazione (1021 e seguenti) o di pensione, o di altra prestazione
periodica per il caso o per il tempo del celibato o della vedovanza,
non può goderne che durante il celibato o la vedovanza.
Art. 637 Termine
Si considera non apposto a una disposizione a titolo universale
(588) il termine dal quale l'effetto di essa deve cominciare o
cessare (459).
Art. 638 Condizione di non fare o di non dare
Se il testatore ha disposto sotto la condizione che l'erede o il
legatario non faccia o non dia qualche cosa per un tempo
indeterminato, la disposizione si considera fatta sotto condizione
risolutiva, salvo che dal testamento risulti una contraria volontà
del testatore.
Art. 639 Garanzia in caso di condizione risolutiva
Se la disposizione testamentaria è sottoposta a condizione
risolutiva, l'autorità giudiziaria, qualora ne ravvisi
l'opportunità, può imporre all'erede o al legatario (Cod. Proc. Civ.
750) di prestare idonea garanzia (1179) a favore di coloro ai quali
l'eredità o il legato dovrebbe devolversi nel caso che la condizione
si avverasse.
Art. 640 Garanzia in caso di legato sottoposto a condizione
sospensiva o a termine
Se a taluno è lasciato un legato sotto condizione sospensiva o dopo
un certo tempo, l'onerato può essere costretto (Cod. Proc. Civ. 750)
a dare idonea garanzia (1179) al legatario, salvo che il testatore
abbia diversamente disposto.
La garanzia può essere imposta anche al legatario quando il legato è
a termine finale.
Art. 641 Amministrazione in caso di condizione sospensiva o di
mancata prestazione di garanzia
Qualora l'erede sia istituito sotto condizione sospensiva, finché
questa condizione non si verifica o non è certo che non si può più
verificare, è dato all'eredità un amministratore.
Vale la stessa norma anche nel caso in cui l'erede o il legatario
non adempie l'obbligo di prestare la garanzia prevista dai due
articoli precedenti.
Art. 642 Persone a cui spetta l'amministrazione
L'amministrazione spetta alla persona a cui favore è stata disposta
la sostituzione (688 e seguenti), ovvero al coerede o ai coeredi,
quando tra essi e l'erede condizionale vi è il diritto di
accrescimento (674 e seguenti).
Se non è prevista la sostituzione o non vi sono coeredi a favore dei
quali abbia luogo il diritto di accrescimento, l'amministrazione
spetta al presunto erede legittimo (565).
In ogni caso l'autorità giudiziaria, quando concorrono giusti
motivi, può provvedere altrimenti.
Art. 643 Amministrazione in caso di eredi nascituri
Le disposizioni dei due precedenti articoli si applicano anche nel
caso in cui sia chiamato a succedere un non concepito, figlio di una
determinata persona vivente (462). A questa spetta la rappresentanza
del nascituro, per la tutela dei suoi diritti successori, anche
quando l'amministratore dell'eredità è una persona diversa.
Se è chiamato un concepito (462), l'amministrazione spetta al padre
e, in mancanza di questo, alla madre (320).
Art. 644 Obblighi e facoltà degli amministratori
Agli amministratori indicati dai precedenti articoli sono comuni le
regole che si riferiscono ai curatori dell'eredità giacente (528 e
seguenti).
Art. 645 Condizione sospensiva potestativa senza termine
Se la condizione apposta all'istituzione di erede o al legato è
sospensiva potestativa e non è indicato il termine per
l'adempimento, gli interessati possono adire l'autorità giudiziaria
perché fissi questo termine (Cod. Proc. Civ. 749).
Art. 646 Retroattività della condizione
L'adempimento della condizione ha effetto retroattivo (1360); ma
l'erede o il legatario, nel caso di condizione risolutiva, non è
tenuto a restituire i frutti (820) se non dal giorno in cui la
condizione si è verificata. L'azione per la restituzione dei frutti
si prescrive in cinque anni (2941 e seguenti).
Art. 647 Onere
Tanto all'istituzione di erede quanto al legato può essere apposto
un onere (629).
Se il testatore non ha diversamente disposto, l'autorità
giudiziaria, qualora ne ravvisi l'opportunità, può imporre all'erede
o al legatario gravato dall'onere una cauzione (1179).
L'onere impossibile o illecito si considera non apposto; rende
tuttavia nulla la disposizione, se ne ha costituito il solo motivo
determinante.
Art. 648 Adempimento dell'onere
Per l'adempimento dell'onere può agire qualsiasi interessato (Cod.
Proc. Civ. 99).
Nel caso d'inadempimento dell'onere l'autorità giudiziaria può
pronunziare la risoluzione della disposizione testamentaria (677),
se la risoluzione è stata prevista dal testatore, o se l'adempimento
dell'onere ha costituito il solo motivo determinante della
disposizione (2652).
SEZIONE III
Dei legati
Art. 649 Acquisto del legato
Il legato si acquista senza bisogno di accettazione, salva la
facoltà di rinunziare.
Quando oggetto del legato e la proprietà di una cosa determinata o
altro diritto appartenente al testatore, la proprietà o il diritto
si trasmette dal testatore al legatario al momento della morte del
testatore (2648).
Il legatario però deve domandare all'onerato il possesso della cosa
legata, anche quando ne è stato espressamente dispensato dal
testatore.
Art. 650 Fissazione di un termine per la rinunzia
Chiunque ha interesse può chiedere che l'autorità giudiziaria fissi
un termine (Cod. Proc. Civ. 749) entro il quale il legatario
dichiari se intende esercitare la facoltà di rinunziare. Trascorso
questo termine senza che abbia fatto alcuna dichiarazione, il
legatario perde il diritto di rinunziare (481).
Art. 651 Legato di cosa dell'onerato o di un terzo
Il legato di cosa dell'onerato o di un terzo è nullo, salvo che dal
testamento o da altra dichiarazione scritta dal testatore risulti
che questi sapeva che la cosa legata apparteneva all'onerato o al
terzo. In questo ultimo caso l'onerato è obbligato (1137) ad
acquistare la proprietà della cosa dal terzo e a trasferirla al
legatario (1478), ma è in sua facoltà di pagarne al legatario il
giusto prezzo (1474).
Se però la cosa legata, pur appartenendo ad altri al tempo del
testamento, si trova in proprietà del testatore al momento della sua
morte, il legato è valido.
Art. 652 Legato di cosa solo in parte del testatore
Se al testatore appartiene una parte della cosa legata o un diritto
sulla medesima, il legato è valido solo relativamente a questa parte
o a questo diritto salvo che risulti la volontà del testatore di
legare la cosa per intero, in conformità dell'articolo precedente
(1480).
Art. 653 Legato di cosa genericamente determinata
E' valido il legato di cosa determinata solo nel genere, anche se
nessuna del genere ve n'era nel patrimonio del testatore al tempo
del testamento e nessuna se ne trova al tempo della morte (669).
Art. 654 Legato di cosa non esistente nell'asse
Quando il testatore ha lasciato una sua cosa particolare, o una cosa
determinata soltanto nel genere da prendersi dal suo patrimonio, il
legato non ha effetto se la cosa non si trova nel patrimonio del
testatore al tempo della sua morte.
Se la cosa si trova nel patrimonio del testatore al tempo della sua
morte, ma non nella quantità determinata, il legato ha effetto per
la quantità che vi si trova.
Art. 655 Legato di cosa da prendersi da certo luogo
Il legato di cose da prendersi da certo luogo ha effetto soltanto se
le cose vi si trovano, e per la parte che vi si trova; ha tuttavia
effetto per l'intero, quando, alla morte del testatore, le cose non
vi si trovano, in tutto o in parte, perché erano state rimosse
temporaneamente dal luogo in cui di solito erano custodite.
Art. 656 Legato di cosa del legatario
Il legato di cosa che al tempo in cui fu fatto il testamento era già
di proprietà del legatario è nullo, se la cosa si trova in proprietà
di lui anche al tempo dell'apertura della successione (456).
Se al tempo dell'apertura della successione la cosa si trova in
proprietà del testatore, il legato è valido ed è altresì valido se
in questo tempo la cosa si trova in proprietà dell'onerato o di un
terzo, e dal testamento risulta che essa fu legata in previsione di
tale avvenimento (651).
Art. 657 Legato di cosa acquistata dal legatario
Se il legatario, dopo la confezione del testamento, ha acquistato
dal testatore, a titolo oneroso o a titolo gratuito, la cosa a lui
legata, il legato è senza effetto in conformità dell'art. 686.
Se dopo la confezione del testamento la cosa legata è stata dal
legatario acquistata, a titolo gratuito, dall'onerato o da un terzo,
il legato è senza effetto; se l'acquisto ha avuto luogo a titolo
oneroso, il legatario ha diritto al rimborso del prezzo, qualora
ricorrano le circostanze indicate dall'art. 651.
Art. 658 Legato di credito o di liberazione da debito
Il legato di un credito o di liberazione (1236) da un debito ha
effetto per la sola parte del credito o del debito che sussiste al
tempo della morte del testatore.
L'erede è soltanto tenuto a consegnare al legatario i titoli del
credito legato che si trovavano presso il testatore (1262).
Art. 659 Legato a favore del creditore
Se il testatore, senza fare menzione del debito (2735), fa un legato
al suo creditore, il legato non si presume fatto per soddisfare il
legatario del suo credito.
Art. 660 Legato di alimenti
Il legato di alimenti, a favore di chiunque sia fatto, comprende le
somministrazioni indicate dall'art. 438, salvo che il testatore
abbia altrimenti disposto.
Art. 661 Prelegato
Il legato a favore di uno dei coeredi è a carico di tutta l'eredità
si considera come legato per l'intero ammontare.
Art. 662 Onere della prestazione del legato
Il testatore può porre la prestazione del legato a carico degli
eredi ovvero a carico di uno o più legatari. Quando il testatore non
ha disposto, alla prestazione sono tenuti gli eredi.
Su ciascuno dei diversi onerati il legato grava in proporzione della
rispettiva quota ereditaria o del legato, se il testatore non ha
diversamente disposto.
Art. 663 Legato imposto a un solo erede
Se l'obbligo di adempiere il legato è stato particolarmente imposto
a uno degli eredi, questi solo è tenuto a soddisfarlo (483, 1315).
Se è stata legata una cosa propria di un coerede, i coeredi sono
tenuti a compensarlo del valore di essa con denaro o con beni
ereditari, in proporzione della loro quota ereditaria, quando non
consta una contraria volontà del testatore.
Art. 664 Adempimento del legato di genere
Nel legato di cosa determinata soltanto nel genere, la scelta,
quando dal testatore non è affidata al, egatario o a un terzo,
spetta all'onerato. Questi è obbligato a dar cose di qualità non
inferiore alla media (1178); ma se nel patrimonio ereditario vi è
una sola delle cose appartenenti al genere indicato, l'onerato non
ha facoltà né può essere obbligato a prestarne un'altra, salvo
espressa disposizione contraria del testatore.
Se la scelta è lasciata dal testatore al legatario o a un terzo,
questi devono scegliere una cosa di media qualità; ma se cose del
genere indicato si trovano nell'eredità, il legatario può scegliere
la migliore.
Se il terzo non può o non vuole fare la scelta, questa è fatta a
norma del terzo comma dell'art. 631 (Cod. Proc. Civ. 751).
Art. 665 Scelta nel legato alternativo
Nel legato alternativo la scelta spetta all'onerato, a meno che il
testatore l'abbia lasciata al legatario o a un terzo (1286).
Art. 666 Trasmissione all'erede della facoltà di scelta
Tanto nel legato di genere quanto in quello alternativo, se
l'onerato o il legatario a cui compete la scelta non ha potuto
farla, la facoltà di scegliere si trasmette al suo erede.
La scelta fatta è irretrattabile (1286).
Art. 667 Accessioni della cosa legata
La cosa legata, con tutte le sue pertinenze (817 e seguenti), deve
essere prestata al legatario nello stato in cui si trova al tempo
della morte del testatore.
Se è stato legato un fondo, sono comprese nel legato anche le
costruzioni fatte nel fondo, sia che esistessero già al tempo della
confezione del testamento, sia che non esistessero, salva in ogni
caso l'applicabilità del secondo comma dell'art. 686.
Se il fondo legato è stato accresciuto con acquisti posteriori,
questi sono dovuti al legatario, purché siano contigui al fondo e
costituiscano con esso una unità economica.
Art. 668 Adempimento del legato
Se la cosa legata è gravata da una servitù (1027 e seguenti), da un
canone o da altro onere inerente al fondo, ovvero da una rendita
fondiaria, il peso ne è sopportato dal legatario.
Se la cosa legata è vincolata per una rendita semplice (1863 e
seguenti), un censo o altro debito dell'eredità, o anche di un
terzo, l'erede è tenuto al pagamento delle annualità o degli
interessi e della somma principale, secondo la natura del debito,
qualora il testatore non abbia diversamente disposto (756).
Art. 669 Frutti della cosa legata
Se oggetto del legato è una cosa fruttifera, appartenente al
testatore al momento della sua morte, i frutti o gli interessi sono
dovuti al legatario da questo momento (821).
Se la cosa appartiene all'onerato o a un terzo (651), ovvero se si
tratta di cosa determinata per genere o quantità, i frutti o gli
interessi sono dovuti dal giorno della domanda giudiziale o dal
giorno in cui la prestazione del legato è stata promessa, salvo che
il testatore abbia diversamente disposto.
Art. 670 Legato di prestazioni periodiche
Se è stata legata una somma di danaro o una quantità di altre cose
fungibili, da prestarsi a termini periodici, il primo termine
decorre dalla morte del testatore, e il legatario acquista il
diritto a tutta la prestazione dovuta per il termine in corso,
ancorché fosse in vita soltanto al principio di esso. Il legato però
non può esigersi se non dopo scaduto il termine.
Si può tuttavia esigere all'inizio del termine il legato a titolo di
alimenti (660).
Art. 671 Legati e oneri a carico del legatario
Il legatario è tenuto all'adempimento del legato e di ogni altro
onere a lui imposto entro i limiti del valore della cosa legata
(7932).
Art. 672 Spese per la prestazione del legato
Le spese per la prestazione del legato sono a carico dell'onerato.
Art. 673 Perimento della cosa legata. Impossibilità della
prestazione
Il legato non ha effetto se la cosa legata è interamente perita
durante la vita del testatore.
L'obbligazione dell'onerato si estingue se, dopo la morte del
testatore, la prestazione è divenuta impossibile per causa a lui non
imputabile (1256 e seguenti).
SEZIONE IV
Del diritto di accrescimento
Art. 674 Accrescimento tra coeredi
Quando più eredi sono stati istituiti con uno stesso testamento
nell'universalità dei beni (558), senza determinazione di parti o in
parti uguali, anche se determinate, qualora uno di essi non possa o
non voglia accettare (70, 72, 463, 523), la sua parte si accresce
agli altri.
Se più eredi sono stati istituiti in una stessa quota,
l'accrescimento ha luogo a favore degli altri istituti nella quota
medesima.
L'accrescimento non ha luogo quando dal testamento risulta una
diversa volontà del testatore (688).
E' salvo in ogni caso il diritto di rappresentazione (467 e
seguenti).
Art. 675 Accrescimento tra collegatari
L'accrescimento ha luogo anche tra più legatari ai quali è stato
legato uno stesso oggetto, salvo che dal testamento risulti una
diversa volontà e salvo sempre il diritto di rappresentazione (467).
Art. 676 Effetti dell'accrescimento
L'acquisto per accrescimento ha luogo di diritto.
I coeredi o i legatari, a favore dei quali si verifica
l'accrescimento, subentrano negli obblighi a cui era sottoposto
l'erede o il legatario mancante, salvo che si tratti di obblighi di
carattere personale.
Art. 677 Mancanza di accrescimento
Se non ha luogo l'accrescimento, la porzione dell'erede mancante si
devolve agli eredi legittimi (565), e la porzione del legatario
mancante va a profitto dell'onerato.
Gli eredi legittimi e l'onerato subentrano negli obblighi che
gravavano sull'erede o sul legatario mancante, salvo che si tratti
di obblighi di carattere personale.
Le disposizioni precedenti si applicano anche nel caso di
risoluzione di disposizioni testamentarie per inadempimento
dell'onere (648).
Art. 678 Accrescimento nel legato di usufrutto
Quando a più persone è legato un usufrutto (978) in modo che tra di
loro vi sia il diritto di accrescimento, l'accrescimento ha luogo
anche quando una di esse viene a mancare dopo conseguito il possesso
della cosa su cui cade l'usufrutto (982).
Se non vi è diritto di accrescimento, la porzione del legatario
mancante si consolida con la proprietà.
SEZIONE V
Della revocazione delle disposizioni testamentarie
Art. 679 Revocabilità del testamento
Non si può in alcun modo rinunziare alla facoltà di revocare o
mutare le disposizioni testamentarie: ogni clausola o condizione
contraria non ha effetto (458).
Art. 680 Revocazione espressa
La revocazione espressa può farsi soltanto con un.nuovo testamento
(587), o con un atto ricevuto da notaio in presenza di due
testimoni, in cui il testatore personalmente dichiara di revocare,
in tutto o in parte, la disposizione anteriore.
Art. 681 Revocazione della revocazione
La revocazione totale o parziale di un testamento può essere a sua
volta revocata sempre con le forme stabilite dall'articolo
precedente. In tal caso rivivono le disposizioni revocate.
Art. 682 Testamento posteriore
Il testamento posteriore, che non revoca in modo espresso i
precedenti, annulla in questi soltanto le disposizioni che sono con
esso incompatibili.
Art. 683 Testamento posteriore inefficace
La revocazione fatta con un testamento posteriore conserva la sua
efficacia anche quando questa rimane senza effetto perché l'erede
istituito o il legatario è premorto al testatore, o è incapace (592
e seguenti) o indegno (463 e seguenti), ovvero ha rinunziato
all'eredità o al legato.
Art. 684 Distruzione del testamento olografo
Il testamento olografo (602) distrutto, lacerato o cancellato, in
tutto o in parte, si considera in tutto o in parte revocato, a meno
che si provi che fu distrutto, lacerato o cancellato da persona
diversa dal testatore, ovvero si provi che il testatore non ebbe
l'intenzione di revocarlo.
Art. 685 Effetti del ritiro del testamento segreto
Il ritiro del testamento segreto, a opera del testatore, dalle mani
del notaio o dell'archivista presso cui si trova depositato (608),
non importa revocazione del testamento quando la scheda
testamentaria può valere come testamento olografo (607).
Art. 686 Alienazione e trasformazione della cosa legata
L'alienazione che il testatore faccia della cosa legata o di parte
di essa, anche mediante vendita con patto di riscatto (1500), revoca
il legato riguardo a ciò che è stato alienato, anche quando
l'alienazione è annullabile per cause diverse dai vizi del consenso
(1472), ovvero la cosa ritorna in proprietà del testatore.
Lo stesso avviene se il testatore ha trasformato la cosa legata in
un'altra, in guisa che quella abbia perduto la precedente forma e la
primitiva denominazione (667).
E' ammessa la prova di una diversa volontà del testatore.
Art. 687 Revocazione per sopravvenienza di figli
Le disposizioni a titolo universale o particolare (588), fatte da
chi al tempo del testamento non aveva o ignorava di aver figli o
discendenti, sono revocate di diritto per l'esistenza o la
sopravvenienza di un figlio o discendente legittimo del testatore,
benché postumo, o legittimato (280 e seguenti) o adottivo (291,
314-326), ovvero per il riconoscimento di un figlio naturale (250 e
seguenti).
La revocazione ha luogo anche se il figlio è stato concepito al
tempo del testamento, e, trattandosi di figlio naturale legittimato,
anche se è già stato riconosciuto dal testatore prima del testamento
e soltanto in seguito legittimato.
La revocazione non ha invece luogo qualora il testatore abbia
provveduto al caso che esistessero o sopravvenissero figli o
discendenti da essi.
Se i figli o discendenti non vengono alla successione e non si fa
luogo a rappresentazione (467 e seguenti), la disposizione ha il suo
effetti.
CAPO VI
Delle sostituzioni
SEZIONE I
Della sostituzione ordinaria
Art. 688 Casi di sostituzione ordinaria
Il testatore può sostituire all'erede istituito altra persona per il
caso che il primo non possa o non voglia accettare l'eredità (70,
72, 463, 523).
Se il testatore ha disposto per uno solo di questi casi, si presume
che egli si sia voluto riferire anche a quello non espresso, salvo
che consti una sua diversa volontà.
Art. 689 Sostituzione plurima. Sostituzione reciproca
Possono sostituirsi più persone a una sola e una sola a più .
La sostituzione può anche essere reciproca tra i coeredi istituiti.
Se essi sono stati istituiti in parti disuguali, la proporzione fra
le quote fissate nella prima istituzione si presume ripetuta anche
nella sostituzione. Se nella sostituzione insieme con gli istituiti
è chiamata un'altra persona, la quota vacante viene divisa in parti
uguali tra tutti i sostituiti.
Art. 690 Obblighi dei sostituiti
I sostituiti devono adempiere gli obblighi imposti agli istituiti, a
meno che una diversa volontà sia stata espressa dal testatore o si
tratti di obblighi di carattere personale (676, 677).
Art. 691 Sostituzione ordinaria nei legati
Le norme stabilite in questa sezione si applicano anche ai legati.
SEZIONE II
Della sostituzione fedecommissaria
Art. 692 Sostituzione fedecommissaria
Ciascuno dei genitori o degli altri ascendenti in linea retta o il
coniuge dell'interdetto possono istituire rispettivamente il figlio,
il discendente, o il coniuge con l'obbligo di conservare e
restituire alla sua morte i beni anche costituenti la legittima
(737), a favore della persona o degli enti che, sotto la vigilanza
del tutore, hanno avuto cura dell'interdetto medesimo.
La stessa disposizione si applica nel caso del minore di età, se
trovasi nelle condizioni di abituale infermità di mente tali da far
presumere che nel termine indicato dall'art. 416 interverrà la
pronuncia di interdizione.
Nel caso di pluralità di persone o enti di cui al primo comma i beni
sono attribuiti proporzionalmente al tempo durante il quale gli
stessi hanno avuto cura dell'interdetto.
La sostituzione è priva di effetto nel caso in cui l'interdizione
sia negata o il relativo procedimento non sia iniziato entro due
anni dal raggiungimento della maggiore età del minore abitualmente
infermo di mente. E' anche priva di effetto nel caso di revoca
dell'interdizione o rispetto alle persone o agli enti che abbiano
violato gli obblighi di assistenza.
In ogni altro caso la sostituzione è nulla.
Art. 693 Diritti e obblighi dell'istituito
L'istituito ha il godimento e la libera amministrazione dei beni che
formano oggetto della sostituzione, e può stare in giudizio per
tutte le azioni relative ai beni medesimi. Egli può altresì compiere
tutte le innovazioni dirette ad una migliore utilizzazione dei beni.
All'istituito sono comuni, in quanto applicabili, le norme
concernenti l'usufruttuario (981 e seguenti).
Art. 694 Alienazione dei beni
L'autorità giudiziaria può consentire l'alienazione dei beni che
formano oggetto della sostituzione in caso di utilità evidente,
disponendo il reimpiego delle somme ricavate. Può anche essere
consentita, con le necessarie cautele, la costituzione d'ipoteche
sui beni medesimi a garanzia di crediti destinati a miglioramenti e
trasformazioni fondiarie.
Art. 695 Diritti dei creditori personali dell'istituito
I creditori personali dell'istituito possono agire soltanto sui
frutti dei beni che formano oggetto della sostituzione.
Art. 696 Devoluzione al sostituito
L'eredità si devolve al sostituito al momento della morte
dell'istituito.
Se le persone o gli enti che hanno avuto cura dell'incapace muoiono
o si estinguono prima della morte di lui, i beni o la porzione dei
beni che spetterebbe loro è devoluta ai successori legittimi
dell'incapace.
Art. 697 Sostituzione fedecommissaria nei legati
Le norme stabilite in questa sezione sono applicabili anche ai
legati.
Art. 698 Usufrutto successivo
La disposizione, con la quale è lasciato a più persone
successivamente l'usufrutto, una rendita o un'annualità, ha valore
soltanto a favore di quelli che alla morte del testatore si trovano
primi chiamati a goderne (796).
Art. 699 Premi di nuzialità, opere di assistenza e simili
E' valida la disposizione testamentaria avente per oggetto
l'erogazione periodica, in perpetuo o a tempo, di somme determinate
per premi di nuzialità o di natalità, sussidi per l'avviamento a una
professione o un'arte, opere di assistenza, o per altri fini di
pubblica utilità, a favore di persone da scegliersi entro una
determinata categoria o tra i discendenti di determinate famiglie.
Tali annualità possono riscattarsi secondo le norme dettate in
materia di rendita (1865 e seguenti).
CAPO VII
Degli esecutori testamentari
Art. 700 Facoltà di nomina e di sostituzione
Il testatore può nominare uno o più esecutori testamentari e, per il
caso che alcuni o tutti non vogliano o non possano accettare, altro
o altri in loro sostituzione.
Se sono nominati più esecutori testamentari, essi devono agire
congiuntamente, salvo che il testatore abbia diviso tra loro le
attribuzioni, o si tratti di provvedimento urgente per la
conservazione di un bene o di un diritto ereditario.
Il testatore può autorizzare l'esecutore testamentario a sostituire
altri a se stesso, qualora egli non possa continuare nell'ufficio.
Art. 701 Persone capaci di essere nominate
Non possono essere nominati esecutori testamentari coloro che non
hanno la piena capacità di obbligarsi (2, 394, 424, 710; Cod. Pen.
32).
Anche un erede o un legatario può essere nominato esecutore
testamentario.
Art. 702 Accettazione e rinunzia alla nomina
L'accettazione della nomina di esecutore testamentario o la rinunzia
alla stessa deve risultare da dichiarazione fatta nella cancelleria
della pretura nella cui giurisdizione si è aperta la successione
(456), e deve essere annotata nel registro delle successioni (703;
att. 52, 53).
L'accettazione non può essere sottoposta a condizione o a termine.
L'autorità giudiziaria, su istanza di qualsiasi interessato, può
assegnare all'esecutore un termine per l'accettazione (Cod. Proc.
Civ. 749), decorso il quale l'esecutore si considera rinunziante.
Art. 703 Funzioni dell'esecutore testamentario
L'esecutore testamentario deve curare che siano esattamente eseguite
le disposizioni di ultima volontà del defunto.
A tal fine, salvo contraria volontà del testatore, egli deve
amministrare la massa ereditaria, prendendo possesso dei beni che ne
fanno parte.
Il possesso non può durare più di un anno dalla dichiarazione di
accettazione, salvo che l'autorità giudiziaria, per motivi di
evidente necessità, sentiti gli eredi, ne prolunghi la durata, che
non potrà mai superare un altro anno.
L'esecutore deve amministrare come un buon padre di famiglia (1176)
e può compiere tutti gli atti di gestione occorrenti. Quando è
necessario alienare beni dell'eredità, ne chiede l'autorizzazione
all'autorità giudiziaria, la quale provvede sentiti gli eredi (Cod.
Proc. Civ. 747 e seguenti).
Qualsiasi atto dell'esecutore testamentario non pregiudica il
diritto del chiamato a rinunziare all'eredità (519 e seguenti) o ad
accettarla col beneficio d'inventario (484 e seguenti).
Art. 704 Rappresentanza processuale
Durante la gestione dell'esecutore testamentario, le azioni relative
all'eredità devono essere proposte anche nei confronti
dell'esecutore (Cod. Proc. Civ. 102). Questi ha facoltà
d'intervenire nei giudizi promossi dall'erede e può esercitare le
azioni relative all'esercizio del suo ufficio.
Art. 705 Apposizione di sigilli e inventario
L'esecutore testamentario fa apporre i sigilli (Cod. Proc. Civ. 752
e seguenti) quando tra i chiamati all'eredità vi sono minori,
assenti, interdetti o persone giuridiche.
Egli in tal caso fa redigere l'inventario (Cod. Proc. Civ. 769 e
seguenti) dei beni dell'eredità in presenza dei chiamati all'eredità
o dei loro rappresentanti, o dopo averli invitati.
Art. 706 Divisione da compiersi dall'esecutore testamentario
Il testatore può disporre che l'esecutore testamentario, quando non
è un erede o un legatario, proceda alla divisione tra gli eredi dei
beni all'eredità. In questo caso si osserva il disposto dell'art.
733.
Prima di procedere alla divisione l'esecutore testamentario deve
sentire gli eredi.
Art. 707 Consegna dei beni all'erede
L'esecutore testamentario deve consegnare all'erede, che ne fa
richiesta, i beni dell'eredità che non sono necessari all'esercizio
del suo ufficio.
Egli non può rifiutare tale consegna a causa di obbligazioni che
debba adempiere conformemente alla volontà del testatore, o di
legati condizionali o a termine se l'erede dimostra di averli già
soddisfatti, od offre idonea garanzia (1179) per l'adempimento delle
obbligazioni, dei legati o degli oneri.
Art. 708 Disaccordo tra più esecutori testamentari
Se gli esecutori che devono agire congiuntamente non sono d'accordo
circa un atto del loro ufficio, provvede l'autorità giudiziaria,
sentiti, se occorre, gli eredi (Cod. Proc. Civ. 750).
Art. 709 Conto della gestione
L'esecutore testamentario deve rendere il conto della sua gestione
al termine della stessa, e anche spirato l'anno dalla morte del
testatore, se la gestione si prolunga oltre l'anno (Cod. Proc. Civ.
263).
Egli è tenuto, in caso di colpa, al risarcimento dei danni verso gli
eredi e verso i legatari (703).
Gli esecutori testamentari, quando sono più, rispondono solidalmente
(1292), per la gestione comune.
Il testatore non può esonerare l'esecutore testamentario
dall'obbligo di rendere il conto o dalla responsabilità della
gestione.
Art. 710 Esonero dell'esecutore testamentario
Su istanza di ogni interessato, l'autorità giudiziaria può esonerare
l'esecutore testamentario dal suo ufficio per gravi irregolarità
nell'adempimento dei suoi obblighi, per inidoneità all'ufficio o per
aver commesso azione che ne menomi la fiducia.
L'autorità giudiziaria, prima di provvede re, deve sentire
l'esecutore e può disporre opportuni accertamenti (Cod. Proc. Civ.
750).
Art. 711 Retribuzione
L'ufficio dell'esecutore testamentario è gratuito. Tuttavia il
testatore può stabilire una retribuzione a carico dell'eredità.
Art. 712 Spese
Le spese fatte dall'esecutore testamentario per l'esercizio del suo
ufficio sono a carico dell'eredità.
TITOLO IV
DELLA DIVISIONE
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 713 Facoltà di domandare la divisione
I coeredi possono sempre domandare la divisione (715 e seguenti,
1111 e seguenti, 2646; Cod. Proc. Civ. 784 e seguenti).
Quando però tutti gli eredi istituiti o alcuni di essi sono minori
di età, il testatore può disporre che la divisione non abbia luogo
prima che sia trascorso un anno dalla maggiore età dell'ultimo nato.
Egli può anche disporre che la divisione dell'eredità o di alcuni
beni di essa non abbia luogo prima che sia trascorso dalla sua morte
un termine non eccedente il quinquennio.
Tuttavia in ambedue i casi l'autorità giudiziaria, qualora gravi
circostanze lo richiedano, può, su istanza di uno o più coeredi,
consentire che la divisione si effettui senza indugio o dopo un
termine minore di quello stabilito dal testatore.
Art. 714 Godimento separato di parte dei beni
Può domandarsi la divisione anche quando uno o più coeredi hanno
goduto separatamente parte dei beni ereditari, salvo che si sia
verificata l'usucapione per effetto di possesso esclusivo (1102,
1158 e seguenti).
Art. 715 Casi d'impedimento alla divisione
Se tra i chiamati alla successione vi è un concepito (462), la
divisione non può aver luogo prima della nascita del medesimo.
Parimenti la divisione non può aver luogo durante la pendenza di un
giudizio sulla legittimità (244 e seguenti) o sulla filiazione
naturale (263 e seguenti) di colui che, in caso di esito favorevole
del giudizio, sarebbe chiamato a succedere, né può aver luogo
durante lo svolgimento della procedura amministrativa per
l'ammissione del riconoscimento previsto dal quarto comma dell'art.
252 o per il riconoscimento dell'ente istituito erede (600).
L'autorità giudiziaria può tuttavia autorizzare la divisione,
fissando le opportune cautele.
La disposizione del comma precedente si applica anche se tra i
chiamati alla successione vi sono nascituri non concepiti (462).
Se i nascituri non concepiti sono istituiti senza determinazione di
quote, l'autorità giudiziaria può attribuire agli altri coeredi
tutti i beni ereditari o parte di essi, secondo le circostanze,
disponendo le opportune cautele nell'interesse dei nascituri.
Art. 716 (abrogato)
Art. 717 Sospensione della divisione per ordine del giudice
L'autorità giudiziaria, su istanza di uno dei coeredi, può
sospendere, per un periodo di tempo non eccedente i cinque anni, la
divisione dell'eredità o di alcuni beni, qualora l'immediata sua
esecuzione possa recare notevole pregiudizio al patrimonio
ereditario (1111).
Art. 718 Diritto ai beni in natura
Ciascun coerede può chiedere la sua parte in natura dei beni mobili
e immobili dell'eredità, salve le disposizioni degli articoli
seguenti (1114).
Art. 719 Vendita dei beni per il pagamento dei debiti ereditari
Se i coeredi aventi diritto a più della metà dell'asse concordano
nella necessità della vendita per il pagamento dei debiti e pesi
ereditari (752 e seguenti), si procede (Cod. Proc. Civ. 747 e
seguenti) alla vendita all'incanto dei beni mobili e, se occorre, di
quei beni immobili la cui alienazione rechi minor pregiudizio agli
interessi dei condividenti (2646).
Quando occorre il consenso di tutte le parti, la vendita può seguire
tra i soli condividenti e senza pubblicità, salvo che vi sia
opposizione dei legatari o dei creditori (721, 723).
Art. 720 Immobili non divisibili
Se nell'eredità vi sono immobili non comodamente divisibili, o il
cui frazionamento recherebbe pregiudizio alle ragioni della pubblica
economia o dell'igiene, e la divisione dell'intera sostanza non può
effettuarsi senza il loro frazionamento, essi devono preferibilmente
essere compresi per intero, con addebito dell'eccedenza, nella
porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore, o
anche nelle porzioni di più coeredi, se questi ne richiedono
congiuntamente l'attribuzione. Se nessuno dei coeredi è a ciò
disposto, si fa luogo alla vendita all'incanto (2646; Cod. Proc.
Civ. 748).
Art. 721 Vendita degli immobili
I patti e le condizioni della vendita degli immobili, qualora non
siano concordati dai condividenti, sono stabiliti dall'autorità
giudiziaria.
Art. 722 Beni indivisibili nell'interesse della produzione nazionale
In quanto non sia diversamente disposto dalle leggi speciali, le
disposizioni dei due articoli precedenti si applicano anche nel caso
in cui nell'eredità vi sono beni che la legge dichiara indivisibili
nell'interesse della produzione nazionale (846 e seguenti).
Art. 723 Resa dei conti
Dopo la vendita, se ha avuto luogo, dei mobili e degli immobili si
procede ai conti che i condividenti si devono rendere, alla
formazione dello stato attivo e passivo dell'eredità e alla
determinazione delle porzioni ereditarie e dei conguagli o rimborsi
che si devono tra loro i condividenti.
Art. 724 Collazione e imputazione
I coeredi tenuti a collazione, a norma del capo II di questo titolo
(737 e seguenti), conferiscono tutto ciò che è stato loro donato.
Ciascun erede deve imputare alla sua quota le somme di cui era
debitore verso il defunto e quelle di cui è debitore verso i coeredi
in dipendenza dei rapporti di comunione.
Art. 725 Prelevamenti
Se i beni donati non sono conferiti in natura (746, 750), o se vi
sono debiti da imputare alla quota di un erede a norma del secondo
comma dell'articolo precedente, gli altri eredi prelevano dalla
massa ereditaria beni in proporzione delle loro rispettive quote
(1113).
I prelevamenti, per quanto è possibile, si formano con oggetti della
stessa natura e qualità di quelli che non sono stati conferiti in
natura.
Art. 726 Stima e formazione delle parti
Fatti i prelevamenti, si provvede alla stima di ciò che rimane nella
massa, secondo il valore venale dei singoli oggetti.
Eseguita la stima, si procede alla formazione di tante porzioni
quanti sono gli eredi o le stirpi condividenti in proporzione delle
quote.
Art. 727 Norme per la formazione delle porzioni
Salvo quanto è disposto dagli artt. 720 e 722, le porzioni devono
essere formate, previa stima dei beni, comprendendo una quantità di
mobili, immobili e crediti di eguale natura e qualità, in
proporzione dell'entità di ciascuna quota (1114).
Si deve tuttavia evitare per quanto è possibile, il frazionamento
delle biblioteche, gallerie e collezioni che hanno un'importanza
storica, scientifica o artistica.
Art. 728 Conguagli in danaro
L'ineguaglianza in natura nelle quote ereditarie si compensa con un
equivalente in danaro (2817, n. 2).
Art. 729 Assegnazione o attribuzione delle porzioni
L'assegnazione delle porzioni eguali e fatta mediante estrazione a
sorte. Per le porzioni diseguali si procede mediante attribuzione.
Tuttavia, rispetto a beni costituenti frazioni eguali di quote
diseguali, si può procedere per estrazione a sorte (2646, 2685).
Art. 730 Deferimento delle operazioni a un notaio
Le operazioni indicate negli articoli precedenti possono essere, col
consenso di tutti i coeredi, deferite a un notaio. La nomina di
questo, in mancanza di accordo, è fatta con decreto dal pretore del
luogo dell'aperta successione (456).
Qualora sorgano contestazioni nel corso delle operazioni, esse sono
riservate e rimesse tutte insieme alla cognizione dell'autorità
giudiziaria competente, che provvede con unica sentenza.
Art. 731 Suddivisione tra stirpi
Le norme sulla divisione dell'intero asse si osservano anche nelle
suddivisioni tra i componenti di ciascuna stirpe.
Art. 732 Diritto di prelazione
Il coerede, che vuole alienare (1542 e seguenti) a un estraneo la
sua quota o parte di essa, deve notificare la proposta di
alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali
hanno diritto di prelazione. Questo diritto deve essere esercitato
nel termine (2964) di due mesi dall'ultima delle notificazioni. In
mancanza della notificazione, i coeredi hanno diritto di riscattare
la quota dall'acquirente e da ogni successivo avente causa, finché
dura lo stato di comunione ereditaria (1502).
Se i coeredi che intendono esercitare il diritto di riscatto sono
più, la quota è assegnata a tutti in parti uguali.
Art. 733 Norme date dal testatore per la divisione
Quando il testatore ha stabilito particolari norme per formare le
porzioni, queste norme sono vincolanti per gli eredi, salvo che
l'effettivo valore dei beni non corrisponda alle quote stabilite dal
testatore.
Il testatore può disporre che la divisione si effettui secondo la
stima di persona da lui designata che non sia erede o legatario
(706): la divisione proposta da questa persona non vincola gli
eredi, se l'autorità giudiziaria, su istanza di taluno di essi, la
riconosce contraria alla volontà del testatore o manifestamente
iniqua.
Art. 734 Divisione fatta dal testatore
Il testatore può dividere i suoi beni tra gli eredi comprendendo
nella divisione anche la parte non disponibile (536 e seguenti).
Se nella divisione fatta dal testatore non sono compresi tutti i
beni lasciati al tempo della morte, i beni in essa non compresi sono
attribuiti conformemente alla legge (566 e seguenti), se non risulta
una diversa volontà del testatore.
Art. 735 Preterizione di eredi e lesione di legittima
La divisione nella quale il testatore non abbia compreso qualcuno
dei legittimari (536) o degli eredi istituiti è nulla.
Il coerede che è stato leso nella quota di riserva può esercitare
l'azione di riduzione contro gli altri coeredi (553 e seguenti).
Art. 736 Consegna dei documenti
Compiuta la divisione, si devono rimettere a ciascuno dei
condividenti i documenti relativi ai beni e diritti particolarmente
loro assegnati.
I documenti di una proprietà che è stata divisa rimangono a quello
che ne ha la parte maggiore, con l'obbligo di comunicarli agli altri
condividenti che vi hanno interesse, ogni qualvolta se ne faccia
richiesta. Gli stessi documenti, se la proprietà è divisa in parti
eguali, e quelli comuni all'intera eredità si consegnano alla
persona scelta a tal fine da tutti gli interessati, la quale ha
obbligo di comunicarli a ciascuno di essi, a ogni loro domanda. Se
vi è contrasto nella scelta, la persona è determinata con decreto
dal pretore del luogo dell'aperta successione (456), su ricorso di
alcuno degli interessati, sentiti gli altri.
CAPO II
Della collazione
Art. 737 Soggetti tenuti alla collazione
I figli legittimi e naturali e i loro discendenti legittimi e
naturali ed il coniuge che concorrono alla successione devono
conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per
donazione direttamente o indirettamente, salvo che il defunto non li
abbia da ciò dispensati.
La dispensa da collazione non produce effetto se non nei limiti
della quota disponibile (556).
Art. 738 Limiti della collazione per il coniuge
Non sono soggetti a collazione le donazioni di modico valore fatte
al coniuge.
Art. 739 Donazioni ai discendenti o al coniuge dell'erede. Donazioni
a coniugi
L'erede non è tenuto a conferire le donazioni fatte ai suoi
discendenti o al coniuge, ancorché succedendo a costoro ne abbia
conseguito il vantaggio.
Se le donazioni sono state fatte congiuntamente a coniugi di cui uno
è discendente del donante, la sola porzione a questo donata è
soggetta a collazione.
Art. 740 Donazioni fatte all'ascendente dell'erede
Il discendente che succede per rappresentazione (467) deve conferire
ciò che è stato donato all'ascendente anche nel caso in cui abbia
rinunziato all'eredità di questo.
Art. 741 Collazione di assegnazioni varie
E' soggetto a collazione ciò che il defunto ha speso a favore dei
suoi discendenti per assegnazioni fatte a causa di matrimonio, per
avviarli all'esercizio di un'attività produttiva o professionale,
per soddisfare premi relativi a contratti di assicurazione sulla
vita a loro favore o per pagare i loro debiti.
Art. 742 Spese non soggette a collazione
Non sono soggette a collazione le spese di mantenimento e di
educazione e quelle sostenute per malattia, ne quelle ordinarie
fatte per abbigliamento o per nozze.
Le spese per il corredo nuziale e quelle per l'istruzione artistica
o professionale sono soggette a collazione solo per quanto eccedono
notevolmente la misura ordinaria, tenuto conto delle condizioni
economiche del defunto (809).
Non sono soggette a collazione le liberalità previste dal secondo
comma dell'art. 770.
Art. 743 Società contratta con l'erede
Non è dovuta collazione di ciò che si è conseguito per effetto di
società contratta senza frode tra il defunto e alcuno dei suoi
eredi, se le condizioni sono state regolate con atto di data certa
(2704).
Art. 744 Perimento della cosa donata
Non è soggetta a collazione la cosa perita per causa non imputabile
al donatario (1256).
Art. 745 Frutti e interessi
I frutti (820) delle cose e gli interessi sulle somme soggette a
collazione non sono dovuti che dal giorno in cui si è aperta la
successione (456).
Art. 746 Collazione d'immobili
La collazione di un bene immobile si fa o col rendere il bene in
natura o con l'imputarne il valore alla propria porzione, a scelta
di chi conferisce.
Se l'immobile è stato alienato o ipotecato, la collazione si fa
soltanto con l'imputazione.
Art. 747 Collazione per l'imputazione
La collazione per imputazione si fa avuto riguardo al valore
dell'immobile al tempo dell'aperta successione (456).
Art. 748 Miglioramenti, spese e deterioramenti
In tutti i casi, si deve dedurre a favore del donatario il valore
delle migliorie apportate al fondo nei limiti del loro valore al
tempo dell'aperta successione (456, 1150).
Devono anche computarsi a favore del donatario le spese
straordinarie da lui sostenute per la conservazione della cosa, non
cagionate da sua colpa.
Il donatario dal suo canto è obbligato per i deterioramenti che, per
sua colpa, hanno diminuito il valore dell'immobile.
Il coerede che conferisce un immobile in natura può ritenerne il
possesso sino all'effettivo rimborso delle somme che gli sono dovute
per spese e miglioramenti (1152).
Art. 749 Miglioramenti e deterioramenti dell'immobile alienato
Nel caso in cui l'immobile è stato alienato dal donatario, i
miglioramenti e i deterioramenti fatti dall'acquirente devono essere
computati a norma dell'articolo precedente.
Art. 750 Collazione di mobili
La collazione dei mobili si fa soltanto per imputazione, sulla base
del valore che essi avevano al tempo dell'aperta successione (456,
att. 1353).
Se si tratta di cose delle quali non si può far uso senza
consumarle, e il donatario le ha già consumate, si determina il
valore che avrebbero avuto secondo il prezzo corrente (1474) al
tempo dell'aperta successione.
Se si tratta di cose che con l'uso si deteriorano, il loro valore al
tempo dell'aperta successione è stabilito con riguardo allo stato in
cui si trovano.
La determinazione del valore dei titoli dello Stato, degli altri
titoli di credito quotati in borsa e delle derrate e delle merci il
cui prezzo corrente è stabilito dalle mercuriali, si fa in base ai
listini di borsa e alle mercuriali del tempo dell'aperta
successione.
Art. 751 Collazione del danaro
La collazione del danaro donato (1923) si fa prendendo una minore
quantità del danaro che si trova nell'eredità, secondo il valore
legale della specie donata o di quella ad essa legalmente sostituita
all'epoca dell'aperta successione (1277 e seguenti).
Quando tale danaro non basta e il donatario non vuole conferire
altro danaro o titoli dello Stato, sono prelevati mobili o immobili
ereditari, in proporzione delle rispettive quote.
CAPO III
Del pagamento dei debiti
Art. 752 Ripartizione dei debiti ereditari tra gli eredi
I coeredi contribuiscono tra loro al pagamento dei debiti e pesi
ereditari in proporzione delle loro quote ereditarie, salvo che il
testatore abbia altrimenti disposto (1295, 1315).
Art. 753 Immobili gravati da rendita redimibile
Ogni coerede, quando i beni immobili dell'eredità sono gravati con
ipoteca da una prestazione di rendita redimibile (1865 e seguenti),
può chiedere che gli immobili ne siano affrancati e resi liberi
prima che si proceda alla formazione delle quote ereditarie. Se uno
dei coeredi si oppone, decide l'autorità giudiziaria. Se i coeredi
dividono l'eredità nello stato in cui si trova, l'immobile gravato
deve stimarsi con gli stessi criteri con cui si stimano gli altri
beni immobili, detratto dal valore di esso il capitale
corrispondente alla prestazione, secondo le norme relative al
riscatto della rendita (1866), salvo che esista un patto speciale
intorno al capitale da corrispondersi per l'affrancazione.
Alla prestazione della rendita è tenuto solo l'erede, nella cui
quota cade detto immobile, con l'obbligo di garantire (1119) i
coeredi.
Art. 754 Pagamento dei debiti e rivalsa
Gli eredi sono tenuti verso i creditori al pagamento dei debiti e
pesi ereditari personalmente in proporzione della loro quota
ereditaria (1295, 1315 e seguenti) e ipotecariamente per l'intero
(2809). Il coerede che ha pagato oltre la parte a lui incombente può
ripetere dagli altri coeredi soltanto la parte per cui essi devono
contribuire a norma dell'art. 752, quantunque si sia fatto surrogare
nei diritti dei creditori (1201 e seguenti).
Il coerede conserva la facoltà di chiedere il pagamento del credito
a lui personale e garantito da ipoteca, non diversamente da ogni
altro creditore, detratta la parte che deve sopportare come coerede.
Art. 755 Quota di debito ipotecario non pagata da un coerede
In caso d'insolvenza di un coerede, la sua quota di debito
ipotecario è ripartita in proporzione tra tutti gli altri coeredi.
Art. 756 Esenzione del legatario dal pagamento dei debiti
Il legatario non è tenuto a pagare i debiti ereditari, salvo ai
creditori l'azione ipotecaria sul fondo legato (2858 e seguenti) e
l'esercizio del diritto di separazione (512 e seguenti); ma il
legatario che ha estinto il debito di cui era gravato il fondo
legato subentra nelle ragioni del creditore contro gli eredi (1203,
2866).
CAPO IV
Degli effetti della divisione e della garanzia delle quote
Art. 757 Diritto dell'erede sulla propria quota
Ogni coerede è reputato solo e immediato successore in tutti i beni
componenti la sua quota o a lui pervenuti dalla successione, anche
per acquisto all'incanto (719, 720), e si considera come se non
avesse mai avuto la proprietà degli altri beni ereditari (2646,
2825).
Art. 758 Garanzie tra coeredi
I coeredi si devono vicendevole garanzia per le sole molestie ed
evizioni derivanti da causa anteriore alla divisione (1483 e
seguenti).
La garanzia non ha luogo, se è stata esclusa con clausola espressa
nell'atto di divisione, o se il coerede soffre l'evizione per
propria colpa.
Art. 759 Evizione subita da un coerede
Se alcuno dei coeredi subisce evizione (1483), il valore del bene
evitto, calcolato al momento dell'evizione, deve essere ripartito
tra tutti i coeredi ai fini della garanzia stabilita dall'articolo
precedente, in proporzione del valore che i beni attribuiti a
ciascuno di essi hanno al tempo dell'evizione e tenuto conto dello
stato in cui si trovano al tempo della divisione (att. 140).
Se uno dei coeredi è insolvente, la parte per cui è obbligato deve
essere egualmente ripartita tra l'erede che ha sofferto l'evizione e
tutti gli eredi solventi.
Art. 760 Inesigibilità di crediti
Non è dovuta garanzia per l'insolvenza del debitore di un credito
assegnato a uno dei coeredi, se l'insolvenza è sopravvenuta soltanto
dopo che è stata fatta la divisione (1267).
La garanzia della solvenza del debitore di una rendita (1864) è
dovuta per i cinque anni successivi alla divisione.
CAPO V
Dell'annullamento e della rescissione in materia di divisione
Art. 761 Annullamento per violenza o dolo
La divisione può essere annullata quando è l'effetto di violenza o
di dolo (1434 e seguenti).
L'azione si prescrive (2941 e seguente) in cinque anni dal giorno in
cui è cessata la violenza o in cui il dolo è stato scoperto (1442).
Art. 762 Omissione di beni ereditari
L'omissione di uno o più beni dell'eredità non dà luogo a nullità
della divisione, ma soltanto a un supplemento della divisione
stessa.
Art. 763 Rescissione per lesione
La divisione può essere rescissa quando taluno dei coeredi prova di
essere stato leso oltre il quarto (1448 e seguenti).
La rescissione è ammessa anche nel caso di divisione fatta dal
testatore (734 e seguente), quando il valore dei beni assegnati ad
alcuno dei coeredi è inferiore di oltre un quarto all'entità della
quota ad esso spettante.
L'azione si prescrive (2941 e seguente) in due anni dalla divisione.
Art. 764 Atti diversi dalla divisione
L'azione di rescissione è anche ammessa contro ogni altro atto che
abbia per effetto di far cessare tra i coeredi la comunione dei beni
ereditari.
L'azione non è ammessa contro la transazione (1965 e seguenti) con
la quale si è posto fine alle questioni insorte a causa della
divisione o dell'atto fatto in luogo della medesima, ancorché non
fosse al riguardo incominciata alcuna lite.
Art. 765 Vendita del diritto ereditario fatta al coerede
L'azione di rescissione non è ammessa contro la vendita del diritto
ereditario (477, 1542 e seguenti) fatta senza frode a uno dei
coeredi, a suo rischio e pericolo, da parte degli altri coeredi o di
uno di essi (14484).
Art. 766 Stima dei beni
Per conoscere se vi è lesione si procede alla stima dei beni secondo
il loro stato e valore al tempo della divisione.
Art. 767 Facoltà del coerede di dare il supplemento
Il coerede contro il quale è promossa l'azione di rescissione può
troncarne il corso e impedire una nuova divisione, dando il
supplemento della porzione ereditaria, in danaro o in natura,
all'attore e agli altri coeredi che si sono a lui associati (1450).
Art. 768 Alienazione della porzione ereditaria
Il coerede che ha alienato la sua porzione o una parte di essa non è
più ammesso a impugnare la divisione per dolo o violenza, se
l'alienazione è seguita quando il dolo era stato scoperto o la
violenza cessata.
Il coerede non perde il diritto di proporre l'impugnazione, se la
vendita è limitata a oggetti di facile deterioramento o di valore
minimo in rapporto alla quota.
TITOLO V
DELLE DONAZIONI
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 769 Definizione
La donazione è il contratto (782, 1321 e seguenti) col quale, per
spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra, disponendo a
favore di questa di un suo diritto (1376) o assumendo verso la
stessa una obbligazione.
Art. 770 Donazione rimuneratoria
E' donazione anche la liberalità fatta per riconoscenza o in
considerazione dei meriti del donatario o per speciale rimunerazione
(797, 805).
Non costituisce donazione la liberalità che si suole fare in
occasione di servizi resi o comunque in conformità agli usi (742,
809).
Art. 771 Donazione di beni futuri
La donazione non può comprendere che i beni presenti del donante
(1348). Se comprende beni futuri, è nulla rispetto a questi (1419 e
seguenti) salvo che si tratti di frutti non ancora separati (820).
Qualora oggetto della donazione sia un'universalità di cose (816) e
il donante ne conservi il godimento trattenendola presso di sé, si
considerano comprese nella donazione anche le cose che vi si
aggiungono successivamente, salvo che dall'atto risulti una diversa
volontà.
Art. 772 Donazione di prestazioni periodiche
La donazione che ha per oggetto prestazioni periodiche si estingue
alla morte del donante, salvo che risulti dall'atto una diversa
volontà.
Art. 773 Donazione a più donatari
La donazione fatta congiuntamente a favore di più donatari s'intende
fatta per parti uguali, salvo che dall'atto risulti una diversa
volontà.
E' valida la clausola con cui il donante dispone che, se uno dei
donatari non può o non vuole accettare, la sua parte si accresca
agli altri (676).
CAPO II
Della capacità di disporre e di ricevere per donazione
Art. 774 Capacità di donare
Non possono fare donazione coloro che non hanno la piena capacità di
disporre dei propri beni (2, 394, 424, 427). E' tuttavia valida la
donazione fatta dal minore e dall'inabilitato nel loro contratto di
matrimonio a norma degli artt. 165 e 166.
Le disposizioni precedenti si applicano anche al minore emancipato
autorizzato all'esercizio di un'impresa commerciale (397).
Art. 775 Donazione fatta da persona incapace d'intendere o di volere
La donazione fatta da persona che, sebbene non interdetta, si provi
essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace
d'intendere o di volere al momento in cui la donazione è stata
fatta, può essere annullata su istanza del donante, dei suoi eredi o
aventi causa (428).
L'azione si prescrive (2962) in cinque anni dal giorno in cui la
donazione è stata fatta (428, 1442 e seguenti).
Art. 776 Donazione fatta dall'inabilitato
La donazione fatta dall'inabilitato, anche se anteriore alla
sentenza d'inabilitazione o alla nomina del curatore provvisorio,
può essere annullata (799, 1442) se fatta dopo che è stato promosso
il giudizio d'inabilitazione (427).
Il curatore dell'inabilitato per prodigalità (415) può chiedere
l'annullamento della donazione, anche se fatta nei sei mesi
anteriori all'inizio del giudizio d'inabilitazione.
Art. 777 Donazioni fatte da rappresentanti di persone incapaci
Il padre e il tutore non possono fare donazioni per la persona
incapace da essi rappresentata.
Sono consentite, con le forme abilitative richieste, le liberalità
in occasione di nozze a favore dei discendenti dell'interdetto o
dell'inabilitato.
Art. 778 Mandato a donare
E' nullo (1421 e seguenti) il mandato con cui si attribuisce ad
altri la facoltà di designare la persona del donatario o di
determinare l'oggetto della donazione.
E' peraltro valida la donazione a favore di persona che un terzo
sceglierà tra più persone designate dal donante o appartenenti i
determinate categorie, o a favore di una persona giuridica tra
quelle indicate dal donante stesso.
E' del pari valida la donazione che ha per oggetto una cosa che un
terzo determinerà tra più cose indicate dal donante o entro i limiti
di valore dal donante stesso stabiliti.
Art. 779 Donazione a favore del tutore o protutore
E' nulla (1418 e seguenti) la donazione a favore di chi è stato
tutore o protutore del donante, se fatta prima che sia stato
approvato il conto (385 e seguenti) o sia estinta l'azione per il
rendimento del conto medesimo.
Si applicano le disposizioni dell'art. 599.
Art. 780 (abrogato)
Art. 781 Donazione tra coniugi (Art. dichiarato illegittimo: C.
Cost. 27 giugno 1973, n. 91)
I coniugi non possono, durante il matrimonio, farsi l'uno all'altro
alcuna liberalità, salve quelle conformi agli usi (1418 e seguenti).
CAPO III
Della forma e degli effetti della donazione
Art. 782 Forma della donazione
La donazione deve essere fatta per atto pubblico (2699), sotto pena
di nullità. Se ha per oggetto cose mobili, essa non è valida che per
quelle specificate con indicazione del loro valore nell'atto
medesimo della donazione, ovvero in una nota a parte sottoscritta
dal donante, dal donatario e dal notaio.
L'accettazione può essere fatta nell'atto stesso o con atto pubblico
posteriore. In questo caso la donazione non è perfetta se non dal
momento in cui l'atto di accettazione è notificato al donante.
Prima che la donazione sia perfetta, tanto il donante quanto il
donatario possono revocare la loro dichiarazione.
Se la donazione è fatta a una persona giuridica, il donante non può
revocare la sua dichiarazione dopo che gli è stata notificata la
domanda diretta a ottenere dall'autorità governativa
l'autorizzazione ad accettare (17). Trascorso un anno dalla
notificazione senza che l'autorizzazione sia stata concessa, la
dichiarazione può essere revocata.
Art. 783 Donazioni di modico valore
La donazione di modico valore che ha per oggetto beni mobili (812) è
valida anche se manca l'atto pubblico, purché vi sia stata la
tradizione.
La modicità deve essere valutata anche in rapporto alle condizioni
economiche del donante.
Art. 784 Donazione a nascituri
La donazione può essere fatta anche a favore di chi è soltanto
concepito, ovvero a favore dei figli di una determinata persona
vivente al tempo della donazione benché non ancora concepiti (462).
L'accettazione della donazione a favore di nascituri, benché non
concepiti, è regolata dalle disposizioni degli artt. 320 e 321.
Salvo diversa disposizione del donante, l'amministrazione dei beni
donati spetta al donante o ai suoi eredi, i quali possono essere
obbligati a prestare idonea garanzia (1179). I frutti (820) maturati
prima della nascita sono riservati al donatario se la donazione è
fatta a favore di un nascituro già concepito. Se è fatta a favore di
un non concepito, i frutti sono riservati al donante sino al momento
della nascita del donatario.
Art. 785 Donazione in riguardo di matrimonio
La donazione fatta in riguardo di un determinato futuro matrimonio
(165 e seguenti, 437), sia dagli sposi tra loro, sia da altri a
favore di uno o di entrambi gli sposi o dei figli nascituri da
questi, si perfeziona senza bisogno che sia accettata, ma non
produce effetto finché non segua il matrimonio (805).
L'annullamento del matrimonio (117 e seguenti) importa la nullità
della donazione. Restano tuttavia salvi i diritti acquistati dai
terzi di buona fede tra il giorno del matrimonio e il passaggio in
giudicato (Cod. Proc. Civ. 324) della sentenza che dichiara la
nullità del matrimonio. Il coniuge di buona fede (128) non è tenuto
a restituire i frutti percepiti anteriormente alla domanda di
annullamento del matrimonio (1 148).
La donazione in favore di figli nascituri rimane efficace per i
figli rispetto ai quali si verificano gli effetti del matrimonio
putativo.
Art. 786 Donazione a ente non riconosciuto
La donazione a favore di un ente non riconosciuto non ha efficacia,
se entro un anno non è notificata al donante l'istanza per ottenere
il riconoscimento (att. 2-3). La notificazione produce gli effetti
indicati dall'ultimo comma dell'art. 782.
Salvo diversa disposizione del donante, i frutti (820) maturati
prima del riconoscimento sono riservati al donatario.
Art. 787 Errore sul motivo della donazione
La donazione può essere impugnata per errore sul motivo, sia esso di
fatto o di diritto, quando il motivo risulta dall'atto ed è il solo
che ha determinato il donante alla liberalità (1428 e seguenti).
Art. 788 Motivo illecito
Il motivo illecito rende nulla (799) la donazione quando risulta
dall'atto ed è il solo che ha determinato il donante alla liberalità
(1345, 1418 e seguenti).
Art. 789 Inadempimento o ritardo nell'esecuzione
Il donante, in caso d'inadempimento o di ritardo nell'eseguire la
donazione, è responsabile soltanto per dolo o per colpa grave.
Art. 790 Riserva di disporre di cose determinate
Quando il donante si è riservata la facoltà di disporre di qualche
oggetto compreso nella donazione o di una determinata somma sui beni
donati, e muore senza averne disposto, tale facoltà non può essere
esercitata dagli eredi.
Art. 791 Condizione di riversibilità
Il donante può stipulare la riversibilità delle cose donate, sia per
il caso di premorienza del solo donatario, sia per il caso di
premorienza del donatario e dei suoi discendenti.
Nel caso in cui la donazione è fatta con generica indicazione della
riversibilità, questa riguarda la premorienza, non solo del
donatario, ma anche dei suoi discendenti.
Non si fa luogo a riversibilità che a beneficio del solo donante. Il
patto a favore di altri si considera non apposto.
Art. 792 Effetti della riversibilità
Il patto di riversibilità produce l'effetto di risolvere tutte le
alienazioni dei beni donati e di farli ritornare al donante liberi
da ogni peso o ipoteca, ad eccezione dell'ipoteca iscritta a
garanzia della dote (2817, 2832) o di altre convenzioni
matrimoniali, quando gli altri beni del coniuge donatario non sono
sufficienti, e nel caso soltanto in cui la donazione è stata fatta
con lo stesso contratto matrimoniale da cui l'ipoteca risulta.
E' valido il patto per cui la riversione non deve pregiudicare la
quota di riserva spettante al coniuge superstite (540 e seguenti)
sul patrimonio del donatario, compresi in esso i beni donati.
Art. 793 Donazione modale
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Trust/PeneVidari.html>
La donazione può essere gravata da un onere.
Il donatario è tenuto all'adempimento dell'onere entro i limiti del
valore della cosa donata.
Per l'adempimento dell'onere può agire, oltre il donante, qualsiasi
interessato, anche durante la vita del donante stesso.
La risoluzione per inadempimento dell'onere, se preveduta nell'atto
di donazione, può essere domandata dal donante o dai suoi eredi
(2652, n. 1).
Art. 794 Onere illecito o impossibile
L'onere illecito o impossibile si considera non apposto; rende
tuttavia nulla (1421 e seguenti) la donazione se ne ha costituito il
solo motivo determinante. (788).
Art. 795 Divieto di sostituzione
Nelle donazioni non sono permesse le sostituzioni se non nei casi e
nei limiti stabiliti per gli atti di ultima volontà (688 e
seguenti).
La nullità delle sostituzioni non importa nullità della donazione.
Art. 796 Riserva di usufrutto
E' permesso al donante di riservare l'usufrutto (978 e seguenti,
1002-3) dei beni donati a proprio vantaggio, e dopo di lui a
vantaggio di un'altra persona o anche di più persone, ma non
successivamente (698).
Art. 797 Garanzia per evizione
Il donante è tenuto a garanzia verso il donatario, per l'evizione
che questi può soffrire delle cose donate (1483 e seguenti), nei
casi seguenti (168, 180):
l) se ha espressamente promesso la garanzia;
2) se l'evizione dipende dal dolo o dal fatto personale di lui;
3) se si tratta di donazione che impone oneri al donatario, o di
donazione rimuneratoria (770), nei quali casi la garanzia è dovuta
fino alla concorrenza dell'ammontare degli oneri o dell'entità delle
prestazioni ricevute dal donante.
Art. 798 Responsabilità per vizi della cosa
Salvo patto speciale, la garanzia del donante non si estende ai vizi
della cosa, a meno che il donante sia stato in dolo (1490 e
seguenti).
Art. 799 Conferma ed esecuzione volontaria di donazioni nulle
La nullità della donazione da qualunque causa dipenda, non può
essere fatta valere dagli eredi o aventi causa dal donante che,
conoscendo la causa della nullità, hanno, dopo la morte di lui,
confermato la donazione o vi hanno dato volontaria esecuzione (590,
1444).
CAPO IV
Della revocazione delle donazioni
Art. 800 Cause di revocazione
La donazione può essere revocata per ingratitudine o per
sopravvenienza di figli.
Art. 801 Revocazione per ingratitudine
La domanda di revocazione per ingratitudine non può essere proposta
(2652) che quando il donatario ha commesso uno dei fatti previsti
dai nn. 1, 2 e 3 dell'art. 463, ovvero si è reso colpevole
d'ingiuria grave verso il donante o ha dolosamente arrecato grave
pregiudizio al patrimonio di lui o gli ha rifiutato indebitamente
gli alimenti dovuti ai sensi degli artt. 433, 435 e 436 (att. 141).
Art. 802 Termini e legittimazione ad agire
La domanda di revocazione per causa d'ingratitudine deve essere
proposta dal donante o dai suoi eredi, contro il donatario o i suoi
eredi, entro l'anno dal giorno in cui il donante è venuto a
conoscenza del fatto che consente la revocazione (2964 e seguenti).
Se il donatario si è reso responsabile di omicidio volontario in
persona del donante o gli ha dolosamente impedito di revocare la
donazione, il termine per proporre l'azione è di un anno (2964) dal
giorno in cui gli eredi hanno avuto notizia della causa di
revocazione (att. 141).
Art. 803 Revocazione per sopravvenienza di figli
Le donazioni, fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o
discendenti legittimi al tempo della donazione, possono essere
revocate per la sopravvenienza o l'esistenza di un figlio o
discendente legittimo del donante. Possono inoltre essere revocate
per il riconoscimento di un figlio naturale (250 e seguenti), fatto
entro due anni dalla donazione, salvo che si provi che al tempo
della donazione il donante aveva notizia dell'esistenza del figlio.
La revocazione può essere domandata anche se il figlio donante era
già concepito al tempo della donazione.
Art. 804 Termine per l'azione
L'azione di revocazione per sopravvenienza di figli deve essere
proposta entro cinque anni (2964 e seguenti) dal giorno della
nascita dell'ultimo figlio o discendente legittimo ovvero della
notizia dell'esistenza del figlio o discendente ovvero dell'avvenuto
riconoscimento del figlio naturale.
Il donante non può proporre o proseguire l'azione dopo la morte del
figlio o del discendente.
Art. 805 Donazioni irrevocabili
Non possono revocarsi per causa d'ingratitudine, ne per
sopravvenienza di figli, le donazioni rimuneratorie (770) e quelle
fatte in riguardo di un determinato matrimonio (785).
Art. 806 Inammissibilità della rinunzia preventiva
Non è valida la rinunzia preventiva alla revocazione della donazione
per ingratitudine o per sopravvenienza di figli.
Art. 807 Effetti della revocazione
Revocata la donazione per ingratitudine o sopravvenienza di figli,
il donatario deve restituire i beni in natura, se essi esistono
ancora, e i frutti relativi, a partire dal giorno della domanda
(1148; Cod. Proc. Civ. 163).
Se il donatario ha alienato i beni, deve restituirne il valore,
avuto riguardo al tempo della domanda, e i frutti relativi, a
partire dal giorno della domanda stessa.
Art. 808 Effetti nei riguardi dei terzi
La revocazione per ingratitudine o per sopravvenienza di figli non
pregiudica i terzi che hanno acquistato diritti anteriormente alla
domanda, salvi gli effetti della trascrizione di questa (2652, n.
1).
Il donatario, che prima della trascrizione della domanda di
revocazione ha costituito sui beni donati diritti reali (959, 981,
1021 e seguenti) che ne diminuiscono il valore, deve indennizzare il
donante della diminuzione di valore sofferta dai beni stessi.
Art. 809 Norme sulle donazioni applicabili ad altri atti di
liberalità
Le liberalità, anche se risultano da atti diversi da quelli previsti
dall'art. 769 (1237, 1411, 1875, 1920), sono soggette alle stesse
norme che regolano la revocazione delle donazioni per causa
d'ingratitudine e per sopravvenienza di figli (800 e seguenti),
nonché a quelle sulla riduzione delle donazioni per integrare la
quota dovuta ai legittimari (553 e seguenti).
Questa disposizione non si applica alle liberalità previste dal
secondo comma dell'art. 770 e aquelle che a norma dell'art. 742 non
sono soggette a collazione.
LIBRO TERZO
DELLA PROPRIETA'
TITOLO I
DEI BENI
CAPO I
Dei beni in generale
Art. 810 Nozione
Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti.
SEZIONE I
Dei beni nell'ordine corporativo
[Art. 811 Disciplina corporativa] (*)
(*) Articolo abrogato a norma dell'art. 3 d. lgs. lgt. 14 settembre
1944, n. 287.
SEZIONE II
Dei beni immobili e mobili
Art. 812 Distinzione dei beni
Sono beni immobili il suolo, le sorgenti e i corsi d'acqua, gli
alberi, gli edifici e le altre costruzioni, anche se unite al suolo
a scopo transitorio, e in genere tutto ciò che naturalmente o
artificialmente è incorporato al suolo.
Sono reputati immobili i mulini, i bagni e gli altri edifici
galleggianti quando sono saldamente assicurati alla riva o all'alveo
e sono destinati ad esserlo in modo permanente per la loro
utilizzazione (Cod. Civ. 1350).
Sono mobili tutti gli altri beni (Cod. Civ. 923, 1153).
Art. 813 Distinzione dei diritti
Salvo che dalla legge risulti diversamente, le disposizioni
concernenti i beni immobili si applicano anche ai diritti reali che
hanno per oggetto beni immobili e alle azioni relative; le
disposizioni concernenti i beni mobili si applicano a tutti gli
altri diritti (*).
(*) Per ciò che concerne le miniere, il Regio decreto 29 luglio
1927, n. 1443 dispone all'art. 22 che "la miniera e le sue
pertinenze sono sottoposte alle disposizioni di diritto che
disciplinano gli immobili" e l'art. 23, 2° comma, dispone che "sono
considerati come mobili imateriali estratti, le provviste, gli
arredi".
Art. 814 Energie
Si considerano beni mobili le energie naturali che hanno valore
economico (*).
(*) In materia di coltivazione delle risprse geotermiche a scopo
energetico, cfr. legge 9 dicembre 1986, n. 896 e relatiuvo
regolamento di attuazione (d.p.r. 27 maggio 1991, n. 395).
Art. 815 Beni mobili iscritti in pubblici registri
I beni mobili iscritti in pubblici registri sono soggetti alle
disposizioni che li riguardano (Cod. Civ. 507, 534, 609, 819, 1156,
1162, 2683 e seguenti, 2750, 2779, 2810, 2914, 2915; Cod. Nav. 245 e
seguenti, 861 e seguenti) e, in mancanza, alle disposizioni relative
ai beni mobili.
Art. 816 Universalità di mobili
E' considerata universalità di mobili la pluralità di cose che
appartengono alla stessa persona e hanno una destinazione unitaria
(Cod. Civ. 727, 2° comma, 771, 2° comma, 994, 1010, 1156, 1160,
1170, 2784, 2914 n. 3).
Le singole cose componenti l'universalità possono formare oggetto di
separati atti e rapporti giuridici.
Art. 817 Pertinenze
Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad
ornamento di un'altra cosa (*).
La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa
principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima (Cod. Civ.
952, 957, 981, 1021, 1022, 1027; Cod. Nav. 246 e seguenti, 862 e
seguenti).
(*) Per ciò che concerne le pertinenze delle miniere, cfr. art. 23,
Regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443.
Art. 818 Regime delle pertinenze
Gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa
principale comprendono anche le pertinenze (Cod. Civ. 667, 817,
1477, 2811, 2912), se non è diversamente disposto.
Le pertinenze possono formare oggetto di separati atti o rapporti
giuridici (*).
La cessazione della qualità di pertinenza non è opponibile ai terzi
i quali abbiano anteriormente acquistato diritti sulla cosa
principale (Cod. Civ. 2643; Cod. Nav. 247, 2° comma, 863).
(*) Per ciò che concerne i parcheggi, ai sensi dell'art. 9, 5°
comma, legge 214 marzo 1989, n. 122, i parcheggi realizzati ai sensi
dell'art. 9 della medesima legge non possono essere ceduti
separatamente dall'unità immobiliare cui sono legati da vincolo
pertinenziale.
Art. 819 Diritti dei terzi sulle pertinenze
La destinazione di una cosa al servizio o all'ornamento di un'altra
non pregiudica i diritti preesistenti su di essa a favore dei terzi.
Tali diritti non possono essere opposti ai terzi di buona fede se
non risultano da scrittura avente data certa anteriore (Cod. Civ.
2704), quando la cosa principale è un bene immobile o un bene mobile
iscritto in pubblici registri (Cod. Civ. 815, 2863; Cod. Nav. 247,
1° comma, 863).
SEZIONE II
Dei frutti
Art. 820 Frutti naturali e frutti civili
Sono frutti naturali quelli che provengono direttamente dalla cosa,
vi concorra o no l'opera dell'uomo, come i prodotti agricoli, la
legna, i parti degli animali, i prodotti delle miniere, cave e
torbiere.
Finché non avviene la separazione, i frutti formano parte della
cosa. Si può tuttavia disporre di essi come di cosa mobile futura
(771, 1472).
Sono frutti civili quelli che si ritraggono dalla cosa come
corrispettivo del godimento che altri ne abbia. Tali sono gli
interessi dei capitali (1224, 1282, 1815), i canoni enfiteutici (957
e seguenti), le rendite vitalizie (1872 e seguenti) e ogni altra
rendita, il corrispettivo delle locazioni (1571 e seguenti).
Art. 821 Acquisto dei frutti
I frutti naturali appartengono al proprietario della cosa che li
produce (1477, 1775), salvo che la loro proprietà sia attribuita ad
altri (181, 896, 959, 984, 1021, 1148, 1615, 1960, 2791). In
quest'ultimo caso la proprietà si acquista con la separazione.
Chi fa propri i frutti deve, nei limiti del loro valore, rimborsare
colui che abbia fatto spese per la produzione e il raccolto (2041).
I frutti civili si acquistano giorno per giorno, in ragione della
durata del diritto.
CAPO II
Dei beni appartenenti allo Stato, agli enti pubblici e agli enti
ecclesiastici
Art. 822 Demanio pubblico
Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido
del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i
laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia
(Cod. Nav. 28, 692); le opere destinate alla difesa nazionale.
Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo
Stato, le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi
(Cod. Nav. 692 a); gli acquedotti; gli immobili riconosciuti
d'interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in
materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi,
delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla legge
assoggettati al regime proprio del demanio pubblico.
Art. 823 Condizione giuridica del demanio pubblico
I beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non
possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei
modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano (Cod. Nav.
30 e seguenti, 694 e seguenti).
Spetta all'autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno
parte del demanio pubblico. Essa ha facoltà sia di procedere in via
amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della
proprietà (948 e seguenti) e del possesso (1168 e seguenti) regolati
dal presente codice.
Art. 824 Beni delle province e dei comuni soggetti al regime dei
beni demaniali
I beni della specie di quelli indicati dal secondo comma dell'art.
822, se appartengono alle province o ai comuni, sono soggetti al
regime del demanio pubblico.
Allo stesso regime sono soggetti i cimiteri e i mercati comunali.
Art. 825 Diritti demaniali su beni altrui
Sono parimenti soggetti al regime del demanio pubblico i diritti
reali che spettano allo Stato, alle province e ai comuni su beni
appartenenti ad altri soggetti, quando i diritti stessi sono
costituiti per l'utilità di alcuno dei beni indicati dagli articoli
precedenti o per il conseguimento di fini di pubblico interesse
corrispondenti a quelli a cui servono i beni medesimi.
Art. 826 Patrimonio dello Stato, delle province e dei comuni
I beni appartenenti allo Stato, alle province e ai comuni, i quali
non siano della specie di quelli indicati dagli articoli precedenti,
costituiscono il patrimonio dello Stato o, rispettivamente, delle
province e dei comuni.
Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato le foreste che
a norma delle leggi in materia costituiscono il demanio forestale
dello Stato, le miniere, le cave e torbiere quando la disponibilità
ne è sottratta al proprietario del fondo, le cose d'interesse
storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da
chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo, i beni
costituenti la dotazione della presidenza della Repubblica (Costit.
843), le caserme, gli armamenti, gli aeromobili militari (Cod. Nav.
745) e le navi da guerra .
Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato o,
rispettivamente, delle province e dei comuni, secondo la loro
appartenenza, gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i
loro arredi, e gli altri beni destinati a pubblico servizio.
NOTA Gli artt. 1, 2 e 3, L. 27 dicembre 1977, n. 968, riportano
quanto segue:
"Art. 1 - La fauna selvatica italiana costituisce patrimonio
indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della
comunità nazionale.
Art. 2 - Fanno parte della fauna selvatica, oggetto della tutela
della presente legge, i mammiferi e gli uccelli dei quali esistono
popolazioni viventi, stabilmente o temporaneamente, in stato di
naturale libertà, nel territorio nazionale. Sono particolarmente
protette le seguenti specie: aquile, vulturidi, gufi reali, cicogne,
gru, fenicotteri, cigni, lupi, orsi, foche monache, stambecchi,
camosci d'Abruzzo e altri ungulati di cui le regioni ai sensi del
successivo art. 12 vietano l'abbattimento. La tutela non si estende
alle talpe, ai ratti, ai topi propriamente detti e alle arvicole.
Art. 3 - In conformità di quanto previsto dai precedenti artt. 1 e 2
è vietata, in tutto il territorio nazionale, ogni forma di
uccellagione.
E' altresì vietata la cattura di uccelli con mezzi e per fini
diversi da quelli previsti dai successivi articoli della presente
legge".
Art. 827 Beni immobili vacanti
I beni immobili che non sono in proprietà di alcuno spettano al
patrimonio dello Stato.
Art. 828 Condizione giuridica dei beni patrimoniali
I beni che costituiscono il patrimonio dello Stato, delle province e
dei comuni sono soggetti alle regole particolari che li concernono
e, in quanto non è diversamente disposto, alle regole del presente
codice.
I beni che fanno parte del patrimonio indisponibile non possono
essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti
dalle leggi che li riguardano.
Art. 829 Passaggio di beni dal demanio al patrimonio
Il passaggio dei beni dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato
deve essere dichiarato dall'autorità amministrativa. Dell'atto deve
essere dato annunzio nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
Per quanto riguarda i beni delle province e dei comuni, il
provvedimento che dichiara il passaggio al patrimonio dev'essere
pubblicato nei modi stabiliti per i regolamenti comunali e
provinciali.
Art. 830 Beni degli enti pubblici non territoriali
I beni appartenenti agli enti pubblici non territoriali sono
soggetti alle regole del presente codice, salve le disposizioni
delle leggi speciali.
Ai beni di tali enti che sono destinati a un pubblico servizio si
applica la disposizione del secondo comma dell'art. 828.
Art. 831 Beni degli enti ecclesiastici ed edifici di culto
I beni degli enti ecclesiastici sono soggetti alle norme del
presente codice, in quanto non è diversamente disposto dalle leggi
speciali che li riguardano.
Gli edifici destinati all'esercizio pubblico del culto cattolico,
anche se appartengono a privati, non possono essere sottratti alla
loro destinazione neppure per effetto di alienazione, fino a che la
destinazione stessa non sia cessata in conformità delle leggi che li
riguardano.
TITOLO II
DELLA PROPRIETA'
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 832 Contenuto del diritto
Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo
pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi
stabiliti dall'ordinamento giuridico.
Art. 833 Atti d'emulazione
Il proprietario non può fare atti i quali non abbiano altro scopo
che quello di nuocere o recare molestia ad altri.
Art. 834 Espropriazione per pubblico interesse
Nessuno può essere privato in tutto o in parte dei beni di sua
proprietà, se non per causa di pubblico interesse, legalmente
dichiarata, e contro il pagamento di una giusta indennità (Costit.
42, 43).
Le norme relative all'espropriazione per causa di pubblico interesse
sono determinate da leggi speciali.
Art. 835 Requisizioni
Quando ricorrono gravi e urgenti necessità pubbliche, militari o
civili, può essere disposta la requisizione dei beni mobili o
immobili. Al proprietario è dovuta una giusta indennità.
Le norme relative alle requisizioni sono determinate da leggi
speciali.
Art. 836 Vincoli e obblighi temporanei
Per le cause indicate dall'articolo precedente l'autorità
amministrativa, nei limiti e con le forme stabiliti da leggi
speciali, può sottoporre a particolari vincoli od obblighi di
carattere temporaneo le aziende commerciali e agricole (Costit. 44).
Art. 837 Ammassi
Allo scopo di regolare la distribuzione di determinati prodotti
agricoli o industriali nell'interesse della produzione nazionale
sono costituiti gli ammassi (2617).
Le norme per il conferimento dei prodotti negli ammassi sono
contenute in leggi speciali.
Art. 838 Espropriazione di beni che interessano la produzione
nazionale o di prevalente interesse pubblico
Salve le disposizioni delle leggi penali e di polizia, nonché (le
norme dell'ordinamento corporativo e) le disposizioni particolari
concernenti beni determinati, quando il proprietario abbandona la
conservazione, la coltivazione o l'esercizio di beni che interessano
la produzione nazionale, in modo da nuocere gravemente alle esigenze
della produzione stessa, può farsi luogo all'espropriazione dei beni
da parte dell'autorità amministrativa, premesso il pagamento di una
giusta indennità (att. 56).
La stessa disposizione si applica se il deperimento dei beni ha per
effetto di nuocere gravemente al decoro delle città o alle ragioni
dell'arte, della storia o della sanità pubblica.
Art. 839 Beni d'interesse storico e artistico
Le cose di proprietà privata, immobili e mobili, che presentano
interesse artistico, storico, archeologico o etnografico, sono
sottoposte alle disposizioni delle leggi speciali.
CAPO II
Della proprietà fondiaria
SEZIONE I
Disposizioni generali
Art. 840 Sottosuolo e spazio sovrastante al suolo
La proprietà del suolo si estende al sottosuolo, con tutto ciò che
vi si contiene, e il proprietario può fare qualsiasi escavazione od
opera che non rechi danno al vicino. Questa disposizione non si
applica a quanto forma oggetto delle leggi sulle miniere, cave e
torbiere (826). Sono del pari salve le limitazioni derivanti dalle
leggi sulle antichità e belle arti, sulle acque, sulle opere
idrauliche e da altre leggi speciali (Cod. Nav. 714 e seguenti).
Il proprietario del suolo non può opporsi ad attività di terzi che
si svolgano a tale profondità nel sottosuolo o a tale altezza nello
spazio sovrastante, che egli non abbia interesse ad escluderle (Cod.
Nav. 823).
Art. 841 Chiusura del fondo
Il proprietario può chiudere in qualunque tempo il fondo (1054,
1064).
Art. 842 Caccia e pesca
Il proprietario di un fondo non può impedire che vi si entri per
l'esercizio della caccia, a meno che il fondo sia chiuso nei modi
stabiliti dalla legge sulla caccia o vi siano colture in atto
suscettibili di danno.
Egli può sempre opporsi a chi non è munito della licenza rilasciata
dall'autorità.
Per l'esercizio della pesca occorre il consenso del proprietario del
fondo.
Art. 843 Accesso al fondo
Il proprietario deve permettere l'accesso e il passaggio nel suo
fondo, sempre che ne venga riconosciuta la necessita, al fine di
costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure
comune.
Se l'accesso cagiona danno, è dovuta un'adeguata indennità.
Il proprietario deve parimenti permettere l'accesso a chi vuole
riprendere la cosa sua che vi si trovi accidentalmente o l'animale
che vi si sia riparato sfuggendo alla custodia. Il proprietario può
impedire l'accesso consegnando la cosa o l'animale (896, 924; Cod.
Pen. 637).
Art. 844 Immissioni
Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o
di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili
propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la
normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei
luoghi (890, Cod. Pen. 674).
Nell'applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare
le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può
tener conto della priorità di un determinato uso.
Art. 845 Regole particolari per scopi di pubblico interesse
La proprietà fondiaria è soggetta a regole particolari per il
conseguimento di scopi di pubblico interesse nei casi previsti dalle
leggi speciali e dalle disposizioni contenute nelle sezioni
seguenti.
SEZIONE II
Del riordinamento della proprietà rurale
Art. 846 Minima unità colturale
Nei trasferimenti di proprietà, nelle divisioni (713, 1116) e nelle
assegnazioni a qualunque titolo, aventi per oggetto terreni
destinati a coltura o suscettibili di coltura, e nella costituzione
o nei trasferimenti di diritti reali sui terreni stessi non deve
farsi luogo a frazionamenti che non rispettino la minima unità
colturale.
S'intende per minima unità colturale l'estensione di terreno
necessaria e sufficiente per il lavoro di una famiglia agricola e,
se non si tratta di terreno appoderato, per esercitare una
conveniente coltivazione secondo le regole della buona tecnica
agraria.
Art. 847 Determinazione della minima unità colturale
L'estensione della minima unità colturale sarà determinata
distintamente per zone, avuto riguardo all'ordinamento produttivo e
alla situazione demografica locale, con provvedimento dell'autorità
amministrativa, da adottarsi sentite le associazioni professionali.
[Le funzioni delle associazioni professionali sono ora di pertinenza
dei Consigli degli Ordini (art. 1, D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944, n.
382)].
Art. 848 Sanzione dell'inosservanza
Gli atti compiuti contro il divieto dell'art. 846 possono essere
annullati dall'autorità giudiziaria, su istanza del pubblico
ministero. L'azione si prescrive in tre anni dalla data della
trascrizione dell'atto (att. 57).
Art. 849 Fondi compresi entro maggiori unità fondiarie
Indipendentemente dalla formazione del consorzio previsto
dall'articolo seguente, il proprietario di terreni entro i quali
sono compresi appezzamenti appartenenti ad altri, di estensione
inferiore alla minima unità colturale, può domandare che gli sia
trasferita la proprietà di questi ultimi (2932), pagandone il
prezzo, allo scopo di attuare una migliore sistemazione delle unità
fondiarie. In caso di contrasto decide l'autorità giudiziaria,
sentite le associazioni professionali circa la sussistenza delle
condizioni che giustificano la richiesta di trasferimento (att. 57).
Art. 850 Consorzi a scopo di ricomposizione fondiaria
Quando più terreni contigui e inferiori alla minima unità colturale
(846) appartengono a diversi proprietari, può, su istanza di alcuno
degli interessati o per iniziativa dell'autorità amministrativa,
essere costituito un consorzio tra gli stessi proprietari, allo
scopo di provvedere a una ricomposizione fondiaria idonea alla
migliore utilizzazione dei terreni stessi.
Per la costituzione del consorzio si applicano le norme stabilite
per i consorzi di bonifica (862).
Art. 851 Trasferimenti coattivi
Il consorzio indicato dall'articolo precedente può predisporre il
piano di riordinamento (854 e seguenti).
Per la migliore sistemazione delle unità fondiarie può procedersi a
espropriazioni e a trasferimenti coattivi; può anche procedersi a
rettificazioni di confini e ad arrotondamento di fondi.
Art. 852 Terreni esclusi dai trasferimenti
Dai trasferimenti coattivi previsti dall'articolo precedente sono
esclusi:
l) gli appezzamenti forniti di casa di abitazione civile o colonica;
2) i terreni adiacenti ai fabbricati e costituenti dipendenze dei
medesimi;
3) le aree fabbricabili;
4) gli orti, i giardini, i parchi;
5) i terreni necessari per piazzali o luoghi di deposito di
stabilimenti industriali o commerciali;
6) i terreni soggetti a inondazioni, a scoscendimenti o ad altri
gravi rischi;
7) i terreni che per la loro speciale destinazione, ubicazione o
singolarità di coltura presentano caratteristiche di spiccata
individualità.
Art. 853 Trasferimento dei diritti reali
Nei trasferimenti coattivi le servitù prediali (1027) sono abolite,
conservate o create in relazione alle esigenze della nuova
sistemazione.
Gli altri diritti reali di godimento sono trasferiti sui terreni
assegnati in cambio e, qualora non siano costituiti su tutti i
terreni dello stesso proprietario, sono trasferiti soltanto su una
parte determinata del fondo assegnato in cambio, che corrisponda in
valore ai terreni su cui esistevano.
Le ipoteche (2808) che non siano costituite su tutti i terreni dello
stesso proprietario sono trasferite sul fondo di nuova assegnazione
per una quota corrispondente in valore ai terreni su cui erano
costituite. In caso di espropriazione forzata dell'immobile gravato
da ipoteca su una quota, l'immobile è espropriato per intero e il
credito è collocato, secondo il grado dell'ipoteca (2852), sulla
parte del prezzo corrispondente alla quota soggetta all'ipoteca
medesima.
Art. 854 Notifica e trascrizione del piano di riordinamento
Il piano di riordinamento dev'essere preventivamente portato a
cognizione degli interessati, e contro di esso è ammesso reclamo in
via amministrativa, nelle forme e nei termini stabiliti da leggi
speciali.
Il provvedimento amministrativo di approvazione definitiva del piano
dev'essere trascritto presso l'ufficio dei registri immobiliari
nella cui circoscrizione sono situati i beni (2645).
Art. 855 Effetti dell'approvazione del piano di riordinamento
Con l'approvazione del piano di riordinamento si operano i
trasferimenti di proprietà e degli altri diritti reali; sono anche
costituite le servitù imposte nel piano stesso (1032).
Art. 856 Competenza dell'autorità giudiziaria
Nelle materie indicate dagli artt. 850 e seguenti è salva la
competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria per la tutela dei
diritti degli interessati. L'autorità giudiziaria non può tuttavia
con le sue decisioni provocare una revisione del piano di
riordinamento, ma può procedere alla conversione e liquidazione in
danaro dei diritti da essa accertati.
Il credito relativo è privilegiato a norma delle leggi speciali.
SEZIONE III
Della bonifica integrale
Art. 857 Terreni soggetti a bonifica
Per il conseguimento di fini igienici, demografici, economici o di
altri fini sociali possono essere dichiarati soggetti a bonifica i
terreni che si trovano in un comprensorio, in cui sono laghi,
stagni, paludi e terre paludose, ovvero costituito da terreni
montani dissestati nei riguardi idrogeologici e forestali, o da
terreni estensivamente coltivati per gravi cause d'ordine fisico o
sociale, i quali siano suscettibili di una radicale trasformazione
dell'ordinamento produttivo.
Art. 858 Comprensorio di bonifica e piano delle opere
Il comprensorio di bonifica e il piano generale dei lavori e di
attività coordinate sono determinati e pubblicati a norma della
legge speciale.
Art. 859 Opere di competenza dello Stato
Il piano generale indicato dall'articolo precedente stabilisce quali
opere di bonifica siano di competenza dello Stato (860).
Art. 860 Concorso dei proprietari nella spesa
I proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio
sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria per l'esecuzione
la manutenzione e l'esercizio delle opere in ragione del beneficio
che traggono dalla bonifica.
Art. 861 Opere di competenza dei privati
I proprietari degli immobili indicati dall'articolo precedente sono
obbligati a eseguire, in conformità del piano generale di bonifica e
delle connesse direttive di trasformazione agraria, le opere di
competenza privata che siano d'interesse comune a più fondi o
d'interesse particolare a taluno di essi.
Art. 862 Consorzi di bonifica
All'esecuzione, alla manutenzione e all'esercizio delle opere di
bonifica può provvedersi a mezzo di consorzi tra i proprietari
interessati.
A tali consorzi possono essere anche affidati l'esecuzione, la
manutenzione e l'esercizio delle altre opere d'interesse comune a
più fondi o d'interesse particolare a uno di essi.
I consorzi sono costituiti per decreto del Presidente della
Repubblica e, in mancanza dell'iniziativa privata, possono essere
formati anche d'ufficio.
Essi sono persone giuridiche pubbliche (11) e svolgono la loro
attività secondo le norme dettate dalla legge speciale.
Art. 863 Consorzi di miglioramento fondiario
Nelle forme stabilite per i consorzi di bonifica possono essere
costituiti anche consorzi per l'esecuzione, la manutenzione e
l'esercizio di opere di miglioramento fondiario comuni a più fondi e
indipendenti da un piano generale di bonifica.
Essi sono persone giuridiche private (12 e seguenti). Possono
tuttavia assumere il carattere di persone giuridiche pubbliche
quando, per la loro vasta estensione territoriale o per la
particolare importanza delle loro funzioni ai fini dell'incremento
della produzione, sono riconosciuti di interesse nazionale con
provvedimento dell'autorità amministrativa.
Art. 864 Contributi consorziali
I contributi dei proprietari nella spesa di esecuzione, manutenzione
ed esercizio delle opere di bonifica e di miglioramento fondiario
sono esigibili con le norme e i privilegi stabiliti per l'imposta
fondiaria (2775).
Art. 865 Espropriazione per inosservanza degli obblighi
Quando l'inosservanza degli obblighi imposti ai proprietari risulta
tale da compromettere l'attuazione del piano di bonifica, può farsi
luogo all'espropriazione parziale o totale del fondo appartenente al
proprietario inadempiente, osservate le disposizioni della legge
speciale.
L'espropriazione ha luogo a favore del consorzio, se questo ne fa
richiesta, o, in mancanza, a favore di altra persona che si obblighi
ad eseguire le opere offrendo opportune garanzie (1179).
SEZIONE IV
Dei vincoli idrogeologici e delle difese fluviali
Art. 866 Vincoli per scopi idrogeologici e per altri scopi
Anche indipendentemente da un piano di bonifica (857 e seguenti), i
terreni di qualsiasi natura e destinazione possono essere sottoposti
a vincolo idrogeologico, osservate le forme e le condizioni
stabilite dalla legge speciale, al fine di evitare che possano con
danno pubblico subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il
regime delle acque.
L'utilizzazione dei terreni e l'eventuale loro trasformazione, la
qualità delle colture, il governo dei boschi e dei pascoli sono
assoggettati, per effetto del vincolo, alle limitazioni stabilite
dalle leggi in materia.
Parimenti, a norma della legge speciale, possono essere sottoposti a
limitazione nella loro utilizzazione i boschi che per la loro
speciale ubicazione difendono terreni o fabbricati dalla caduta di
valanghe, dal rotolamento dei sassi, dal sorrenamento e dalla furia
dei venti, e quelli ritenuti utili per le condizioni igieniche
locali.
Art. 867 Sistemazione e rimboschimento dei terreni vincolati
Al fine del rimboschimento e del rinsaldamento i terreni vincolati
possono essere assoggettati a espropriazione, a occupazione
temporanea o a sospensione dell'esercizio del pascolo, nei modi e
con le forme stabiliti dalle leggi in materia.
Art. 868 Regolamento protettivo dei corsi d'acqua
I proprietari d'immobili situati in prossimità di corsi d'acqua che
arrecano o minacciano danni all'agricoltura, ad abitati o a
manufatti d'interesse pubblico sono obbligati, anche.
indipendentemente da un piano di bonifica, a contribuire
all'esecuzione delle opere necessarie per il regolamento del corso
d'acqua nelle forme stabilite dalle leggi speciali.
SEZIONE V
Della proprietà edilizia
Art. 869 Piani regolatori
I proprietari d'immobili nei comuni dove sono formati piani
regolatori devono osservare le prescrizioni dei piani stessi nelle
costruzioni e nelle riedificazioni o modificazioni delle costruzioni
esistenti.
Art. 870 Comparti
Quando è prevista la formazione di comparti, costituenti unità
fabbricabili con speciali modalità di costruzione e di adattamento,
gli aventi diritto sugli immobili compresi nel comparto devono
regolare i loro reciproci rapporti in modo da rendere possibile
l'attuazione del piano. Possono anche riunirsi in consorzio per
l'esecuzione delle opere. In mancanza di accordo, può procedersi
all'espropriazione a norma delle leggi in materia.
Art. 871 Norme di edilizia e di ornato pubblico
Le regole da osservarsi nelle costruzioni sono stabilite dalla legge
speciale e dai regolamenti edilizi comunali.
La legge speciale stabilisce altresì le regole da osservarsi per le
costruzioni nelle località sismiche.
Art. 872 Violazione delle norme di edilizia
Le conseguenze di carattere amministrativo della violazione delle
norme indicate dall'articolo precedente sono stabilite da leggi
speciali.
Colui che per effetto della violazione ha subìto danno deve esserne
risarcito, salva la facoltà di chiedere la riduzione in pristino
quando si tratta della violazione delle norme contenute nella
sezione seguente o da questa richiamate (2933).
SEZIONE VI
Delle distanze nelle costruzioni, piantagioni e scavi dei muri,
fossi e siepi interposti tra i fondi
Art. 873 Distanze nelle costruzioni
Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti,
devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei
regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore.
Art. 874 Comunione forzosa del muro sul confine
Il proprietario di un fondo continguo al muro altrui può chiederne
la comunione (2932) per tutta l'altezza o per parte di essa, purché
lo faccia per tutta l'estensione della sua proprietà. Per ottenere
la comunione deve pagare la metà del valore del muro, o della parte
di muro resa comune, e la metà del valore del suolo su cui il muro è
costruito. Deve inoltre eseguire le opere che occorrono per non
danneggiare il vicino.
Art. 875 Comunione forzosa del muro che non è sul confine
Quando il muro si trova a una distanza dal confine minore di un
metro e mezzo ovvero a distanza minore della metà di quella
stabilita dai regolamenti locali, il vicino può chiedere la
comunione del muro soltanto allo scopo di fabbricare contro il muro
stesso, pagando, oltre il valore della metà del muro, il valore del
suolo da occupare con la nuova fabbrica, salvo che il proprietario
preferisca estendere il suo muro sino al confine.
Il vicino che intende domandare la comunione deve interpellare
preventivamente il proprietario se preferisca di estendere il muro
al confine o di procedere alla sua demolizione. Questi deve
manifestare la propria volontà entro il termine (2964) di giorni
quindici e deve procedere alla costruzione o alla demolizione entro
sei mesi dal giorno in cui ha comunicato la risposta.
Art. 876 Innesto nel muro sul confine
Se il vicino vuole servirsi del muro esistente sul confine solo per
innestarvi un capo del proprio muro, non ha l'obbligo di renderlo
comune a norma dell'art. 874, ma deve pagare un'indennità per
l'innesto.
Art. 877 Costruzioni in aderenza
Il vicino, senza chiedere la comunione del muro posto sul confine,
può costruire sul confine stesso in aderenza (904), ma senza
appoggiare la sua fabbrica a quella preesistente.
Questa norma si applica anche nel caso previsto dall'art. 875; il
vicino in tal caso deve pagare soltanto il valore del suolo.
Art. 878 Muro di cinta
Il muro di cinta e ogni altro muro isolato che non abbia un'altezza
superiore ai tre metri non è considerato per il computo della
distanza indicata dall'art. 873.
Esso, quando è posto sul confine, può essere reso comune anche a
scopo d'appoggio, purché non preesista al di là un edificio a
distanza inferiore ai tre metri.
Art. 879 Edifici non soggetti all'obbligo delle distanze o a
comunione forzosa
Alla comunione forzosa non sono soggetti gli edifici appartenenti al
demanio pubblico e quelli soggetti allo stesso regime (822 e
seguenti), né gli edifici che sono riconosciuti di interesse
storico, archeologico o artistico, a norma delle leggi in materia.
Il vicino non può neppure usare della facoltà concessa dall'art.
877.
Alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze e le vie
pubbliche non si applicano le norme relative alle distanze, ma
devono osservarsi le leggi e i regolamenti che le riguardano.
Art. 880 Presunzione di comunione del muro divisorio
Il muro che serve di divisione tra edifici si presume comune fino
alla sua sommità e, in caso di altezze ineguali, fino al punto in
cui uno degli edifici comincia ad essere più alto.
Si presume parimenti comune il muro che serve di divisione tra
cortili, giardini e orti o tra recinti nei campi.
Art. 881 Presunzione di proprietà esclusiva del muro divisorio
Si presume che il muro divisorio tra i campi, cortili, giardini od
orti appartenga al proprietario del fondo verso il quale esiste il
piovente e in ragione del piovente medesimo.
Se esistono sporti, come cornicioni, mensole e simili, o vani che si
addentrano oltre la metà della grossezza del muro, e gli uni e gli
altri risultano costruiti col muro stesso, si presume che questo
spetti al proprietario dalla cui parte gli sporti o i vani si
presentano, anche se vi sia soltanto qualcuno di tali segni.
Se uno o più di essi sono da una parte, e uno o più dalla parte
opposta, il muro è reputato comune: in ogni caso la positura del
piovente prevale su tutti gli altri indizi.
Art. 882 Riparazioni del muro comune
Le riparazioni e le ricostruzioni necessarie del muro comune sono a
carico di tutti quelli che vi hanno diritto e in proporzione del
diritto di ciascuno (1104), salvo che la spesa sia stata cagionata
dal fatto di uno dei partecipanti.
Il comproprietario di un muro comune può esimersi dall'obbligo di
contribuire nelle spese di riparazione e ricostruzione, rinunziando
al diritto di comunione (1350, 2643), purché il muro comune non
sostenga un edificio di sua spettanza.
La rinunzia non libera il rinunziante dall'obbligo delle riparazioni
e ricostruzioni a cui abbia dato causa col fatto proprio.
Art. 883 Abbattimento di edificio appoggiato al muro comune
Il proprietario che vuole atterrare un edificio sostenuto da un muro
comune può rinunziare alla comunione di questo, ma deve farvi le
riparazioni e le opere che la demolizione rende necessarie per
evitare ogni danno al vicino.
Art. 884 Appoggio e immissione di travi e catene nel muro comune
Il comproprietario di un muro comune può fabbricare appoggiandovi le
sue costruzioni e può immettervi travi, purché le mantenga a
distanza di cinque centimetri dalla superficie opposta, salvo il
diritto dell'altro comproprietario di fare accorciare la trave fino
alla metà del muro, nel caso in cui egli voglia collocare una trave
nello stesso luogo, aprirvi un incavo o appoggiarvi un camino. Il
comproprietario può anche attraversare il muro comune con chiavi e
catene di rinforzo, mantenendo la stessa distanza. Egli è tenuto in
ogni caso a riparare i danni causati dalle opere compiute.
Non può fare incavi nel muro comune, ne eseguirvi altra opera che ne
comprometta la stabilità o che in altro modo lo danneggi.
Art. 885 Innalzamento del muro comune
Ogni comproprietario può alzare il muro comune, ma sono a suo carico
tutte le spese di costruzione e conservazione della parte
sopraedificata (903). Anche questa può dal vicino essere resa comune
a norma dell'art. 874.
Se il muro non è atto a sostenere la sopraedificazione, colui che
l'esegue è tenuto a ricostruirlo o a rinforzarlo a sue spese. Per il
maggiore spessore che sia necessario, il muro deve essere costruito
sul suolo proprio, salvo che esigenze tecniche impongano di
costruirlo su quello del vicino. In entrambi i casi il muro
ricostruito o ingrossato resta di proprietà comune, e il vicino deve
essere indennizzato di ogni danno prodotto dall'esecuzione delle
opere. Nel secondo caso il vicino ha diritto di conseguire anche il
valore della metà del suolo occupato per il maggiore spessore.
Qualora il vicino voglia acquistare la comunione della parte
sopraelevata del muro, si tiene conto, nel calcolare il valore di
questa, anche delle spese occorse per la ricostruzione o per il
rafforzamento.
Art. 886 Costruzione del muro di cinta
Ciascuno può costringere il vicino a contribuire per metà nella
spesa di costruzione dei muri di cinta che separano le rispettive
case, i cortili e i giardini posti negli abitati. L'altezza di essi,
se non è diversamente determinata dai regolamenti locali o dalla
convenzione, deve essere di tre metri.
Art. 887 Fondi a dislivello negli abitati
Se di due fondi posti negli abitati uno è superiore e l'altro
inferiore, il proprietario del fondo superiore deve sopportare per
intero le spese di costruzione e conservazione del muro dalle
fondamenta all'altezza del proprio suolo, ed entrambi i proprietari
devono contribuire per tutta la restante altezza.
Il muro deve essere costruito per metà sul terreno del fondo
inferiore e per metà sul terreno del fondo superiore.
Art. 888 Esonero dal contributo nelle spese
Il vicino si può esimere dal contribuire nelle spese di costruzione
del muro di cinta o divisorio, cedendo, senza diritto a compenso, la
metà del terreno su cui il muro di separazione deve essere
costruito. In tal caso il muro è di proprietà di colui che l'ha
costruito, salva la facoltà del vicino di renderlo comune ai sensi
dell'art. 874, senza obbligo però di pagare la metà del valore del
suolo su cui il muro è stato costruito.
Art. 889 Distanze per pozzi, cisterne, fosse e tubi
Chi vuole aprire pozzi, cisterne, fosse di latrina o di concime
presso il confine, anche se su questo si trova un muro divisorio,
deve osservare la distanza di almeno due metri tra il confine e il
punto più vicino del perimetro interno delle opere predette.
Per i tubi d'acqua pura o lurida, per quelli di gas e simili e loro
diramazioni deve osservarsi la distanza di almeno un metro dal
confine.
Sono salve in ogni caso le disposizioni dei regolamenti locali.
Art. 890 Distanze per fabbriche e depositi nocivi o pericolosi
Chi presso il confine, anche se su questo si trova un muro
divisorio, vuole fabbricare forni, camini, magazzini di sale, stalle
e simili, o vuol collocare materie umide o esplodenti o in altro
modo nocive, ovvero impiantare macchinari, per i quali può sorgere
pericolo di danni, deve osservare le distanze stabilite dai
regolamenti e, in mancanza, quelle necessarie a preservare i fondi
vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza (Cod. Pen.
675).
Art. 891 Distanze per canali e fossi
Chi vuole scavare fossi o canali presso il confine, se non
dispongono in modo diverso i regolamenti locali, deve osservare una
distanza eguale alla profondità del fosso o canale. La distanza si
misura dal confine al ciglio della sponda più vicina, la quale deve
essere a scarpa naturale ovvero munita di opere di sostegno. Se il
confine si trova in un fosso comune o in una via privata, la
distanza si misura da ciglio a ciglio o dal ciglio al lembo
esteriore della via (911).
Art. 892 Distanze per gli alberi
Chi vuol piantare alberi presso il confine deve osservare le
distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, dagli usi locali.
Se gli uni e gli altri non dispongono, devono essere osservate le
seguenti distanze dal confine:
l) tre metri per gli alberi di alto fusto. Rispetto alle distanze,
si considerano alberi di alto fusto quelli il cui fusto, semplice o
diviso in rami, sorge ad altezza notevole, come sono i noci, i
castagni, le querce, i pini, i cipressi, gli olmi, i pioppi, i
platani e simili;
2) un metro e mezzo per gli alberi di non alto fusto. Sono reputati
tali quelli il cui fusto, sorto ad altezza non superiore a tre
metri, si diffonde in rami;
3) mezzo metro per le viti, gli arbusti, le siepi vive, le piante da
frutto di altezza non maggiore di due metri e mezzo.
La distanza deve essere però di un metro, qualora le siepi siano di
ontano, di castagno o di altre piante simili che si recidono
periodicamente vicino al ceppo, e di due metri per le siepi di
robinie.
La distanza si misura dalla linea del confine alla base esterna del
tronco dell'albero nel tempo della piantagione, o dalla linea stessa
al luogo dove fu fatta la semina.
Le distanze anzidette non si devono osservare se sul confine esiste
un muro divisorio, proprio o comune, purché le piante siano tenute
ad altezza che non ecceda la sommità del muro.
Art. 893 Alberi presso strade, canali e sul confine di boschi
Per gli alberi che nascono o si piantano nei boschi, sul confine con
terreni non boschivi, o lungo le strade o le sponde dei canali, si
osservano, trattandosi di boschi, canali e strade di proprietà
privata, i regolamenti e, in mancanza, gli usi locali. Se gli uni e
gli altri non dispongono, si osserva no le distanze prescritte
dall'articolo precedente.
Art. 894 Alberi a distanza non legale
Il vicino può esigere che si estirpino gli alberi e le siepi che
sono piantati o nascono a distanza minore di quelle indicate dagli
articoli precedenti.
Art. 895 Divieto di ripiantare alberi a distanza non legale
Se si è acquistato il diritto di tenere alberi a distanza minore di
quelle sopra indicate, e l'albero muore o viene reciso o abbattuto,
il vicino non può sostituirlo, se non osservando la distanza legale.
La disposizione non si applica quando gli alberi fanno parte di un
filare situato lungo il confine.
Art. 896 Recisione di rami protesi e di radici
Quegli sul cui fondo si protendono i rami degli alberi del vicino
può in qualunque tempo costringerlo a tagliarli, e può egli stesso
tagliare le radici che si addentrano nel suo fondo, salvi però in
ambedue i casi i regolamenti e gli usi locali.
Se gli usi locali non dispongono diversamente, i frutti naturalmente
caduti dai rami protesi sul fondo del vicino appartengono al
proprietario del fondo su cui sono caduti.
Se a norma degli usi locali i frutti appartengono al proprietario
dell'albero, per la raccolta di essi si applica il disposto
dell'art. 843.
Art. 897 Comunione di fossi
Ogni fosso interposto tra due fondi si presume comune.
Si presume che il fosso appartenga al proprietario che se ne serve
per gli scoli delle sue terre, o al proprietario del fondo dalla cui
parte è il getto della terra o lo spurgo ammucchiatovi da almeno tre
anni.
Se uno o più di tali segni sono da una parte e uno o più dalla parte
opposta, il fosso si presume comune.
Art. 898 Comunioni di siepi
Ogni siepe tra due fondi si presume comune ed e mantenuta a spese
comuni, salvo che vi sia termine di confine o altra prova in
contrario.
Se uno solo dei fondi è recinto, si presume che la siepe appartenga
al proprietario del fondo recinto, ovvero di quello dalla cui parte
si trova la siepe stessa in relazione ai termini di confine
esistenti.
Art. 899 Comunione di alberi
Gli alberi sorgenti nella siepe comune sono comuni.
Gli alberi sorgenti sulla linea di confine si presumono comuni,
salvo titolo o prova in contrario.
Gli alberi che servono di limite o che si trovano nella siepe comune
non possono essere tagliati, se non di comune consenso o dopo che
l'autorità giudiziaria abbia riconosciuto la necessità o la
convenienza del taglio.
SEZIONE VII
Delle luci e delle vedute
Art. 900 Specie di finestre
Le finestre o altre aperture sul fondo del vicino sono di due
specie: luci, quando danno passaggio alla luce e all'aria, ma non
permettono di affacciarsi sul fondo del vicino; vedute o prospetti
quando permettono di affacciarsi e di guardare di fronte,
obliquamente o lateralmente.
Art. 901 Luci
Le luci che si aprono sul fondo del vicino devono:
1) essere munite di un'inferriata idonea a garantire la sicurezza
del vicino e di una grata fissa in metallo le cui maglie non siano
maggiori di tre centimetri quadrati;
2) avere il lato inferiore a un'altezza non minore di due metri e
mezzo dal pavimento o dal suolo del luogo al quale si vuole dare
luce e aria, se esse sono al piano terreno, e non minore di due
metri, se sono ai piani superiori;
3) avere il lato inferiore a un'altezza non minore di due metri e
mezzo dal suolo del fondo vicino, a meno che si tratti di locale che
sia in tutto o in parte a livello inferiore al suolo del vicino e la
condizione dei luoghi non consenta di osservare l'altezza stessa.
Art. 902 Apertura priva dei requisiti prescritti per le luci
L'apertura che non ha i caratteri di veduta o di prospetto è
considerata come luce, anche se non sono state osservate le
prescrizioni indicate dall'art. 901.
Il vicino ha sempre il diritto di esigere che essa sia resa conforme
alle prescrizioni dell'articolo predetto.
Art. 903 Luci nel muro proprio o nel muro comune
Le luci possono essere aperte dal proprietario del muro contiguo al
fondo altrui.
Se il muro è comune (874 e seguenti) nessuno dei proprietari può
aprire luci senza il consenso dell'altro; ma chi ha sopraelevato il
muro comune può aprirle nella maggiore altezza a cui il vicino non
abbia voluto contribuire (885).
Art. 904 Diritto di chiudere le luci
La presenza di luci in un muro non impedisce al vicino di acquistare
la comunione del muro medesimo né di costruire in aderenza (874 e
seguenti) .
Chi acquista la comunione del muro non può chiudere le luci se ad
esso non appoggia il suo edificio.
Art. 905 Distanza per l'apertura di vedute dirette e balconi
Non si possono aprire vedute dirette verso il fondo chiuso o non
chiuso e neppure sopra il tetto del vicino, se tra il fondo di
questo e la faccia esteriore del muro in cui si aprono le vedute
dirette non vi e la distanza di un metro e mezzo.
Non si possono parimenti costruire balconi o altri sporti, terrazze,
lastrici solari e simili, muniti di parapetto che permetta di
affacciarsi sul fondo del vicino, se non vi e la distanza di un
metro e mezzo tra questo fondo e la linea esteriore di dette opere.
Il divieto cessa allorquando tra i due fondi vicini vi e una via
pubblica.
Art. 906 Distanza per l'apertura di vedute laterali od oblique
Non si possono aprire vedute laterali od oblique sul fondo del
vicino se non si osserva la distanza di settantacinque centimetri,
la quale deve misurarsi dal più vicino lato della finestra o dal più
vicino sporto.
Art. 907 Distanza delle costruzioni dalle vedute
Quando si e acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il
fondo vicino (1027 e seguenti), il proprietario di questo non può
fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma
dell'art. 905.
Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre
metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta
obliqua si esercita.
Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le
dette vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre
metri sotto la loro soglia.
SEZIONE VIII
Dello stillicidio
Art. 908 Scarico delle acque piovane
Il proprietario deve costruire i tetti in maniera che le acque
piovane scolino nel suo terreno e non può farle cadere nel fondo del
vicino.
Se esistono pubblici colatoi, deve provvedere affinché le acque
piovane vi siano immesse con gronde o canali. Si osservano in ogni
caso i regolamenti locali e le leggi sulla polizia idraulica.
SEZIONE IX
Delle acque
Art. 909 Diritto sulle acque esistenti nel fondo
Il proprietario del suolo ha il diritto di utilizzare le acque in
esso esistenti, salve le disposizioni delle leggi speciali per le
acque pubbliche e per le acque sotterranee.
Egli può anche disporne a favore d'altri, qualora non osti il
diritto di terzi; ma, dopo essersi servito delle acque, non può
divertirle in danno d'altri fondi.
Art. 910 Uso delle acque che limitano o attraversano un fondo
Il proprietario di un fondo limitato o attraversato da un'acqua non
pubblica, che corre naturalmente e sulla quale altri non ha diritto,
può, mentre essa trascorre, farne uso per l'irrigazione dei suoi
terreni e per l'esercizio delle sue industrie, ma deve restituire le
colature e gli avanzi al corso ordinario.
Art. 911 Apertura di nuove sorgenti e altre opere
Chi vuole aprire sorgenti, stabilire capi o aste di fonte e in
genere eseguire opere per estrarre acque dal sottosuolo o costruire
canali o acquedotti, oppure scavarne, profondarne, o allargarne il
letto, aumentarne o diminuirne il pendio o variarne la forma, deve,
oltre le distanze stabilite nell'art. 891, osservare le maggiori
distanze ed eseguire le opere che siano necessarie per non recare
pregiudizio ai fondi altrui, sorgenti, capi o aste di fonte, canali
o acquedotti preesistenti e destinati all'irrigazione dei terreni o
agli usi domestici o industriali.
Art. 912 Conciliazione di opposti interessi
Se sorge controversia tra i proprietari a cui un'acqua non pubblica
può essere utile, l'autorità giudiziaria deve valutare l'interesse
dei singoli proprietari nei loro rapporti e rispetto ai vantaggi che
possono derivare all'agricoltura o all'industria dall'uso a cui
l'acqua è destinata o si vuol destinare.
L'autorità giudiziaria può assegnare un'indennità ai proprietari che
sopportino diminuzione del proprio diritto.
In tutti i casi devono osservarsi le disposizioni delle leggi sulle
acque e sulle opere idrauliche.
Art. 913 Scolo delle acque
Il fondo inferiore è soggetto a ricevere le acque che dal fondo più
elevato scolano naturalmente, senza che sia intervenuta l'opera
dell'uomo.
Il proprietario del fondo inferiore non può impedire questo scolo,
né il proprietario del fondo superiore può renderlo più gravoso.
Se per opere di sistemazione agraria dell'uno o dell'altro fondo si
rende necessaria una modificazione del deflusso naturale delle
acque, è dovuta un'indennità al proprietario del fondo a cui la
modificazione stessa ha recato pregiudizio.
Art. 914 Consorzi per regolare il deflusso delle acque
Qualora per esigenze della produzione si debba provvedere a opere di
sistemazione degli scoli, di soppressione di ristagni o di raccolta
di acque, l'autorità amministrativa, su richiesta della maggioranza
degli interessati o anche d'ufficio, può costituire un consorzio tra
i proprietari dei fondi che traggono beneficio dalle opere stesse.
Si applicano a tale consorzio le disposizioni del secondo e del
terzo comma dell'art. 921 (863 e seguenti).
Art. 915 Riparazione di sponde e argini
Qualora le sponde o gli argini che servivano di ritegno alle acque
siano stati in tutto o in parte distrutti o atterrati, ovvero per la
naturale variazione del corso delle acque si renda necessario
costruire nuovi argini o ripari, e il proprietario del fondo non
provveda sollecitamente a ripararli o a costruirli, ciascuno dei
proprietari che hanno sofferto o possono ricevere danno può
provvedervi, previa autorizzazione del pretore, che provvede in via
d'urgenza.
Le opere devono essere eseguite in modo che il proprietario del
fondo, in cui esse si compiono, non ne subisca danno, eccetto quello
temporaneo causato dall'esecuzione delle opere stesse.
Art. 916 Rimozione degli ingombri
Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche quando
si tratta di togliere un ingombro formatosi sulla superficie di un
fondo o in un fosso, rivo, colatoio o altro alveo, a causa di
materie in essi impigliate, in modo che le acque danneggino o
minaccino di danneggiare i fondi vicini.
Art. 917 Spese per la riparazione, costruzione o rimozione
Tutti i proprietari, ai quali torna utile che le sponde e gli argini
siano conservati o costruiti e gli ingombri rimossi, devono
contribuire nella spesa in proporzione del vantaggio che ciascuno ne
ritrae.
Tuttavia, se la distruzione degli argini, la variazione delle acque
o l'ingombro nei loro corsi deriva da colpa di alcuno dei
proprietari, le spese di conservazione, di costruzione o di
riparazione gravano esclusivamente su di lui, salvo in ogni caso il
risarcimento dei danni.
Art. 918 Consorzi volontari
Possono costituirsi in consorzio i proprietari di fondi vicini che
vogliano riunire e usare in comune le acque defluenti dal medesimo
bacino di alimentazione o da bacini contigui.
L'adesione degli interessati e il regolamento del consorzio devono
risultare da atto scritto (1418, 2725).
Il regolamento del consorzio è deliberato dalla maggioranza
calcolata in base all'estensione dei terreni a cui serve l'acqua.
Art. 919 Scioglimento del consorzio
Lo scioglimento del consorzio non ha luogo se non quando è
deliberato da una maggioranza eccedente i tre quarti, o quando,
potendosi la divisione effettuare senza grave danno, essa è
domandata da uno degli interessati.
Art. 920 Norme applicabili
Salvo quanto è disposto dagli articoli precedenti, si applicano ai
consorzi volontari ivi indicati le norme stabilite per la comunione
(1100 e seguenti).
Art. 921 Consorzi coattivi
Nel caso indicato dall'art. 918, il consorzio può anche essere
costituito d'ufficio dall'autorità amministrativa, allo scopo di
provvedere a una migliore utilizzazione delle acque.
Per le forme di costituzione e il funzionamento si osservano le
norme stabilite per i consorzi di miglioramento fondiario (863).
Il consorzio può anche procedere all'espropriazione dei singoli
diritti, mediante il pagamento delle dovute indennità (865).
CAPO III
Dei modi di acquisto della proprietà
Art. 922 Modi di acquisto
La proprietà si acquista per occupazione (923 e seguenti), per
invenzione (927 e seguenti), per accessione (934 e seguenti), per
specificazione (940), per unione o commistione (939), per usucapione
(1158 e seguenti), per effetto di contratti (1376 e seguenti), per
successione a causa di morte (456 e seguenti) e negli altri modi
stabiliti dalla legge.
SEZIONE I
Dell'occupazione e dell'invenzione
Art. 923 Cose suscettibili di occupazione
Le cose mobili che non sono proprietà di alcuno si acquistano con
l'occupazione (827).
Tali sono le cose abbandonate e gli animali che formano oggetto di
caccia o di pesca (842) [Secondo l’art. 1, L. 27 dicembre 1977, n.
968 (vedi nota all'art. 826), a fauna selvatica costituisce
patrimonio indisponibile dello Stato].
Art. 924 Sciami di api
Il proprietario di sciami di api ha diritto d'inseguirli sul fondo
altrui, ma deve indennità per il danno cagionato al fondo (843); se
non li ha inseguiti entro due giorni o ha cessato durante due giorni
d'inseguirli, può prenderli e ritenerli il proprietario del fondo.
Art. 925 Animali mansuefatti
Gli animali mansuefatti possono essere inseguiti dal proprietario
del fondo altrui, salvo il diritto del proprietario del fondo a
indennità per il danno (843).
Essi appartengono a chi se ne è impossessato (932), se non sono
reclamati entro venti (2964) giorni da quando il proprietario ha
avuto conoscenza del luogo dove si trovano.
Art. 926 Migrazione di colombi, conigli e pesci
I conigli o pesci che passano ad un'altra conigliera o peschiera si
acquistano dal proprietario di queste, purché non vi siano stati
attirati con arte o con frode.
La stessa norma si osserva per i colombi che passano ad altra
colombaia, salve le diverse disposizioni di legge sui colombi
viaggiatori.
Art. 927 Cose ritrovate
Chi trova una cosa mobile (812) deve restituirla al proprietario, e,
se non lo conosce, deve consegnarla senza ritardo al sindaco del
luogo in cui l'ha trovata, indicando le circostanze del
ritrovamento.
Art. 928 Pubblicazione del ritrovamento
Il sindaco rende nota la consegna per mezzo di pubblicazione
nell'albo pretorio del comune, da farsi per due domeniche successive
e da restare affissa per tre giorni ogni volta.
Art. 929 Acquisto di proprietà della cosa ritrovata
Trascorso un anno dall'ultimo giorno della pubblicazione senza che
si presenti il proprietario, la cosa oppure il suo prezzo, se le
circostanze ne hanno richiesto la vendita, appartiene a chi l'ha
trovata.
Così il proprietario come il ritrovatore, riprendendo la cosa o
ricevendo il prezzo, devono pagare le spese occorse.
Art. 930 Premio dovuto al ritrovatore
Il proprietario deve pagare a titolo di premio al ritrovatore, se
questi lo richiede, il decimo della somma o del prezzo della cosa
ritrovata.
Se tale somma o prezzo eccede le diecimila lire, il premio per il
sovrappiù è solo del ventesimo.
Se la cosa non ha valore commerciale, la misura del premio e fissata
dal giudice secondo il suo prudente apprezzamento.
Art. 931 Equiparazione del possessore o detentore al proprietario
Agli effetti delle disposizioni contenute negli artt. 927 e seguenti
al proprietario sono equiparati, secondo le circostanze, il
possessore e il detentore (1140).
Art. 932 Tesoro
Tesoro è qualunque cosa mobile di pregio, nascosta o sotterrata, di
cui nessuno può provare d'essere proprietario.
Il tesoro appartiene al proprietario del fondo in cui si trova. Se
il tesoro è trovato nel fondo altrui, purché sia stato scoperto per
solo effetto del caso, spetta per metà al proprietario del fondo e
per metà al ritrovatore. La stessa disposizione si applica se il
tesoro è scoperto in una cosa mobile altrui (959, 988; Cod. Pen.
647).
Per il ritrovamento degli oggetti d'interesse storico, archeologico,
paletnologico, paleontologico e artistico, si osservano le
disposizioni delle leggi speciali (826).
Art. 933 Rigetti del mare e piante sul lido. Relitti aeronautici
I diritti sopra le cose gettate in mare o sopra quelle che il mare
rigetta e sopra le piante e le erbe che crescono lungo le rive del
mare sono regolati dalle leggi speciali (Cod. Nav. 510 e seguenti,
1227).
Parimenti si osservano le leggi speciali per il ritrovamento di
aeromobili e di relitti di aeromobili (Cod. Nav. 993 e seguenti).
SEZIONE II
Dell'accessione, della specificazione, dell'unione e della
commistione
Art. 934 Opere fatte sopra o sotto il suolo
Qualunque piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto
il suolo appartiene al proprietario di questo, salvo quanto è
disposto dagli artt. 935, 936, 937 e 938 e salvo che risulti
diversamente dal titolo (952 e seguenti) o dalla legge (975-3,
986-2, 1150-5, 1593).
Art. 935 Opere fatte dal proprietario del suolo con materiali altrui
Il proprietario del suolo che ha fatto costruzioni, piantagioni od
opere con materiali altrui deve pagarne il valore, se la separazione
non è chiesta dal proprietario dei materiali, ovvero non può farsi
senza che si rechi grave danno all'opera costruita o senza che
perisca la piantagione. Deve inoltre, anche nel caso che si faccia
la separazione, il risarcimento dei danni, se e in colpa grave.
In ogni caso la rivendicazione dei materiali (948) non è ammessa
trascorsi sei mesi dal giorno in cui il proprietario ha avuto
notizia dell'incorporazione (2964 e seguenti).
Art. 936 Opere fatte da un terzo con materiali propri
Quando le piantagioni (956), costruzioni od opere sono state fatte
da un terzo con suoi materiali, il proprietario del fondo ha diritto
di ritenerle o di obbligare colui che le ha fatte a levarle.
Se il proprietario preferisce di ritenerle, deve pagare a sua scelta
il valore dei materiali e il prezzo della mano d'opera oppure
l'aumento di valore recato al fondo (1150).
Se il proprietario del fondo domanda che siano tolte, esse devono
togliersi a spese di colui che le ha fatte (2933). Questi può
inoltre essere condannato al risarcimento dei danni.
Il proprietario non può obbligare il terzo a togliere le
piantagioni, costruzioni od opere, quando sono state fatte a sua
scienza e senza opposizione o quando sono state fatte dal terzo in
buona fede (1147).
La rimozione non può essere domandata trascorsi sei mesi dal giorno
in cui il proprietario ha avuto notizia dell'incorporazione (2964 e
seguenti).
Art. 937 Opere fatte da un terzo con materiali altrui
Se le piantagioni, costruzioni o altre opere sono state fatte da un
terzo con materiali altrui, il proprietario di questi può
rivendicarli, previa separazione a spese del terzo, se la
separazione può ottenersi senza grave danno delle opere e del fondo.
La rivendicazione non è ammessa trascorsi sei mesi dal giorno in cui
il proprietario ha avuto notizia dell'incorporazione (2964 e
seguenti).
Nel caso che la separazione dei materiali non sia richiesta o che i
materiali siano inseparabili, il terzo che ne ha fatto uso e il
proprietario del suolo che sia stato in mala fede sono tenuti in
solido (1292 e seguenti) al pagamento di una indennità pari al
valore dei materiali stessi. Il proprietario dei materiali può anche
esigere tale indennità dal proprietario del suolo, ancorché in buona
fede, limitatamente al prezzo che da questo fosse ancora dovuto. Può
altresì chiedere il risarcimento dei danni, tanto nei confronti del
terzo che ne abbia fatto uso senza il suo consenso, quanto nei
confronti del proprietario del suolo che in mala fede abbia
autorizzato l'uso.
Art. 938 Occupazione di porzione di fondo attiguo
Se nella costruzione di un edificio si occupa in buona fede una
porzione del fondo attiguo, e il proprietario di questo non fa
opposizione entro tre mesi (2964) dal giorno in cui ebbe inizio la
costruzione, l'autorità giudiziaria, tenuto conto delle circostanze,
può (2908) attribuire al costruttore la proprietà dell'edificio e
del suolo occupato. Il costruttore e tenuto a pagare al proprietario
del suolo il doppio del valore della superficie occupata, oltre il
risarcimento dei danni.
Art. 939 Unione e commistione
Quando più cose appartenenti a diversi proprietari sono state unite
o mescolate in guisa da formare un sol tutto, ma sono separabili
senza notevole deterioramento, ciascuno conserva la proprietà della
cosa sua e ha diritto di ottenerne la separazione. In caso diverso,
la proprietà ne diventa comune in proporzione del valore delle cose
spettanti a ciascuno.
Quando però una delle cose si può riguardare come principale o è di
molto superiore per valore, ancorché serva all'altra di ornamento,
il proprietario della cosa principale acquista la proprietà del
tutto. Egli ha l'obbligo di pagare all'altro il valore della cosa
che vi è unita o mescolata; ma se l'unione o la mescolanza è
avvenuta senza il suo consenso ad opera del proprietario della cosa
accessoria, egli non e obbligato a corrispondere che la somma minore
tra l'aumento di valore apportato alla cosa principale e il valore
della cosa accessoria.
E' inoltre dovuto il risarcimento dei danni in caso di colpa grave.
Art. 940 Specificazione
Se taluno ha adoperato una materia che non gli apparteneva per
formare una nuova cosa, possa o non possa la materia riprendere la
sua prima forma, ne acquista la proprietà pagando al proprietario il
prezzo della materia, salvo che il valore della materia sorpassi
notevolmente quello della mano d'opera. In quest'ultimo caso la cosa
spetta al proprietario della materia, il quale deve pagare il prezzo
della mano d'opera.
Art. 941 Alluvione
Le unioni di terra e gli incrementi, che si formano successivamente
e impercettibilmente nei fondi posti lungo le rive dei fiumi o
torrenti, appartengono al proprietario del fondo, salvo quanto è
disposto dalle leggi speciali.
Art. 942 Terreni abbandonati dalle acque correnti
I terreni abbandonati dalle acque correnti, che insensibilmente si
ritirano da una delle rive portandosi sull'altra, appartengono al
demanio pubblico, senza che il confinante della riva opposta possa
reclamare il terreno perduto.
Ai sensi del primo comma, si intendono per acque correnti i fiumi, i
torrenti e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia.
Quanto stabilito al primo comma vale anche per i terreni abbandonati
dal mare, dai laghi, dalle lagune e dagli stagni appartenenti al
demanio pubblico (822).
NOTA Articolo così sostituito dall'art. 1, Legge 5 gennaio 1994, n.
37, in materia di tutela ambientale delle aree demaniali).
Art. 943 Laghi e stagni
Il terreno che l'acqua copre quando essa è all'altezza dello sbocco
del lago o dello stagno appartiene al proprietario del lago o dello
stagno, ancorché il volume dell'acqua venga a scemare.
Il proprietario non acquista alcun diritto sopra la terra lungo la
riva che l'acqua ricopre nei casi di piena straordinaria.
Art. 944 Avulsione
Se un fiume o torrente stacca per forza istantanea una parte
considerevole e riconoscibile di un fondo contiguo al suo corso e la
trasporta verso un fondo inferiore o verso l'opposta riva, il
proprietario del fondo al quale si e unita la parte staccata ne
acquista la proprietà. Deve però pagare all'altro proprietario
un'indennità nei limiti del maggior valore recato al fondo
dall'avulsione.
Art. 945 Isole e unioni di terra
Le isole e unioni di terra che si formano nel letto dei fiumi o
torrenti appartengono al demanio pubblico (822).
(Se l'isola si è formata per avulsione, il proprietario del fondo da
cui è avvenuto il distacco, ne conserva la proprietà).
(La stessa regola si osserva se un fiume o un torrente, formando un
nuovo corso, attraversa e circonda il fondo o parte del fondo di un
proprietario confinante, facendone un'isola).
NOTA La parte fra parentesi è stata abrogata dall'art. 2 della Legge
5 gennaio 1994, n. 37, in materia di tutela ambientale delle aree
demaniali.
Art. 946 Alveo abbandonato
Se un fiume o un torrente si forma un nuovo letto, abbandonato
l'antico, il terreno abbandonato rimane assoggettato al regime
proprio del demanio pubblico.
NOTA Articolo così sostituito dall'art. 3 della Legge 5 gennaio
1994, n. 37, in materia di tutela ambientale delle aree demaniali.
Art. 947 Mutamenti del letto dei fiumi derivanti da regolamento del
loro corso
Le disposizioni degli artt. 942, 945 e 946 si applicano ai terreni
comunque abbandonati sia a seguito di eventi naturali che per fatti
artificiali indotti dall'attività antropica, ivi comprendendo anche
i terreni abbandonati per i fenomeni di inalveamento.
La disposizione dell'art. 941 non si applica nel caso in cui le
alluvioni derivano da regolamento del corso dei fiumi, da bonifiche
o da altri fatti artificiali indotti dall'attività antropica.
In ogni caso è esclusa la sdemanializzazione tacita dei beni del
demanio idrico.
NOTA Articolo così sostituito dall'art. 4 della Legge 5 gennaio
1994, n. 37, in materia di tutela ambientale delle aree demaniali.
CAPO IV
Delle azioni a difesa della proprietà
Art. 948 Azione di rivendicazione
Il proprietario può rivendicare la cosa (1153, 1994, 2653, 2697) da
chiunque la possiede o detiene (1140) e può proseguire l'esercizio
dell'azione anche se costui, dopo la domanda, ha cessato, per fatto
proprio, di possedere o detenere la cosa. In tal caso il convenuto è
obbligato a ricuperarla per l'attore a proprie spese, o, in
mancanza, a corrispondergliene il valore, oltre a risarcirgli il
danno.
Il proprietario, se consegue direttamente dal nuovo possessore o
detentore la restituzione della cosa, è tenuto a restituire al
precedente possessore o detentore la somma ricevuta in luogo di
essa.
L'azione di rivendicazione non si prescrive, salvi gli effetti
dell'acquisto della proprietà da parte di altri per usucapione (1158
e seguenti).
Art. 949 Azione negatoria
Il proprietario può agire per far dichiarare l'inesistenza di
diritti affermati da altri sulla cosa, quando ha motivato di temerne
pregiudizio (1079).
Se sussistono anche turbative o molestie, il proprietario può anche
chiedere che se ne ordini la cessazione, oltre la condanna al
risarcimento del danno (1170).
Art. 950 Azione di regolamento di confini
Quando il confine tra due fondi è incerto, ciascuno dei proprietari
può chiedere che sia stabilito giudizialmente.
Ogni mezzo di prova è ammesso.
In mancanza di altri elementi, il giudice si attiene al confine
delineato dalle mappe catastali.
Art. 951 Azione per apposizione di termini
Se i termini tra fondi contigui mancano o sono diventati
irriconoscibili, ciascuno dei proprietari ha diritto di chiedere che
essi siano apposti o ristabiliti a spese comuni.
TITOLO III
DELLA SUPERFICIE
Art. 952 Costituzione del diritto di superficie
Il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al di
sopra del suolo una costruzione a favore di altri che ne acquista la
proprietà (934, 1350, 2643).
Del pari può alienare la proprietà della costruzione già esistente,
separatamente dalla proprietà del suolo.
Art. 953 Costituzione a tempo determinato
Se la costituzione del diritto e stata fatta per un tempo
determinato, allo scadere del termine il diritto di superficie si
estingue e il proprietario del suolo diventa proprietario della
costruzione (2816).
Art. 954 Estinzione del diritto di superficie
L'estinzione del diritto di superficie per scadenza del termine
importa l'estinzione dei diritti reali imposti dal superficiario. I
diritti gravanti sul suolo si estendono alla costruzione, salvo, per
le ipoteche, il disposto del primo comma dell'art. 2816.
I contratti di locazione (1596), che hanno per oggetto la
costruzione, non durano se non per l'anno in corso alla scadenza del
termine (999).
Il perimento della costruzione non importa, salvo patto contrario,
l'estinzione del diritto di superficie.
Il diritto di fare la costruzione sul suolo altrui si estingue per
prescrizione per effetto del non uso protratto per venti anni (2934
e seguenti, 2816).
Art. 955 Costruzioni al disotto del suolo
Le disposizioni precedenti si applicano anche nel caso in cui e
concesso il diritto di fare e mantenere costruzioni al disotto del
suolo altrui (840).
Art. 956 Divieto di proprietà separata delle piantagioni
Non può essere costituita o trasferita la proprietà delle
piantagioni (821) separatamente dalla proprietà del suolo.
TITOLO IV
DELL'ENFITEUSI (*)
(*) V. anche L. 22 luglio 1966, n. 607, sub Leggi Speciali, voce
Contratti e controversie agrarie.
Art. 957 Disposizioni inderogabili
L'enfiteusi, salvo che il titolo disponga altrimenti, e regolata
dalle norme contenute negli articoli seguenti (att. 142 e seguente).
Il titolo (587, 1350 n. 2, 2643 n. 2, 2648) non può tuttavia
derogare alle norme contenute negli artt. 958, 2° comma, 961, 2°
comma, 962, 965, 968, 971 e 973.
Art. 958 Durata
L'enfiteusi può essere perpetua o a tempo (2815).
L'enfiteusi temporanea non può essere costituita per una durata
inferiore ai venti anni.
Art. 959 Diritti dell'enfiteuta
L'enfiteuta ha gli stessi diritti che avrebbe il proprietario sui
frutti del fondo (820 e seguente), sul tesoro (932) e relativamente
alle utilizzazioni del sottosuolo in conformità delle disposizioni
delle leggi speciali (840).
Il diritto dell'enfiteuta si estende alle accessioni (817 e
seguenti, 934 e seguenti, 2810).
Art. 960 Obblighi dell'enfiteuta
L'enfiteuta ha l'obbligo di migliorare il fondo e di pagare al
concedente un canone periodico. Questo può consistere in una somma
di danaro ovvero in una quantità fissa di prodotti naturali.
L'enfiteuta non può pretendere remissione o riduzione del canone per
qualunque insolita sterilità del fondo o perdita di frutti.
Art. 961 Pagamento del canone
L'obbligo del pagamento del canone (2763, 2948) grava solidalmente
(1292 e seguenti) su tutti i coenfiteuti e sugli eredi
dell'enfiteuta finché dura la comunione.
Nel caso in cui segua la divisione e il fondo venga goduto
separatamente dagli enfiteuti o dagli eredi, ciascuno risponde per
gli obblighi inerenti all'enfiteusi proporzionalmente al valore
della sua porzione.
Art. 962 Revisione del canone (abrogato)
Art. 963 Perimento totale o parziale del fondo
Quando il fondo enfiteutico perisce interamente, l'enfiteusi si
estingue.
Se e perita una parte notevole del fondo e il canone risulta
sproporzionato al valore della parte residua, l'enfiteuta, secondo
le circostanze, può chiedere una congrua riduzione del canone, o
rinunziare al suo diritto, restituendo il fondo al concedente, salvo
il diritto al rimborso dei miglioramenti sulla parte residua (975).
La domanda di riduzione del canone e la rinunzia al diritto non sono
ammesse, decorso un anno dall'avvenuto perimento (2964 e seguenti).
Qualora il fondo sia assicurato e l'assicurazione sia fatta anche
nell'interesse del concedente, l'indennità e ripartita tra il
concedente e l'enfiteuta in proporzione del valore dei rispettivi
diritti.
Nel caso di espropriazione per pubblico interesse (834), l'indennità
si ripartisce a norma del comma precedente.
Art. 964 Imposte e altri pesi
Le imposte e gli altri pesi che gravano sul fondo sono a carico
dell'enfiteuta, salve le disposizioni delle leggi speciali.
Se in virtù del titolo costitutivo sono a carico del concedente,
tale obbligo non può eccedere l'ammontare del canone.
Art. 965 Disponibilità del diritto dell'enfiteuta
L'enfiteuta può disporre del proprio diritto, sia per atto tra vivi
(1350 n. 2, 2643 n. 2, 2810), sia per atto di ultima volontà (587,
2648).
Per l'alienazione del diritto dell'enfiteuta non è dovuta alcuna
prestazione al concedente (att. 145).
Nell'atto costitutivo può essere vietato all'enfiteuta di disporre
per atto tra vivi, in tutto o in parte, del proprio diritto, per un
tempo non maggiore di venti anni (1379).
Nel caso di alienazione compiuta contro tale divieto, l'enfiteuta
non è liberato dai suoi obblighi (1960) verso il concedente ed e
tenuto a questi solidalmente (1292 e seguenti) con l'acquirente.
Art. 966 Prelazione a favore del concedente (abrogato)
Art. 967 Diritti e obblighi dell'enfiteuta e del concedente in caso
di alienazione
In caso di alienazione, il nuovo enfiteuta è obbligato solidalmente
(1292 e seguenti) col precedente al pagamento dei canoni non
soddisfatti.
Il precedente enfiteuta non è liberato dai suoi obblighi, prima che
sia stato notificato l'atto di acquisto al concedente.
In caso di alienazione del diritto del concedente, l'acquirente non
può pretendere l'adempimento degli obblighi dell'enfiteuta prima che
a questo sia stata notificata l'alienazione (1264).
Art. 968 Subenfiteusi
La subenfiteusi non è ammessa.
Art. 969 Ricognizione
Il concedente può richiedere la ricognizione del proprio diritto da
chi si trova nel possesso del fondo enfiteutico un anno prima del
compimento del ventennio (2720).
Per atto di ricognizione non è dovuta alcuna prestazione (2699,
2702). Le spese dell'atto sono a carico del concedente.
Art. 970 Prescrizione del diritto dell'enfiteuta
Il diritto dell'enfiteuta si prescrive per effetto del non uso
protratto per venti anni (2934 e seguenti).
Art. 971 Affrancazione
Se più sono gli enfiteuti, l'affrancazione può promuoversi anche da
uno solo di essi, ma per la totalità. In questo caso l'affrancante
subentra (1203) nei diritti del concedente verso gli altri
enfiteuti, salva, a favore di questi, una riduzione proporzionale
del canone.
Se più sono i concedenti, l'affrancazione può effettuarsi per la
quota che spetta a ciascun concedente.
L'affrancazione si opera mediante il pagamento di una somma (2815)
risultante dalla capitalizzazione del canone annuo sulla base
dell'interesse legale (1284). Le modalità sono stabilite da leggi
speciali (att. 58).
Art. 972 Devoluzione
Il conducente può chiedere la devoluzione del fondo enfiteutico
(2653, n. 2):
l) se l'enfiteuta deteriora il fondo o non adempie all'obbligo di
migliorarlo;
2) se l'enfiteuta è in mora nel pagamento di due annualità di canone
(1219). La devoluzione non ha luogo se l'enfiteuta ha effettuato il
pagamento dei canoni maturati prima che sia intervenuta nel giudizio
sentenza (2655), ancorché di primo grado, che abbia accolto la
domanda (att. 149).
La domanda di devoluzione non preclude all'enfiteuta il diritto di
affrancare, sempre che ricorrano le condizioni previste dall'art.
971.
Art. 973 Clausola risolutiva espressa
La dichiarazione del concedente di valersi della clausola risolutiva
espressa (1456) non impedisce l'esercizio del diritto di
affrancazione.
Art. 974 Diritti dei creditori dell'enfiteuta
I creditori dell'enfiteuta possono intervenire nel giudizio di
devoluzione per conservare le loro ragioni (2900), valendosi
all'uopo anche del diritto di affrancazione che spetti
all'enfiteuta; possono offrire il risarcimento dei danni e dare
cauzione (1119) per l'avvenire (att. 149).
I creditori, che hanno iscritto ipoteca contro l'enfiteuta
anteriormente alla trascrizione della domanda di devoluzione e ai
quali questa non è stata notificata in tempo utile per poter
intervenire, conservano il diritto di affrancazione anche dopo
avvenuta la devoluzione (2653, n. 2).
Art. 975 Miglioramenti e addizioni
Quando cessa l'enfiteusi all'enfiteuta spetta il rimborso dei
miglioramenti nella misura dell'aumento di valore conseguito dal
fondo per effetto dei miglioramenti stessi, quali sono accertati al
tempo della riconsegna.
Se in giudizio è stata fornita qualche prova della sussistenza in
genere dei miglioramenti, all'enfiteuta compete la ritenzione del
fondo fino a quando non è soddisfatto il suo credito.
Per le addizioni fatte dall'enfiteuta, quando possono essere tolte
senza nocumento del fondo, il concedente, se vuole ritenerle, deve
pagarne il valore al tempo della riconsegna. Se le addizioni non
sono separabili senza nocumento e costituiscono miglioramento, si
applica la disposizione del primo comma di questo articolo (att.
157).
Art. 976 Locazioni concluse dall'enfiteuta
Per le locazioni concluse dall'enfiteuta si applicano le norme
dell'art. 999.
Art. 977 Enfiteusi costituite dalle persone giuridiche
Le disposizioni contenute negli articoli precedenti si applicano
anche alle enfiteusi costituite dalle persone giuridiche, salvo che
sia disposto diversamente dalle leggi speciali.
TITOLO V
DELL'USUFRUTTO, DELL'USO E DELL'ABITAZIONE
CAPO I
Dell'usufrutto
SEZIONE I
Disposizioni generali
Art. 978 Costituzione
L'usufrutto è stabilito dalla legge (324, 540 e seguenti, 581, 1153)
o dalla volontà dell'uomo (587, 1350 n. 2, 1376, 2643 n. 2, 2684).
Può anche acquistarsi per usucapione (1158 e seguenti).
Art. 979 Durata
La durata dell'usufrutto non può eccedere la vita dell'usufruttuario
(678, 698, 796, 853, 1014).
L'usufrutto costituito a favore di una persona giuridica non può
durare più di trenta anni (999, 1014).
Art. 980 Cessione dell'usufrutto
L'usufruttuario può cedere il proprio diritto per un certo tempo o
per tutta la sua durata, se ciò non è vietato dal titolo costitutivo
(1002, 1350 n. 2, 2643 n. 2, 2810).
La cessione dev'essere notificata al proprietario; finché non sia
stata notificata, l'usufruttuario è solidalmente obbligato con il
cessionario verso il proprietario (1292).
SEZIONE II
Dei diritti nascenti dall'usufrutto
Art. 981 Contenuto del diritto di usufrutto
L'usufruttuario ha diritto di godere della cosa, ma deve rispettarne
la destinazione economica.
Egli può trarre dalla cosa ogni utilità che questa può dare (1998),
fermi i limiti stabiliti in questo capo.
Art. 982 Possesso della cosa
L'usufruttuario ha il diritto di conseguire il possesso della cosa
di cui ha l'usufrutto, salvo quanto è disposto dall'art. 1002.
Art. 983 Accessioni
L'usufrutto si estende a tutte le accessioni della cosa (817 e
seguenti, 934 e seguenti).
Se il proprietario dopo l'inizio dell'usufrutto, con il consenso
dell'usufruttuario, ha fatto nel fondo costruzioni o piantagioni,
l'usufruttuario è tenuto a corrispondere gli interessi (1284) sulle
somme impiegate. La norma si applica anche nel caso in cui le
costruzioni o piantagioni sono state fatte per disposizione della
pubblica autorità.
Art. 984 Frutti
I frutti naturali e i frutti civili spettano all'usufruttuario per
la durata del suo diritto (820 s )
Se il proprietario e l'usufruttuario si succedono nel godimento
della cosa entro l'anno agrario o nel corso di un periodo produttivo
di maggiore durata, l'insieme di tutti i frutti si ripartisce fra
l'uno e l'altro in proporzione della durata del rispettivo diritto
nel periodo stesso (199; att. 150).
Le spese per la produzione e il raccolto sono a carico del
proprietario e dell'usufruttuario nella proporzione indicata dal
comma precedente ed entro i limiti del valore dei frutti (821).
Art. 985 Miglioramenti
L'usufruttuario ha diritto a un'indennità per i miglioramenti che
sussistono al momento della restituzione della cosa (att. 157).
L'indennità si deve corrispondere nella minor somma tra l'importo
della spesa e l'aumento di valore conseguito dalla cosa per effetto
dei miglioramenti.
L'autorità giudiziaria, avuto riguardo alle circostanze, può
disporre che il pagamento della indennità prevista dai commi
precedenti sia fatto ratealmente, imponendo in questo caso idonea
garanzia (1179, Cod. Proc. Civ. 119).
Art. 986 Addizioni
L'usufruttuario può eseguire addizioni che non alterino la
destinazione economica della cosa.
Egli ha diritto di toglierle alla fine dell'usufrutto, qualora ciò
possa farsi senza nocumento della cosa, salvo che il proprietario
preferisca ritenere le addizioni stesse. In questo caso deve essere
corrisposta all'usufruttuario un'indennità pari alla minor somma tra
l'importo della spesa e il valore delle addizioni al tempo della
riconsegna.
Se le addizioni non possono separarsi senza nocumento della cosa e
costituiscono miglioramento di essa si applicano le disposizioni
relative ai miglioramenti (att. 157).
Art. 987 Miniere, cave e torbiere
L'usufruttuario gode delle cave e torbiere (826) già aperte e in
esercizio all'inizio dell'usufrutto. Non ha facoltà di aprirne altre
senza il consenso del proprietario.
Per le ricerche e le coltivazioni minerarie, di cui abbia ottenuto
il permesso, l'usufruttuario deve indennizzare il proprietario dei
danni che saranno accertati alla fine dell'usufrutto.
Se il permesso è stato ottenuto dal proprietario o da un terzo,
questi devono al: l'usufruttuario un'indennità corrispondente al
diminuito godimento del fondo durante l'usufrutto.
Art. 988 Tesoro
Il diritto dell'usufruttuario non si estende al tesoro che si scopra
durante l'usufrutto, salve le ragioni che gli possono competere come
ritrovatore (932).
Art. 989 Boschi, filari e alberi sparsi di alto fusto
Se nell'usufrutto sono compresi boschi o filari cedui ovvero boschi
o filari di alto fusto destinati alla produzione di legna,
l'usufruttuario può procedere ai tagli ordinari, curando il
mantenimento dell'originaria consistenza dei boschi o dei filari e
provvedendo, se occorre, alla loro ricostituzione.
Circa il modo, l'estensione, l'ordine e l'epoca dei tagli,
l'usufruttuario è tenuto a uniformarsi, oltre che alle leggi e ai
regolamenti forestali, alla pratica costante della regione.
Le stesse regole si applicano agli alberi di alto fusto sparsi per
la campagna, destinati ad essere tagliati.
Art. 990 Alberi di alto fusto divelti, spezzati o periti
Gli alberi di alto fusto divelti, spezzati o periti per accidente
spettano al proprietario. L'usufruttuario può servirsi di essi
soltanto per le riparazioni che sono a suo carico.
Art. 991 Alberi fruttiferi
Gli alberi fruttiferi che periscono e quelli divelti o spezzati per
accidente appartengono all'usufruttuario, ma questi ha l'obbligo di
sostituirne altri.
Art. 992 Pali per vigne e per altre coltivazioni
L'usufruttuario può prendere nei boschi i pali occorrenti per le
vigne e per le altre coltivazioni che ne abbisognano, osservando
sempre la pratica costante della regione.
Art. 993 Semenzai
L'usufruttuario può servirsi dei piantoni dei semenzai, ma deve
osservare la pratica costante della regione per il tempo e il modo
della estrazione e per la rimessa dei virgulti.
Art. 994 Perimento delle mandrie o dei greggi
Se l'usufrutto e stabilito sopra una mandria o un gregge,
l'usufruttuario e tenuto a surrogare gli animali periti, fino alla
concorrente quantità dei nati, dopo che la mandria o il gregge ha
cominciato ad essere mancante del numero primitivo.
Se la mandria o il gregge perisce interamente per causa non
imputabile all'usufruttuario, questi non è obbligato verso il
proprietario che a rendere conto delle pelli o del loro valore.
Art. 995 Cose consumabili
Se l'usufrutto comprende cose consumabili (7502), l'usufruttuario ha
diritto di servirsene e ha l'obbligo di pagarne il valore al termine
dell'usufrutto secondo la stima convenuta.
Mancando la stima, e in facoltà dell'usufruttuario di pagare le cose
secondo il valore che hanno al tempo in cui finisce l'usufrutto o di
restituirne altre in eguale qualità e quantità (1258).
Art. 996 Cose deteriorabili
Se l'usufrutto comprende cose che, senza consumarsi in un tratto, si
deteriorano a poco a poco, l'usufruttuario ha diritto di servirsene
secondo l'uso al quale sono destinate, e alla fine dell'usufrutto e
soltanto tenuto a restituirle nello stato in cui si trovano.
Art. 997 Impianti, opifici e macchinari
Se l'usufrutto comprende impianti, opifici o macchinari che hanno
una destinazione produttiva, l'usufruttuario è tenuto a riparare e a
sostituire durante l'usufrutto le parti che si logorano, in modo da
assicurare il regolare funzionamento delle cose suddette. Se
l'usufruttuario ha sopportato spese che eccedono quelle delle
ordinarie riparazioni (1004), il proprietario, al termine
dell'usufrutto, è tenuto a corrispondergli una congrua indennità
(2651).
Art. 998 Scorte vive e morte
Le scorte vive e morte di un fondo devono essere restituite in
eguale quantità e qualità. L'eccedenza o la deficienza di esse deve
essere regolata in danaro, secondo il loro valore al termine
dell'usufrutto.
Art. 999 Locazioni concluse dall'usufruttuario
Le locazioni concluse dall'usufruttuario, in corso al tempo della
cessazione dell'usufrutto, purché constino da atto pubblico (2699) o
da scrittura privata di data certa (2704) anteriore, continuano per
la durata stabilita (1599), ma non oltre il quinquennio dalla
cessazione dell'usufrutto.
Se la cessazione dell'usufrutto avviene per la scadenza del termine
stabilito, le locazioni non durano in ogni caso se non per l'anno e,
trattandosi di fondi rustici dei quali il principale raccolto è
biennale o triennale, se non per il biennio o triennio che si trova
in corso al tempo in cui cessa l'usufrutto (att. 51).
Art. 1000 Riscossione di capitali
Per la riscossione di somme che rappresentano un capitale gravato
d'usufrutto (1998), è necessario il concorso del titolare del
credito e dell'usufruttuario. Il pagamento fatto a uno solo di essi
non è opponibile all'altro, salve in ogni caso le norme relative
alla cessione dei crediti (260 e seguenti).
Il capitale riscosso dev'essere investito in modo fruttifero e su di
esso si trasferisce l'usufrutto. Se le parti non sono d'accordo sul
modo d'investimento, provvede l'autorità giudiziaria (1998).
SEZIONE III
Degli obblighi nascenti dall'usufrutto
Art. 1001 Obbligo di restituzione. Misura della diligenza
L'usufruttuario deve restituire le cose che formano oggetto del suo
diritto, al termine dell'usufrutto, salvo quanto è disposto
dall'art. 995 (2930).
Nel godimento della cosa egli deve usare la diligenza del buon padre
di famiglia (1176).
Art. 1002 Inventario e garanzia
L'usufruttuario prende le cose nello stato in cui si trovano (982).
Egli è tenuto a fare a sue spese l'inventario dei beni, previo
avviso al proprietario (Cod. Proc. Civ. 769). Quando l'usufruttuario
è dispensato dal fare l'inventario, questo può essere richiesto dal
proprietario a sue spese.
L'usufruttuario deve inoltre dare idonea garanzia (1179). Dalla
prestazione della garanzia sono dispensati i genitori che hanno
l'usufrutto legale sui beni dei loro figli minori (324). Sono anche
dispensati il venditore e il donante con riserva d'usufrutto (796);
ma, qualora questi cedano l'usufrutto, il cessionario è tenuto a
prestare garanzia.
L'usufruttuario non può conseguire il possesso dei beni (982) prima
di aver adempiuto gli obblighi su indicati.
Art. 1003 Mancanza o insufficienza della garanzia
Se l'usufruttuario non presta la garanzia a cui e tenuto, si
osservano le disposizioni seguenti:
gli immobili sono locati o messi sotto amministrazione, salva la
facoltà all'usufruttuario di farsi assegnare per propria abitazione
una casa compresa nell'usufrutto. L'amministrazione è affidata, con
il consenso dell'usufruttuario, al proprietario o altrimenti a un
terzo scelto di comune accordo tra proprietario e usufruttuario o,
in mancanza di tale accordo, nominato dall'autorità giudiziaria
(att. 59);
il danaro è collocato a interesse (1000-2);
i titoli al portatore si convertono in nominativi a favore del
proprietario con il vincolo dell'usufrutto, ovvero si depositano
presso una terza persona, scelta dalle parti, o presso un istituto
di credito, la cui designazione, in caso di dissenso, e fatta
dall'autorità giudiziaria;
le derrate sono vendute e il loro prezzo è parimenti collocato a
interesse (1000-2).
In questi casi appartengono all'usufruttuario gli interessi dei
capitali, le rendite, le pigioni e i fitti.
Se si tratta di mobili i quali si deteriorano con l'uso, il
proprietario può chiedere che siano venduti e ne sia impiegato il
prezzo come quello delle derrate. L'usufruttuario può nondimeno
domandare che gli siano lasciati i mobili necessari per il proprio
uso.
Art. 1004 Spese a carico dell'usufruttuario
Le spese e, in genere, gli oneri relativi alla custodia,
amministrazione e manutenzione ordinaria della cosa sono a carico
dell'usufruttuario.
Sono pure a suo carico le riparazioni straordinarie rese necessarie
dall'inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione.
Art. 1005 Riparazioni straordinarie
Le riparazioni straordinarie sono a carico del proprietario.
Riparazioni straordinarie sono quelle necessarie ad assicurare la
stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle
travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei
tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di
cinta.
L'usufruttuario deve corrispondere al proprietario, durante
l'usufrutto, l'interesse (1284) delle somme spese per le riparazioni
straordinarie.
Art. 1006 Rifiuto del proprietario alle riparazioni
Se il proprietario rifiuta di eseguire le riparazioni poste a suo
carico o ne ritarda l'esecuzione senza giusto motivo, e in facoltà
dell'usufruttuario di farle eseguire a proprie spese. Le spese
devono essere rimborsate alla fine dell'usufrutto senza interesse. A
garanzia del rimborso l'usufruttuario ha diritto di ritenere
l'immobile riparato (2756; att. 152).
Art. 1007 Rovina parziale di edificio accessorio
Le disposizioni dei due articoli precedenti si applicano anche nel
caso in cui, per vetusta o caso fortuito, rovini soltanto in parte
l'edificio che formava accessorio necessario del fondo soggetto a
usufrutto.
Art. 1008 Imposte e altri pesi a carico del l'usufruttuario
L'usufruttuario è tenuto per la durata del suo diritto, ai carichi
annuali, come le imposte, i canoni, le rendite fondiarie e gli altri
pesi che gravano sul reddito.
Per l'anno in corso al principio e alla fine dell'usufrutto questi
carichi si ripartiscono tra il proprietario e l'usufruttuario in
proporzione della durata del rispettivo diritto (984).
Art. 1009 Imposte e altri pesi a carico del proprietario
Al pagamento dei carichi imposti sulla proprietà durante
l'usufrutto, salvo diverse disposizioni di legge, è tenuto il
proprietario, ma l'usufruttuario gli deve corrispondere l'interesse
(1284) della somma pagata.
Se l'usufruttuario ne anticipa il pagamento, ha diritto di essere
rimborsato del capitale alla fine dell'usufrutto.
Art. 1010 Passività gravanti su eredità in usufrutto
L'usufruttuario di un'eredità o di una quota di eredità (588) è
obbligato a pagare per intero, o in proporzione della quota, le
annualità e gli interessi dei debiti o dei legati da cui l'eredità
stessa sia gravata.
Per il pagamento del capitale dei debiti o dei legati, che si renda
necessario durante l'usufrutto, e in facoltà dell'usufruttuario di
fornire la somma occorrente, che gli deve essere rimborsata senza
interesse alla fine dell'usufrutto.
Se l'usufruttuario non può o non vuole fare questa anticipazione, il
proprietario può pagare tale somma, sulla quale l'usufruttuario deve
corrispondergli l'interesse (1284) durante l'usufrutto, o può
vendere una porzione dei beni soggetti all'usufrutto fino alla
concorrenza della somma dovuta.
Se per il pagamento dei debiti si rende necessaria la vendita dei
beni, questa è fatta d'accordo tra proprietario e usufruttuario,
salvo ricorso all'autorità giudiziaria in caso di dissenso.
L'espropriazione forzata deve seguire contro ambedue.
Art. 1011 Ritenzione per le somme anticipate
Nelle ipotesi contemplate dal secondo comma dell'art. 1009 e dal
secondo comma dell'art. 1010, l'usufruttuario ha diritto di
ritenzione sui beni che sono in suo possesso fino alla concorrenza
della somma a lui dovuta (att. 152).
Art. 1012 Usurpazioni durante l'usufrutto e azioni relative alle
servitù
Se durante l'usufrutto un terzo commette usurpazione sul fondo o
altrimenti offende le ragioni del proprietario, l'usufruttuario e
tenuto a fargliene denunzia e, omettendola, è responsabile dei danni
che eventualmente siano derivati al proprietario.
L'usufruttuario può far riconoscere (2653) l'esistenza delle servitù
a favore del fondo (1079) o l'inesistenza di quelle che si pretende
di esercitare sul fondo medesimo (949); egli deve in questi casi
chiamare in giudizio il proprietario (Cod. Proc. Civ. 102).
Art. 1013 Spese per le liti
Le spese delle liti che riguardano tanto la proprietà quanto
l'usufrutto sono sopportate dal proprietario e dall'usufruttuario in
proporzione del rispettivo interesse.
SEZIONE IV
Estinzione e modificazioni dell'usufrutto
Art. 1014 Estinzione dell'usufrutto
Oltre quanto è stabilito dall'art. 979 (328), l'usufrutto si
estingue:
l) per prescrizione per effetto del non uso durato per venti anni
(2934 e seguenti);
2) per la riunione dell'usufrutto e della proprietà nella stessa
persona (2814);
3) per il totale perimento della cosa su cui è costituito (1016 e
seguenti).
Art. 1015 Abusi dell'usufruttuario
L'usufrutto può anche cessare per l'abuso (2561, 2814) che faccia
l'usufruttuario del suo diritto alienando i beni o deteriorandoli o
lasciandoli andare in perimento per mancanza di ordinarie
riparazioni (1004).
L'autorità giudiziaria può, secondo le circostanze, ordinare che
l'usufruttuario dia garanzia, qualora ne sia esente, o che i beni
siano locati o posti sotto amministrazione a spese di lui, o anche
dati in possesso al proprietario con l'obbligo di pagare annualmente
all'usufruttuario, durante l'usufrutto, una somma determinata.
I creditori dell'usufruttuario possono intervenire nel giudizio per
conservare le loro ragioni, offrire il risarcimento dei danni e dare
garanzia per l'avvenire (2900).
Art. 1016 Perimento parziale della cosa
Se una sola parte della cosa soggetta all'usufrutto perisce,
l'usufrutto si conserva sopra ciò che rimane.
Art. 1017 Perimento della cosa per colpa o dolo di terzi
Se il perimento della cosa non è conseguenza di caso fortuito,
l'usufrutto si trasferisce sull'indennità dovuta dal responsabile
del danno.
Art. 1018 Perimento dell'edificio
Se l'usufrutto è stabilito sopra un fondo, del quale fa parte un
edificio, e questo viene in qualsiasi modo a perire, l'usufruttuario
ha diritto di godere dell'area e dei materiali.
La stessa disposizione si applica se l'usufrutto e stabilito
soltanto sopra un edificio. In tal caso, però, il proprietario, se
intende costruire un altro edificio, ha il diritto di occupare
l'area e di valersi dei materiali, pagando all'usufruttuario,
durante l'usufrutto, gli interessi (1284) sulla somma corrispondente
al valore dell'area e dei materiali.
Art. 1019 Perimento di cosa assicurata dall'usufruttuario
Se l'usufruttuario ha provveduto all'assicurazione della cosa o al
pagamento dei premi per la cosa già assicurata, l'usufrutto si
trasferisce sull'indennità dovuta dall'assicuratore.
Se è perito un edificio e il proprietario intende di ricostruirlo
con la somma conseguita come indennità, l'usufruttuario non può
opporsi. L'usufrutto in questo caso si trasferisce sull'edificio
ricostruito. Se però la somma impiegata nella ricostruzione è
maggiore di quella spettante in usufrutto, il diritto
dell'usufruttuario sul nuovo edificio è limitato in proporzione di
quest'ultima.
Art. 1020 Requisizione o espropriazione
Se la cosa è requisita o espropriata per pubblico interesse,
l'usufrutto si trasferisce sull'indennità relativa (1000).
CAPO II
Dell'uso e dell'abitazione
Art. 1021 Uso
Chi ha il diritto d'uso di una cosa, può servirsi di essa e, se è
fruttifera, può raccogliere i frutti (821) per quanto occorre ai
bisogni suoi e della sua famiglia (1023 e seguenti, 1100).
I bisogni si devono valutare secondo la condizione sociale del
titolare del diritto.
Art. 1022 Abitazione
Chi ha il diritto di abitazione di una casa può abitarla
limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia.
Art. 1023 Ambito della famiglia
Nella famiglia si comprendono anche i figli nati dopo che è
cominciato il diritto d'uso o d'abitazione, quantunque nel tempo in
cui il diritto e sorto la persona non avesse contratto matrimonio.
Si comprendono inoltre i figli adottivi (291 e seguenti), i figli
naturali riconosciuti (250 e seguenti) e gli affiliati (404 e
seguenti), anche se l'adozione, il riconoscimento o l'affiliazione
sono seguiti dopo che il diritto era già sorto. Si comprendono
infine le persone che convivono con il titolare del diritto per
prestare a lui o alla sua famiglia i loro servizi (att. 153).
Art. 1024 Divieto di cessione
I diritti di uso e di abitazione non si possono cedere (853) o dare
in locazione.
Art. 1025 Obblighi inerenti all'uso e all'abitazione
Chi ha l'uso di un fondo e ne raccoglie tutti i frutti o chi ha il
diritto di abitazione e occupa tutta la casa e tenuto alle spese di
coltura, alle riparazioni ordinarie e al pagamento dei tributi come
l'usufruttuario (1004 e seguenti).
Se non raccoglie che una parte dei frutti o non occupa che una parte
della casa, contribuisce in proporzione di ciò che gode.
Art. 1026 Applicabilità delle norme sull'usufrutto
Le disposizioni relative all'usufrutto (978 e seguenti) si
applicano, in quanto compatibili, all'uso e all'abitazione.
TITOLO VI
DELLE SERVITU' PREDIALI
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 1027 Contenuto del diritto
La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per
l'utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario
(1072, 1100).
Art. 1028 Nozione dell'utilità
L'utilità può consistere anche nella maggiore comodità o amenità del
fondo dominante. Può del pari essere inerente alla destinazione
industriale del fondo (1073 e seguente).
Art. 1029 Servitù per vantaggio futuro
E' ammessa la costituzione di una servitù per assicurare a un fondo
un vantaggio futuro.
E' ammessa altresì a favore o a carico di un edificio da costruire o
di un fondo da acquistare, ma in questo caso la costituzione non ha
effetto se non dal giorno in cui l'edificio è costruito o il fondo è
acquistato (1472).
Art. 1030 Prestazioni accessorie
Il proprietario del fondo servente non e tenuto a compiere alcun
atto per rendere possibile l'esercizio della servitù da parte del
titolare, salvo che la legge o il titolo disponga altrimenti (1069 e
seguente, 1090 e seguente).
Art. 1031 Costituzione delle servitù
Le servitù prediali possono essere costituite coattivamente (853,
1032 e seguenti) o volontariamente (1058 e seguenti). Possono anche
essere costituite per usucapione o per destinazione del padre di
famiglia (1061 e seguente).
CAPO II
Delle servitù coattive
Art. 1032 Modi di costituzione
Quando, in forza di legge, il proprietario di un fondo ha diritto di
ottenere da parte del proprietario di un altro fondo la costituzione
di una servitù, questa, in mancanza di contratto, e costituita con
sentenza (2908, 2643 n. 14, 2932). Può anche essere costituita con
atto dell'autorità amministrativa nei casi specialmente determinati
dalla legge (853 e seguenti).
La sentenza stabilisce le modalità della servitù e determina
l'indennità dovuta.
Prima del pagamento della indennità il proprietario del fondo
servente può opporsi all'esercizio della servitù.
SEZIONE I
Dell'acquedotto e dello scarico coattivo
Art. 1033 Obbligo di dare passaggio alle acque
Il proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle
acque di ogni specie che si vogliono condurre da parte di chi ha,
anche solo temporaneamente, il diritto di utilizzarle per i bisogni
della vita o per usi agrari o industriali.
Sono esenti da questa servitù le case, i cortili, i giardini e le
aie ad esse attinenti.
Art. 1034 Apertura di nuovo acquedotto
Chi ha diritto di condurre acque per il fondo altrui deve costruire
il necessario acquedotto, ma non può far defluire le acque negli
acquedotti già esistenti e destinati al corso di altre acque.
Il proprietario del fondo soggetto alla servitù può tuttavia
impedire la costruzione, consentendo il passaggio nei propri
acquedotti già esistenti, qualora ciò non rechi notevole pregiudizio
alla condotta che si domanda. In tal caso al proprietario
dell'acquedotto è dovuta un'indennità da determinarsi avuto riguardo
all'acqua che s'introduce, al valore dell'acquedotto, alle opere che
si rendono necessarie per il nuovo passaggio e alle maggiori spese
di manutenzione.
La facoltà indicata dal comma precedente non è consentita al
proprietario del fondo servente nei confronti della pubblica
amministrazione.
Art. 1035 Attraversamento di acquedotti
Chi vuol condurre l'acqua per il fondo altrui può attraversare al di
sopra o al di sotto gli acquedotti preesistenti, appartengano essi
al proprietario del fondo o ad altri, purché esegua le opere
necessarie a impedire ogni danno o alterazione degli acquedotti
stessi (1090).
Art. 1036 Attraversamento di fiumi o di strade
Se per la condotta delle acque occorre attraversare strade pubbliche
o corsi di acque pubbliche, si osservano le leggi e i regolamenti
sulle strade e sulle acque.
Art. 1037 Condizioni per la costituzione della servitù
Chi vuol far passare le acque sul fondo altrui deve dimostrare che
può disporre dell'acqua durante il tempo per cui chiede il
passaggio; che la medesima è sufficiente per l'uso al quale si vuol
destinare; che il passaggio richiesto e il più conveniente e il meno
pregiudizievole al fondo servente, avuto riguardo alle condizioni
dei fondi vicini, al pendio e alle altre condizioni per la condotta,
per il corso e lo sbocco delle acque.
Art. 1038 Indennità per l'imposizione della servitù
Prima di imprendere la costruzione dell'acquedotto, chi vuol
condurre acqua per il fondo altrui deve pagare il valore, secondo la
stima, dei terreni da occupare, senza detrazione delle imposte e
degli altri carichi inerenti al fondo, oltre l'indennità per i
danni, ivi compresi quelli derivanti dalla separazione in due o più
parti o da altro deterioramento del fondo da intersecare.
Per i terreni, però, che sono occupati soltanto per il deposito
delle materie estratte e per il getto dello spurgo non si deve
pagare che la metà del valore del suolo, e sempre senza detrazione
delle imposte e degli altri incarichi inerenti; ma nei terreni
medesimi il proprietario del fondo servente può fare piantagioni e
rimuovere e trasportare le materie ammucchiate, purché tutto segua
senza danno all'acquedotto, del suo spurgo e della sua riparazione.
Art. 1039 Indennità per il passaggio temporaneo
Qualora il passaggio delle acque sia domandato per un tempo non
maggiore di nove anni, il pagamento dei valori e delle indennità
indicati dall'articolo precedente è ristretto alla sola metà, ma con
l'obbligo, scaduto il termine, di rimettere le cose nel primitivo
stato.
Il passaggio temporaneo può essere reso perpetuo prima della
scadenza del termine mediante il pagamento dell'altra metà con gli
interessi legali (1284) dal giorno in cui il passaggio è stato
praticato; scaduto il termine, non si tiene più conto di ciò che è
stato pagato per la concessione temporanea.
Art. 1040 Uso dell'acquedotto
Chi possiede un acquedotto nel fondo altrui non può immettervi
maggiore quantità d'acqua, se l'acquedotto non ne è capace o ne può
venir danno al fondo servente.
Se l'introduzione di una maggior quantità d'acqua esige nuove opere,
queste non possono farsi, se prima non se ne determinano la natura e
la qualità e non si paga la somma dovuta per il suolo da occupare e
per i danni nel modo stabilito dall'art. 1038.
La stessa disposizione si applica anche quando per il passaggio
attraverso un acquedotto occorre sostituire una tomba a un ponte
canale o viceversa.
Art. 1041 Letto dell'acquedotto
E' sempre in facoltà del proprietario del fondo servente di far
determinare stabilmente il letto dell'acquedotto con l'apposizione
di capisaldi o soglie da riportarsi a punti fissi. Se però di tale
facoltà egli non ha fatto uso al tempo della concessione
dell'acquedotto, deve sopportare la metà delle spese occorrenti.
Art. 1042 Obblighi inerenti all'uso di corsi contigui a fondi altrui
Se un corso d'acqua impedisce ai proprietari dei fondi contigui
l'accesso ai medesimi, o la continuazione dell'irrigazione o dello
scolo delle acque, coloro che si servono di quel corso sono
obbligati, in proporzione del beneficio che ne ritraggono, a
costruire e a mantenere i ponti e i loro accessi sufficienti per un
comodo e sicuro transito, come pure le botti sotterranee, i
ponti-canali o altre opere simili per continuare l'irrigazione o lo
scolo, salvi i diritti derivanti dal titolo o dall'usucapione.
Art. 1043 Scarico coattivo
Le disposizioni contenute negli articoli precedenti per il passaggio
delle acque si applicano anche se il passaggio e domandato al fine
di scaricare acque sovrabbondanti che il vicino non consente di
ricevere nel suo fondo.
Lo scarico può essere anche domandato per acque impure, purché siano
adottate le precauzioni atte a evitare qualsiasi pregiudizio o
molestia.
Art. 1044 Bonifica
Ferme le disposizioni delle leggi sulla bonifica e sul vincolo
forestale, il proprietario che intende prosciugare o bonificare le
sue terre con fognature, con colmate o altri mezzi ha diritto,
premesso il pagamento dell'indennità e col minor danno possibile, di
condurre per fogne o per fossi le acque di scolo attraverso i fondi
che separano le sue terre da un corso d'acqua o da qualunque altro
colatoio.
Se il prosciugamento risulta in contrasto con gli interessi di
coloro che utilizzano le acque provenienti dal fondo paludoso, e se
gli opposti interessi non si possono conciliare con opportune opere
che importino una spesa proporzionata allo scopo, l'autorità
giudiziaria dà le disposizioni per assicurare l'interesse
prevalente, avuto in ogni caso riguardo alle esigenze generali della
produzione. Se si fa luogo al prosciugamento, può essere assegnata
una congrua indennità a coloro che al prosciugamento si sono
opposti.
Art. 1045 Utilizzazione di fogne o di fossi altrui
I proprietari dei fondi attraversati da fogne o da fosse altrui, o
che altrimenti possono approfittare dei lavori fatti in. forza
dell'articolo precedente, hanno facoltà di servirsene per risanare i
loro fondi, a condizione che non ne venga danno ai fondi già
risanati e che essi sopportino le nuove spese occorrenti per
modificare le opere già eseguite, affinche queste siano in grado di
servire anche ai fondi attraversati, e inoltre sopportino una parte
proporzionale delle spese già fatte e di quelle richieste per il
mantenimento delle opere, le quali divengono comuni.
Art. 1046 Norme per l'esecuzione delle opere
Nell'esecuzione delle opere indicate dagli articoli precedenti sono
applicabili le disposizioni del secondo comma dell'art. 1033 e degli
artt. 1035 e 1036.
SEZIONE II
Dell'appoggio e dell'infissione di chiusa
Art. 1047 Contenuto della servitù
Chi ha diritto di derivare acque da fiumi, torrenti, rivi, canali,
laghi o serbatoi può, qualora sia necessario, appoggiare o infiggere
una chiusa alle sponde, con l'obbligo però di pagare la indennità e
di fare e mantenere le opere atte ad assicurare i fondi da ogni
danno (1032).
Art. 1048 Obblighi degli utenti
Nella derivazione e nell'uso delle acque a norma del precedente
articolo, deve evitarsi tra gli utenti superiori e gli inferiori
ogni vicendevole pregiudizio che possa provenire dallo stagnamento,
dal rigurgito o dalla diversione delle acque medesime.
SEZIONE III
Della somministrazione coattiva di acqua a un edificio o a un fondo
Art. 1049 Somministrazione di acqua a un edificio
Se a una casa o alle sue dipendenze manca l'acqua necessaria per
l'alimentazione degli uomini o degli animali e per gli altri usi
domestici, e non è possibile procurarla senza eccessivo dispendio,
il proprietario del fondo vicino deve (1032) consentire che sia
dedotta l'acqua di sopravanzo nella misura indispensabile per le
necessità anzidette.
Prima che siano iniziati i lavori, deve pagarsi il valore
dell'acqua, che si chiede di dedurre, calcolato per un'annualità. Si
devono altresì sostenere tutte le spese per le opere di presa e di
derivazione. Si applicano inoltre le disposizioni del primo comma
dell'art. 1038.
In mancanza di convenzione, la sentenza determina le modalità della
derivazione e l'indennità dovuta (2908, 2932).
Qualora si verifichi un mutamento nelle condizioni originarie, la
derivazione può essere soppressa su istanza dell'una o dell'altra
parte.
Art. 1050 Somministrazione di acqua a un fondo
Le norme stabilite dall'articolo precedente si applicano anche se il
proprietario di un fondo non ha acqua per irrigarlo, quando le acque
del fondo vicino consentono una parziale somministrazione, dopo
soddisfatto ogni bisogno domestico, agricolo o industriale.
Le disposizioni di questo articolo e del precedente non si applicano
nel caso in cui delle acque si dispone in forza di concessione
amministrativa.
SEZIONE IV
Del passaggio coattivo
Art. 1051 Passaggio coattivo
Il proprietario, il cui fondo è circondato da fondi altrui, e che
non ha uscita sulla via pubblica né può procurarsela senza eccessivo
dispendio o disagio, ha diritto (1032) di ottenere il passaggio sul
fondo vicino per la coltivazione e il conveniente uso del proprio
fondo.
Il passaggio si deve stabilire (1350) in quella parte in cui
l'accesso alla via pubblica e più breve e riesce di minore danno al
fondo sul quale è consentito. Esso può essere stabilito anche
mediante sottopassaggio, qualora ciò sia preferibile, avuto riguardo
al vantaggio del fondo dominante e al pregiudizio del fondo
servente.
Le stesse disposizioni si applicano nel caso in cui taluno, avendo
un passaggio sul fondo altrui, abbia bisogno ai fini suddetti di
ampliarlo per il transito dei veicoli anche a trazione meccanica.
Sono esenti da questa servitù le case, i cortili, i giardini e le
aie ad esse attinenti.
Art. 1052 Passaggio coattivo a favore di fondo non intercluso
Le disposizioni dell'articolo precedente si possono applicare anche
se il proprietario del fondo ha un accesso alla via pubblica, ma
questo è inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo e non può
essere ampliato.
Il passaggio può essere concesso dall'autorità giudiziaria (2908)
solo quando questa riconosce che la domanda risponde alle esigenze
dell'agricoltura o della industria.
Art. 1053 Indennità
Nei casi previsti dai due articoli precedenti e dovuta un'indennità
proporzionata al danno cagionato dal passaggio.
Qualora, per attuare il passaggio, sia necessario occupare con opere
stabili o lasciare incolta una zona del fondo servente, il
proprietario che lo domanda deve, prima d'imprendere le opere o
d'iniziare il passaggio, pagare il valore della zona predetta nella
misura stabilita dal primo comma dell'art. 1038.
Art. 1054 Interclusione per effetto di alienazione o di divisione
Se il fondo è divenuto da ogni parte chiuso per effetto di
alienazione a titolo oneroso, il proprietario ha diritto di ottenere
dall'altro contraente il passaggio senza alcuna indennità (att.
154).
La stessa norma si applica in caso di divisione (1111).
Art. 1055 Cessazione dell'interclusione
Se il passaggio cessa di essere necessario, può essere soppresso in
qualunque tempo a istanza del proprietario del fondo dominante o del
fondo servente. Quest'ultimo deve restituire il compenso ricevuto;
ma l'autorità giudiziaria può disporre una riduzione della somma,
avuto riguardo alla durata della servitù e al danno sofferto. Se
l'indennità fu convenuta in annualità, la prestazione cessa
dall'anno successivo.
SEZIONE V
Dell'elettrodotto coattivo e del passaggio coattivo di linee
teleferiche
Art. 1056 Passaggio di condutture elettriche
Ogni proprietario è tenuto (2908) a dare passaggio per i suoi fondi
alle condutture elettriche, in conformità delle leggi in materia.
Art. 1057 Passaggio di vie funicolari
Ogni proprietario è parimenti tenuto a lasciar passare sopra il suo
fondo le gomene di vie funicolari aeree a uso agrario o industriale
e a tollerare sul fondo le opere, i meccanismi e le occupazioni
necessarie a tale scopo, in conformità delle leggi in materia.
CAPO III
Delle servitù volontarie
Art. 1058 Modi di costituzione
Le servitù prediali possono essere costituite per contratto (1061,
1321, 1350 n. 4, 2643 n. 4) o per testamento (649 e seguenti, 2648).
Art. 1059 Servitù concessa da uno dei comproprietari
La servitù concessa da uno dei comproprietari di un fondo indiviso
non è costituita se non quando gli altri l'hanno anch'essi concessa
unitamente o separatamente (1108).
La concessione, però, fatta da uno dei comproprietari,
indipendentemente dagli altri, obbliga il concedente-e i suoi eredi
o aventi causa a non porre impedimento all'esercizio del diritto
concesso.
Art. 1060 Servitù costituite dal nudo proprietario
Il proprietario può, senza il consenso dell'usufruttuario, imporre
sul fondo le servitù che non pregiudicano il diritto di usufrutto
(981, 1078).
CAPO IV
Delle servitù acquistate per usucapione e per destinazione del padre
di famiglia
Art. 1061 Servitù non apparenti
Le servitù non apparenti non possono acquistarsi per usucapione
(1158, att. 158) o per destinazione del padre di famiglia (1062).
Non apparenti sono le servitù quando non si hanno opere visibili e
permanenti destinate al loro esercizio.
Art. 1062 Destinazione del padre di famiglia
La destinazione del padre di famiglia ha luogo quando consta,
mediante qualunque genere di prova (2697 e seguente), che due fondi,
attualmente divisi, sono stati posseduti dallo stesso proprietario,
e che questi ha posto o lasciato le cose nello stato dal quale
risulta la servitù.
Se i due fondi cessarono di appartenere allo stesso proprietario,
senza alcuna disposizione relativa alla servitù, questa s'intende
stabilita attivamente e passivamente a favore e sopra ciascuno dei
fondi separati.
CAPO V Dell'esercizio delle servitù
Art. 1063 Norme regolatrici
L'estensione e l'esercizio delle servitù sono regolati dal titolo e,
in mancanza, dalle disposizioni seguenti.
Art. 1064 Estensione del diritto di servitù
Il diritto di servitù comprende tutto ciò che è necessario per
usarne.
Se il fondo viene chiuso (841), il proprietario deve lasciarne
libero e comodo l'ingresso a chi ha un diritto di servitù che renda
necessario il passaggio per il fondo stesso.
Art. 1065 Esercizio conforme al titolo o al possesso
Colui che ha un diritto di servitù non può usarne se non a norma del
suo titolo o del suo possesso. Nel dubbio circa l'estensione e le
modalità di esercizio, la servitù deve ritenersi costituita in guisa
da soddisfare il bisogno del fondo dominante col minor aggravio del
fondo servente.
Art. 1066 Possesso delle servitù
Nelle questioni di possesso delle servitù si ha riguardo alla
pratica dell'anno antecedente e, se si tratta di servitù esercitate
a intervalli maggiori di un anno, si ha riguardo alla pratica
dell'ultimo godimento.
Art. 1067 Divieto di aggravare o diminuire l'esercizio della servitù
Il proprietario del fondo dominante non può fare innovazioni che
rendano più gravosa la condizione del fondo servente.
Il proprietario del fondo servente non può compiere alcuna cosa che
tenda a diminuire l'esercizio della servitù o a renderlo più
incomodo.
Art. 1068 Trasferimento della servitù in luogo diverso
Il proprietario del fondo servente non può trasferire l'esercizio
della servitù in luogo diverso da quello nel quale è stata stabilita
originariamente.
Tuttavia, se l'originario esercizio e divenuto più gravoso per il
fondo servente o se impedisce di fare lavori, riparazioni o
miglioramenti, il proprietario del fondo servente può offrire al
proprietario dell'altro fondo un luogo egualmente comodo per
l'esercizio dei suoi diritti, e questi non può ricusarlo (1350,
2643).
Il cambiamento di luogo per l'esercizio della servitù si può del
pari concedere su istanza (Cod. Proc. Civ. 163) del proprietario del
fondo dominante, se questi prova che il cambiamento riesce per lui
di notevole vantaggio e non reca danno al fondo servente.
L'autorità giudiziaria può anche disporre che la servitù sia
trasferita su altro fondo del proprietario del fondo servente o di
un terzo che vi acconsenta, purché l'esercizio di essa riesca
egualmente agevole al proprietario del fondo dominante.
Art. 1069 Opere sul fondo servente
Il proprietario del fondo dominante, nel fare le opere necessarie
per conservare la servitù, deve scegliere il tempo e il modo che
siano per recare minore incomodo al proprietario del fondo servente.
Egli deve fare le opere a sue spese, salvo che sia diversamente
stabilito dal titolo o dalla legge (1030).
Se però le opere giovano anche al fondo servente, le spese sono
sostenute in proporzione dei rispettivi vantaggi.
Art. 1070 Abbandono del fondo servente
Il proprietario del fondo servente, quando è tenuto in forza del
titolo o della legge alle spese necessarie per l'uso o per !a
conservazione della servitù (1030), può sempre liberarsene,
rinunziando alla proprietà del fondo servente a favore del
proprietario del fondo dominante (1350, 2643).
Nel caso in cui l'esercizio della servitù sia limitato a una parte
del fondo, la rinunzia può limitarsi alla parte stessa.
Art. 1071 Divisione del fondo dominante o del fondo servente
Se il fondo dominante viene diviso, la servitù è dovuta a ciascuna
porzione, senza che però si renda più gravosa la condizione del
fondo servente.
Se il fondo servente viene diviso e la servitù ricade su una parte
determinata del fondo stesso, le altre parti sono liberate.
CAPO VI
Dell'estinzione delle servitù
Art. 1072 Estinzione per confusione
La servitù si estingue (853, 2812), quando in una sola persona si
riunisce la proprietà del fondo dominante con quella del fondo
servente.
Art. 1073 Estinzione per prescrizione
La servitù si estingue per prescrizione quando non se ne usa per
venti anni (2934 e seguenti).
Il termine decorre dal giorno in cui si è cessato di esercitarla;
ma, se si tratta di servitù negativa o di servitù per il cui
esercizio non è necessario il fatto dell'uomo, il termine decorre
dal giorno in cui si è verificato un fatto che ne ha impedito
l'esercizio.
Nelle servitù che si esercitano a intervalli, il termine decorre dal
giorno in cui la servitù si sarebbe potuta esercitare e non ne fu
ripreso l'esercizio.
Agli effetti dell'estinzione si computa anche il tempo per il quale
la servitù non fu esercitata dai precedenti titolari.
Se il fondo dominante appartiene a più persone in comune, l'uso
della servitù fatto da una di esse impedisce l'estinzione riguardo a
tutte.
La sospensione o l'interruzione della prescrizione (2941 e seguenti)
a vantaggio di uno dei comproprietari giova anche agli altri.
Art. 1074 Impossibilità di uso e mancanza di utilità
L'impossibilità di fatto di usare della servitù e il venir meno
dell'utilità della medesima non fanno estinguere la servitù, se non
è decorso il termine indicato dall'articolo precedente.
Art. 1075 Esercizio limitato della servitù
La servitù esercitata in modo da trarne un'utilità minore di quella
indicata dal titolo si conserva per intero (att. 158).
Art. 1076 Esercizio della servitù non conforme al titolo o al
possesso
L'esercizio di una servitù in tempo diverso da quello determinato
dal titolo o dal possesso non ne impedisce l'estinzione per
prescrizione.
Art. 1077 Servitù costituite sul fondo enfiteutico
Le servitù costituite dall'enfiteuta sul fondo enfiteutico cessano
quando l'enfiteusi si estingue per decorso del termine, per
prescrizione o per devoluzione (958, 970, 972).
Art. 1078 Servitù costituite a favore del fondo enfiteutico, dotale
o in usufrutto
Le servitù costituite dall'enfiteuta a favore del fondo enfiteutico
non cessano con l'estinguersi dell'enfiteusi. Lo stesso vale per le
servitù costituite dall'usufruttuario a favore del fondo di cui ha
l'usufrutto o dal marito a favore del fondo dotale (166 bis).
CAPO VII
Delle azioni a difesa delle servitù
Art. 1079 Accertamento della servitù e altri provvedimenti di tutela
Il titolare della servitù può farne riconoscere in giudizio
l'esistenza contro chi ne contesta l'esercizio (949) e può far
cessare gli eventuali impedimenti e turbative (1168 e seguenti). Può
anche chiedere la rimessione delle cose in pristino, oltre il
risarcimento dei danni (2933).
CAPO VIII
Di alcune servitù in materia di acque
SEZIONE I
Della servitù di presa o di derivazione di acqua
Art. 1080 Presa d'acqua continua
Il diritto alla presa d'acqua continua si può esercitare in ogni
istante.
Art. 1081 Modulo d'acqua
Nelle servitù in cui è convenuta ed espressa una costante quantità
di acqua, la quantità deve esprimersi in relazione al modulo.
Il modulo è l'unità di misura dell'acqua corrente.
Esso è un corpo d'acqua che scorre nella costante quantità di cento
litri al minuto secondo e si divide in decimi, centesimi e
millesimi.
Art. 1082 Forma della bocca e dell'edificio derivatore
Quando, per la derivazione di una data e costante quantità di acqua
corrente, è stata determinata la forma della bocca e dell'edificio
derivatore, le parti non possono chiederne la modificazione per
eccedenza o deficienza d'acqua, salvo che l'eccedenza o la
deficienza provenga da variazioni seguite nel canale dispensatore o
nel corso delle acque in esso correnti.
Se la forma non è stata determinata, ma la bocca e l'edificio
derivatore sono stati costruiti e posseduti per cinque anni, non è
neppure ammesso dopo tale tempo alcun reclamo delle parti per
eccedenza o deficienza d'acqua, salvo nel caso di variazione seguita
nel canale o nel corso delle acque.
In mancanza di titolo o di possesso, la forma è determinata
dall'autorità giudiziaria.
Art. 1083 Determinazione della quantità d'acqua
Quando la quantità d'acqua non è stata determinata, ma la
derivazione è stata fatta per un dato scopo, s'intende concessa la
quantità necessaria per lo scopo medesimo, e chi vi ha interesse può
in ogni tempo fare stabilire la forma della derivazione in modo che
ne venga assicurato l'uso necessario e impedito l'eccesso.
Se però è stata determinata la forma della bocca e dell'edificio
derivatore, o se, in mancanza di titolo, si e posseduta per cinque
anni la derivazione in una data forma, non è ammesso reclamo delle
parti, se non nel caso indicato dall'articolo precedente.
Art. 1084 Norme regolatrici della servitù
Per l'esercizio della servitù di presa d'acqua, quando non dispone
il titolo o non è possibile riferirsi al possesso (1066), si
osservano gli usi locali.
In mancanza di tali usi si osservano le disposizioni dei tre
articoli seguenti.
Art. 1085 Tempo d'esercizio della servitù
Il diritto alla presa d'acqua si esercita, per l'acqua estiva,
dall'equinozio di primavera a quello d'autunno; per l'acqua iemale,
dall'equinozio di autunno a quello di primavera.
La distribuzione d'acqua per giorni e per notti si riferisce al
giorno e alla notte naturali.
L'uso delle acque nei giorni festivi è regolato dalle feste di
precetto vigenti al tempo in cui l'uso fu convenuto o in cui si è
incominciato a possedere.
Art. 1086 Distribuzione per ruota
Nelle distribuzioni per ruota il tempo che impiega l'acqua per
giungere alla bocca di derivazione dell'utente si consuma a suo
carico, e la coda dell'acqua appartiene a quello di cui cessa il
turno.
Art. 1087 Acque sorgenti o sfuggite
Nei canali soggetti a distribuzioni per ruota le acque sorgenti o
sfuggite, ma contenute nell'alveo del canale, non possono
trattenersi o derivarsi da un utente che al tempo del suo turno.
Art. 1088 Variazione del turno tra gli utenti
Gli utenti dei medesimi canali possono variare o permutare tra loro
il turno, purché tale cambiamento non rechi danno agli altri.
Art. 1089 Acqua impiegata come forza motrice
Chi ha diritto di servirsi dell'acqua come forza motrice non può,
senza espressa disposizione del titolo, impedirne o rallentarne il
corso, procurandone il ribocco o ristagno.
Art. 1090 Manutenzione del canale
Nella servitù di presa o di condotta d'acqua, quando il titolo non
dispone altrimenti, il proprietario del fondo servente può domandare
che il canale sia mantenuto convenientemente spurgato e le sue
sponde siano tenute in istato di buona manutenzione a spese del
proprietario del fondo dominante (1030).
Art. 1091 Obblighi del concedente fino al luogo di consegna
dell'acqua
Se il titolo non dispone diversamente, il concedente dell'acqua di
una fonte o di un canale è tenuto verso gli utenti a eseguire le
opere ordinarie e straordinarie per la derivazione e condotta
dell'acqua fino al punto in cui ne fa la consegna, a mantenere in
buono stato gli edifici, a conservare l'alveo e le sponde della
fonte o del canale, a praticare i consueti spurghi e a usare la
dovuta diligenza, affinché la derivazione e la regolare condotta
dell'acqua siano in tempi debiti effettuate.
Art. 1092 Deficienza dell'acqua
La deficienza dell'acqua deve essere sopportata da chi ha diritto di
prenderla e di usarla nel tempo in cui la deficienza si verifica.
Tra diversi utenti la deficienza dell'acqua deve essere sopportata
prima da quelli che hanno titolo o possesso più recente, e tra
utenti in parità di condizione dall'ultimo utente.
Tuttavia l'autorità giudiziaria, con provvedimento in camera di
consiglio, sentiti gli uffici tecnici competenti (att. 60), può
modificare o limitare i turni di utilizzazione e dare le altre
disposizioni necessarie in relazione alla quantità di acqua
disponibile, agli usi e alle colture a cui l'acqua è destinata.
Il concedente dell'acqua è tenuto a una proporzionale diminuzione
del corrispettivo per la deficienza dell'acqua verificatasi per
causa naturale o per fatto altrui. Parimenti si fa luogo alle dovute
indennità in conseguenza delle modificazioni o limitazioni di turni,
che siano state disposte dall'autorità giudiziaria.
Art. 1093 Riduzione della servitù
Se la servitù dà diritto di derivare acqua da un fondo e per fatti
indipendenti dalla volontà del proprietario si verifica una
diminuzione dell'acqua tale che essa non possa bastare alle esigenze
del fondo servente, il proprietario di questo può chiedere una
riduzione della servitù, avuto riguardo ai bisogni di ciascun fondo.
In questo caso e dovuta una congrua indennità al proprietario del
fondo dominante.
SEZIONE II
Della servitù degli scoli e degli avanzi di acqua
Art. 1094 Servitù attiva degli scoli
Gli scoli o acque colaticce derivanti dall'altrui fondo possono
costituire oggetto di servitù a favore del fondo che li riceve,
all'effetto di impedire la loro diversione.
Art. 1095 Usucapione della servitù attiva degli scoli
Nella servitù attiva degli scoli il termine per l'usucapione (1158)
comincia a decorrere dal giorno in cui il proprietario del fondo
dominante ha fatto sul fondo servente opere visibili e permanenti
(1061) destinate a raccogliere e condurre i detti scoli a vantaggio
del proprio fondo.
Quando sul fondo servente è aperto un cavo destinato a raccogliere e
condurre gli scoli, il regolare spurgo e la manutenzione delle
sponde fanno presumere che il cavo sia opera del proprietario del
fondo dominante, purché non vi sia titolo, segno o prova in
contrario.
Si reputa segno contrario l'esistenza sul cavo di opere costruite o
mantenute dal proprietario del fondo in cui il cavo è aperto.
Art. 1096 Diritti del proprietario del fondo servente
La servitù degli scoli non toglie al proprietario del fondo servente
il diritto di usare liberamente dell'acqua a vantaggio del suo
fondo, di cambiare la coltivazione di questo e di abbandonare in
tutto o in parte l'irrigazione.
Art. 1097 Diritto agli avanzi d'acqua
Quando l'acqua è concessa, riservata o posseduta (1066) per un
determinato uso, con restituzione al concedente o ad altri di ciò
che ne sopravanza, tale uso non può variarsi a danno del fondo a cui
la restituzione e dovuta.
Art. 1098 Divieto di deviare acque di scolo o avanzi d'acqua
Il proprietario del fondo vincolato alla restituzione degli scoli o
degli avanzi d'acqua non può deviarne una parte qualunque adducendo
di avervi introdotto una maggiore quantità di acqua viva o un
diverso corpo ma deve lasciarli discendere nella totalità a favore
del fondo dominante (1069).
Art. 1099 Sostituzione di acqua viva
Il proprietario del fondo soggetto alla servitù degli scoli o degli
avanzi d'acqua può sempre liberarsi da tale servitù mediante la
concessione e l'assicurazione al fondo dominante di un corpo d'acqua
viva, la cui quantità è determinata dall'autorità giudiziaria,
tenuto conto di tutte le circostanze.
TITOLO VII
DELLA COMUNIONE
CAPO I
Della comunione in generale
Art. 1100 Norme regolatrici
Quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più
persone, se il titolo o la legge (Cod. Nav. 258 e seguenti, 872 e
seguenti) non dispone diversamente, si applicano le norme seguenti
(2711).
Art. 1101 Quote dei partecipanti
Le quote dei partecipanti alla comunione si presumono uguali.
Il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei pesi
della comunione, è in proporzione delle rispettive quote.
Art. 1102 Uso della cosa comune
Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne
alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di
farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può
apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il
migliore godimento della cosa.
Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune
in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a
mutare il titolo del suo possesso (1164).
Art. 1103 Disposizioni della quota
Ciascun partecipante può disporre del suo diritto e cedere ad altri
il godimento della cosa nei limiti della sua quota.
Per le ipoteche costituite da uno dei partecipanti si osservano le
disposizioni contenute nel capo IV del titolo III del libro VI
(2825).
Art. 1104 Obblighi dei partecipanti
Ciascun partecipante deve contribuire nelle spese necessarie per la
conservazione e per il godimento della cosa comune e nelle spese
deliberate dalla maggioranza a norma delle disposizioni seguenti,
salva la facoltà di liberarsene con la rinunzia al suo diritto
(882).
La rinunzia non giova al partecipante che abbia anche tacitamente
approvato la spesa.
Il cessionario (1260) del partecipante e tenuto in solido (1292 e
seguenti) con il cedente a pagare i contributi da questo dovuti e
non versati.
Art. 1105 Amministrazione
Tutti i partecipanti hanno diritto di concorrere
nell'amministrazione della cosa comune (1106).
Per gli atti di ordinaria amministrazione le deliberazioni della
maggioranza dei partecipanti, calcolata secondo il valore delle loro
quote, sono obbligatorie per la minoranza dissenziente.
Per la validità delle deliberazioni della maggioranza si richiede
che tutti i partecipanti siano stati preventivamente informati
dell'oggetto della deliberazione.
Se non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione
della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la
deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può
ricorrere alla autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di
consiglio e può anche nominare un amministratore (872).
Art. 1106 Regolamento della comunione e nomina di amministratore
Con la maggioranza calcolata nel modo indicato dall'articolo
precedente, può essere formato un regolamento per l'ordinaria
amministrazione e per il miglior godimento della cosa comune.
Nello stesso modo l'amministrazione può essere delegata ad uno o più
partecipanti, o anche a un estraneo, determinandosi i poteri e gli
obblighi dell'amministratore.
Art. 1107 Impugnazione del regolamento
Ciascuno dei partecipanti dissenzienti può impugnare davanti
all'autorità giudiziaria il regolamento della comunione entro trenta
giorni (2964) dalla deliberazione che lo ha approvato. Per gli
assenti il termine decorre dal giorno in cui e stata loro comunicata
la deliberazione. L'autorità giudiziaria decide con unica sentenza
sulle opposizioni proposte (1109).
Decorso il termine indicato dal comma precedente senza che il
regolamento sia stato impugnato, questo ha effetto anche per gli
eredi e gli aventi causa dai singoli partecipanti.
Art. 1108 Innovazioni e altri atti eccedenti l'ordinaria
amministrazione
Con deliberazione della maggioranza dei partecipanti che rappresenti
almeno due terzi del valore complessivo della cosa comune, si
possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento della
cosa o a renderne più comodo o redditizio il godimento, purché esse
non pregiudichino il godimento di alcuno dei partecipanti e non
importino una spesa eccessivamente gravosa.
Nello stesso modo si possono compiere gli altri atti eccedenti
l'ordinaria amministrazione, sempre che non risultino
pregiudizievoli all'interesse di alcuno dei partecipanti.
E' necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di
alienazione o di costituzione di diritti reali sul fondo comune e
per le locazioni di durata superiore a nove anni.
L'ipoteca può essere tuttavia consentita dalla maggioranza indicata
dal primo comma, qualora abbia lo scopo di garantire la restituzione
delle somme mutate per la ricostruzione o per il miglioramento della
cosa comune.
Art. 1109 Impugnazione delle deliberazioni
Ciascuno dei componenti la minoranza dissenziente può impugnare
davanti all'autorità giudiziaria le deliberazioni della maggioranza:
l) nel caso previsto dal secondo comma dell'art. 1105, se la
deliberazione e gravemente pregiudizievole alla cosa comune;
2) se non è stata osservata la disposizione del terzo comma
dell'art. 1105
3) se la deliberazione relativa a innovazioni o ad altri atti
eccedenti l'ordinaria amministrazione e in contrasto con le norme
del primo e del secondo comma dell'art. 1108 (1137-2).
L'impugnazione deve essere proposta, sotto pena di decadenza (2964 e
seguenti), entro trenta giorni dalla deliberazione. Per gli assenti
il termine decorre dal giorno in cui è stata loro comunicata la
deliberazione. In pendenza del giudizio, l'autorità giudiziaria può
ordinare la sospensione del provvedimento deliberato.
Art. 1110 Rimborso di spese
Il partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti
o dell'amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la
conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso.
Art. 1111 Scioglimento della comunione
Ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo scioglimento della
comunione (1506); l'autorità giudiziaria può stabilire una congrua
dilazione, in ogni caso non superiore a cinque anni, se l'immediato
scioglimento può pregiudicare gli interessi degli altri (717).
Il patto di rimanere in comunione per un tempo non maggiore di dieci
anni è valido e ha effetto anche per gli aventi causa dai
partecipanti. Se e stato stipulato per un termine maggiore di questo
si riduce a dieci anni.
Se gravi circostanze lo richiedono, l'autorità giudiziaria può
ordinare lo scioglimento della comunione prima del tempo convenuto.
Art. 1112 Cose non soggette a divisione
Lo scioglimento della comunione non può essere chiesto quando si
tratta di cose che, se divise, cesserebbero di servire all'uso a cui
sono destinate.
Art. 1113 Intervento nella divisione e opposizione
I creditori e gli aventi causa da un partecipante possono
intervenire nella divisione a proprie spese, ma non possono
impugnare la divisione già eseguita, a meno che abbiano notificato
un'opposizione (2646) anteriormente alla divisione stessa e salvo
sempre ad essi l'esperimento dell'azione revocatoria o dell'azione
surrogatoria (2900 e seguenti).
Nella divisione che ha per oggetto beni immobili, l'opposizione, per
l'effetto indicato dal comma precedente, deve essere trascritta
prima della trascrizione dell'atto di divisione e, se si tratta di
divisione giudiziale, prima della trascrizione della relativa
domanda.
Devono essere chiamati a intervenire, perché la divisione abbia
effetto nei loro confronti, i creditori iscritti e coloro che hanno
acquistato diritti sull'immobile in virtù di atti soggetti a
trascrizione e trascritti prima della trascrizione dell'atto di
divisione o della trascrizione della domanda di divisione giudiziale
(2646, 2685, 2825).
Nessuna ragione di prelevamento in natura per crediti nascenti dalla
comunione può opporsi contro le persone indicate dal comma
precedente, eccetto le ragioni di prelevamento nascenti da titolo
anteriore alla comunione medesima, ovvero da collazione (737 e
seguenti).
Art. 1114 Divisione in natura
La divisione ha luogo in natura, se la cosa può essere comodamente
divisa in parti corrispondenti alle quote dei partecipanti (718 e
seguenti).
Art. 1115 Obbligazioni solidali dei partecipanti
Ciascun partecipante può esigere che siano estinte le obbligazioni
in solido (1292) contratte per la cosa comune, le quali siano
scadute o scadano entro l'anno dalla domanda di divisione.
La somma per estinguere le obbligazioni si preleva dal prezzo di
vendita della cosa comune, e, se la divisione ha luogo in natura, si
procede alla vendita di una congrua frazione della cosa, salvo
diverso accordo tra i condividenti.
Il partecipante che ha pagato il debito in solido e non ha ottenuto
rimborso concorre nella divisione per una maggiore quota
corrispondente al suo diritto verso gli altri condividenti.
Art. 1116 Applicabilità delle norme sulla divisione ereditaria
Alla divisione delle cose comuni si applicano le norme sulla
divisione dell'eredità (713 e seguenti, 757 e seguenti), in quanto
non siano in contrasto con quelle sopra stabilite.
CAPO II
Del condominio negli edifici
Art. 1117 Parti comuni dell'edificio
Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o
porzioni di piani di un edificio, se il contrario non risulta dal
titolo:
l) il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri,
i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d'ingresso, i
vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le
parti dell'edificio necessarie all'uso comune;
2) i locali per la portineria e per l'alloggio del portiere, per la
lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per
altri simili servizi in comune;
3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che
servono all'uso e al godimento comune, come gli ascensori, i pozzi,
le cisterne, gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di
scarico, gli impianti per l'acqua, per il gas, per l'energia
elettrica, per il riscaldamento e simili, fino al punto di
diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei
singoli condomini.
Art. 1118 Diritti dei partecipanti sulle cose comuni
Il diritto di ciascun condomino sulle cose indicate dall'articolo
precedente e proporzionato al valore del piano o porzione di piano
che gli appartiene, se il titolo non dispone altrimenti.
Il condomino non può, rinunziando al diritto sulle cose anzidette,
sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione
(1104).
Art. 1119 Indivisibilità
Le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a meno
che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della
cosa a ciascun condomino.
Art. 1120 Innovazioni
I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell'art.
1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento
o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni
(1108).
Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla
stabilita o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro
architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio
inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino.
Art. 1121 Innovazioni gravose o voluttuarie
Qualora l'innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia
carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e
all'importanza dell'edificio, e consista in opere, impianti o
manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che
non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi
contributo nella spesa.
Se l'utilizzazione separata non è possibile, l'innovazione non è
consentita, salvo che la maggioranza dei condomini che l'ha
deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa.
Nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi o
aventi causa possono tuttavia, in qualunque tempo, partecipare ai
vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e
di manutenzione dell'opera.
Art. 1122 Opere sulle parti dell'edificio di proprietà comune
Ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprietà,
non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni
dell'edificio.
Art. 1123 Ripartizione delle spese
Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle
parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi
nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla
maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al
valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione (1104,
att. 68 e seguenti).
Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura
diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che
ciascuno può farne.
Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere
o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le
spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di
condomini che ne trae utilità (att. 63).
Art. 1124 Manutenzione e ricostruzione delle scale
Le scale sono mantenute e ricostruite dai proprietari dei diversi
piani a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per
metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e
per l'altra metà in misura proporzionale all'altezza di ciascun
piano dal suolo (att. 68 e seguenti).
Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in
ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi
morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non
siano di proprietà comune.
Art. 1125 Manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e
dei solai
Le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle
volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei
due piani l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del
proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a
carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e
la decorazione del soffitto.
Art. 1126 Lastrici solari di uso esclusivo
Quando l'uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune
a tutti i condomini, quelli che ne hanno l'uso esclusivo sono tenuti
a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o
ricostruzioni del lastrico; gli altri due terzi sono a carico di
tutti i condomini dell'edificio o della parte di questo a cui il
lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della
porzione di piano di ciascuno (att. 68 e seguenti).
Art. 1127 Costruzione sopra l'ultimo piano dell'edificio
Il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio può elevare nuovi
piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo. La
stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico
solare.
La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche
dell'edificio non la consentono.
I condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa
pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio ovvero diminuisce
notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti.
Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini
un'indennità pari al valore attuale dell'area da occuparsi con la
nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello
da edificare, e detratto l'importo della quota a lui spettante. Egli
e inoltre tenuto a ricostruire il lastrico solare di cui tutti o
parte dei condomini avevano il diritto di usare.
Art. 1128 Perimento totale o parziale dell'edificio
Se l'edificio perisce interamente o per una parte che rappresenti i
tre quarti del suo valore, ciascuno dei condomini può richiedere la
vendita all'asta del suolo e dei materiali, salvo che sia stato
diversamente convenuto.
Nel caso di perimento di una parte minore, l'assemblea dei condomini
delibera circa la ricostruzione delle parti comuni dell'edificio, e
ciascuno è tenuto a concorrervi in proporzione dei suoi diritti
sulle parti stesse.
L'indennità corrisposta per l'assicurazione relativa alle parti
comuni e destinata alla ricostruzione di queste.
Il condomino che non intende partecipare alla ricostruzione
dell'edificio è tenuto a cedere (2932) agli altri condomini i suoi
diritti, anche sulle parti di sua esclusiva proprietà, secondo la
stima che ne sarà fatta, salvo che non preferisca cedere i diritti
stessi ad alcuni soltanto dei condomini.
Art. 1129 Nomina e revoca dell'amministratore
Quando i condomini sono più di quattro, l'assemblea nomina un
amministratore. Se l'assemblea non provvede, la nomina è fatta
dall'autorità giudiziaria, su ricorso di uno o più condomini.
L'amministratore dura in carica un anno e può essere revocato in
ogni tempo dall'assemblea.
Può altresì essere revocato dall'autorità giudiziaria, su ricorso di
ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dall'ultimo comma
dell'art. 1131, se per due anni non ha reso il conto della sua
gestione, ovvero se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità
(att. 64).
La nomina e la cessazione per qualunque causa dell'amministratore
dall'ufficio sono annotate in apposito registro (att. 71).
Art. 1130 Attribuzioni dell'amministratore
L'amministratore deve:
1) eseguire le deliberazioni dell'assemblea dei condomini e curare
l'osservanza del regolamento di condominio;
2) disciplinare l'uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi
nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior
godimento a tutti i condomini;
3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la
manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per
l'esercizio dei servizi comuni;
4) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti
comuni dell'edificio.
Egli, alla fine di ciascun anno, deve rendere il conto della sua
gestione.
Art. 1131 Rappresentanza
Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo precedente o
dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o
dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei
partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia
contro i terzi.
Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le
parti comuni dell'edificio; a lui sono notificati i provvedimenti
dell'autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto.
Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che
esorbita dalle attribuzioni dell'amministratore, questi e tenuto a
darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini.
L'amministratore che non adempie a quest'obbligo può essere revocato
(att. 64) ed è tenuto al risarcimento dei danni.
Art. 1132 Dissenso dei condomini rispetto alle liti
Qualora l'assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una
lite o di resistere a una domanda, il condomino dissenziente, con
atto notificato all'amministratore, può separare la propria
responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di
soccombenza. L'atto deve essere notificato entro trenta giorni
(2964) da quello in cui il condomino ha avuto notizia della
deliberazione.
Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia
dovuto pagare alla parte vittoriosa.
Se l'esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino
dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere
nelle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla
parte soccombente.
Art. 1133 Provvedimenti presi dall'amministratore
I provvedimenti presi dall'amministratore nell'ambito dei suoi
poteri sono obbligatori per i condomini. Contro i provvedimenti
dell'amministratore e ammesso ricorso all'assemblea, senza
pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria nei casi e nel
termine previsti dall'art. 1137.
Art. 1134 Spese fatte dal condomino
Il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza
autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto
al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente (1110).
Art. 1135 Attribuzioni dell'assemblea dei condomini
Oltre a quanto e stabilito dagli articoli precedenti, l'assemblea
dei condomini provvede (att. 66):
1) alla conferma dell'amministratore e dell'eventuale sua
retribuzione;
2) all'approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante
l'anno e alla relativa ripartizione tra i condomini;
3) all'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore e
all'impiego del residuo attivo della gestione;
4) alle opere di manutenzione straordinaria, costituendo, se
occorre, un fondo speciale.
L'amministratore non può ordinare lavori di manutenzione
straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo
caso deve riferirne nella prima assemblea.
Art. 1136 Costituzione dell'assemblea e validità delle deliberazioni
L'assemblea è regolarmente costituita con l'intervento di tanti
condomini che rappresentino i due terzi del valore dell'intero
edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio (att. 67 e
seguenti).
Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che
rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del
valore dell'edificio.
Se l'assemblea non può deliberare per mancanza di numero,
l'assemblea di seconda convocazione delibera in un giorno successivo
a quello della prima e in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla
medesima; la deliberazione è valida se riporta un numero di voti che
rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un
terzo del valore dell'edificio.
Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca
dell'amministratore o le liti attive e passive relative a materie
che esorbitano dalle attribuzioni dell'amministratore medesimo,
nonché le deliberazioni che concernono la ricostruzione
dell'edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità devono
essere sempre prese con la maggioranza stabilita dal secondo comma.
Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal
primo comma dell'art. 1120 devono essere sempre approvate con un
numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al
condominio e i due terzi del valore dell'edificio.
L'assemblea non può deliberare, se non consta che tutti i condomini
sono stati invitati alla riunione.
Delle deliberazioni dell'assemblea si redige processo verbale da
trascriversi in un registro tenuto dall'amministratore.
NOTE Deroghe alle maggioranze previste dagli artt. 1120 e 1136 sono
previste nelle seguenti leggi:
- Legge 9 gennaio 1989 n. 13, art. 2 (eliminazione delle barriere
architettoniche);
- Legge 24 marzo 1989 n. 122, art. 9 (realizzazione dei parcheggi
nei condomini);
- Legge 2 gennaio 1991 n 10, art. 26 (contenimento dei consumi
energetici);
• Legge 17 febbraio 1992 n. 127, art 15 (recupero del patrimonio
edilizio).
Art. 1137 Impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea
Le deliberazioni prese dall'assemblea a norma degli articoli
precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini (1105).
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di
condominio, ogni condomino dissenziente può fare ricorso
all'autorità giudiziaria, ma il ricorso non sospende l'esecuzione
del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata
dall'autorità stessa (1109).
Il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza (2964 e
seguenti), entro trenta giorni, che decorrono dalla data della
deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per
gli assenti.
Art. 1138 Regolamento di condominio
Quando in un edificio il numero dei condomini e superiore a dieci,
deve essere formato un regolamento, il quale contenga le norme circa
l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i
diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le
norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative
all'amministrazione (att. 68 e seguenti, 155)
Ciascun condomino può prendere l'iniziativa per la formazione del
regolamento di condominio o per la revisione di quello esistente.
Il regolamento deve essere approvato dall'assemblea con la
maggioranza stabilita dal secondo comma dell'art. 1136 e trascritto
nel registro indicato dall'ultimo comma dell'art. 1129 (att. 71).
Esso può essere impugnato a norma dell'art. 1107.
Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i
diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto
e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle
disposizioni degli artt. 1118 secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131,
1132, 1136 e 1137 (att. 72, 155).
Art. 1139 Rinvio alle norme sulla comunione
Per quanto non è espressamente previsto da questo capo (att. 156) si
osservano le norme sulla comunione in generale (att. 61-72).
TITOLO VIII
DEL POSSESSO
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 1140 Possesso
Il possesso e il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività
corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto
reale.
Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha
la detenzione della cosa.
Art. 1141 Mutamento della detenzione in possesso
Si presume il possesso in colui che esercita il potere di fatto,
quando non si prova che ha cominciato a esercitarlo semplicemente
come detenzione.
Se alcuno ha cominciato ad avere la detenzione, non può acquistare
il possesso finché il titolo non venga ad essere mutato per causa
proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta
contro il possessore. Ciò vale anche per i successori a titolo
universale.
Art. 1142 Presunzione di possesso intermedio
Il possessore attuale che ha posseduto in tempo più remoto si
presume che abbia posseduto anche nel tempo intermedio.
Art. 1143 Presunzione di possesso anteriore
Il possesso attuale non fa presumere il possesso anteriore, salvo
che il possessore abbia un titolo a fondamento del suo possesso; in
questo caso si presume che egli abbia posseduto dalla data del
titolo.
Art. 1144 Atti di tolleranza
Gli atti compiuti con l'altrui tolleranza non possono servire di
fondamento all'acquisto del possesso.
Art. 1145 Possesso di cose fuori commercio
Il possesso delle cose di cui non si può acquistare la proprietà è
senza effetto.
Tuttavia nei rapporti tra privati è concessa l'azione di spoglio
rispetto ai beni appartenenti al pubblico demanio e ai beni delle
province e dei comuni soggetti al regime proprio del demanio
pubblico (822, 824).
Se trattasi di esercizio di facoltà, le quali possono formare
oggetto di concessione da parte della pubblica amministrazione, e
data altresì l'azione di manutenzione (1170).
Art. 1146 Successione nel possesso. Accessione del possesso
Il possesso continua nell'erede con effetto dall'apertura della
successione (456, 460).
Il successore a titolo particolare può unire al proprio possesso
quello del suo autore per goderne gli effetti.
Art. 1147 Possesso di buona fede
E' possessore di buona fede chi possiede ignorando di ledere
l'altrui diritto (535).
La buona fede non giova se l'ignoranza dipende da colpa grave.
La buona fede e presunta e basta che vi sia stata al tempo
dell'acquisto.
CAPO II Degli effetti del possesso
SEZIONE I
Dei diritti e degli obblighi del possessore nella restituzione della
cosa
Art. 1148 Acquisto dei frutti
Il possessore di buona fede fa suoi i frutti naturali separati fino
al giorno della domanda giudiziale e i frutti civili maturati fino
allo stesso giorno (820 e seguente). Egli, fino alla restituzione
della cosa risponde verso il rivendicante (948) dei frutti percepiti
dopo la domanda giudiziale e di quelli che avrebbe potuto percepire
dopo tale data, usando la diligenza di un buon padre di famiglia
(1176).
Art. 1149 Rimborso delle spese per la produzione e il raccolto dei
frutti
Il possessore che è tenuto a restituire i frutti indebitamente
percepiti ha diritto al rimborso delle spese a norma del secondo
comma dell'art. 821 (1282).
Art. 1150 Riparazioni, miglioramenti e addizioni
Il possessore, anche se di mala fede ha diritto al rimborso delle
spese fatte per le riparazioni straordinarie.
Ha anche diritto a indennità per i miglioramenti recati alla cosa,
purché sussistano al tempo della restituzione.
L'indennità si deve corrispondere nella misura dell'aumento di
valore conseguito dalla cosa per effetto dei miglioramenti, se il
possessore è di buona fede; se il possessore è di mala fede, nella
minor somma tra l'importo della spesa e l'aumento di valore.
Se il possessore è tenuto alla restituzione dei frutti, gli spetta
anche il rimborso delle spese fatte per le riparazioni ordinarie,
limitatamente al tempo per il quale la restituzione è dovuta.
Per le addizioni fatte dal possessore sulla cosa si applica il
disposto dell'art. 936. Tuttavia, se le addizioni costituiscono
miglioramento e il possessore è di buona fede, e dovuta una
indennità nella misura dell'aumento di valore conseguito dalla cosa
(att. 157).
Art. 1151 Pagamento delle indennità
L'autorità giudiziaria, avuto riguardo alle circostanze, può
disporre che il pagamento delle indennità previste dall'articolo
precedente sia fatto ratealmente, ordinando, in questo caso, le
opportune garanzie (1179).
Art. 1152 Ritenzione a favore del possessore di buona fede
Il possessore di buona fede può ritenere la cosa finché non gli
siano corrisposte le indennità dovute, purché queste siano state
domandate nel corso del giudizio di rivendicazione (948) e sia stata
fornita una prova generica della sussistenza delle riparazioni e dei
miglioramenti (2756).
Egli ha lo stesso diritto finché non siano prestate le garanzie
ordinate dall'autorità giudiziaria nel caso previsto dall'articolo
precedente.
SEZIONE II
Del possesso di buona fede di beni mobili
Art. 1153 Effetti dell'acquisto del possesso
Colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi non ne è
proprietario, ne acquista la proprietà mediante il possesso, purché
sia in buona fede al momento della consegna e sussista un titolo
idoneo al trasferimento della proprietà.
La proprietà si acquista libera da diritti altrui sulla cosa, se
questi non risultano dal titolo e vi è la buona fede
dell'acquirente.
Nello stesso modo si acquistano diritti di usufrutto, di uso e di
pegno (981, 1021, 2784).
Art. 1154 Conoscenza dell'illegittima provenienza della cosa
A colui che ha acquistato conoscendo l'illegittima provenienza della
cosa, non giova l'erronea credenza che il suo autore o un precedente
possessore ne sia divenuto proprietario.
Art. 1155 Acquisto di buona fede e precedente alienazione ad altri
Se taluno con successivi contratti aliena a più persone un bene
mobile
(812), quella tra esse che ne ha acquistato in buona fede il
possesso è preferita alle altre, anche se il suo titolo è di data
posteriore.
Art. 1156 Universalità di mobili e mobili iscritti in pubblici
registri
Le disposizioni degli articoli precedenti non si applicano alle
universalità di mobili e ai beni mobili iscritti in pubblici
registri (815 e seguente, 2683 e seguenti; Cod. Nav. 146 e
seguenti,753 e seguenti).
Art. 1157 Possesso di titoli di credito
Gli effetti del possesso di buona fede dei titoli di credito sono
regolati dal titolo V del libro IV (1944)
SEZIONE III
Dell'usucapione
Art. 1158 Usucapione dei beni immobili e dei diritti reali
immobiliari
La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di
godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso
continuato per venti anni.
Art. 1159 Usucapione decennale
Colui che acquista in buona fede da chi non e proprietario un
immobile, in forza di un titolo che sia idoneo a trasferire la
proprietà e che sia stato debitamente trascritto (2643 e seguenti),
ne compie l'usucapione in suo favore col decorso di dieci anni dalla
data della trascrizione.
La stessa disposizione si applica nel caso di acquisto degli altri
diritti reali di godimento sopra un immobile.
Art. 1159-bis Usucapione speciale per la piccola proprietà rurale
La proprietà dei fondi rustici con annessi fabbricati situati in
comuni classificati montani dalla legge si acquista in virtù del
possesso continuato per quindici anni.
Colui che acquista in buona fede da chi non è proprietario, in forza
di un titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e che sia
debitamente trascritto, un fondo rustico con annessi fabbricati,
situati in comuni classificati montani dalla legge, ne compie
l'usucapione in suo favore col decorso di cinque anni dalla data di
trascrizione.
La legge speciale stabilisce la procedura, le modalità e le
agevolazioni per la regolarizzazione del titolo di proprietà.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche ai
fondi rustici con annessi fabbricati, situati in comuni non
classificati montani dalla legge, aventi un reddito non superiore ai
limiti fissati dalla legge speciale.
Art. 1160 Usucapione delle universalità di mobili
L'usucapione di un'universalità di mobili (816) o di diritti reali
di godimento sopra la medesima si compie in virtù del possesso
continuato per venti anni.
Nel caso di acquisto in buona fede (1147) da chi non e proprietario,
in forza di titolo idoneo, l'usucapione si compie con il decorso di
dieci anni.
Art. 1161 Usucapione dei beni mobili
In mancanza di titolo idoneo (922), la proprietà dei beni mobili e
gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano
in virtù del possesso continuato per dieci anni, qualora il possesso
sia stato acquistato in buona fede.
Se il possessore è di mala fede, l'usucapione si compie con il
decorso di venti anni.
Art. 1162 Usucapione di beni mobili iscritti in pubblici registri
Colui che acquista in buona fede da chi non è proprietario un bene
mobile iscritto in pubblici registri (815, 2683; Cod. Nav. 146 e
seguenti, 753 e seguenti), in forza di un titolo che sia idoneo a
trasferire la proprietà (1321) e che sia stato debitamente
trascritto, ne compie in suo favore l'usucapione col decorso di tre
anni dalla data della trascrizione.
Se non concorrono le condizioni previste dal comma precedente,
l'usucapione si compie col decorso di dieci anni.
Le stesse disposizioni si applicano nel caso di acquisto degli altri
diritti reali di godimento (981, 1021).
Art. 1163 Vizi del possesso
Il possesso acquistato in modo violento o clandestino non giova per
l'usucapione se non dal momento in cui la violenza o la
clandestinità e cessata.
Art. 1164 Interversione del possesso
Chi ha il possesso corrispondente all'esercizio di un diritto reale
su cosa altrui non può usucapire la proprietà della cosa stessa, se
il titolo del suo possesso non è mutato per causa proveniente da un
terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il diritto del
proprietario. Il tempo necessario per l'usucapione decorre dalla
data in cui il titolo del possesso è stato mutato.
Art. 1165 Applicazione di norme sulla prescrizione
Le disposizioni generali sulla prescrizione (2934 e seguenti),
quelle relative alle cause di sospensione e d'interruzione (2941 e
seguenti) e al computo dei termini (2962 e seguenti) si osservano,
in quanto applicabili, rispetto all'usucapione.
Art. 1166 Inefficacia delle cause di impedimento e di sospensione
rispetto al terzo possessore
Nell'usucapione ventennale non hanno luogo, riguardo al terzo
possessore di un immobile o di un diritto reale sopra un immobile,
ne l'impedimento derivante da condizione o da termine (2935), ne le
cause di sospensione indicate dall'art. 2942.
L'impedimento derivante da condizione o da termine e le cause di
sospensione menzionate nel detto articolo non sono nemmeno
opponibili al terzo possessore nella prescrizione per non uso dei
diritti reali sui beni da lui posseduti (954, 970, 1014).
Art. 1167 Interruzione dell'usucapione per perdita di possesso
L'usucapione è interrotta (2945) quando il possessore è stato
privato del possesso per oltre un anno.
L'interruzione si ha come non avvenuta se è stata proposta l'azione
(2953) diretta a ricuperare il possesso e questo è stato ricuperato.
CAPO III Delle azioni a difesa del possesso
Art. 1168 Azione di reintegrazione
Chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso
può, entro l'anno dal sofferto spoglio, chiedere contro l'autore di
esso la reintegrazione del possesso medesimo.
L'azione è concessa altresì a chi ha la detenzione della cosa
(1140), tranne il caso che l'abbia per ragioni di servizio o di
ospitalità.
Se lo spoglio è clandestino, il termine per chiedere la
reintegrazione decorre dal giorno della scoperta dello spoglio.
La reintegrazione deve ordinarsi dal giudice sulla semplice
notorietà del fatto, senza dilazione (Cod. Proc. Civ. 703 e
seguenti).
Art. 1169 Reintegrazione contro l'acquirente consapevole dello
spoglio
La reintegrazione si può domandare anche contro chi è nel possesso
in virtù di un acquisto a titolo particolare (1321), fatto con la
conoscenza dell'avvenuto spoglio.
Art. 1170 Azione di manutenzione
Chi è stato molestato nel possesso di un immobile, di un diritto
reale sopra un immobile o di un'universalità di mobili (816) può,
entro l'anno dalla turbativa, chiedere la manutenzione del possesso
medesimo (Cod. Proc. Civ. 703 e seguenti).
L'azione e data se il possesso dura da oltre un anno, continuo e non
interrotto, e non è stato acquistato violentemente o
clandestinamente. Qualora il possesso sia stato acquistato in modo
violento o clandestino, l'azione può nondimeno esercitarsi, decorso
un anno dal giorno in cui la violenza o la clandestinità è cessata.
Anche colui che ha subito uno spoglio non violento o clandestino può
chiedere di essere rimesso nel possesso, se ricorrono le condizioni
indicate dal comma precedente.
TITOLO IX
DELLA DENUNZIA DI NUOVA OPERA E DI DANNO TEMUTO
Art. 1171 Denunzia di nuova opera
Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o
il possessore, il quale ha ragione di temere che da una nuova opera,
da altri intrapresa sul proprio come sull'altrui fondo, sia per
derivare danno alla cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del
suo possesso, può denunziare all'autorità giudiziaria la nuova
opera, purché questa non sia terminata e non sia trascorso un anno
dal suo inizio.
L'autorità giudiziaria, presa sommaria cognizione del fatto, può
vietare la continuazione della opera, ovvero permetterla, ordinando
le opportune cautele: nel primo caso, per il risarcimento del danno
prodotto dalla sospensione dell'opera, qualora le opposizioni al suo
proseguimento risultino infondate nella decisione del merito; nel
secondo caso, per la demolizione o riduzione dell'opera e per il
risarcimento del danno che possa soffrirne il denunziante, se questi
ottiene sentenza favorevole, nonostante la permessa continuazione
(Cod. Proc. Civ. 688 e seguenti).
Art. 1172 Denunzia di danno temuto
Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o
il possessore, il quale ha ragione di temere che da qualsiasi
edificio, albero o altra cosa sovrasti pericolo di un danno grave e
prossimo alla cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo
possesso, può denunziare il fatto all'autorità giudiziaria e
ottenere, secondo le circostanze, che si provveda per ovviare al
pericolo (Cod. Proc. Civ. 688 e seguenti).
L'autorità giudiziaria, qualora ne sia il caso, dispone idonea
garanzia (1179; Cod. Proc. Civ. 119) per i danni eventuali.
LIBRO QUARTO
DELLE OBBLIGAZIONI
TITOLO I
DELLE OBBLIGAZIONI IN GENERALE
CAPO I
Disposizioni preliminari
Art. 1173 Fonti delle obbligazioni
Le obbligazioni derivano da contratto (Cod. Civ. 1321 e seguenti),
da fatto illecito (Cod. Civ. 2043 e seguenti), o da ogni altro atto
o fatto idoneo a produrle (Cod. Civ. 433 e seguenti, 651, 2028 e
seguenti, 2033 e seguenti, 2041 e seguenti) in conformità
dell'ordinamento giuridico.
Art. 1174 Carattere patrimoniale della prestazione
La prestazione che forma oggetto dell'obbligazione deve essere
suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere a un
interesse, anche non patrimoniale, del creditore (Cod. Civ. 1256 e
seguente, 1411 e seguenti).
Art. 1175 Comportamento secondo correttezza
Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole
della correttezza (Cod. Civ. 1337, 1358).
CAPO II
Dell'adempimento delle obbligazioni
SEZIONE I
Dell'adempimento in generale
Art. 1176 Diligenza nell'adempimento
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Contract/Lozupone-1997/note.htm>
Nell'adempiere l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza
del buon padre di famiglia (Cod. Civ. 703, 1001, 1228, 1587, 1710-2,
1768, 2148, 2167).
Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di
un'attività professionale la diligenza deve valutarsi con riguardo
alla natura dell'attività esercitata (Cod. Civ. 1838 e seguente,
2104-1, 2174-2, 2236).
Art. 1177 Obbligazione di custodire
L'obbligazione di consegnare una cosa determinata include quella di
custodirla fino alla consegna.
Art. 1178 Obbligazione generica
Quando l'obbligazione ha per oggetto la prestazione di cose
determinate soltanto nel genere, il debitore deve prestare cose di
qualità non inferiore alla media (Cod. Civ. 664).
Art. 1179 Obbligo di garanzia
Chi è tenuto a dare una garanzia, senza che ne siano determinati il
modo e la forma, può prestare a sua scelta un'idonea garanzia reale
o personale (Cod. Civ. 1943-1), ovvero altra sufficiente cautela
(Cod. Proc. Civ. 1 19).
Art. 1180 Adempimento del terzo
L'obbligazione può essere adempiuta da un terzo, anche contro la
volontà del creditore, se questi non ha interesse a che il debitore
esegua personalmente la prestazione.
Tuttavia il creditore può rifiutare l'adempimento offertogli dal
terzo, se il debitore gli ha manifestato la sua opposizione.
Art. 1181 Adempimento parziale
Il creditore può rifiutare un adempimento parziale anche se la
prestazione e divisibile (Cod. Civ. 1314 e seguenti, 1384), salvo
che la legge o gli usi dispongano diversamente.
(vedere anche Leggi Speciali, Titoli di credito).
Art. 1182 Luogo dell'adempimento
Se il luogo nel quale la prestazione deve essere eseguita non è
determinato dalla convenzione o dagli usi e non può desumersi dalla
natura della prestazione (Cod. Civ. 1774) o da altre circostanze, si
osservano le norme che seguono (att. Cod. Civ. 159).
L'obbligazione di consegnare una cosa certa e determinata deve
essere adempiuta nel luogo in cui si trovava la cosa quando
l'obbligazione è sorta (1510).
L'obbligazione avente per oggetto una somma di danaro deve essere
adempiuta al domicilio (43) che il creditore ha al tempo della
scadenza (1209, 1219, 1498). Se tale domicilio è diverso da quello
che il creditore aveva quando è sorta l'obbligazione è ciò rende più
gravoso l'adempimento, il debitore, previa dichiarazione al
creditore, ha diritto di eseguire il pagamento al proprio domicilio.
Negli altri casi l'obbligazione deve essere adempiuta al domicilio
che il debitore ha al tempo della scadenza (att. 159).
Art. 1183 Tempo dell'adempimento
Se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere
eseguita, il creditore può esigerla immediatamente (1219-2). Qualora
tuttavia, in virtù degli usi o per la natura della prestazione
ovvero per il modo o il luogo dell'esecuzione, sia necessario un
termine, questo, in mancanza di accordo delle parti, è stabilito dal
giudice (1331, 1817).
Se il termine per l'adempimento è rimesso alla volontà del debitore,
spetta ugualmente al giudice di stabilirlo secondo le circostanze;
se è rimesso alla volontà del creditore, il termine può essere
fissato su istanza del debitore che intenda liberarsi.
Art. 1184 Termine
Se per l'adempimento è fissato un termine, questo si presume a
favore del debitore, qualora non risulti stabilito a favore del
creditore o di entrambi (1563, 1771, 1816).
(vedere anche eggi Speciali, Titoli di credito).
Art. 1185 Pendenza del termine
Il creditore non può esigere la prestazione prima della scadenza
(1206), salvo che il termine sia stabilito esclusivamente a suo
favore.
Tuttavia il debitore non può ripetere (2034) ciò che ha pagato
anticipatamente, anche se ignorava l'esistenza del termine. In
questo caso però egli può ripetere, nei limiti della perdita subita,
ciò di cui il creditore si è arricchito per effetto del pagamento
anticipato (2041).
Art. 1186 Decadenza dal termine
Quantunque il termine sia stabilito a favore del debitore, il
creditore può esigere immediatamente la prestazione se il debitore è
divenuto insolvente o ha diminuito, per fatto proprio, le garanzie
che aveva date o non ha dato le garanzie che aveva promesse (1274,
1299, 1313, 1844, 1850, 1867 e seguente, 1877, 2743).
Art. 1187 Computo del termine
Il termine fissato per l'adempimento delle obbligazioni è computato
secondo le disposizioni dell'art. 2963.
La disposizione relativa alla proroga del termine che scade in
giorno festivo si osserva se non vi sono usi diversi.
E' salva in ogni caso una diversa pattuizione.
Art. 1188 Destinatario del pagamento
Il pagamento deve essere fatto al creditore o al suo rappresentante,
ovvero alla persona indicata dal creditore o autorizzata dalla legge
o dal giudice a riceverlo.
Il pagamento fatto a chi non era legittimato a riceverlo libera il
debitore, se il creditore lo ratifica o se ne ha approfittato
(1444).
Art. 1189 Pagamento al creditore apparente
Il debitore che esegue il pagamento (2726) a chi appare legittimato
a riceverlo in base a circostanze univoche, è liberato se prova di
essere stato in buona fede.
Chi ha ricevuto il pagamento è tenuto alla restituzione verso il
vero creditore, secondo le regole stabilite per la ripetizione
dell'indebito (2033 e seguenti).
Art. 1190 Pagamento al creditore incapace
Il pagamento fatto al creditore incapace di riceverlo (316, 320,
357, 374, 394, 424) non libera il debitore, se questi non prova che
ciò che fu pagato è stato rivolto a vantaggio dell'incapace (1443,
2726).
Art. 1191 Pagamento eseguito da un incapace
Il debitore che ha eseguito la prestazione dovuta non può impugnare
il pagamento a causa della propria incapacità (193-3, 1950, 2034).
Art. 1192 Pagamento eseguito con cose altrui
Il debitore non può impugnare il pagamento eseguito con cose di cui
non poteva disporre, salvo che offra di eseguire la prestazione
dovuta con cose di cui può disporre.
Il creditore che ha ricevuto il pagamento in buona fede può
impugnarlo, salvo il diritto al risarcimento del danno (1218).
Art. 1193 Imputazione del pagamento
Chi ha più debiti della medesima specie verso la stessa persona può
dichiarare, quando paga, quale debito intende soddisfare.
In mancanza di tale dichiarazione, il pagamento deve essere imputato
al debito scaduto; tra più debiti scaduti, a quello meno garantito;
tra più debiti ugualmente garantiti, al più oneroso per il debitore;
tra i più debiti ugualmente onerosi, al più antico. Se tali criteri
non soccorrono, l'imputazione è fatta proporzionalmente ai vari
debiti (1194 e seguente, 1249, 2726).
Art. 1194 Imputazione del pagamento agli interessi
Il debitore non può imputare il pagamento al capitale, piuttosto che
agli interessi (1282) e alle spese, senza il consenso del creditore.
Il pagamento fatto in conto di capitale e d'interessi deve essere
imputato prima agli interessi.
Art. 1195 Quietanza con imputazione
Chi, avendo più debiti, accetta una quietanza nella quale il
creditore ha dichiarato di imputare il pagamento a uno di essi, non
può pretendere un'imputazione diversa, se non vi è stato dolo (1439)
o sorpresa da parte del creditore (2726).
Art. 1196 Spese del pagamento
Le spese del pagamento sono a carico del debitore (204, 672, 1215,
1245, 1475).
Art. 1197 Prestazione in luogo dell'adempimento
Il debitore non può liberarsi eseguendo una prestazione diversa da
quella dovuta, anche se di valore uguale o maggiore, salvo che il
creditore consenta (1320). In questo caso l'obbligazione si estingue
quando la diversa prestazione è eseguita.
Se la prestazione consiste nel trasferimento della proprietà o di un
altro diritto, il debitore è tenuto alla garanzia per l'evizione e
per i vizi della cosa secondo le norme della vendita (1483 e
seguenti, 1490 e seguenti), salvo che il creditore preferisca
esigere la prestazione originaria e il risarcimento del danno.
In ogni caso non rivivono le garanzie prestate dai terzi.
Art. 1198 Cessione di un credito in luogo dell'adempimento
Quando in luogo dell'adempimento è ceduto un credito (1260),
l'obbligazione si estingue con la riscossione del credito, se non
risulta una diversa volontà delle parti (2928).
E' salvo quanto è disposto dal secondo comma dell'art. 1267.
Art. 1199 Diritto del debitore alla quietanza
Il creditore che riceve il pagamento deve, a richiesta e a spese del
debitore, rilasciare quietanza (2704) e farne annotazione sul
titolo, se questo non è restituito al debitore.
Il rilascio di una quietanza per il capitale fa presumere il
pagamento degli interessi.
Art. 1200 Liberazione dalle garanzie
Il creditore che ha ricevuto il pagamento deve consentire la
liberazione dei beni dalle garanzie reali date per il credito e da
ogni altro vincolo che comunque ne limiti la disponibilità.
SEZIONE II
Del pagamento con surrogazione
Art. 1201 Surrogazione per volontà del creditore
Il creditore, ricevendo il pagamento da un terzo, può surrogarlo nei
propri diritti (2843). La surrogazione deve essere fatta in modo
espresso e contemporaneamente al pagamento.
Art. 1202 Surrogazione per volontà del debitore
Il debitore, che prende a mutuo (1813) una somma di danaro o altra
cosa fungibile al fine di pagare il debito, può surrogare il
mutuante nei diritti del creditore, anche senza il consenso di
questo.
La surrogazione ha effetto quando concorrono le seguenti condizioni:
1) che il mutuo e la quietanza risultino da atto avente data certa
(2704);
2) che nell'atto di mutuo sia indicata espressamente la specifica
destinazione della somma mutuata;
3) che nella quietanza si menzioni la dichiarazione del debitore
circa la provenienza della somma impiegata nel pagamento. Sulla
richiesta del debitore, il creditore non può rifiutarsi di inserire
nella quietanza tale dichiarazione.
Art. 1203 Surrogazione legale
La surrogazione ha luogo di diritto nei seguenti casi:
1) a vantaggio di chi, essendo creditore, ancorché chirografario,
paga un altro creditore che ha diritto di essergli preferito in
ragione dei suoi privilegi, del suo pegno o delle sue ipoteche;
2) a vantaggio dell'acquirente di un immobile che, fino alla
concorrenza del prezzo di acquisto, paga uno o più creditori a
favore dei quali l'immobile è ipotecato (2866);
3) a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri o per altri al
pagamento del debito (754 e seguenti), aveva interesse di
soddisfarlo (1299, 2871);
4) a vantaggio dell'erede con beneficio d'inventario (484 e
seguenti), che paga con danaro proprio i debiti (490) ereditari;
5) negli altri casi stabiliti dalla legge (756, 1259, 1762, 1776,
1780, 1796, 1949).
Art. 1204 Terzi garanti
La surrogazione contemplata nei precedenti articoli ha effetto anche
contro i terzi che hanno prestato garanzia per il debitore.
Se il credito è garantito da pegno, si osserva la disposizione del
secondo comma dell'art. 1263.
Art. 1205 Surrogazione parziale
Se il pagamento è parziale, il terzo surrogato e il creditore
concorrono nei confronti del debitore in proporzione di quanto è
loro dovuto, salvo patto contrario.
SEZIONE III
Della mora del creditore
Art. 1206 Condizioni
Il creditore è in mora quando, senza motivo legittimo, non riceve il
pagamento offertogli nei modi indicati dagli articoli seguenti o non
compie quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere
l'obbligazione (att. 160).
Art. 1207 Effetti
Quando il creditore è in mora, è a suo carico l'impossibilità della
prestazione sopravvenuta per causa non imputabile al debitore (1256
e seguenti, 1673). Non sono più dovuti gli interessi né i frutti
(820) della cosa che non siano stati percepiti dal debitore.
Il creditore è pure tenuto a risarcire i danni derivati dalla sua
mora (1224) e a sostenere le spese per la custodia e la
conservazione della cosa dovuta.
Gli effetti della mora si verificano dal giorno dell'offerta, se
questa è successivamente dichiarata valida con sentenza passata in
giudicato (Cod. Proc. Civ. 324) o se è accettata dal creditore.
Art. 1208 Requisiti per la validità dell'offerta
Affinché l'offerta sia valida è necessario:
l) che sia fatta al creditore capace di ricevere o a chi ha la
facoltà di ricevere per lui (1188 e seguenti);
2) che sia fatta da persona che può validamente adempiere;
3) che comprenda la totalità della somma o delle cose dovute, dei
frutti o degli interessi e delle spese liquide, e una somma per le
spese non liquide, con riserva di un supplemento, se è necessario;
4) che il termine sia scaduto, se stipulato in favore del creditore
(1184);
5) che si sia verificata la condizione dalla quale dipende
l'obbligazione (1353 e seguenti)
6) che l'offerta sia fatta alla persona del creditore o nel suo
domicilio (1182);
7) che l'offerta sia fatta da un ufficiale pubblico a ciò
autorizzato (att. 73 e seguenti).
Il debitore può subordinare l'offerta al consenso del creditore
necessario per liberare i beni dalle garanzie reali o da altri
vincoli che comunque ne limitano la disponibilità (1200; Cod. Proc.
Civ. 678).
Art. 1209 Offerta reale e offerta per intimazione
Se l'obbligazione ha per oggetto danaro, titoli di credito, ovvero
cose mobili da consegnare al domicilio del creditore, l'offerta deve
essere reale (att. 73 e seguenti; Cod. Proc. Civ. 126).
Se si tratta invece di cose mobili da consegnare in luogo diverso,
l'offerta consiste nell'intimazione al creditore di riceverle, fatta
mediante atto a lui notificato nelle forme prescritte per gli atti
di citazione (Cod. Proc. Civ. 137 e seguenti).
Art. 1210 Facoltà di deposito e suoi effetti liberatori
Se il creditore rifiuta di accettare l'offerta reale o non si
presenta per ricevere le cose offertegli mediante intimazione, il
debitore può eseguire il deposito (att. 77, 78).
Eseguito il deposito, quando questo è accettato dal creditore o è
dichiarato valido con sentenza passata in giudicato, il debitore non
può più ritirarlo ed è liberato dalla sua obbligazione.
Art. 1211 Cose deperibili o di dispendiosa custodia
Se le cose non possono essere conservate o sono deteriorabili,
oppure se le spese della loro custodia sono eccessive, il debitore,
dopo l'offerta reale o l'intimazione di ritirarle, può farsi
autorizzare dal pretore a venderle nei modi stabiliti per le cose
pignorate e a depositarne il prezzo (2797; Cod. Proc. Civ. 529 e
seguenti).
Art. 1212 Requisiti del deposito
Per la validità del deposito è necessario:
1) che sia stato preceduto da un'intimazione notificata al creditore
e contenente l'indicazione del giorno, dell'ora e del luogo in cui
la cosa offerta sarà depositata (att. 744);
2) che il debitore abbia consegnato la cosa, con gli interessi e i
frutti dovuti fino al giorno dell'offerta, nel luogo indicato dalla
legge o, in mancanza, dal giudice;
3) che sia redatto dal pubblico ufficiale un processo verbale da cui
risulti la natura delle cose offerte, il rifiuto di riceverle da
parte del creditore o la sua mancata comparizione, e infine il fatto
del deposito (att. 78; Cod. Proc. Civ. 126);
4) che, in caso di non comparizione del creditore, il processo
verbale di deposito gli sia notificato con l'invito a ritirare la
cosa depositata (att. 73).
Il deposito che ha per oggetto somme di danaro può eseguirsi anche
presso un istituto di credito (att. 73, 76, 251).
Art. 1213 Ritiro del deposito
Il deposito non produce effetto se il debitore lo ritira prima che
sia stato accettato dal creditore o prima che sia stato riconosciuto
valido con sentenza passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324).
Se, dopo l'accettazione del deposito o il passaggio in giudicato
della sentenza che lo dichiara valido, il creditore consente che il
debitore ritiri il deposito, egli non può più rivolgersi contro i
condebitori e i fideiussori, né valersi dei privilegi, del pegno e
delle ipoteche che garantivano il credito (2878).
Art. 1214 Offerta secondo gli usi e deposito
Se il debitore ha offerto la cosa dovuta nelle forme d'uso anziché
in quelle prescritte dagli artt. 1208 e 1209, gli effetti della mora
si verificano dal giorno in cui egli esegue il deposito a norma
dell'art. 1212 (att. 73-1, 77), se questo è accettato dal creditore
o è dichiarato valido con sentenza passata in giudicato.
Art. 1215 Spese
Quando l'offerta reale e il deposito sono validi, le spese occorse
sono a carico del creditore.
Art. 1216 Intimazione di ricevere la consegna di un immobile
Se deve essere consegnato un immobile, l'offerta consiste nella
intimazione al creditore di prenderne possesso. L'intimazione deve
essere fatta nella forma prescritta dal secondo comma dell'art. 1209
(att. 73, 75).
Il debitore, dopo l'intimazione al creditore, può ottenere dal
giudice la nomina di un sequestratario. In questo caso egli è
liberato dal momento in cui ha consegnato al sequestratario la cosa
dovuta (att. 79).
Art. 1217 Obbligazioni di fare
Se la prestazione consiste in un fare, il creditore è costituito in
mora mediante l'intimazione di ricevere la prestazione o di compiere
gli atti che sono da parte sua necessari per renderla possibile
(att. 80).
L'intimazione può essere fatta nelle forme d'uso (2931).
CAPO III
Dell'inadempimento delle obbligazioni
Art. 1218 Responsabilità del debitore
Il debitore che non esegue esattamente (1307, 1453) la prestazione
dovuta è tenuto al risarcimento del danno (2740), se non prova
(1673, 1681, 1693, 1784, 1787, 1805-2, 1821) che l'inadempimento o
il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione
derivante da causa a lui non imputabile (1256; att. 160).
Art. 1219 Costituzione in mora
Il debitore è costituito in mora mediante intimazione o richiesta
fatta per iscritto (1308; att. 160).
Non è necessaria la costituzione in mora:
1) quando il debito deriva da fatto illecito (2043 e seguenti);
2) quando il debitore ha dichiarato per iscritto di non volere
eseguire l'obbligazione;
3) quando è scaduto il termine, se la prestazione deve essere
eseguita al domicilio del creditore (1183-1). Se il termine scade
dopo la morte del debitore, gli eredi non sono costituiti in mora
che mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto, e decorsi
otto giorni dall'intimazione o dalla richiesta.
Art. 1220 Offerta non formale
Il debitore non può essere considerato in mora, se tempestivamente
ha fatto offerta della prestazione dovuta, anche senza osservare le
forme indicate nella sezione III del precedente capo, a meno che il
creditore l'abbia rifiutata per un motivo legittimo.
Art. 1221 Effetti della mora sul rischio
Il debitore che è in mora non è liberato per la sopravvenuta
impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non
imputabile, se non prova che l'oggetto della prestazione sarebbe
ugualmente perito presso il creditore.
In qualunque modo sia perita o smarrita una cosa illecitamente
sottratta, la perdita di essa non libera chi l'ha sottratta
dall'obbligo di restituirne il valore.
Art. 1222 Inadempimento di obbligazioni negative
Le disposizioni sulla mora non si applicano alle obbligazioni di non
fare; ogni fatto compiuto in violazione di queste costituisce di per
sé inadempimento.
Art. 1223 Risarcimento del danno
Il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve
comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato
guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta (1382,
1479, 2056 e seguenti).
Art. 1224 Danni nelle obbligazioni pecuniarie
Nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro (1277 e
seguenti), sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali,
anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore
non prova di aver sofferto alcun danno. Se prima della mora erano
dovuti interessi in misura superiore a quella legale (1284), gli
interessi moratori sono dovuti nella stessa misura.
Al creditore che dimostra (2697) di aver subito un danno maggiore
spetta l'ulteriore risarcimento Questo non è dovuto se è stata
convenuta la misura degli interessi moratori.
Art. 1225 Prevedibilità del danno
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Contract/Alpa-1995/alpa.html>
Se l'inadempimento o il ritardo non dipende da dolo del debitore, il
risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in
cui è sorta l'obbligazione.
Art. 1226 Valutazione equitativa del danno
Se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è
liquidato dal giudice con valutazione equitativa (2056 e seguenti).
Art. 1227 Concorso del fatto colposo del creditore
Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno,
il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e
l'entità delle conseguenze che ne sono derivate.
Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe
potuto evitare usando l'ordinaria diligenza (2056 e seguenti).
Art. 1228 Responsabilità per fatto degli ausiliari
Salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell'adempimento
dell'obbligazione si vale dell'opera di terzi, risponde anche dei
fatti dolosi o colposi di costoro.
Art. 1229 Clausole di esonero da responsabilità
E' nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la
responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave (1490, 1579,
1681, 1694, 1713, 1784, 1838, 1900).
E' nullo (1421 e seguenti) altresì qualsiasi patto preventivo di
esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il
fatto del debitore o dei suoi ausiliari (1580) costituisca
violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico (prel.
31).
CAPO IV
Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall'adempimento
SEZIONE I
Della novazione
Art. 1230 Novazione oggettiva
L'obbligazione si estingue quando le parti sostituiscono
all'obbligazione originaria una nuova obbligazione con oggetto o
titolo diverso.
La volontà di estinguere l'obbligazione precedente deve risultare in
modo non equivoco.
Art. 1231 Modalità che non importano novazione
Il rilascio di un documento o la sua rinnovazione, l'apposizione o
l'eliminazione di un termine è ogni altra modificazione accessoria
dell'obbligazione non producono novazione.
Art. 1232 Privilegi, pegno e ipoteche
I privilegi, il pegno e le ipoteche del credito originario si
estinguono, se le parti non convengono espressamente di mantenerli
per il nuovo credito (2878).
Art. 1233 Riserva delle garanzie nelle obbligazioni solidali
Se la novazione si effettua tra il creditore e uno dei debitori in
solido con effetto liberatorio per tutti (1300), i privilegi, il
pegno e le ipoteche del credito anteriore possono essere riservati
soltanto sui beni del debitore che fa la novazione.
Art. 1234 Inefficacia della novazione
La novazione è senza effetto, se non esisteva l'obbligazione
originaria (2881).
Qualora l'obbligazione originaria derivi da un titolo annullabile
(1425 e seguenti), la novazione è valida se il debitore ha assunto
validamente il nuovo debito conoscendo il vizio del titolo
originario (1444).
Art. 1235 Novazione soggettiva
Quando un nuovo debitore è sostituito a quello originario che viene
liberato, si osservano le norme contenute nel capo VI di questo
titolo (1268 e seguenti).
SEZIONE II
Della remissione
Art. 1236 Dichiarazione di remissione del debito
La dichiarazione del creditore di rimettere il debito estingue
l'obbligazione quando è comunicata al debitore (1334), salvo che
questi dichiari in un congruo termine di non volerne profittare.
Art. 1237 Restituzione volontaria del titolo
La restituzione volontaria del titolo originale del credito, fatta
dal creditore al debitore, costituisce prova della liberazione
(2726) anche rispetto ai condebitori in solido (1301).
Se il titolo del credito è in forma pubblica (2699), la consegna
volontaria della copia spedita in forma esecutiva (2714; Cod. Proc.
Civ. 475) fa presumere la liberazione, salva la prova contraria
(2697).
Art. 1238 Rinunzia alle garanzie
La rinunzia alle garanzie dell'obbligazione non fa presumere la
remissione del debito.
Art. 1239 Fideiussori
La remissione accordata al debitore principale libera i fideiussori
(1936, 1945).
La remissione accordata a uno dei fideiussori non libera gli altri
che per la parte del fideiussore liberato. Tuttavia se gli altri
fideiussori hanno consentito la liberazione, essi rimangono
obbligati per l'intero.
Art. 1240 Rinunzia a una garanzia verso corrispettivo
Il creditore che ha rinunziato, verso corrispettivo, alla garanzia
prestata da un terzo deve imputare al debito principale quanto ha
ricevuto, a beneficio del debitore e di coloro che hanno prestato
garanzia per l'adempimento dell'obbligazione.
SEZIONE III
Della compensazione
Art. 1241 Estinzione per compensazione
Quando due persone sono obbligate l'una verso l'altra, i due debiti
si estinguono per le quantità corrispondenti, secondo le norme degli
articoli che seguono (2917).
Art. 1242 Effetti della compensazione
La compensazione estingue i due debiti dal giorno della loro
coesistenza. Il giudice non può rilevarla d'ufficio.
La prescrizione (2934 e seguenti) non impedisce la compensazione, se
non era compiuta quando si è verificata la coesistenza dei due
debiti.
Art. 1243 Compensazione legale e giudiziale
La compensazione si verifica solo tra due debiti che hanno per
oggetto una somma di danaro o una quantità di cose fungibili dello
stesso genere e che sono ugualmente liquidi ed esigibili.
Se il debito opposto in compensazione non è liquido ma è di facile e
pronta liquidazione, il giudice può dichiarare la compensazione per
la parte del debito che riconosce esistente, e può anche sospendere
la condanna per il credito liquido fino all'accertamento del credito
opposto in compensazione.
Art. 1244 Dilazione
La dilazione concessa gratuitamente dal creditore non è di ostacolo
alla compensazione.
Art. 1245 Debiti non pagabili nello stesso luogo
Quando i due debiti non sono pagabili nello stesso luogo, si devono
computare le spese del trasporto al luogo del pagamento (1182,
1196).
Art. 1246 Casi in cui la compensazione non si verifica
La compensazione si verifica qualunque sia il titolo dell'uno o
dell'altro debito, eccettuati i casi:
1) di credito per la restituzione di cose di cui il proprietario sia
stato ingiustamente spogliato (1168);
2) di credito per la restituzione di cose depositate (1766 e
seguenti) o date in comodato (1803 e seguenti);
3) di credito dichiarato impignorabile (1881, 1923-l; Cod. Proc.
Civ. 545);
4) di rinunzia alla compensazione fatta preventivamente dal
debitore;
5) di divieto stabilito dalla legge (447, 248; 1272, 2271).
Art. 1247 Compensazione opposta da terzi garanti
Il fideiussore può opporre in compensazione il debito che il
creditore ha verso il debitore principale (1945).
Lo stesso diritto spetta al terzo che ha costituito un'ipoteca o un
pegno (2859, 2870).
Art. 1248 Inopponibilità della compensazione
Il debitore, se ha accettato puramente e semplicemente la cessione
che il creditore ha fatto delle sue ragioni a un terzo (1263 e
seguente), non può opporre al cessionario la compensazione che
avrebbe potuto opporre al cedente (1272, 2805).
La cessione non accettata dal debitore, ma a questo notificata,
impedisce la compensazione dei crediti sorti posteriormente alla
notificazione.
Art. 1249 Compensazione di più debiti
Quando una persona ha verso un'altra più debiti compensabili, si
osservano per la compensazione le disposizioni del secondo comma
dell'art. 1193.
Art. 1250 Compensazione rispetto ai terzi
La compensazione non si verifica in pregiudizio dei terzi che hanno
acquistato diritti di usufrutto o di pegno su uno dei crediti
(2917).
Art. 1251 Garanzie annesse al credito
Chi ha pagato un debito mentre poteva invocare la compensazione non
può più valersi, in pregiudizio dei terzi, dei privilegi e delle
garanzie a favore del suo credito, salvo che abbia ignorato
l'esistenza di questo per giusti motivi.
Art. 1252 Compensazione volontaria
Per volontà delle parti può avere luogo compensazione anche se non
ricorrono le condizioni previste dagli articoli precedenti.
Le parti possono anche stabilire preventivamente le condizioni di
tale compensazione.
SEZIONE IV
Della confusione
Art. 1253 Effetti della confusione
Quando le qualità di creditore e di debitore si riuniscono (470,
490) nella stessa persona, l'obbligazione si estingue, e i terzi che
hanno prestato garanzia per il debitore sono liberati.
Art. 1254 Confusione rispetto ai terzi
La confusione non opera in pregiudizio dei terzi che hanno
acquistato diritti di usufrutto o di pegno sul credito (2917).
Art. 1255 Riunione delle qualità di fideiussore e di debitore
Se nella medesima persona si riuniscono le qualità di fideiussore
(1936) e di debitore principale, la fideiussione resta in vita,
purché il creditore vi abbia interesse.
SEZIONE V
Dell'impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore
Art. 1256 Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea
L'obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al
debitore, la prestazione diventa impossibile (1218, 1463 e
seguenti).
Se l'impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa
perdura, non è responsabile del ritardo nell'adempimento. Tuttavia
l'obbligazione si estingue se l'impossibilità perdura fino a quando,
in relazione al titolo dell'obbligazione o alla natura dell'oggetto,
il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la
prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla
(1174).
Art. 1257 Smarrimento di cosa determinata
La prestazione che ha per oggetto una cosa determinata si considera
divenuta impossibile anche quando la cosa è smarrita senza che possa
esserne provato il perimento.
In caso di successivo ritrovamento della cosa, si applicano le
disposizioni del secondo comma dell'articolo precedente.
Art. 1258 Impossibilità parziale
Se la prestazione è divenuta impossibile solo in parte, il debitore
si libera dall'obbligazione eseguendo la prestazione per la parte
che è rimasta possibile (1464, 2175).
La stessa disposizione si applica quando, essendo dovuta una cosa
determinata, questa ha subìto un deterioramento, o quando residua
alcunché dal perimento totale della cosa (994 e seguenti).
Art. 1259 Subingresso del creditore nei diritti del debitore
Se la prestazione che ha per oggetto una cosa determinata è divenuta
impossibile, in tutto o in parte, il creditore subentra nei diritti
spettanti al debitore in dipendenza del fatto che ha causato
l'impossibilità (1203), e può esigere dal debitore la prestazione di
quanto questi abbia conseguito a titolo di risarcimento (1780).
CAPO V
Della cessione dei crediti
(vedere anche Legge 21 febbraio 1991, n. 52, Leggi Speciali,
Factoring.
Art. 1260 Cedibilità dei crediti
Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo
credito (1198) anche senza il consenso del debitore, purché il
credito non abbia carattere strettamente personale o il
trasferimento non sia vietato dalla legge (323, 447, 1823).
Le parti possono escludere la cedibilità del credito; ma il patto
non è opponibile al cessionario, se non si prova che egli lo
conosceva al tempo della cessione.
Art. 1261 Divieti di cessione
I magistrati dell'ordine giudiziario, i funzionari delle cancellerie
e segreterie giudiziarie, gli ufficiali giudiziari, gli avvocati, i
procuratori, i patrocinatori e i notai non possono, neppure per
interposta persona, rendersi cessionari di diritti sui quali è sorta
contestazione davanti l'autorità giudiziaria di cui fanno parte o
nella cui giurisdizione esercitano le loro funzioni, sotto pena di
nullità e dei danni (1421 e seguenti, 2043).
La disposizione del comma precedente non si applica alle cessioni di
azioni ereditarie tra coeredi, ne a quelle fatte in pagamento di
debiti o per difesa di beni posseduti dal cessionario.
Art. 1262 Documenti probatori del credito
Il cedente deve consegnare al cessionario i documenti probatori del
credito che sono in suo possesso.
Se è stata ceduta solo una parte del credito, il cedente è tenuto a
dare al cessionario una copia autentica (2703) dei documenti.
Art. 1263 Accessori del credito
Per effetto della cessione, il credito è trasferito al cessionario
con i privilegi, con le garanzie personali e reali (2843) e con gli
altri accessori.
Il cedente non può trasferire al cessionario, senza il consenso del
costituente, il possesso della cosa ricevuta in pegno; in caso di
dissenso, il cedente rimane custode del pegno (1204).
Salvo patto contrario, la cessione non comprende. i frutti scaduti
(820 e seguente).
Art. 1264 Efficacia della cessione riguardo al debitore ceduto
La cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando
questi l'ha accettata o quando gli è stata notificata (967-2, 1248,
1407-1, 2914).
Tuttavia, anche prima della notificazione, il debitore che paga al
cedente non è liberato, se il cessionario prova che il debitore
medesimo era a conoscenza dell'avvenuta cessione (1978, 2559).
Art. 1265 Efficacia della cessione riguardo ai terzi
Se il medesimo credito ha formato oggetto di più cessioni a persone
diverse, prevale la cessione notificata (Cod. Proc. Civ. 137) per
prima al debitore, o quella che è stata prima accettata dal debitore
con atto di data certa (2704), ancorché essa sia di data posteriore
(2559).
La stessa norma si osserva quando il credito ha formato oggetto di
costituzione di usufrutto o di pegno (1978, 2914).
Art. 1266 Obbligo di garanzia del cedente
Quando la cessione è a titolo oneroso, il cedente è tenuto a
garantire l'esistenza del credito al tempo della cessione. La
garanzia può essere esclusa per patto, ma il cedente resta sempre
obbligato per il fatto proprio.
Se la cessione è a titolo gratuito, la garanzia è dovuta solo nei
casi e nei limiti in cui la legge pone a carico del donante la
garanzia per l'evizione (797).
Art. 1267 Garanzia della solvenza del debitore
Il cedente non risponde della solvenza del debitore, salvo che ne
abbia assunto la garanzia (2255). In questo caso egli risponde nei
limiti di quanto ha ricevuto, deve inoltre corrispondere gli
interessi, rimborsare le spese della cessione e quelle che il
cessionario abbia sopportate per escutere il debitore, è risarcire
il danno. Ogni patto diretto ad aggravare la responsabilità del
cedente è senza effetto (1421 e seguente).
Quando il cedente ha garantito la solvenza del debitore, la garanzia
cessa, se la mancata realizzazione del credito per insolvenza del
debitore è dipesa da negligenza del cessionario nell'iniziare o nel
proseguire le istanze contro il debitore stesso (1198).
CAPO VI
Della delegazione, dell'espromissione e dell'accollo
Art. 1268 Delegazione cumulativa
Se il debitore assegna al creditore un nuovo debitore, il quale si
obbliga verso il creditore, il debitore originario non è liberato
dalla sua obbligazione, salvo che il creditore dichiari
espressamente di liberarlo (1274 e seguenti).
Tuttavia il creditore che ha accettato l'obbligazione del terzo non
può rivolgersi al delegante, se prima non ha richiesto al delegato
l'adempimento.
Art. 1269 Delegazione di pagamento
Se il debitore per eseguire il pagamento ha delegato un terzo,
questi può obbligarsi verso il creditore, salvo che il debitore
l'abbia vietato.
Il terzo delegato per eseguire il pagamento non è tenuto ad
accettare l'incarico, ancorché sia debitore del delegante. Sono
salvi. gli usi diversi.
Art. 1270 Estinzione della delegazione
Il delegante può revocare la delegazione, fino a quando il delegato
non abbia assunto l'obbligazione in confronto del delegatario o non
abbia eseguito il pagamento a favore di questo.
Il delegato può assumere l'obbligazione o eseguire il pagamento a
favore del delegatario anche dopo la morte o la sopravvenuta
incapacità del delegante.
Art. 1271 Eccezioni opponibili dal delegato
Il delegato può opporre al delegatario le eccezioni relative ai suoi
rapporti con questo.
Se le parti non hanno diversamente pattuito, il delegato non può
opporre al delegatario, benché questi ne fosse stato a conoscenza,
le eccezioni che avrebbe potuto opporre al delegante, salvo che sia
nullo il rapporto tra delegante e delegatario.
Il delegato non può neppure opporre le eccezioni relative al
rapporto tra il delegante e il delegatario, se ad esso le parti non
hanno fatto espresso riferimento.
Art. 1272 Espromissione
Il terzo che, senza delegazione del debitore (1180), ne assume verso
il creditore il debito, è obbligato in solido col debitore
originario, se il creditore non dichiara espressamente di liberare
quest'ultimo.
Se non si è convenuto diversamente, il terzo non può opporre al
creditore le eccezioni relative ai suoi rapporti col debitore
originario.
Può opporgli invece le eccezioni che al creditore avrebbe potuto
opporre il debitore originario, se non sono personali a quest'ultimo
e non derivano da fatti successivi all'espromissione. Non può
opporgli la compensazione che avrebbe potuto opporre il debitore
originario, quantunque si sia verificata prima dell'espromissione.
Art. 1273 Accollo
Se il debitore e un terzo convengono che questi assuma il debito
dell'altro, il creditore può aderire alla convenzione, rendendo
irrevocabile la stipulazione a suo favore (1411).
L'adesione del creditore importa liberazione del debitore originario
solo se ciò costituisce condizione espressa della stipulazione o se
il creditore dichiara espressamente di liberarlo.
Se non vi è liberazione del debitore, questi rimane obbligato in
solido col terzo.
In ogni caso il terzo è obbligato verso il creditore che ha aderito
alla stipulazione nei limiti in cui ha assunto il debito, e può
opporre al creditore le eccezioni fondate sul contratto in base al
quale l'assunzione è avvenuta (1413).
Art. 1274 Insolvenza del nuovo debitore
Il creditore che, in seguito a delegazione, ha liberato il debitore
originario, non ha azione contro di lui se il delegato diviene
insolvente, salvo che ne abbia fatto espressa riserva.
Tuttavia, se il delegato era insolvente al tempo in cui assunse il
debito in confronto del creditore, il debitore originario non è
liberato.
Le medesime disposizioni si osservano quando il creditore ha aderito
all'accollo stipulato a suo favore e la liberazione del debitore
originario era condizione espressa della stipulazione.
Art. 1275 Estinzione delle garanzie
In tutti i casi nei quali il creditore libera il debitore
originario, si estinguono le garanzie annesse al credito, se colui
che le ha prestate non consente espressamente a mantenerle (1232,
2878).
Art. 1276 Invalidità della nuova obbligazione
Se l'obbligazione assunta dal nuovo debitore verso il creditore è
dichiarata nulla o annullata, e il creditore aveva liberato il
debitore originario, l'obbligazione di questo rivive, ma il
creditore non può valersi delle garanzie prestate da terzi (2881).
CAPO VII
Di alcune specie di obbligazioni
SEZIONE I
Delle obbligazioni pecuniarie
Art. 1277 Debito di somma di danaro
I debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale
nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale.
Se la somma dovuta era determinata in una moneta che non ha più
corso legale al tempo del pagamento, questo deve farsi in moneta
legale ragguagliata per valore alla prima.
Art. 1278 Debito di somma di monete non aventi corso legale
Se la somma dovuta è determinata in una moneta non avente corso
legale nello Stato, il debitore ha facoltà di pagare in moneta
legale al corso del cambio nel giorno della scadenza e nel luogo
stabilito per il pagamento (1182).
Art. 1279 Clausola di pagamento effettivo in monete non aventi corso
legale
La disposizione dell'articolo precedente non si applica, se la
moneta non avente corso legale nello Stato è indicata con la
clausola "effettivo" o altra equivalente, salvo che alla scadenza
dell'obbligazione non sia possibile procurarsi tale moneta.
Art. 1280 Debito di specie monetaria avente valore intrinseco
Il pagamento deve farsi con una specie di moneta avente valore
intrinseco, se così è stabilito dal titolo costitutivo del debito,
sempreché la moneta avesse corso legale al tempo in cui
l'obbligazione fu assunta.
Se però la moneta non è reperibile, o non ha più corso, o ne è
alterato il valore intrinseco, il pagamento si effettua con moneta
corrente che rappresenti il valore intrinseco che la specie
monetaria dovuta aveva al tempo in cui l'obbligazione fu assunta.
Art. 1281 Leggi speciali
Le norme che precedono si osservano in quanto non siano in contrasto
con i princìpi derivanti da leggi speciali.
Sono salve le disposizioni particolari concernenti pagamenti da
farsi fuori del territorio dello Stato.
Art. 1282 Interessi nelle obbligazioni pecuniarie
I crediti liquidi ed esigibili di somme di danaro producono
interessi di pieno diritto, salvo che la legge o il titolo
stabiliscano diversamente (2948 n. 4; Cod. Proc. Civ.161).
Salvo patto contrario, i crediti per fitti e pigioni (1639, 1587)
non producono interessi se non dalla costituzione in mora (1219).
Se il credito ha per oggetto rimborso di spese fatte per cose da
restituire, non decorrono interessi per il periodo di tempo in cui
chi ha fatto le spese abbia goduto della cosa senza corrispettivo e
senza essere tenuto a render conto del godimento.
Art. 1283 Anatocismo
In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre
interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di
convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di
interessi dovuti almeno per sei mesi (att. 162).
Art. 1284 Saggio degli interessi
Il saggio degli interessi legali è del dieci per cento in ragione di
anno (att. 161).
Allo stesso saggio si computano gli interessi convenzionali, se le
parti non ne hanno determinato la misura.
Gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati
per iscritto; altrimenti sono dovuti nella misura legale (1815,
1950, 2725).
NOTA Articolo così modificato dall'art. 1, Legge 26 novembre 1990,
n. 353, in vigore dal 16 dicembre 1990. Gli interessi legali,
precedentemente, erano del 5%.
SEZIONE II
Delle obbligazioni alternative
Art. 1285 Obbligazione alternativa
Il debitore di un'obbligazione alternativa si libera eseguendo una
delle due prestazioni dedotte in obbligazione, ma non può
costringere il creditore a ricevere parte dell'una e parte
dell'altra (1181).
Art. 1286 Facoltà di scelta
La scelta spetta al debitore, se non è stata attribuita al creditore
o ad un terzo (665).
La scelta diviene irrevocabile con l'esecuzione di una delle due
prestazioni, ovvero con la dichiarazione di scelta, comunicata
all'altra parte, o ad entrambe se la scelta è fatta da un terzo
(666).
Se la scelta deve essere fatta da più persone, il giudice può
fissare loro un termine. Se la scelta non è fatta nel termine
stabilito, essa è fatta dal giudice (att. 81).
Art. 1287 Decadenza dalla facoltà di scelta
Quando il debitore, condannato alternativamente a due prestazioni,
non ne esegue alcuna nel termine assegnatogli dal giudice, la scelta
spetta al creditore.
Se la facoltà di scelta spetta al creditore e questi non l'esercita
nel termine stabilito o in quello fissatogli dal debitore, la scelta
passa a quest'ultimo.
Se la scelta è rimessa a un terzo e questi non la fa nel termine
assegnatogli, essa è fatta dal giudice (631, 664; att. 81).
Art. 1288 Impossibilità di una delle prestazioni
L'obbligazione alternativa si considera semplice, se una delle due
prestazioni non poteva formare oggetto di obbligazione (1346 e
seguenti) o se è divenuta impossibile per causa non imputabile ad
alcuna delle parti (1256 e seguenti).
Art. 1289 Impossibilità colposa di una delle prestazioni
Quando la scelta spetta al debitore, l'obbligazione alternativa
diviene semplice, se una delle due prestazioni diventa impossibile
anche per causa a lui imputabile. Se una delle due prestazioni
diviene impossibile per colpa del creditore, il debitore è liberato
dall'obbligazione, qualora non preferisca eseguire l'altra
prestazione e chiedere il risarcimento dei danni.
Quando la scelta spetta al creditore, il debitore è liberato
dall'obbligazione, se una delle due prestazioni diviene impossibile
per colpa del creditore, salvo che questi preferisca esigere l'altra
prestazione e risarcire il danno. Se dell'impossibilità deve
rispondere il debitore, il creditore può scegliere l'altra
prestazione o esigere il risarcimento del danno (1223).
Art. 1290 Impossibilità sopravvenuta di entrambe le prestazioni
Qualora entrambe le prestazioni siano divenute impossibili (1257) e
il debitore debba rispondere riguardo a una di esse, egli deve
pagare l'equivalente di quella che è divenuta impossibile per
l'ultima, se la scelta spettava a lui. Se la scelta spettava al
creditore, questi può domandare l'equivalente dell'una o dell'altra.
Art. 1291 Obbligazione con alternativa multipla
Le regole stabilite in questa sezione si osservano anche quando le
prestazioni dedotte in obbligazione sono più di due.
Art. 1292 Nozione della solidarietà
L'obbligazione e in solido quando più debitori sono obbligati tutti
per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere
costretto all'adempimento per la totalità e l'adempimento da parte
di uno libera gli altri; oppure quando tra più creditori ciascuno ha
diritto di chiedere l'adempimento dell'intera obbligazione e
l'adempimento conseguito da uno di essi libera il debitore verso
tutti i creditori.
Art. 1293 Modalità varie dei singoli rapporti
La solidarietà non è esclusa dal fatto che i singoli debitori siano
tenuti ciascuno con modalità diverse, o il debitore comune sia
tenuto con modalità diverse di fronte ai singoli creditori.
Art. 1294 Solidarietà tra condebitori
I condebitori sono tenuti in solido, se dalla legge o dal titolo non
risulta diversamente (441, 443, 752, 754, 961, 1314, 1408, 1682,
1944, 1948, 2150, 2268, 2304, 2513, 2670).
Art. 1295 Divisibilità tra gli eredi
Salvo patto contrario, l'obbligazione si divide (1261, 1318) tra gli
eredi di uno dei condebitori o di uno dei creditori in solido, in
proporzione delle rispettive quote (752, 754).
Art. 1296 Scelta del creditore per il pagamento
Il debitore ha la scelta di pagare all'uno o all'altro dei creditori
in solido, quando non è stato prevenuto da uno di essi con domanda
giudiziale (Cod. Proc. Civ. 163).
Art. 1297 Eccezioni personali
Uno dei debitori in solido non può opporre al creditore le eccezioni
personali agli altri debitori.
A uno dei creditori in solido il debitore non può opporre le
eccezioni personali agli altri creditori.
Art. 1298 Rapporti interni tra debitori o creditori solidali
Nei rapporti interni l'obbligazione in solido si divide tra i
diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata
contratta nell'interesse esclusivo di alcuno di essi.
Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta
diversamente.
Art. 1299 Regresso tra condebitori
Il debitore in solido che ha pagato l'intero debito può ripetere dai
condebitori soltanto la parte di ciascuno di essi (2871).
Se uno di questi è insolvente, la perdita si ripartisce per
contributo tra gli altri condebitori, compreso quello che ha fatto
il pagamento (754, 755).
La stessa norma si applica qualora sia insolvente il condebitore nel
cui esclusivo interesse l'obbligazione era stata assunta (1203 n.
3).
Art. 1300 Novazione
La novazione tra il creditore e uno dei debitori in solido libera
gli altri debitori. Qualora però si sia voluto limitare la novazione
a uno solo dei debitori, gli altri non sono liberati che per la
parte di quest'ultimo.
Se convenuta tra uno dei creditori in solido e il debitore, la
novazione ha effetto verso gli altri creditori solo per la parte del
primo (1230 e seguenti, 1268 e seguenti).
Art. 1301 Remissione
La remissione (1236 e seguenti) a favore di uno dei debitori in
solido libera anche gli altri debitori, salvo che il creditore abbia
riservato il suo diritto verso gli altri, nel qual caso il creditore
non può esigere il credito da questi, se non detratta la parte del
debitore a favore del quale ha consentito la remissione.
Se la remissione è fatta da uno dei creditori in solido, essa libera
il debitore verso gli altri creditori solo per la parte spettante al
primo.
Art. 1302 Compensazione
Ciascuno dei debitori in solido può opporre in compensazione (1241 e
seguenti) il credito di un condebitore solo fino alla concorrenza
della parte di quest'ultimo.
A uno dei creditori in solido il debitore può opporre in
compensazione ciò che gli è dovuto da un altro dei creditori, ma
solo per la parte di questo.
Art. 1303 Confusione
Se nella medesima persona si riuniscono (1253) le qualità di
creditore e di debitore in solido, l'obbligazione degli altri
debitori si estingue per la parte di quel condebitore.
Se nella medesima persona si riuniscono le qualità di debitore e di
creditore in solido, l'obbligazione si estingue per la parte di
questo.
Art. 1304 Transazione
La transazione (1965 e seguenti) fatta dal creditore con uno dei
debitori in solido non produce effetto nei confronti degli altri, se
questi non dichiarano di volerne profittare.
Parimenti, se è intervenuta tra uno dei creditori in solido e il
debitore, la transazione non ha effetto nei confronti degli altri
creditori, se questi non dichiarano di volerne profittare.
Art. 1305 Giuramento
Il giuramento (2736 e seguenti) sul debito e non sul vincolo
solidale, deferito da uno dei debitori in solido al creditore o da
uno dei creditori in solido al debitore, ovvero dal creditore a uno
dei debitori in solido o dal debitore o uno dei creditori in solido,
produce gli effetti seguenti:
il giuramento ricusato dal creditore o dal debitore, ovvero prestato
dal condebitore o dal concreditore in solido, giova agli altri
condebitori o concreditori;
il giuramento prestato dal creditore o dal debitore, ovvero ricusato
dal condebitore in solido, nuoce solo a chi lo ha deferito o a colui
al quale è stato deferito.
Art. 1306 Sentenza
La sentenza (2900) pronunziata tra il creditore e uno dei debitori
in solido, o tra il debitore e uno dei creditori in solido, non ha
effetto contro gli altri debitori o contro gli altri creditori.
Gli altri debitori possono opporla al creditore, salvo che sia
fondata sopra ragioni personali al condebitore, gli altri creditori
possono farla valere contro il debitore, salve le eccezioni
personali che questi può opporre a ciascuno di essi.
Art. 1307 Inadempimento
Se l'adempimento dell'obbligazione è divenuto impossibile per causa
imputabile a uno o più condebitori (1218), gli altri condebitori non
sono liberati dall'obbligo solidale di corrispondere il valore della
prestazione dovuta. Il creditore può chiedere il risarcimento del
danno ulteriore al condebitore o a ciascuno dei condebitori
inadempienti.
Art. 1308 Costituzione in mora
La costituzione in mora (1219) di uno dei debitori in solido non ha
effetto riguardo agli altri, salvo il disposto dell'art. 1310.
La costituzione in mora del debitore da parte di uno dei creditori
in solido giova agli altri.
Art. 1309 Riconoscimento del debito
Il riconoscimento del debito fatto da uno dei debitori in solido non
ha effetto riguardo agli altri; se è fatto dal debitore nei
confronti di uno dei creditori in solido, giova agli altri.
Art. 1310 Prescrizione
Gli atti con i quali il creditore interrompe la prescrizione contro
uno dei debitori in solido, oppure uno dei creditori in solido
interrompe la prescrizione (2943 e seguenti) contro il comune
debitore, hanno effetto riguardo agli altri debitori o agli altri
creditori.
La sospensione della prescrizione (2941 e seguente) nei rapporti di
uno dei debitori o di uno dei creditori in solido non ha effetto
riguardo agli altri. Tuttavia il debitore che sia stato costretto a
pagare ha regresso contro i condebitori liberati in conseguenza
della prescrizione.
La rinunzia alla prescrizione (2937) fatta da uno dei debitori in
solido non ha effetto riguardo agli altri; fatta in confronto di uno
dei creditori in solido, giova agli altri. Il condebitore che ha
rinunziato alla prescrizione non ha regresso verso gli altri
debitori liberati in conseguenza della prescrizione medesima.
Art. 1311 Rinunzia alla solidarietà
Il creditore che rinunzia alla solidarietà a favore di uno dei
debitori conserva l'azione in solido contro gli altri.
Rinunzia alla solidarietà:
1) il creditore che rilascia a uno dei debitori quietanza per la
parte di lui senza alcuna riserva;
2) il creditore che ha agito giudizialmente contro uno dei debitori
per la parte di lui se questi ha aderito alla domanda, o se è stata
pronunciata una sentenza di condanna (Cod. Proc. Civ. 324).
Art. 1312 Pagamento separato dei frutti o degli interessi
Il creditore che riceve, separatamente e senza riserva, la parte dei
frutti o degli interessi che è a carico di uno dei debitori perde
contro di lui l'azione in solido per i frutti o per gli interessi
scaduti, ma la conserva per quelli futuri.
Art. 1313 Insolvenza di un condebitore in caso di rinunzia alla
solidarietà
Nel caso di rinunzia del creditore alla solidarietà verso alcuno dei
debitori, se uno degli altri è insolvente, la sua parte di debito è
ripartita per contributo tra tutti i condebitori, compreso quello
che era stato liberato dalla solidarietà.
SEZIONE IV
Delle obbligazioni divisibili e indivisibili
Art. 1314 Obbligazioni divisibili
Se più sono i debitori o i creditori di una prestazione divisibile e
l'obbligazione non è solidale (1292), ciascuno dei creditori non può
domandare il soddisfacimento del credito che per la sua parte, e
ciascuno dei debitori non è tenuto a pagare il debito che per la sua
parte.
Art. 1315 Limiti alla divisibilità tra gli eredi del debitore
Il beneficio della divisione (752) non può essere opposto da quello
tra gli eredi del debitore, che è stato incaricato di eseguire la
prestazione o che è in possesso della cosa dovuta, se questa è certa
e determinata.
Art. 1316 Obbligazioni indivisibili
L'obbligazione è indivisibile, quando la prestazione ha per oggetto
una cosa o un fatto che non è suscettibile di divisione per sua
natura o per il modo in cui è stato considerato dalle parti
contraenti.
Art. 1317 Disciplina delle obbligazioni indivisibili
Le obbligazioni indivisibili sono regolate dalle norme relative alle
obbligazioni solidali (1292 e seguenti), in quanto applicabili,
salvo quanto è disposto dagli articoli seguenti.
Art. 1318 Indivisibilità nei confronti degli eredi
L'indivisibilità opera anche nei confronti degli eredi del debitore
o di quelli del creditore.
Art. 1319 Diritto di esigere l'intero
Ciascuno dei creditori può esigere l'esecuzione della intera
prestazione indivisibile (1772). Tuttavia l'erede del creditore, che
agisce per il soddisfacimento dell'intero credito, deve dare
cauzione a garanzia dei coeredi (1179).
Art. 1320 Estinzione parziale
Se uno dei creditori ha fatto remissione del debito (1236 e
seguenti) o ha consentito a ricevere un'altra il debitore non è
liberato verso gli altri creditori. Questi tuttavia non possono
domandare la prestazione indivisibile se non addebitandosi ovvero
rimborsando il valore della parte di colui che ha fatto la
remissione o che ha ricevuto la prestazione diversa.
La medesima disposizione si applica in caso di transazione (1965),
novazione (1230, 1300), compensazione (1241, 1302) e confusione
(1253, 1303).
TITOLO II
DEI CONTRATTI IN GENERALE
CAPO I
Disposizioni preliminari
Art. 1321 Nozione
Il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare
o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.
Art. 1322 Autonomia contrattuale
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Business/Frignani-1997/Mendel.htm>
Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto
nei limiti imposti dalla legge (e dalle norme corporative).
Le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai
tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a
realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento
giuridico.
Art. 1323 Norme regolatrici dei contratti
Tutti i contratti, ancorché non appartengano ai tipi che hanno una
disciplina particolare, sono sottoposti alle norme generali
contenute in questo titolo.
Art. 1324 Norme applicabili agli atti unilaterali
Salvo diverse disposizioni di legge le norme che regolano i
contratti si osservano, in quanto compatibili, per gli atti
unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale (1334, 1414).
CAPO II
Dei requisiti del contratto
Art. 1325 Indicazione dei requisiti
I requisiti del contratto sono:
1) l'accordo delle parti (1326 e seguenti, 1427);
2) la causa (1343 e seguenti);
3) l'oggetto (1346 e seguenti);
4) la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena
di nullità (1350 e seguenti).
SEZIONE I
Dell'accordo delle parti
Art. 1326 Conclusione del contratto
Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta
ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte (1335).
L'accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui
stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la natura
dell'affare o secondo gli usi.
Il proponente può ritenere efficace l'accettazione tardiva, purché
ne dia immediatamente avviso all'altra parte.
Qualora il proponente richieda per l'accettazione una forma
determinata, l'accettazione non ha effetto se è data in forma
diversa.
Un'accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova
proposta.
Art. 1327 Esecuzione prima della risposta dell'accettante
Qualora, su richiesta del proponente o per la natura dell'affare o
secondo gli usi, la prestazione debba eseguirsi senza una preventiva
risposta, il contratto è concluso nel tempo e nel luogo in cui ha
avuto inizio l'esecuzione.
L'accettante deve dare prontamente avviso all'altra parte
dell'iniziata esecuzione e, in mancanza, è tenuto al risarcimento
del danno.
Art. 1328 Revoca della proposta e dell'accettazione
La proposta può essere revocata finché il contratto non sia
concluso. Tuttavia, se l'accettante ne ha intrapreso in buona fede
l'esecuzione prima di avere notizia della revoca, il proponente è
tenuto a indennizzarlo delle spese e delle perdite subite per
l'iniziata esecuzione del contratto.
L'accettazione può essere revocata, purché la revoca giunga a
conoscenza del proponente prima dell'accettazione.
Art. 1329 Proposta irrevocabile
Se il proponente si è obbligato a mantenere ferma la proposta per un
certo tempo, la revoca è senza effetto.
Nell'ipotesi prevista dal comma precedente, la morte o la
sopravvenuta incapacità (414) del proponente non toglie efficacia
alla proposta, salvo che la natura dell'affare o altre circostanze
escludano tale efficacia.
Art. 1330 Morte o incapacità dell'imprenditore
La proposta o l'accettazione, quando è fatta dall'imprenditore
(2082) nell'esercizio della sua impresa, non perde efficacia se
l'imprenditore muore o diviene incapace (1425) prima della
conclusione del contratto, salvo che si tratti di piccoli
imprenditori (2082 e seguente) o che diversamente risulti dalla
natura dell'affare o da altre circostanze.
Art. 1331 Opzione
Quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla
propria dichiarazione e l'altra abbia facoltà di accettarla o meno,
la dichiarazione della prima si considera quale proposta
irrevocabile per gli effetti previsti dall'art. 1329.
Se per l'accettazione non è stato fissato un termine, questo può
essere stabilito dal giudice (1183).
Art. 1332 Adesione di altre parti al contratto
Se ad un contratto possono aderire altre parti e non sono
determinate le modalità dell'adesione, questa deve essere diretta
all'organo che sia stato costituito per l'attuazione del contratto
o, in mancanza di esso, a tutti i contraenti originali.
Art. 1333 Contratto con obbligazioni del solo proponente
La proposta diretta a concludere un contratto da cui derivino
obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile appena giunge a
conoscenza della parte alla quale è destinata.
Il destinatario può rifiutare la proposta nel termine richiesto
dalla natura dell'affare o dagli usi. In mancanza di tale rifiuto il
contratto è concluso.
Art. 1334 Efficacia degli atti unilaterali
Gli atti unilaterali (1991) producono effetto dal momento in cui
pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati.
Art. 1335 Presunzione di conoscenza
La proposta, l'accettazione, la loro revoca e ogni altra
dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano
conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del
destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa,
nell'impossibilità di averne notizia.
Art. 1336 Offerta al pubblico
L'offerta al pubblico, quando contiene gli estremi essenziali del
contratto alla cui conclusione è diretta, vale come proposta, salvo
che risulti diversamente dalle circostanze o dagli usi.
La revoca dell'offerta, se è fatta nella stessa forma dell'offerta o
in forma equipollente, è efficace anche in confronto di chi non ne
ha avuto notizia.
Art. 1337 Trattative e responsabilità precontrattuale
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Contract/Musy-1995/musy1.htm>
Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del
contratto, devono comportarsi secondo buona fede (1366,1375, 2208).
Art. 1338 Conoscenza delle cause d'invalidità
La parte che, conoscendo o dovendo conoscere l'esistenza di una
causa d'invalidità del contratto (1418 e seguenti), non ne ha dato
notizia all'altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa
risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del
contratto (1308).
Art. 1339 Inserzione automatica di clausole
Le clausole, i prezzi di beni o di servizi, imposti dalla legge (o
da norme corporative) sono di diritto inseriti nel contratto, anche
in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti (1419,
1679, 1815, 1932).
Art. 1340 Clausole d'uso
Le clausole d'uso s'intendono inserite nel contratto, se non risulta
che non sono state volute dalle parti.
Art. 1341 Condizioni generali di contratto
Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei
contraenti sono efficaci nei confronti dell'altro, se al momento
della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe
dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza (1370, 2211).
In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate
per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che
le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, (1229), facoltà di
recedere dal contratto(1373) o di sospenderne l'esecuzione, ovvero
sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze (2964 e
seguenti), limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni (1462),
restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi (1379,
2557, 2596), tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole
compromissorie (Cod. Proc. Civ. 808) o deroghe (Cod. Proc. Civ. 6)
alla competenza dell'autorità giudiziaria.
Art. 1342 Contratto concluso mediante moduli o formulari
Nei contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o
formulari, predisposti per disciplinare in maniera uniforme
determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte al modulo o
al formulario prevalgono su quelle del modulo o del formulario
qualora siano incompatibili con esse, anche se queste ultime non
sono state cancellate (1370).
Si osserva inoltre la disposizione del secondo comma dell'articolo
precedente.
SEZIONE II
Della causa del contratto
Art. 1343 Causa illecita
La causa è illecita quando è contraria a norme imperative,
all'ordine pubblico o al buon costume (prel. 1, 1418, 1972).
Art. 1344 Contratto in frode alla legge
Si reputa altresì illecita la causa quando il contratto costituisce
il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa.
Art. 1345 Motivo illecito
Il contratto è illecito quando le parti si sono determinate a
concluderlo esclusivamente per un motivo illecito comune ad entrambe
(788, 14182).
SEZIONE III
Dell'oggetto del contratto
Art. 1346 Requisiti
L'oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o
determinabile (1418).
Art. 1347 Possibilità sopravvenuta dell'oggetto
Il contratto sottoposto a condizione sospensiva o a termine (1814) è
valido, se la prestazione inizialmente impossibile diviene possibile
prima dell'avveramento della condizione o della scadenza del
termine.
Art. 1348 Cose future
La prestazione di cose future (820,1472, 2823) può essere dedotta in
contratto, salvi i particolari divieti della legge (179, 458, 771).
Art. 1349 Determinazione dell'oggetto
Se la determinazione della prestazione dedotta in contratto è
deferita a un terzo e non risulta che le parti vollero rimettersi al
suo mero arbitrio, il terzo deve procedere con equo apprezzamento.
Se manca la determinazione del terzo o se questa è manifestamente
iniqua o erronea, la determinazione è fatta dal giudice (778,1287,
1473, 2264, 2603).
La determinazione rimessa al mero arbitrio del terzo non si può
impugnare se non provando la sua mala fede. Se manca la
determinazione del terzo e le parti non si accordano per
sostituirlo, il contratto è nullo (1421 e seguenti).
Nel determinare la prestazione il terzo deve tener conto anche delle
condizioni generali della produzione a cui il contratto
eventualmente abbia riferimento.
SEZIONE IV
Della forma del contratto
Art. 1350 Atti che devono farsi per iscritto
Devono farsi per atto pubblico (2699 e seguenti) o per scrittura
privata (2702 e seguenti), sotto pena di nullità:
1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili (812,
2643)
2) i contratti che costituiscono, modificano o trasferiscono il
diritto di usufrutto (978 e seguenti) su beni immobili, il diritto
di superficie (952 e seguenti), il diritto del concedente e
dell'enfiteuta (957 e seguenti);
3) i contratti che costituiscono la comunione (1100 e seguenti) di
diritti indicati dai numeri precedenti;
4) i contratti che costituiscono o modificano le servitù prediali
(1027 e seguenti), il diritto di uso su beni immobili e il diritto
di abitazione (1021 e seguenti);
5) gli atti di rinunzia ai diritti indicati dai numeri precedenti;
6) i contratti di affrancazione del fondo enfiteutico (971);
7) i contratti di anticresi (1960 e seguenti);
8) i contratti di locazione di beni immobili per una durata
superiore a nove anni (1571 e seguenti);
9) i contratti di società (2247 e seguenti) o di associazione (2549
e seguenti) con i quali si conferisce il godimento di beni immobili
o di altri diritti reali immobiliari per un tempo eccedente i nove
anni o per un tempo indeterminato;
10) gli atti che costituiscono rendite perpetue (1861 e seguenti) o
vitalizie (1872 e seguenti), salve le disposizioni relative alle
rendite dello Stato (1871);
11) gli atti di divisione di beni immobili e di altri diritti reali
immobiliari (2646);
12) le transazioni (1965 e seguenti) che hanno per oggetto
controversie relative ai rapporti giuridici menzionati nei numeri
precedenti;
13) gli altri atti specialmente indicati dalla legge (14, 47, 162,
203, 209, 484, 519, 601 e seguenti, 782, 918, 1284, 1351, 1392,
1403, 1503, 1524, 1543, 1605, 1862, 1864, 1978, 2096, 2328, 2464,
2475, 2504, 2518, 2603, 2821, 2879, 2882; Cod. Proc. Civ.;807, 808;
Cod. Navig. 237, 249, 278, 328, 565, 852, 857).
Art. 1351 Contratto preliminare
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Contract/Nivarra/prelim.htm>
Il contratto preliminare è nullo (1421 e seguenti), se non è fatto
nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto
definitivo (2932).
Art. 1352 Forme convenzionali
Se le parti hanno convenuto per iscritto di adottare una determinata
forma per la futura conclusione di un contratto, si presume che la
forma sia stata voluta per la validità di questo (2725).
CAPO III
Della condizione nel contratto
Art. 1353 Contratto condizionale
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Contract/Bacin-1998/Condiz.htm>
Le parti possono subordinare l'efficacia o la risoluzione del
contratto o di un singolo patto a un avvenimento futuro e incerto.
Art. 1354 Condizioni illecite o impossibili
E nullo il contratto (1421 e seguenti) al quale è apposta una
condizione, sospensiva o risolutiva, contraria a norme imperative,
all'ordine pubblico o al buon costume (prel. 31).
La condizione impossibile rende nullo il contratto se è sospensiva;
se è risolutiva, si ha come non apposta (634).
Se la condizione illecita o impossibile è apposta a un patto singolo
del contratto, si osservano, riguardo all'efficacia del patto, le
disposizioni dei commi precedenti, fermo quanto è disposto dall'art.
1419.
Art. 1355 Condizione meramente potestativa
E' nulla l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un obbligo
subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere
dalla mera volontà dell'alienante o, rispettivamente, da quella del
debitore.
Art. 1356 Pendenza della condizione
In pendenza della condizione sospensiva l'acquirente di un diritto
può 2900 e seguenti; Cod. Proc. Civ.670).
L'acquirente di un diritto sotto condizione risolutiva può, in
pendenza di questa, esercitarlo, ma l'altro contraente può compiere
atti conservativi.
Art. 1357 Atti di disposizione in pendenza della condizione
Chi ha un diritto subordinato a condizione sospensiva o risolutiva
può disporne in pendenza di questa (2852); ma gli effetti di ogni
atto di disposizione sono subordinati alla stessa condizione.
Art. 1358 Comportamento delle parti nello stato dipendenza
Colui che si è obbligato o che ha alienato un diritto sotto
condizione sospensiva, ovvero lo ha acquistato sotto condizione
risolutiva, deve, in pendenza della condizione, comportarsi secondo
buona fede per conservare integre le ragioni dell'altra parte (1175,
1375).
Art. 1359 Avveramento della condizione
La condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa
imputabile alla parte che aveva interesse contrario all'avveramento
di essa.
Art. 1360 Retroattività della condizione
Gli effetti dell'avveramento della condizione retroagiscono al tempo
in cui è stato concluso il contratto, salvo che, per volontà delle
parti o per la natura del rapporto, gli effetti del contratto o
della risoluzione debbano essere riportati a un momento diverso
(646).
Se però la condizione risolutiva è apposta a un contratto ad
esecuzione continuata o periodica, l'avveramento di essa, in
mancanza di patto contrario, non ha effetto riguardo alle
prestazioni già eseguite (1465, 2655).
Art. 1361 Atti di amministrazione
L'avveramento della condizione non pregiudica la validità degli atti
di amministrazione compiuti dalla parte a cui, in pendenza della
condizione stessa, spettava l'esercizio del diritto.
Salvo diverse disposizioni di legge o diversa pattuizione, i frutti
percepiti sono dovuti dal giorno in cui la condizione si è avverata
(646).
CAPO IV
Dell'interpretazione del contratto
Art. 1362 Intenzione dei contraenti
Nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la
comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale
delle parole.
Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare
il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione
del contratto.
Art. 1363 Interpretazione complessiva delle clausole
Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle
altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso
dell'atto (1419).
Art. 1364 Espressioni generali
Per quanto generali siano le espressioni usate nel contratto, questo
non comprende che gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di
contrattare.
Art. 1365 Indicazioni esemplificative
Quando in un contratto si è espresso un caso al fine di spiegare un
patto, non si presumono esclusi i casi non espressi, ai quali,
secondo ragione, può estendersi lo stesso patto.
Art. 1366 Interpretazione di buona fede
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Contract/Lordi1.html>
Il contratto deve essere interpretato secondo buona fede
(1337,1371,1375).
Art. 1367 Conservazione del contratto
Nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi
nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello
secondo cui non ne avrebbero alcuno (1424).
Art. 1368 Pratiche generali interpretative
Le clausole ambigue s'interpretano secondo ciò che si pratica
generalmente nel luogo in cui il contratto è stato concluso.
Nei contratti in cui una delle parti è un imprenditore (2082), le
clausole ambigue s'interpretano secondo ciò che si pratica
generalmente nel luogo in cui è la sede dell'impresa.
Art. 1369 Espressioni con più sensi
Le espressioni che possono avere più sensi devono, nel dubbio,
essere intese nel senso più conveniente alla natura e all'oggetto
del contratto.
Art. 1370 Interpretazione contro l'autore della clausola
Le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto (1341) o
in moduli o formulari (1342) predisposti da uno dei contraenti
s'interpretano, nel dubbio, a favore dell'altro.
Art. 1371 Regole finali
Qualora, nonostante l'applicazione delle norme contenute in questo
capo (1362 e seguenti), il contratto rimanga oscuro, esso deve
essere inteso nel senso meno gravoso per l'obbligato, se è a titolo
gratuito, e nel senso che realizzi l'equo contemperamento degli
interessi delle parti, se è a titolo oneroso.
CAPO V
Degli effetti del contratto
SEZIONE I
Disposizioni generali
Art. 1372 Efficacia del contratto
Il contratto ha forza di legge tra le parti.
Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse
dalla legge (1671, 2227).
Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi
previsti dalla legge (1239, 1300 e seguente, 1411, 1678, 1737).
Art. 1373 Recesso unilaterale
Se a una delle parti è attribuita la facoltà di recedere dal
contratto, tale facoltà può essere esercitata finché il contratto
non abbia avuto un principio di esecuzione.
Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, tale facoltà può
essere esercitata anche successivamente, ma il recesso non ha
effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione
(1569, 1612 e seguenti, 1671, 2227).
Qualora sia stata stipulata la prestazione di un corrispettivo per
il recesso, questo ha effetto quando la prestazione è eseguita.
E' salvo in ogni caso il patto contrario.
Art. 1374 Integrazione del contratto
Il contratto obbliga le parti non solo a quanto e nel medesimo
espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la
legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l'equità.
Art. 1375 Esecuzione di buona fede
Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede
(1337,1358,1366, 1460).
Art. 1376 Contratto con effetti reali
Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà
di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un
diritto reale ovvero il trasferimento di un altro diritto, la
proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto
del consenso delle parti legittimamente manifestato (1155, 1265,
1465, 1472, 1520 e seguenti, 2644, 2684, 2808-2).
Art. 1377 Trasferimento di una massa di cose
Quando oggetto del trasferimento è una determinata massa di cose,
anche se omogenee, si applica la disposizione dell'articolo
precedente, ancorché, per determinati effetti, le cose debbano
essere numerate, pesate o misurate.
Art. 1378 Trasferimento di cosa determinata solo nel genere
Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento di cose
determinate solo nel genere, la proprietà si trasmette con
l'individuazione fatta d'accordo tra le parti o nei modi da esse
stabiliti (1465). Trattandosi di cose che devono essere trasportate
da un luogo a un altro, l'individuazione avviene anche mediante la
consegna al vettore (1678 e seguenti) o allo spedizioniere (1737 e
seguenti).
Art. 1379 Divieto di alienazione
Il divieto di alienare stabilito per contratto ha effetto solo tra
le parti, e non è valido se non è contenuto entro convenienti limiti
di tempo (965) e se non risponde a un apprezzabile interesse di una
delle parti (1260).
Art. 1380 Conflitto tra più diritti personali di godimento
Se, con successivi contratti, una persona concede a diversi
contraenti un diritto personale di godimento relativo alla stessa
cosa, il godimento spetta al contraente che per primo lo ha
conseguito.
Se nessuno dei contraenti ha conseguito il godimento, è preferito
quello che ha il titolo di data certa (2704) anteriore.
Sono salve le norme relative agli effetti della trascrizione (2644 e
seguenti).
Art. 1381 Promessa dell'obbligazione o del fatto del terzo
Colui che ha promesso l'obbligazione o il fatto di un terzo è tenuto
a indennizzare l'altro contraente, se il terzo rifiuta di obbligarsi
o non compie il fatto promesso.
SEZIONE II
Della clausola penale e della caparra
Art. 1382 Effetti della clausola penale
La clausola, con cui si conviene che, in caso d'inadempimento o di
ritardo nell'adempimento (1218), uno dei contraenti è tenuto a una
determinata prestazione, ha l'effetto di limitare il risarcimento
alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità
del danno ulteriore (1223).
La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno.
Art. 1383 Divieto di cumulo
Il creditore non può domandare insieme la prestazione principale e
la penale, se questa non è stata stipulata per il semplice ritardo.
Art. 1384 Riduzione della penale
La penale può essere diminuita equamente dal giudice, se
l'obbligazione principale è stata eseguita in parte ovvero se
l'ammontare della penale è manifestamente eccessivo, avuto sempre
riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento (1181,
1526-2, att. 163).
Art. 1385 Caparra confirmatoria
Se al momento della conclusione (1326) del contratto una parte dà
all'altra, a titolo di caparra, una somma di danaro o una quantità
di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve
essere restituita o imputata alla prestazione dovuta (1194).
Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente (1218), l'altra
può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è
invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal
contratto ed esigere il doppio della caparra (1386,1826; att. 164).
Se però la parte che non è inadempiente preferisce domandare
l'esecuzione o la risoluzione (1453 e seguenti) del contratto, il
risarcimento del danno è regolato dalle norme generali (1223 e
seguenti; att. 164).
Art. 1386 Caparra penitenziale
Se nel contratto è stipulato il diritto di recesso per una o per
entrambe le parti, la caparra ha la sola funzione di corrispettivo
del recesso.
In questo caso, il recedente perde la caparra data o deve restituire
il doppio di quella che ha ricevuta.
CAPO VI
Della Rappresentanza
Art. 1387 Fonti della rappresentanza
Il potere di rappresentanza è conferito dalla legge (48, 320, 357,
360, 424, 643; Cod. Proc. Civ.78) ovvero dall'interessato.
Art. 1388 Contratto concluso dal rappresentante
Il contratto concluso dal rappresentante in nome e nell'interesse
del rappresentato
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Contract/Edmondo-1997/nota.htm>,
nei limiti delle facoltà conferitegli (19), produce direttamente
effetto nei confronti del rappresentato.
Art. 1389 Capacità del rappresentante e del rappresentato
Quando la rappresentanza è conferita dall'interessato, per la
validità del contratto concluso dal rappresentante basta che questi
abbia la capacità di intendere e di volere (428,1425), avuto
riguardo alla natura e al contenuto del contratto stesso, sempre che
sia legalmente capace il rappresentato (1471).
In ogni caso, per la validità del contratto concluso dal
rappresentante è necessario che il Contratto non sia vietato al
rappresentato.
Art. 1390 Vizi della volontà
Il contratto è annullabile(1427 e seguenti,1441 e seguenti) se è
viziata la volontà del rappresentante. Quando però il vizio riguarda
elementi predeterminati dal rappresentato, il contratto è
annullabile solo se era viziata la volontà di questo.
Art. 1391 Stati soggettivi rilevanti
Nei casi in cui è rilevante lo stato di buona o di mala fede, di
scienza o d'ignoranza di determinate circostanze, si ha riguardo
alla persona del rappresentante, salvo che si tratti di elementi
predeterminati dal rappresentato.
In nessun caso il rappresentato che è in mala fede può giovarsi
dello stato d'ignoranza o di buona fede del rappresentante.
Art. 1392 Forma della procura
La procura non ha effetto se non è conferita con le forme prescritte
per il contratto che il rappresentante deve concludere (1350 e
seguenti, 1396 e seguenti).
Art. 1393 Giustificazione dei poteri del rappresentante
Il terzo che contratta col rappresentante può sempre esigere che
questi giustifichi i suoi poteri e, se la rappresentanza risulta da
un atto scritto, che gliene dia una copia da lui firmata.
Art. 1394 Conflitto d'interessi
Il contratto concluso dal rappresentante in conflitto d'interessi
col rappresentato può essere annullato (1441 e seguenti) su domanda
del rappresentato, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile
dal terzo.
Art. 1395 Contratto con se stesso
E' annullabile (1471 e seguenti) il contratto che il rappresentante
conclude con se stesso, in proprio o come rappresentante di un'altra
parte, a meno che il rappresentato lo abbia autorizzato
specificatamente ovvero il contenuto del contratto sia determinato
in modo da escludere la possibilità di conflitto d'interessi (1735).
L'impugnazione può essere proposta soltanto dal rappresentato
(1471).
Art. 1396 Modificazione ed estinzione della procura
Le modificazioni e la revoca della procura devono essere portate a
conoscenza dei terzi con mezzi idonei. In mancanza, esse non sono
opponibili ai terzi, se non si prova che questi le conoscevano al
momento della conclusione del contratto (19, 2266).
Le altre cause di estinzione del potere di rappresentanza conferito
dall'interessato (1722 e seguenti) non sono opponibili ai terzi che
le hanno senza colpa ignorate.
Art. 1397 Restituzione del documento della rappresentanza
Il rappresentante e tenuto a restituire il documento dal quale
risultano i suoi poteri, quando questi sono cessati.
Art. 1398 Rappresentanza senza potere
Colui che ha contrattato come rappresentante senza averne i poteri o
eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli, è responsabile del
danno che il terzo contraente ha sofferto per avere confidato senza
sua colpa nella validità del contratto (1338, 1890, 2822).
Art. 1399 Ratifica
Nell'ipotesi prevista dall'articolo precedente, il contratto può
essere ratificato dall'interessato, con l'osservanza delle forme
prescritte per la conclusione di esso (1350, 2725).
La ratifica ha effetto retroattivo, ma sono salvi i diritti dei
terzi.
Il terzo è colui che ha contrattato come rappresentante possono
d'accordo sciogliere il contratto prima della ratifica.
Il terzo contraente può invitare l'interessato a pronunziarsi sulla
ratifica assegnandogli un termine, scaduto il quale, nel silenzio,
la ratifica s'intende negata (1712).
La facoltà di ratifica si trasmette agli eredi (588).
Art. 1400 Speciali forme di rappresentanza
Le speciali forme di rappresentanza nelle imprese agricole e
commerciali sono regolate dal libro V (2138, 2150, 2203 e seguenti).
CAPO VII
Del contratto per persona da nominare
Art. 1401 Riserva di nomina del contraente
Nel momento della conclusione del contratto (1326) una parte può
riservarsi la facoltà di nominare successivamente la persona che
deve acquistare i diritti e assumere gli obblighi nascenti dal
contratto stesso.
Art. 1402 Termine e modalità della dichiarazione di nomina
La dichiarazione di nomina deve essere comunicata all'altra parte
nel termine di tre giorni dalla stipulazione del contratto, se le
parti non hanno stabilito un termine diverso.
La dichiarazione non ha effetto se non è accompagnata
dall'accettazione della persona nominata o se non esiste una procura
anteriore al contratto.
Art. 1403 Forme e pubblicità
La dichiarazione di nomina e la procura o l'accettazione della
persona nominata non hanno effetto (2725) se non rivestono la stessa
forma che le parti hanno usata per il contratto, anche se non
prescritta dalla legge.
Se per il contratto è richiesta a determinati effetti una forma di
pubblicità (2643 e seguenti), deve agli stessi effetti essere resa
pubblica anche la dichiarazione di nomina, con l'indicazione
dell'atto di procura o dell'accettazione della persona nominata.
Art. 1404 Effetti della dichiarazione di nomina
Quando la dichiarazione di nomina è stata validamente fatta, la
persona nominata acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti
dal contratto con effetto dal momento in cui questo fu stipulato.
Art. 1405 Effetti della mancata dichiarazione di nomina
Se la dichiarazione di nomina non è fatta validamente nel termine
stabilito dalla legge o dalle parti, il contratto produce i suoi
effetti tra i contraenti originari (1762).
CAPO VIII
Della cessione del contratto
Art. 1406 Nozione
Ciascuna parte può sostituire a se un terzo nei rapporti derivanti
da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono
state ancora eseguite, purché l'altra parte vi consenta.
Art. 1407 Forma
Se una parte ha consentito preventivamente che l'altra sostituisca a
se un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, la sostituzione è
efficace nei suoi confronti dal momento in cui le è stata notificata
(Cod. Proc. Civ. 137) o in cui essa l'ha accettata (1264).
Se tutti gli elementi del contratto risultano da un documento nel
quale è inserita la clausola "all'ordine" o altra equivalente, la
girata (2009) del documento produce la sostituzione del giratario
nella posizione del girante.
Art. 1408 Rapporti fra contraente ceduto e cedente
Il cedente è liberato dalle sue obbligazioni verso il contraente
ceduto dal momento in cui la sostituzione diviene efficace nei
confronti di questo.
Tuttavia il contraente ceduto, se ha dichiarato di non liberare il
cedente, può agire contro di lui qualora il cessionario non adempia
(1218) le obbligazioni assunte.
Nel caso previsto dal comma precedente, il contraente ceduto deve
dare notizia al cedente dell'inadempimento del cessionario, entro
quindici giorni da quello in cui l'inadempimento si è verificato; in
mancanza è tenuto al risarcimento del danno (1223).
Art. 1409 Rapporti fra contraente ceduto e cessionario
Il contraente ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni
derivanti dal contratto, ma non quelle fondate su altri rapporti col
cedente, salvo che ne abbia fatto espressa riserva al momento in cui
ha consentito alla sostituzione.
Art. 1410 Rapporti fra cedente e cessionario
Il cedente è tenuto a garantire la validità del contratto (1325,
1266).
Se il cedente assume la garanzia dell'adempimento del contratto,
egli risponde come un fideiussore per le obbligazioni del contraente
ceduto (1936, 1942, 1944 e seguenti).
CAPO IX
Del contratto a favore di terzi
Art. 1411 Contratto a favore di terzi
E' valida la stipulazione a favore di un terzo (1875, 1920), qualora
lo stipulante vi abbia interesse (1174).
Salvo patto contrario, il terzo acquista il diritto contro il
promittente per effetto della stipulazione.
Questa però può essere revocata o modificata dallo stipulante,
finché il terzo non abbia dichiarato, anche in confronto del
promittente, di volerne profittare (1920 e seguenti).
In caso di revoca della stipulazione o di rifiuto del terzo di
profittarne, la prestazione rimane a beneficio dello stipulante,
salvo che diversamente risulti dalla volontà delle parti o dalla
natura del contratto.
Art. 1412 Prestazione al terzo dopo la morte dello stipulante
Se la prestazione deve essere fatta al terzo dopo la morte dello
stipulante, questi può revocare il beneficio anche con una
disposizione testamentaria (587) e quantunque il terzo abbia
dichiarato di volerne profittare, salvo che, in quest'ultimo caso,
lo stipulante abbia rinunciato per iscritto al potere di revoca
(1921).
La prestazione deve essere eseguita a favore degli eredi del terzo
se questi premuore allo stipulante, purché il beneficio non sia
stato revocato o lo stipulante non abbia disposto diversamente.
Art. 1413 Eccezioni opponibili dal promittente al terzo
Il promittente può opporre al terzo le eccezioni fondate sul
contratto dal quale il terzo deriva il suo diritto, ma non quelle
fondate su altri rapporti tra promittente e stipulante.
CAPO X
Della simulazione
Art. 1414 Effetti della simulazione tra le parti
Il contratto simulato non produce effetto tra le parti.
Se le parti hanno voluto concludere un contratto diverso da quello
apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato, purché ne
sussistano i requisiti di sostanza e di forma.
Le precedenti disposizioni si applicano anche agli atti unilaterali
destinati a una persona determinata, che siano simulati per accordo
tra il dichiarante e il destinatario (164).
Art. 1415 Effetti della simulazione rispetto ai terzi
La simulazione (164) non può essere opposta né dalle parti
contraenti, né dagli aventi causa o dai creditori del simulato
alienante, ai terzi che in buona fede (1147) hanno acquistato
diritti dal titolare apparente, salvi gli effetti della trascrizione
della domanda di simulazione (2652).
I terzi possono far valere la simulazione in confronto delle parti,
quando essa pregiudica i loro diritti (1372, 1417).
Art. 1416 Rapporti con i creditori
La simulazione non può essere opposta dai contraenti ai creditori
del titolare apparente che in buona fede hanno compiuto atti di
esecuzione sui beni che furono oggetto del contratto simulato (2910
e seguenti).
I creditori del simulato alienante possono far valere la simulazione
che pregiudica i loro diritti, e, nel conflitto con i creditori
chirografari del simulato acquirente, sono preferiti a questi, se il
loro credito è anteriore (2704) all'atto simulato.
Art. 1417 Prova della simulazione
La prova per testimoni (2721 e seguenti) della simulazione è
ammissibile senza limiti (164), se la domanda e proposta da
creditori o da terzi e, qualora sia diretta a far valer l'illiceità
del contratto dissimulato (1343 e seguenti, 1354), anche se è
proposta dalle parti (164).
CAPO XI
Della nullità del contratto
Art. 1418 Cause di nullità del contratto
Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo
che la legge disponga diversamente.
Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti
indicati dall'art. 1325, l'illiceità della causa (1343), l'illiceità
dei motivi nel caso indicato dall'art. 1345 e la mancanza
nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'art. 1346.
Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge
(190, 226, 458, 778 e seguente, 780 e seguente, 788, 794, 1261, 1344
e seguente, 1350, 1471, 1472, 1895, 1904, 1972).
Art. 1419 Nullità parziale
La nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole
importa la nullità dell'intero contratto, se risulta che i
contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo
contenuto che è colpita dalla nullità.
La nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto,
quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme
imperative (1339, 1354, 1500 e seguente, 1679, 1815, 1932, 2066,
2077, 2115).
Art. 1420 Nullità nel contratto plurilaterale
Nei contratti con più di due parti, in cui le prestazioni di
ciascuna sono dirette al conseguimento di uno scopo comune, la
nullità che colpisce il vincolo di una sola delle parti non importa
nullità del contratto, salvo che la partecipazione di essa debba,
secondo le circostanze, considerarsi essenziale.
Art. 1421 Legittimazione all'azione di nullità
Salvo diverse disposizioni di legge, la nullità può essere fatta
valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevata d'ufficio
dal giudice.
Art. 1422 Imprescrittibilità dell'azione di nullità
L'azione per far dichiarare la nullità non è soggetta a
prescrizione, salvi gli effetti dell'usucapione (1158 e seguenti) e
della prescrizione delle azioni di ripetizione (2934 e seguenti).
Art. 1423 Inammissibilità della convalida
Il contratto nullo non può essere convalidato (1444), se la legge
non dispone diversamente (799).
Art. 1424 Conversione del contratto nullo
Il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso,
del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, qualora,
avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi
che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità
(1367).
CAPO XII
Dell'annullabilità del contratto
SEZIONE I
Dell'incapacità
Art. 1425 Incapacità delle parti
Il contratto è annullabile se una delle parti era legalmente
incapace di contrattare (1441 e seguenti).
E' parimenti annullabile, quando ricorrono le condizioni stabilite
dall'art. 428, il contratto stipulato da persona incapace
d'intendere o di volere (1191, 1934 e seguente).
Art. 1426 Raggiri usati dal minore
Il contratto non è annullabile, se il minore ha con raggiri
occultato la sua minore età (2); ma la semplice dichiarazione da lui
fatta di essere maggiorenne non è di ostacolo all'impugnazione del
contratto.
SEZIONE II
Dei vizi del consenso
Art. 1427 Errore, violenza e dolo
Il contraente, il cui consenso fu dato per errore (1428 e seguenti),
estorto con violenza (1434 e seguenti) o carpito con dolo, può
chiedere l'annullamento del contratto (1439 e seguenti) secondo le
disposizioni seguenti (122, 624).
Art. 1428 Rilevanza dell'errore
L'errore è causa di annullamento del contratto quando è essenziale
ed è riconoscibile dall'altro contraente.
Art. 1429 Errore essenziale
L'errore è essenziale:
1) quando cade sulla natura o sull'oggetto del contratto;
2) quando cade sull'identità dell'oggetto della prestazione ovvero
sopra una qualità dello stesso che, secondo il comune apprezzamento
o in relazione alle circostanze, deve ritenersi determinante del
consenso;
3) quando cade sull'identità o sulle qualità della persona
dell'altro contraente, sempre che l'una o le altre siano state
determinanti del consenso (122);
4) quando, trattandosi di errore di diritto, è stato la ragione
unica o principale del contratto (1969).
Art. 1430 Errore di calcolo
L'errore di calcolo non dà luogo ad annullamento del contratto, ma
solo a rettifica, tranne che, concretandosi in errore sulla
quantità, sia stato determinante del consenso.
Art. 1431 Errore riconoscibile
L'errore si considera riconoscibile quando, in relazione al
contenuto, alle circostanze del contratto ovvero alla qualità dei
contraenti, una persona di normale diligenza (1176) avrebbe potuto
rilevarlo.
Art. 1432 Mantenimento del contratto rettificato
La parte in errore non può domandare l'annullamento del contratto
se, prima che ad essa possa derivarne pregiudizio, l'altra offre di
eseguirlo in modo conforme al contenuto e alle modalità del
contratto che quella intendeva concludere.
Art. 1433 Errore nella dichiarazione o nella sua trasmissione
Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche al caso
in cui l'errore cade sulla dichiarazione, o in cui la dichiarazione
è stata inesattamente trasmessa dalla persona o dall'ufficio che ne
era stato incaricato (2706).
Art. 1434 Violenza
La violenza è causa di annullamento del contratto, anche se
esercitata da un terzo.
Art. 1435 Caratteri della violenza
La violenza deve essere di tal natura da far impressione sopra una
persona sensata è da farle temere di esporre se o i suoi beni a un
male ingiusto è notevole. Si ha riguardo, in questa materia,
all'età, al sesso e alla condizione delle persone.
Art. 1436 Violenza diretta contro terzi
La violenza è causa di annullamento del contratto anche quando il
male minacciato riguarda la persona o i beni del coniuge del
contraente o di un discendente o ascendente di lui.
Se il male minacciato riguarda altre persone, l'annullamento del
contratto è rimesso alla prudente valutazione delle circostanze da
parte del giudice.
Art. 1437 Timore riverenziale
Il solo timore riverenziale non è causa di annullamento del
contratto.
Art. 1438 Minaccia di far valere un diritto
La minaccia di far valere un diritto può essere causa di
annullamento del contratto solo quando è diretta a conseguire
vantaggi ingiusti.
Art. 1439 Dolo
Il dolo è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati
da uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, l'altra
parte non avrebbe contrattato.
Quando i raggiri sono stati usati da un terzo, il contratto è
annullabile se essi erano noti al contraente che ne ha tratto
vantaggio.
Art. 1440 Dolo incidente
Se i raggiri non sono stati tali da determinare il consenso, il
contratto è valido, benché senza di essi sarebbe stato concluso a
condizioni diverse; ma il contraente in mala fede risponde dei danni
(2056).
SEZIONE III
Dell'azione di annullamento
Art. 1441 Legittimazione
L'annullamento del contratto può essere domandato solo dalla parte
nel cui interesse è stabilito dalla legge.
L'incapacità del condannato (Cod. Pen. 32) in istato di interdizione
legale può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse.
Art. 1442 Prescrizione
L'azione di annullamento si prescrive (2962) in cinque anni (428,
761, 775).
Quando l'annullabilità dipende da vizio del consenso o da incapacità
legale (1425 e seguenti), il termine decorre dal giorno in cui è
cessata la violenza, è stato scoperto l'errore o il dolo, è cessato
lo stato d'interdizione o d'inabilitazione (429), ovvero il minore
ha raggiunto la maggiore età (2).
Negli altri casi il termine decorre dal giorno della conclusione del
contratto (428, 775, 1326).
L'annullabilità può essere opposta dalla parte convenuta per
l'esecuzione del contratto, anche se è prescritta l'azione per farla
valere.
Art. 1443 Ripetizione contro il contraente incapace
Se il contratto è annullato per incapacità (1425) di uno dei
contraenti, questi non è tenuto a restituire all'altro la
prestazione ricevuta se non nei limiti in cui è stata rivolta a suo
vantaggio (1190, 2039 e seguenti).
Art. 1444 Convalida
Il contratto annullabile può essere convalidato dal contraente al
quale spetta l'azione di annullamento, mediante un atto che contenga
la menzione del contratto e del motivo di annullabilità, e la
dichiarazione che s'intende convalidarlo.
Il contratto è pure convalidato, se il contraente al quale spettava
l'azione di annullamento vi ha dato volontariamente esecuzione
conoscendo il motivo di annullabilità.
La convalida non ha effetto, se chi l'esegue non è in condizione di
concludere validamente il contratto (1423,1451).
Art. 1445 Effetti dell'annullamento nei confronti dei terzi
L'annullamento che non dipende da incapacità legale non pregiudica i
diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi
gli effetti della trascrizione della domanda di annullamento (23,
25, 2377, 2652, 2824; att. 165).
Art. 1446 Annullabilità nel contratto plurilaterale
Nei contratti indicati dall'art. 1420 l'annullabilità che riguarda
il vincolo di una sola delle parti non importa annullamento del
contratto, salvo che la partecipazione di questa debba, secondo le
circostanze, considerarsi essenziale.
CAPO XIII
Della rescissione del contratto
Art. 1447 Contratto concluso in istato di pericolo
Il contratto con cui una parte ha assunto obbligazioni a condizioni
inique, per la necessità, nota alla controparte, di salvare sé o
altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona (2045),
può essere rescisso sulla domanda (2652) della parte che si è
obbligata.
Il giudice nel pronunciare la rescissione, può, secondo le
circostanze, assegnare un equo compenso all'altra parte per l'opera
prestata.
Art. 1448 Azione generale di rescissione per lesione
Se vi è sproporzione tra la prestazione (att.166) di una parte e
quella dell'altra, e la sproporzione è dipesa dallo stato di bisogno
di una parte, del quale l'altra ha approfittato per trarne
vantaggio, la parte danneggiata può domandare la rescissione del
contratto.
L'azione non è ammissibile se la lesione non eccede la metà del
valore che la prestazione eseguita o promessa dalla parte
danneggiata aveva al tempo del contratto.
La lesione deve perdurare fino al tempo in cui la domanda è
proposta.
Non possono essere rescissi per causa di lesione i contratti
aleatori (1934, 1970).
Sono salve le disposizioni relative alla rescissione della divisione
(761 e seguenti).
Art. 1449 Prescrizione
L'azione di rescissione si prescrive in un anno dalla conclusione
del contratto; ma se il fatto costituisce reato, si applica l'ultimo
comma dell'art. 2947.
La rescindibilità del contratto non può essere opposta in via di
eccezione quando l'azione è prescritta.
Art. 1450 Offerta di modificazione del contratto
Il contraente contro il quale è domandata la rescissione può
evitarla offrendo una modificazione del contratto sufficiente per
ricondurlo ad equità.
Art. 1451 L'inammissibilità della convalida
Il contratto rescindibile non può essere convalidato.
Art. 1452 Effetti della rescissione rispetto ai terzi
La rescissione del contratto non pregiudica i diritti acquistati dai
terzi (1757), salvi gli effetti della trascrizione della domanda di
rescissione (2652).
CAPO XIV
Della risoluzione del contratto
SEZIONE I
Della risoluzione per inadempimento
Art. 1453 Risolubilità del contratto per inadempimento
Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei
contraenti non adempie le sue obbligazioni, l'altro può a sua scelta
chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto (1878, 1976,
2652), salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno (1223 e
seguenti).
La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato
promosso per ottenere l'adempimento; ma non può più chiedersi
l'adempimento quando è stata domandata la risoluzione.
Dalla data della domanda (Cod. Proc. Civ. 163) di risoluzione
l'inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione.
Art. 1454 Diffida ad adempiere
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Contract/DellaValle.html>
Alla parte inadempiente l'altra può intimare per iscritto di
adempiere in un congruo termine, con dichiarazione che, decorso
inutilmente detto termine, il contratto s'intenderà senz'altro
risoluto (1662,1901).
Il termine non può essere inferiore a quindici giorni, salvo diversa
pattuizione delle parti o salvo che, per la natura del contratto o
secondo gli usi, risulti congruo un termine minore.
Decorso il termine senza che il contratto sia stato adempiuto,
questo è risoluto di diritto.
Art. 1455 Importanza dell'inadempimento
Il contratto non si può risolvere se l'inadempimento di una delle
parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra
(1522 e seguenti, 1564 e seguente, 1668, 1901).
Art. 1456 Clausola risolutiva espressa
I contraenti possono convenire espressamente che il contratto si
risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta
secondo le modalità stabilite.
In questo caso, la risoluzione si verifica diritto (1517) quando la
parte interessata dichiara all'altra che intende valersi della
clausola risolutiva.
Art. 1457 Termine essenziale per una delle parti
Se il termine fissato per la prestazione di una delle parti deve
considerarsi essenziale all'interesse dell'altra, questa, salvo
patto o uso contrario, se vuole esigerne l'esecuzione nonostante la
scadenza del termine, deve darne notizia all'altra parte entro tre
giorni (2964).
In mancanza, il contratto s'intende risoluto di diritto anche se non
è stata espressamente pattuita la risoluzione.
Art. 1458 Effetti della risoluzione
La risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto
retroattivo tra le parti, salvo il caso di contratti i esecuzione
continuata o periodica, riguardo quali l'effetto della risoluzione
non si estende le prestazioni già eseguite (1360).
La risoluzione, anche se è stata espressamente pattuita, non
pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salvi gli effetti della
trascrizione della domanda di risoluzione (2652; att. 165).
Art. 1459 Risoluzione nel contratto plurilaterale
Nei contratti indicati dall'art. 1420 l'inadempimento di una delle
parti non importa la risoluzione del contratto rispetto alle altre,
salvo che la prestazione mancata debba, secondo le circostanze,
considerarsi essenziale.
Art. 1460 Eccezione d'inadempimento
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Contract/DellaValle.html>
Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti
può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l'altro non
adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria,
salvo che termini diversi per l'adempimento siano stati stabiliti
dalle parti o risultino dalla natura del contratto (1565).
Tuttavia non può rifiutarsi l'esecuzione se, avuto riguardo alle
circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede (1375).
Art. 1461 Mutamento nelle condizioni patrimoniali dei contraenti
Ciascun contraente può sospendere l'esecuzione della prestazione da
lui dovuta, se le condizioni patrimoniali dell'altro sono divenute
tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della
controprestazione, salvo che sia prestata idonea garanzia (1822,
1877, 1956,1959; att. 169).
Art. 1462 Clausola limitativa della proponibilità di eccezioni
La clausola con cui si stabilisce che una delle parti non può
opporre eccezioni al fine di evitare o ritardare la prestazione
dovuta, non ha effetto per le eccezioni di nullità (1418 e
seguenti), di annullabilità (1425 e seguenti) e di rescissione (1447
e seguenti) del contratto.
Nei casi in cui la clausola è efficace, il giudice, se riconosce che
concorrono gravi motivi, può tuttavia sospendere la condanna,
imponendo, se nel caso, una cauzione (att. 167; Cod. Proc. Civ.1
19).
SEZIONE II
Dell'impossibilità sopravvenuta
Art. 1463 Impossibilità totale
Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per
la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta (1256) non
può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che
abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione
dell'indebito (2033 e seguenti).
Art. 1464 Impossibilità parziale
Quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente
impossibile (1258), l'altra parte ha diritto a una corrispondente
riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal
contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile
all'adempimento parziale (1181).
Art. 1465 Contratto con effetti traslativi o costitutivi
Nei contratti che trasferiscono la proprietà di una cosa determinata
ovvero costituiscono o trasferiscono diritti reali (1376), il
perimento della cosa per una causa imputabile all'alienante non
libera l'acquirente dall'obbligo di eseguire la controprestazione,
ancorché la cosa non gli sia stata consegnata.
La stessa disposizione si applica nel caso in cui l'effetto
traslativo o costitutivo sia differito fino allo scadere di un
termine.
Qualora oggetto del trasferimento sia una cosa determinata solo nel
genere, l'acquirente non è liberato dall'obbligo di eseguire la
controprestazione, se l'alienante ha fatto la consegna o se la cosa
è stata individuata (1378).
L'acquirente è in ogni caso liberato dalla sua obbligazione, se il
trasferimento era sottoposto a condizione sospensiva e l'impossilità
è sopravvenuta prima che si verifichi la condizione (1360).
Art. 1466 Impossibilità nel contratto plurilaterale
Nei contratti indicati dall'art. 1420 impossibilità della
prestazione (1256) di una delle parti non importa scioglimento del
contratto rispetto alle altre, salvo che la prestazione mancata
debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale.
SEZIONE III
Dell'eccessiva onerosità
Art. 1467 Contratto con prestazioni corrispettive
Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a
esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è
divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti
straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può
domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti
dall'art. 1458 (att. 168).
La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità
rientra nell'alea normale del contratto.
La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla
offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto (962,
1623, 1664, 1923).
Art. 1468 Contratto con obbligazioni di una sola parte
Nell'ipotesi prevista dall'articolo precedente, se si tratta di un
contratto nel quale una sola delle parti ha assunto obbligazioni,
questa può chiedere una riduzione della sua prestazione ovvero una
modificazione nelle modalità di esecuzione, sufficienti per
ricondurla ad equità.
Art. 1469 Contratto aleatorio
Le norme degli articoli precedenti non si applicano ai contratti
aleatori per loro natura (1879) o per volontà delle parti (1448,
1472).
CAPO XIV- BIS
DEI CONTRATTI DEL CONSUMATORE (*)
1469-bis Clausole vessatorie
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Contract/Lener-1996/93-13aS.htm>
nel contratto tra professionista e consumatore.
Nel contratto concluso tra il consumatore e il professionista, che
ha per oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi, si
considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede,
determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei
diritti e degli obbblighi derivanti dal contratto.
In relazione al contrattto di cui al primo comma, il consumatore è
la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività
imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. il
professionista è la persona fisica o giuridica, pubblica o privata,
che, nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale,
utilizza il contratto di cui al primo comma.
Si presumono clausole vessatorie fino a prova contraria le clausole
che hanno per oggetto o per effetto di:
1) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso
di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un
fatto o da un'omissione del professionista;
2) escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei
confronti del professionista o di un'altra parte in caso di
inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte
del professionista;
3) escludere o limitare l'opponibilità da parte del consumatore
della compensazione di un debito nei confronti del professionista
con un credito vantato nei confronti di quest'ultimo;
4) prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre
l'esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad
una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua
volontà;
5) consentire al professionista di trattenere una somma di denaro
versata dal consumatore se quest'ultimo non conclude il contratto o
ne recede, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal
professionista, il doppio della somma corrisposta se è quest'ultimo
a non concludere il contratto oppure a recedere;
6) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo
nell'adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di
risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d'importo
manifestamente eccessivo;
7) riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la
facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al
professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata
dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora
adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto;
8) consentire al professionista di recedere da contratti a tempo
indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di
giusta causa;
9) stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla
scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare
la tacita proroga o rinnovazione;
10) prevedere l'estensione dell'adesione del consumatore a clausole
che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione
del contratto;
11) consentire al professionista di modificare unilateralmente le
clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del
servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel
contratto;
12) stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato
al momento della consegna o della prestazione;
13) consentire al professionista di aumentare il prezzo del bene o
del servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo
finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente
convenuto;
14) riservare al professionista il potere di accertare la conformità
del bene venduto o del servizio prestato a quello previsto nel
contratto o conferirgli il diritto esclusivo d'interpretare una
clausola qualsiasi del contratto;
15) limitare la responsabilità del professionista rispetto alle
obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai
mandatari o subordinare l'adempimento delle suddette obbligazioni al
rispetto di particolari formalità;
16) limitare o escludere l'opponibilità dell'eccezione
d'inadempimento da parte del consumatore;
17) consentire al professionista di sostituire a sè un terzo nei
rapporti derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo
consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei
diritti di quest'ultimo;
18) sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della
facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell'autorità
giudiziaria, limitazioni all'allegazione di prove, inversioni o
modificazioni dell'onere della prova, restrizioni alla libertà
contrattuale nei rapporti con i terzi;
19) stabilire come sede del foro competente sulle controversie
località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del
consumatore;
20) prevedere l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un
obbligo come subordinati ad una condizione sospensiva dipendente
dalla mera volontà del professionista a fronte di un'obbligazione
immediatamente efficace del consumatore. E' fatto salvo il disposto
dell'articolo 1355.
Se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari a
tempo indeterminato il professionista può, in deroga ai numeri 8) e
11) del terzo comma:
1) recedere, qualora vi sia un giustificato motivo, senza preavviso,
dandone immediata comunicazione al consumatore;
2) modificare, qualora sussista un giustificato motivo, le
condizioni del contratto, preavvisando entro un congruo termine il
consumatore, che ha diritto di recedere dal contratto.
Se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari
il professionista può modificare, senza prevviso, sempreché vi sia
un giustificato motivo in deroga ai numeri 12) e 13) del terzo
comma, il tasso di interesse o l'importo di qualunque altro onere
relativo alla prestazione finanziaria originariamente convenuti,
dandone immediata comunicazione al consumatore che ha diritto di
recedere dal contratto.
I numeri 8), 11), 12), 13) del terzo comma non si applicano ai
contratti aventi ad oggetto valori mobiliari, strumenti finanziari
ed altri prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alle
fluttuazioni di un corso e di un indice di borsa o di un tasso di
mercato finanziario non controllato dal professionista, nonché la
compravendita di valuta estera, di assegni di viaggio o di vaglia
postali internazionali emessi in valuta estera.
I numeri 12) e 13) del terzo comma non si applicano alle clausole di
indicizzazione dei prezzi, ove consentite dalla legge, a condizione
che le modalità di variazione siano espressamente descritte.
1469-ter. Accertamento della vessatorietà delle clausole
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Contract/Pargolesi-1995.html>.
La vessatorietà di una clausola è valutata tenendo conto della
natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo
riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua
conclusione ed alle altre clausole del contratto medesimo o di un
altro collegato o da cui dipende.
La valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene
alla determinazione dell'oggetto del contratto, né all'adeguatezza
del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano
individuati in modo chiaro e comprensibile.
Non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di
legge ovvero che siano riproduttive di disposizioni o attuative di
principi contenuti in convenzioni internazionali delle quali siano
parti contraenti tutti gli Stati membri dell'Unione europea o
l'Unione europea.
Non sono vessatorie le clausole o gli elementi di clausola che siano
stati oggetto di trattativa individuale.
Nel contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari
predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati
rapporti contrattuali, incombe sul professionista l'onere di provare
che le clausole, o gli elementi di clausola, malgrado siano dal
medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di
specifica trattativa con il consumatore.
1469-quater. Forma e interpretazione. Nel caso di contratti di cui
tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore
per iscritto, tali clausole devono sempre essere redatte in modo
chiaro e comprensibile.
In caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale
l'interpretazione più favorevole al consumatore.
1469-quinquies. Inefficacia. Le clausole considerate vessatorie ai
sensi degli articoli 1469-bis e 1469-ter sono inefficaci mentre il
contratto rimane efficace per il resto.
Sono inefficaci le clausole che, quantunque oggetto di trattativa,
abbiano per oggetto o per effetto di:
1) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso
di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un
fatto o da un'omissione del professionista;
2) escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del
professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o
parziale, o di adempimento inesatto da parte del professionista;
3) prevedere l'adesione del consumatore come estesa a clausole che
non ha avuto, di fatto la possibilità di conoscere prima della
conclusione del contratto.
L'inefficacia opera soltanto a vantaggio del consumatore e può
essere rilevata d'ufficio dal giudice.
Il venditore ha diritto di regresso nei confronti del fornitore per
i danni che ha subito in conseguenza della declaratoria
d'inefficacia delle clausole dichiarate abusive.
E' inefficace ogni clausola contrattuale che, prevedendo
l'applicabilità al contratto di una legislazione di un Paese
extracomunitario, abbia l'effetto di privare il consumatore della
protezione assicurata dal presente articolo, laddove il contratto
presenti un collegamento più stretto con il territorio di uno stato
membro dell'Unione europea.
1469-sexies. Azione inibitoria. Le associazioni rappresentative dei
consumatori e dei professionisti e le camere di commercio,
industria, artigianato e agricoltura, possono convenire in giudizio
il professionista o l'associazione di professionisti che utilizzano
condizioni generali di contratto e richiedere al giudice competente
che inibisca l'uso delle condizioni di cui sia accertata l'abusività
ai sensi del presente capo.
L'inibitoria può essere concessa, quando ricorrono giusti motivi di
urgenza, ai sensi degli articoli 669-bis e seguenti del codice di
procedura civile.
Il giudice può ordinare che il provvedimento sia pubblicato in uno o
più giornali, di cui uno almeno a diffusione nazionale.
(*) Capo aggiunto dall'art.25, l. 6 febbraio 1996, n.52, in
attuazione della direttiva 93/13/CEE
TITOLO III
DEI SINGOLI CONTRATTI
CAPO I
Della vendita
SEZIONE I
Disposizioni generali
Art. 1470 Nozione
La vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della
proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto (1376 e
seguenti, 1476) verso il corrispettivo di un prezzo (1448, 1473 e
seguente, 1498).
Art. 1471 Divieti speciali di comprare
Non possono essere compratori nemmeno all'asta pubblica, né
direttamente né per interposta persona:
1) gli amministratori dei beni dello Stato, dei comuni, delle
province o degli altri enti pubblici, rispetto ai beni affidati alla
loro cura;
2) gli ufficiali pubblici, rispetto ai beni che sono venduti per
loro ministero;
3) coloro che per legge o per atto della pubblica autorità
amministrano beni altrui (320 e seguenti, 357 e seguenti, 424 e
seguenti), rispetto ai beni medesimi;
4) i mandatari (1703), rispetto ai beni che sono stati incaricati di
vendere, salvo il disposto dell'art. 1395.
Nei primi due casi l'acquisto è nullo (1421 e seguenti); negli altri
è annullabile (1441 e seguenti).
Art. 1472 Vendita di cose future
Nella vendita che ha per oggetto una cosa futura (1348), l'acquisto
della proprietà si verifica non appena la cosa viene ad esistenza.
Se oggetto della vendita sono gli alberi o i frutti di un fondo, la
proprietà si acquista quando gli alberi sono tagliati o i frutti
sono separati (820).
Qualora le parti non abbiano voluto concludere un contratto
aleatorio, la vendita è nulla, se la cosa non viene ad esistenza.
Art. 1473 Determinazione del prezzo affidata a un terzo
Le parti possono affidare la determinazione del prezzo a un terzo,
eletto nel contratto o da eleggere posteriormente.
Se il terzo non vuole o non può accettare l'incarico, ovvero le
parti non si accordano per la sua nomina o per la sua sostituzione,
la nomina, su richiesta di una delle parti, è fatta dal presidente
del tribunale del luogo in cui è stato concluso il contratto (1349;
att. 82, 170).
Art. 1474 Mancanza di determinazione espressa del prezzo
Se il contratto ha per oggetto cose che il venditore vende
abitualmente e le parti non hanno determinato il prezzo, né hanno
convenuto il modo di determinarlo, né esso è stabilito per atto
della pubblica autorità (o da norme corporative), si presume che le
parti abbiano voluto riferirsi al prezzo normalmente praticato dal
venditore.
Se si tratta di cose aventi un prezzo di borsa o di mercato, il
prezzo si desume dai listini o dalle mercuriali del luogo in cui
deve essere eseguita la consegna, o da quelli della piazza più
vicina.
Qualora le parti abbiano inteso riferirsi al giusto prezzo, si
applicano le disposizioni dei commi precedenti; e, quando non
ricorrono i casi da essi previsti, il prezzo, in mancanza di
accordo, è determinato da un terzo, nominato a norma del secondo
comma dell'articolo precedente (1561).
Art. 1475 Spese della vendita
Le spese del contratto di vendita e le altre accessorie (1510) sono
a carico del compratore, se non è stato pattuito diversamente (1196,
1539, 554).
§ 1 Delle obbligazioni del venditore
Art. 1476 Obbligazioni principali del venditore
Le obbligazioni principali del venditore sono:
1) quella di consegnare la cosa al compratore;
2) quella di fargli acquistare la proprietà della cosa o il diritto,
se l'acquisto non è effetto immediato del contratto (1376 e
seguenti);
3) quella di garantire il compratore dall'evizione e dai vizi della
cosa.
Art. 1477 Consegna della cosa
La cosa deve essere consegnata nello stato in sui si trovava al
momento della vendita.
Salvo diversa volontà delle parti, la cosa deve essere consegnata
insieme con gli accessori, le pertinenze (817) e i frutti (820 e
seguente) dal giorno della vendita.
Il venditore deve pure consegnare i titoli e i documenti relativi
alla proprietà e all'uso della cosa venduta (1527).
Art. 1478 Vendita di cosa altrui
Se al momento del contratto (1326) la cosa venduta non era di
proprietà del venditore, questi è obbligato a procurarne l'acquisto
al compratore.
Il compratore diventa proprietario nel momento in cui il venditore
acquista la proprietà dal titolare di essa (att. 171).
Art. 1479 Buona fede del compratore
Il compratore può chiedere la risoluzione del contratto (1453), se,
quando l'ha concluso, ignorava che la cosa non era di proprietà del
venditore, e se frattanto il venditore non gliene ha fatto
acquistare la proprietà.
Salvo il disposto dell'art. 1223, il venditore è tenuto a restituire
all'acquirente il prezzo pagato, anche se la cosa è diminuita di
valore o è deteriorata; deve inoltre rimborsargli le spese e i
pagamenti legittimamente fatti per il contratto. Se la diminuzione
di valore o il deterioramento derivano da un fatto del compratore,
dall'ammontare suddetto si deve detrarre l'utile che il compratore
ne ha ricavato.
Il venditore è inoltre tenuto a rimborsare al compratore le spese
necessarie e utili fatte per la cosa, e, se era in mala fede, anche
quelle voluttuarie (att. 171).
Art. 1480 Vendita di cosa parzialmente di altri
Se la cosa che il compratore riteneva di proprietà del venditore era
solo in parte di proprietà altrui, il compratore può chiedere la
risoluzione del contratto e il risarcimento del danno a norma
dell'articolo precedente quando deve ritenersi, secondo le
circostanze, che non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte
di cui non è divenuto proprietario (1419); altrimenti può solo
ottenere una riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno
(1233; att. 131).
Art. 1481 Pericolo di rivendica
Il compratore può sospendere il pagamento del prezzo, quando ha
ragione di temere che la cosa o una parte di essa possa essere
rivendicata da terzi (948), salvo che il venditore presti idonea
garanzia (1119).
Il pagamento non può essere sospeso se il pericolo era noto al
compratore al tempo della vendita.
Art. 1482 Cosa gravata da garanzie reali o da altri vincoli
Il compratore può altresì sospendere il pagamento del prezzo, se la
cosa venduta risulta gravata da garanzie reali o da vincoli
derivanti da pignoramento o da sequestro, non dichiarati dal
venditore e dal compratore stesso ignorati.
Egli può inoltre far fissare dal giudice un termine, alla scadenza
del quale, se la cosa non è liberata, il contratto è risoluto con
obbligo del venditore di risarcire il danno ai sensi dell'art. 1479.
Se l'esistenza delle garanzie reali o dei vincoli sopra indicati era
nota al compratore, questi non può chiedere la risoluzione del
contratto, e il venditore è tenuto verso di lui solo per il caso di
evizione.
Art. 1483 Evizione totale della cosa
Se il compratore subisce l'evizione totale della cosa per effetto di
diritti che un terzo ha fatti valere su di essa, il venditore è
tenuto a risarcirlo del danno (1223 e seguenti) a norma dell'art.
1479.
Egli deve inoltre corrispondere al compratore il valore dei frutti
che questi sia tenuto a restituire a colui dal quale è evitto, le
spese che egli abbia fatte per la denunzia della lite e quelle che
abbia dovuto rimborsare all'attore.
Art. 1484 Evizione parziale
In caso di evizione parziale della cosa, si osservano le
disposizioni dell'art. 1480 e quella del secondo comma dell'articolo
precedente (2921).
Art. 1485 Chiamata in causa del venditore
Il compratore convenuto da un terzo che pretende di avere diritti
sulla cosa venduta, deve chiamare in causa il venditore. Qualora non
lo faccia e sia condannato con sentenza passata in giudicato, perde
il diritto alla garanzia, se il venditore prova che esistevano
ragioni sufficienti per far respingere la domanda.
Il compratore che ha spontaneamente riconosciuto il diritto del
terzo perde il diritto alla garanzia, se non prova che non
esistevano ragioni sufficienti per impedire l'evizione.
Art. 1486 Responsabilità limitata dal venditore
Se il compratore ha evitato l'evizione della cosa mediante il
pagamento di una somma di danaro, il venditore può liberarsi da
tutte le conseguenze della garanzia col rimborso della somma pagata,
degli interessi e di tutte le spese.
Art. 1487 Modificazione o esclusione convenzionale della garanzia
I contraenti possono aumentare o diminuire gli effetti della
garanzia e possono altresì pattuire che il venditore non sia
soggetto a garanzia alcuna.
Quantunque sia pattuita l'esclusione della garanzia, il venditore è
sempre tenuto per l'evizione derivante da un fatto suo proprio. E'
nullo ogni patto contrario (1266).
Art. 1488 Effetti dell'esclusione della garanzia
Quando è esclusa la garanzia, non si applicano le disposizioni degli
artt. 1479 e 1480; se si verifica l'evizione, il compratore può
pretendere dal venditore soltanto la restituzione del prezzo pagato
e il rimborso delle spese.
Il venditore è esente anche da quest'obbligo quando la vendita è
stata convenuta a rischio e pericolo del compratore.
Art. 1489 Cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi
Se la cosa venduta è gravata da oneri o da diritti reali o personali
non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento e non sono
stati dichiarati nel contratto, il compratore che non ne abbia avuto
conoscenza può domandare la risoluzione del contratto oppure una
riduzione del prezzo secondo la disposizione dell'art. 1480.
Si osservano inoltre, in quanto applicabili, le disposizioni degli
artt. 1481, 1485, 1486, 1487 e 1488.
Art. 1490 Garanzia per i vizi della cosa venduta
Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da
vizi che la rendano inidonea all'uso a cui è destinata o ne
diminuiscano in modo apprezzabile il valore.
Il patto con cui si esclude o si limita la garanzia non ha effetto,
se il venditore ha in mala fede taciuto al compratore i vizi della
cosa (1229).
Art. 1491 Esclusione della garanzia
Non è dovuta la garanzia (1490) se al momento del contratto il
compratore conosceva i vizi della cosa; parimenti non è dovuta, se i
vizi erano facilmente riconoscibili, salvo, in questo caso, che il
venditore abbia dichiarato che la cosa era esente da vizi.
Art. 1492 Effetti della garanzia
Nei casi indicati dall'art. 1490 il compratore può domandare a sua
scelta la risoluzione del contratto (1453 e seguenti) ovvero la
riduzione del prezzo, salvo, che, per determinati vizi, gli usi
escludano la risoluzione.
La scelta è irrevocabile quando è fatta con la domanda giudiziale.
Se la cosa consegnata è perita in conseguenza dei vizi, il
compratore ha diritto alla risoluzione del contratto; se invece è
perita per caso fortuito o per colpa del compratore, o se questi
l'ha alienata o trasformata, egli non può domandare che la riduzione
del prezzo.
Art. 1493 Effetti della risoluzione del contratto
In caso di risoluzione del contratto il venditore deve restituire il
prezzo e rimborsare al compratore le spese e i pagamenti
legittimamente fatti per la vendita (1475).
Il compratore deve restituire la cosa, se questa non è perita in
conseguenza dei vizi.
Art. 1494 Risarcimento del danno
In ogni caso il venditore è tenuto verso il compratore al
risarcimento del danno (1223), se non prova di avere ignorato senza
colpa i vizi della cosa.
Il venditore deve altresì risarcire al compratore i danni derivati
dai vizi della cosa.
Art. 1495 Termini e condizioni per l'azione
Il compratore decade dal diritto alla garanzia, se non denunzia i
vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta (1511), salvo il
diverso termine stabilito dalle parti o dalla legge.
La denunzia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto
l'esistenza del vizio o l'ha occultato.
L'azione si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla consegna; ma
il compratore, che sia convenuto per l'esecuzione del contratto, può
sempre far valere la garanzia, purché il vizio della cosa sia stato
denunziato entro otto giorni dalla scoperta e prima del decorso
dell'anno dalla consegna (1522; att. 172).
Art. 1496 Vendita di animali
Nella vendita di animali la garanzia per i vizi è regolata dalle
leggi speciali o, in mancanza, dagli usi locali. Se neppure questi
dispongono, si osservano le norme che precedono (1490 e seguenti).
Art. 1497 Mancanza di qualità
Quando la cosa venduta non ha le qualità promesse ovvero quelle
essenziali per l'uso a cui è destinata, il compratore ha diritto di
ottenere la risoluzione del contratto secondo le disposizioni
generali sulla risoluzione per inadempimento (1453 e seguenti),
purché il difetto di qualità ecceda i limiti di tolleranza stabiliti
dagli usi.
Tuttavia il diritto di ottenere la risoluzione è soggetto alla
decadenza e alla prescrizione stabilite dall'art. 1495 (att. 172).
§ 2 Delle obbligazioni del compratore
Art. 1498 Pagamento del prezzo
Il compratore è tenuto a pagare il prezzo nel termine e nel luogo
fissati dal contratto.
In mancanza di pattuizione e salvi gli usi diversi, il pagamento
deve avvenire al momento della consegna e nel luogo dove questa si
esegue (1477).
Se il prezzo non si deve pagare al momento della consegna, il
pagamento si fa al domicilio del venditore (1182).
Art. 1499 Interessi compensativi sul prezzo
Salvo diversa pattuizione, qualora la cosa venduta è consegnata al
compratore produca frutti (820) o altri proventi (1477), decorrono
gli interessi (1284) sul prezzo, anche se questo non è ancora
esigibile.
§ 3 Del riscatto convenzionale
Art. 1500 Patto di riscatto
Il venditore può riservarsi il diritto di riavere la proprietà della
cosa venduta mediante la restituzione del prezzo e i rimborsi
stabiliti dalle disposizioni che seguono.
Il patto di restituire un prezzo superiore a quello stipulato per la
vendita è nullo (1421 e seguenti) per l'eccedenza.
Art. 1501 Termini
Il termine per il riscatto non può essere maggiore di due anni nella
vendita di beni mobili (1510 e seguenti) e di cinque anni in quella
di beni immobili (1537 e seguenti). Se le parti stabiliscono un
termine maggiore, essi si riduce a quello legale.
Il termine stabilito dalla legge è perentorio (2964) e non si può
prorogare.
Art. 1502 Obblighi del riscattante
Il venditore che esercita il diritto di riscatto è tenuto a
rimborsare al compratore il prezzo, le spese (1475) e ogni altro
pagamento legittimamente fatto per la vendita, le spese per le
riparazioni necessarie e, nei limiti dell'aumentato, quelle che
hanno aumentato il valore della cosa (1150).
Fino al rimborso delle spese necessarie e utili, il compratore ha
diritto di ritenere la cosa. Il giudice tuttavia, per il rimborso
delle spese utili, può accordare una dilazione, disponendo, se
occorrono, le opportune cautele (1151, 1179).
Art. 1503 Esercizio del riscatto
Il venditore decade dal diritto di riscatto, se entro il termine
fissato non comunica al compratore la dichiarazione di riscatto
(2653) e non gli corrisponde le somme liquide dovute per il rimborso
del prezzo, delle spese e di ogni altro pagamento legittimamente
fatto per la vendita.
Se il compratore rifiuta di ricevere il pagamento di tali rimborsi,
il venditore decade dal diritto di riscatto, qualora non ne faccia
offerta reale entro otto giorni dalla scadenza del termine (1208 e
seguenti).
Nella vendita di beni immobili la dichiarazione di riscatto deve
essere fatta per iscritto, sotto pena di nullità (1350, 2725).
Art. 1504 Effetti del riscatto rispetto ai subacquirenti
Il venditore che ha legittimamente esercitato il diritto di riscatto
nei confronti del compratore può ottenere il rilascio della cosa
anche dai successivi acquirenti, purché il patto sia ad essi
opponibile (2653, n. 3).
Se l'alienazione è stata notificata al venditore, il riscatto deve
essere esercitato in confronto del terzo acquirente.
Art. 1505 Diritti costituiti dal compratore sulla cosa
Il venditore che ha esercitato il diritto di riscatto riprende la
cosa esente dai pesi e dalle ipoteche da cui sia stata gravata (2653
n. 3); ma è tenuto a mantenere le locazioni fatte senza frode,
purché abbiano data certa (2704) e siano state convenute per un
tempo non superiore ai tre anni.
Art. 1506 Riscatto di parte indivisa
In caso di vendita con patto di riscatto di una parte indivisa di
una cosa, il comproprietario che chiede la divisione deve proporre
la domanda anche in confronto del venditore (1111).
Se la cosa non è comodamente divisibile e si fa luogo all'incanto,
il venditore che non ha esercitato il riscatto anteriormente
all'aggiudicazione decade da tale diritto, anche se aggiudicatario
sia lo stesso compratore.
Art. 1507 Vendita congiuntiva di cosa indivisa
Se più persone hanno venduto congiuntamente, mediante un solo
contratto, una cosa indivisa, ciascuna può esercitare il diritto di
riscatto solo sopra la quota che le spettava.
La medesima disposizione si osserva se il venditore ha lasciato più
eredi.
Il compratore, nei casi sopra espressi, può esigere che tutti i
venditori o tutti i coeredi esercitino congiuntamente il diritto di
riscatto dell'intera cosa; se essi non si accordano il riscatto può
esercitarsi soltanto da parte di colui o di coloro che offrono di
riscattare la cosa per intero.
Art. 1508 Vendita separata di cosa indivisa
Se i comproprietari di una cosa non l'hanno venduta congiuntamente e
per intero, ma ciascuno ha venduto la sola sua quota, essi possono
separatamente esercitare il diritto di riscatto sopra la quota che
loro spettava, e il compratore non può valersi della facoltà
prevista dall'ultimo comma dell'articolo precedente.
Art. 1509 Riscatto contro gli eredi del compratore
Qualora il compratore abbia lasciato più eredi, il diritto di
riscatto si può esercitare contro ciascuno di essi solo per la parte
che gli spetta, anche quando la cosa venduta è tuttora indivisa.
Se l'eredità è stata divisa e la cosa venduta è stata assegnata a
uno degli eredi, il diritto di riscatto non può esercitarsi contro
di lui che per la totalità.
SEZIONE II
Della vendita di cose mobili
§ 1 Disposizioni generali
Art. 1510 Luogo della consegna
In mancanza di patto o di uso contrario, la consegna della cosa deve
avvenire nel luogo dove questa si trovava al tempo della vendita, se
le parti ne erano a conoscenza (1182), ovvero nel luogo dove il
venditore aveva il suo domicilio o la sede dell'impresa.
Salvo patto o uso contrario, se la cosa venduta deve essere
trasportata da un luogo all'altro, il venditore si libera
dall'obbligo della consegna rimettendo la cosa al vettore (1678 e
seguenti) o allo spedizioniere (1737 e seguenti); le spese del
trasporto sono a carico del compratore (1475).
Art. 1511 Denunzia nella vendita di cose da trasportare
Nella vendita di cose da trasportare da un luogo a un altro, il
termine (1495) per la denunzia dei vizi e dei difetti di qualità
apparenti decorre dal giorno del ricevimento (att. 172).
Art. 1512 Garanzia di buon funzionamento
Se il venditore ha garantito per un tempo determinato il buon
funzionamento della cosa venduta, il compratore, salvo patto
contrario, deve denunziare al venditore il difetto di funzionamento
entro trenta giorni dalla scoperta, sotto pena di decadenza (2964 e
seguenti). L'azione si prescrive in sei mesi dalla scoperta.
Il giudice, secondo le circostanze, può assegnare al venditore un
termine per sostituire o riparare la cosa in modo da assicurarne il
buon funzionamento, salvo il risarcimento dei danni (1223 e
seguenti).
Sono salvi gli usi i quali stabiliscono che la garanzia di buon
funzionamento è dovuta anche in mancanza di patto espresso (att.
174).
Art. 1513 Accertamento dei difetti
In caso di divergenza sulla qualità o condizione della cosa, il
venditore o il compratore possono chiederne la verifica nei modi
stabiliti dall'art. 696, Cod. Proc. Civ. Il giudice, su istanza
(Cod. Proc. Civ. 125) della parte interessata, può ordinare il
deposito (att. 77) o il sequestro della cosa stessa, nonché la
vendita per conto di chi spetta, determinandone le condizioni.
La parte che non ha chiesto la verifica della cosa, deve, in caso di
contestazione, provarne rigorosamente l'identità e lo stato.
Art. 1514 Deposito della cosa venduta
Se il compratore non si presenta per ricevere la cosa acquistata, il
venditore può depositarla, per conto e a spese del compratore
medesimo, in un locale di pubblico deposito (att. 77), oppure in
altro locale idoneo determinato dal pretore del luogo in cui la
consegna doveva essere fatta.
Il venditore deve dare al compratore pronta notizia del deposito
eseguito (1689 e seguente).
Art. 1515 Esecuzione coattiva per inadempimento del compratore
Se il compratore non adempie l'obbligazione di pagare il prezzo
(1498), il venditore può far vendere senza ritardo la cosa per conto
e a spese di lui.
La vendita è fatta all'incanto a mezzo di una persona autorizzata a
tali atti (att. 83) o, in mancanza di essa nel luogo in cui la
vendita deve essere eseguita, a mezzo di un ufficiale giudiziario.
Il venditore deve dare tempestiva notizia al compratore del giorno,
del luogo e dell'ora in cui la vendita sarà eseguita.
Se la cosa ha un prezzo corrente, stabilito per atto della pubblica
autorità (o da norme corporative), ovvero risultante da listini di
borsa o da mercuriali, la vendita può essere fatta senza incanto, al
prezzo corrente, a mezzo delle persone indicate nel comma precedente
o di un commissario nominato dal pretore. In tal caso il venditore
deve dare al compratore pronta notizia della vendita.
Il venditore ha diritto alla differenza tra il prezzo convenuto e il
ricavo netto della vendita, oltre al risarcimento del maggior danno
(1536, 1551, 1686).
Art. 1516 Esecuzione coattiva per inadempimento del venditore
Se la vendita ha per oggetto cose fungibili che hanno un prezzo
corrente a norma del terzo comma dell'articolo precedente, e il
venditore non adempie la sua obbligazione (1476), il compratore può
fare acquistare senza ritardo le cose, a spese del venditore, a
mezzo di una delle persone indicate nel secondo e terzo comma
dell'articolo precedente (att. 83). Dell'acquisto il compratore deve
dare pronta notizia al venditore.
Il compratore ha diritto alla differenza tra l'ammontare della spesa
occorsa per l'acquisto e il prezzo convenuto, oltre al risarcimento
del maggior danno (1223,1536, 1551).
Art. 1517 Risoluzione di diritto
La risoluzione ha luogo di diritto a favore del contraente che,
prima della scadenza del termine stabilito, abbia offerto all'altro,
nelle forme di uso, la consegna della cosa (1477) o il pagamento del
prezzo (1498), se l'altra parte non adempie la propria obbligazione.
La risoluzione di diritto ha luogo pure a favore del venditore, se,
alla scadenza del termine stabilito per la consegna, il compratore,
la cui obbligazione di pagare il prezzo non sia scaduta, non si
presenta per ricevere la cosa preventivamente offerta, ovvero non
l'accetta.
Il contraente che intende valersi della risoluzione disposta dal
presente articolo deve darne comunicazione all'altra parte entro
otto giorni (2964) dalla scadenza del termine; in mancanza di tale
comunicazione, si osservano le disposizioni generali sulla
risoluzione per inadempimento (1453 e seguenti).
Art. 1518 Normale determinazione del risarcimento
Se la vendita ha per oggetto una cosa che ha un prezzo corrente a
norma del terzo comma dell'art. 1515, e il contratto si risolve per
l'inadempimento di una delle parti, il risarcimento è costituito
dalla differenza tra il prezzo convenuto e quello corrente nel luogo
e nel giorno in cui si doveva fare la consegna, salva la prova di un
maggior danno.
Nella vendita a esecuzione periodica, la liquidazione del danno si
determina sulla base dei prezzi correnti nel luogo e nel giorno
fissati per le singole consegne.
Art. 1519 Restituzione di cose non pagate
Se la vendita è stata fatta senza dilazione per il pagamento del
prezzo, il venditore, in mancanza di pagamento, può riprendere il
possesso delle cose vendute, finché queste si trovano presso il
compratore (1156), purché la domanda sia proposta entro quindici
giorni dalla consegna e le cose si trovino nello stato in cui erano
al tempo della consegna stessa.
Il diritto di riprendere il possesso delle cose non si può
esercitare in pregiudizio dei privilegi previsti dagli artt. 2764 e
2765, salvo che si provi che il creditore, al tempo della
introduzione di esse nella casa o nel fondo locato ovvero nel fondo
concesso a mezzadria o a colonia, conosceva che il prezzo era ancora
dovuto.
La disposizione del comma precedente si applica anche a favore dei
creditori del compratore che abbiano sequestrato o pignorato le
cose, a meno che si provi che essi, al momento del sequestro o del
pignoramento, conoscevano che il prezzo era ancora dovuto.
§ 2 Della vendita con riserva di gradimento, a prova, a campione
Art. 1520 Vendita con riserva di gradimento
Quando si vendono cose con riserva di gradimento da parte del
compratore, la vendita non si perfeziona fino a che il gradimento
non sia comunicato al venditore (1353 e seguenti).
Se l'esame della cosa deve farsi presso il venditore, questi è
liberato, qualora il compratore non vi proceda nel termine stabilito
dal contratto o dagli usi, o, in mancanza, in un termine congruo
fissato dal venditore.
Se la cosa si trova presso il compratore e questi non si pronunzia
nel termine sopra indicato, la cosa si considera di suo gradimento.
Art. 1521 Vendita a prova
La vendita a prova si presume fatta sotto la condizione sospensiva
(1353 e seguenti) che la cosa abbia le qualità pattuite o sia idonea
all'uso a cui è destinata.
La prova si deve eseguire nel termine e secondo le modalità
stabiliti dal contratto o dagli usi.
Art. 1522 Vendita su campione e su tipo di campione
Se la vendita è fatta su campione, s'intende che questo deve servire
come esclusivo paragone per la qualità della merce, e in tal caso
qualsiasi difformità attribuisce al compratore il diritto alla
risoluzione del contratto (1453).
Qualora, però, dalla convenzione o dagli usi risulti che il campione
deve servire unicamente a indicare in modo approssimativo la
qualità, si può domandare la risoluzione soltanto se la difformità
dal campione sia notevole (1455).
In ogni caso l'azione è soggetta alla decadenza e alla prescrizione
stabilite dall'art. 1495 (att. 172).
§ 3 Della vendita con riserva della proprietà
Art. 1523 Passaggio della proprietà e dei rischi
Nella vendita a rate con riserva della proprietà, il compratore
acquista la proprietà della cosa col pagamento dell'ultima rata di
prezzo, ma assume i rischi dal momento della consegna.
Art. 1524 Opponibilità della riserva di proprietà nei confronti di
terzi
La riserva della proprietà è opponibile ai creditori del compratore,
solo se risulta da atto scritto avente data certa (2704) anteriore
al pignoramento.
Se la vendita ha per oggetto macchine e il prezzo è superiore alle
lire trentamila, la riserva della proprietà è opponibile anche al
terzo acquirente, purché il patto di riservato dominio sia
trascritto in apposito registro tenuto nella cancelleria del
tribunale nella giurisdizione del quale è collocata la macchina, e
questa, quando è acquistata dal terzo, si trovi ancora nel luogo
dove la trascrizione è stata eseguita (2762; att. 254 e seguente).
Sono salve le disposizioni relative ai beni mobili iscritti in
pubblici registri (2683 e seguenti).
Art. 1525 Inadempimento del compratore
Nonostante patto contrario, il mancato pagamento di una sola rata,
che non superi l'ottava parte del prezzo, non dà luogo alla
risoluzione del contratto, e il compratore conserva il beneficio del
termine relativamente alle rate successive (1455; att. 176).
Art. 1526 Risoluzione del contratto
Se la risoluzione del contratto ha luogo per l'inadempimento del
compratore, il venditore deve restituire le rate riscosse, salvo il
diritto a un equo compenso per l'uso della cosa, oltre il
risarcimento del danno (1223).
Qualora si sia convenuto che le rate pagate restino acquisite al
venditore a titolo d'indennità, il giudice, secondo le circostanze,
può ridurre l'indennità convenuta (1384).
La stessa disposizione si applica nel caso in cui il contratto sia
configurato come locazione, e sia convenuto che, al termine di esso,
la proprietà della cosa sia acquisita al conduttore per effetto del
pagamento dei canoni pattuiti (att. 176).
§ 4 Della vendita su documenti e con pagamento contro documenti
Art. 1527 Consegna
Nella vendita su documenti, il venditore si libera dall'obbligo
della consegna rimettendo al compratore il titolo rappresentativo
della merce (1996) e gli altri documenti stabiliti dal contratto o,
in mancanza, dagli usi.
1528 Pagamento del prezzo
Salvo patto o usi contrari, il pagamento del prezzo e degli
accessori deve eseguirsi nel momento e nel luogo in cui avviene la
consegna dei documenti indicati dall'articolo precedente.
Quando i documenti sono regolari, il compratore non può rifiutare il
pagamento del prezzo adducendo eccezioni relative alla qualità e
allo stato delle cose (1490), a meno che queste risultino già
dimostrate.
Art. 1529 Rischi
Se la vendita ha per oggetto cose in viaggio, e tra i documenti
consegnati al compratore è compresa la polizza di assicurazione per
i rischi del trasporto, sono a carico del compratore i rischi a cui
si trova esposta la merce dal momento della consegna al vettore.
Questa disposizione non si applica se il venditore al tempo del
contratto era a conoscenza della perdita o dell'avaria della merce,
e le ha in mala fede taciute al compratore.
Art. 1530 Pagamento contro documenti a mezzo di banca
Quando il pagamento del prezzo deve avvenire a mezzo di una banca,
il venditore non può rivolgersi al compratore se non dopo il rifiuto
opposto dalla banca stessa è constatato all'atto della presentazione
dei documenti nelle forme stabilite dagli usi (1268).
La banca che ha confermato il credito al venditore può opporgli solo
le eccezioni derivanti dall'incompletezza o irregolarità dei
documenti e quelle relative al rapporto di conferma del credito.
§ 5 Della vendita a termine di titoli di credito
Art. 1531 Interessi, dividendi e diritto di voto
Nella vendita a termine di titoli di credito (1992), gli interessi e
i dividendi esigibili dopo la conclusione del contratto e prima
della scadenza del termine, se riscossi dal venditore, sono
accreditati al compratore.
Qualora la vendita abbia per oggetto titoli azionari, il diritto di
voto spetta al venditore fino al momento della consegna (1550; att.
177).
Art. 1532 Diritto di opzione
Il diritto di opzione (2441) inerente ai titoli venduti a termine
spetta al compratore.
Il venditore, qualora il compratore gliene faccia richiesta in tempo
utile, deve mettere il compratore in grado di esercitare il diritto
di opzione, oppure deve esercitarlo per conto del compratore, se
questi gli ha fornito i fondi necessari.
In mancanza di richiesta da parte del compratore, il venditore deve
curare la vendita dei diritti di opzione per conto del compratore, a
mezzo di un agente di cambio o di un istituto di credito (1550; att.
251).
Art. 1533 Estrazione per premi o rimborsi
Se i titoli venduti a termine sono soggetti a estrazione per premi o
rimborsi, i diritti e gli oneri derivanti dall'estrazione spettano
al compratore, qualora la conclusione (1326) del contratto sia
anteriore al giorno stabilito per l'inizio dell'estrazione.
Il venditore, al solo effetto indicato dal comma precedente, deve
comunicare per iscritto al compratore una distinta numerica dei
titoli almeno un giorno prima dell'inizio dell'estrazione.
In mancanza di tale comunicazione, il compratore ha facoltà di
acquistare, a spese del venditore, i diritti spettanti a una
quantità corrispondente di titoli, dandone comunicazione al
venditore prima dell'inizio della estrazione.
Art. 1534 Versamenti richiesti sui titoli
Il compratore deve fornire al venditore, almeno due giorni prima
della scadenza, le somme necessarie per eseguire i versamenti
richiesti sui titoli non liberati (1550).
Art. 1535 Proroga dei contratti a termine
Se alla scadenza del termine le parti convengono di prorogare
l'esecuzione del contratto, è dovuta la differenza tra il prezzo
originario e quello corrente nel giorno della scadenza, salva
l'osservanza degli usi diversi.
Art. 1536 Inadempimento
In caso d'inadempimento della vendita a termine di titoli, si
osservano le norme degli artt. 1515 e 1516, salva, per i contratti
di borsa, l'applicazione delle leggi speciali.
SEZIONE III
Della vendita di cose immobili
Art. 1537 Vendita a misura
Quando un determinato immobile (812) è venduto con l'indicazione
della sua misura e per un prezzo stabilito in ragione di un tanto
per ogni unità di misura, il compratore ha diritto a una riduzione,
se la misura effettiva dell'immobile è inferiore a quella indicata
nel contratto (att. 166).
Se la misura risulta superiore a quella indicata nel contratto, il
compratore deve corrispondere il supplemento del prezzo, ma ha
facoltà di recedere dal contratto qualora l'eccedenza oltrepassi la
ventesima parte della misura dichiarata.
Art. 1538 Vendita a corpo
Nei casi in cui il prezzo è determinato in relazione al corpo
dell'immobile e non alla sua misura, sebbene questa sia stata
indicata, non si fa luogo a diminuzione o a supplemento di prezzo,
salvo che la misura reale sia inferiore o superiore di un ventesimo
rispetto a quella indicata nel contratto.
Nel caso in cui dovrebbe pagarsi un supplemento di prezzo, il
compratore ha la scelta di recedere dal contratto o di corrispondere
il supplemento.
Art. 1539 Recesso dal contratto
Quando il compratore esercita il diritto di recesso, il venditore è
tenuto a restituire il prezzo e a rimborsare le spese del contratto
(1475).
Art. 1540 Vendita cumulativa di più immobili
Se due o più immobili sono stati venduti con lo stesso contratto per
un solo e medesimo prezzo, con l'indicazione della misura di
ciascuno di essi, e si trova che la quantità è minore nell'uno e
maggiore nell'altro, se ne fa la compensazione fino alla debita
concorrenza; il diritto al supplemento o alla diminuzione del prezzo
spetta in conformità delle disposizioni sopra stabilite.
Art. 1541 Prescrizione
Il diritto del venditore al supplemento e quello del compratore alla
diminuzione del prezzo o al recesso dal contratto si prescrivono in
un anno dalla consegna dell'immobile (att. 178).
SEZIONE IV
Della vendita di eredità
Art. 1542 Garanzia
Chi vende un'eredità senza specificarne gli oggetti non è tenuto a
garantire che la propria qualità di erede (477, 588).
Art. 1543 Forme
La vendita di un'eredità deve farsi per atto scritto, sotto pena di
nullità (1350, 2643).
Il venditore è tenuto a prestarsi agli atti che sono necessari da
parte sua per rendere efficace, di fronte ai terzi, la trasmissione
di ciascuno dei diritti compresi nell'eredità.
Art. 1544 Obblighi del venditore
Se il venditore ha percepito i frutti di qualche bene o riscosso
qualche credito ereditario, ovvero ha venduto qualche bene
dell'eredità, è tenuto a rimborsare il compratore, salvo patto
contrario.
Art. 1545 Obblighi del compratore
Il compratore deve rimborsare il venditore di quanto questi ha
pagato per debiti e pesi dell'eredità, e deve corrispondergli quanto
gli sarebbe dovuto dall'eredità medesima, salvo che sia convenuto
diversamente.
Art. 1546 Responsabilità per debiti ereditari
Il compratore, se non vi è patto contrario, è obbligato in solido
(1292 e seguenti) col venditore a pagare i debiti ereditari (752).
Art. 1547 Altre forme di alienazione di eredità
Le disposizioni precedenti si applicano alle altre forme di
alienazione di un'eredità a titolo oneroso.
Nelle alienazioni a titolo gratuito la garanzia è regolata dall'art.
797.
CAPO II
Del riporto
Art. 1548 Nozione
Il riporto è il contratto per il quale il riportato trasferisce in
proprietà al riportatore titoli di credito (1992) di una data specie
per un determinato prezzo, e il riportatore assume l'obbligo di
trasferire al riportato, alla scadenza del termine stabilito, la
proprietà di altrettanti titoli della stessa specie, verso rimborso
del prezzo, che può essere aumentato o diminuito nella misura
convenuta.
Art. 1549 Perfezione del contratto
Il contratto si perfeziona con la consegna dei titoli.
Art. 1550 Diritti accessori e obblighi inerenti ai titoli
I diritti accessori e gli obblighi inerenti ai titoli dati a riporto
spettano al riportato. Si applicano le disposizioni degli artt.
1531, 1532,1533 e 1534.
Il diritto di voto, salvo patto contrario, spetta al riportatore
(att. 177).
Art. 1551 Inadempimento
In caso di inadempimento di una delle parti, si osservano le
disposizioni degli artt. 1515 e 1516, salva per i contratti di borsa
l'applicazione delle leggi speciali.
Se entrambe le parti non adempiono le proprie obbligazioni nel
termine stabilito, il riporto cessa di avere effetto, e ciascuna
parte ritiene ciò che ha ricevuto al tempo della stipulazione del
contratto.
CAPO III
Della permuta
Art. 1552 Nozione
La permuta è il contratto (1321) che ha per oggetto il reciproco
trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un
contraente all'altro (1376).
Art. 1553 Evizione
Il permutante, se ha sofferto l'evizione e non intende riavere la
cosa data, ha diritto al valore della cosa evitta, secondo le norme
stabilite per la vendita (1483 e seguenti), salvo in ogni caso il
risarcimento del danno (1223).
Art. 1554 Spese della permuta
Salvo patto contrario, le spese della permuta e le altre accessorie
sono a carico di entrambi i contraenti in parti uguali.
Art. 1555 Applicabilità delle norme sulla vendita
Le norme stabilite per la vendita si applicano alla permuta, in
quanto siano con questa compatibili (1470 e seguenti).
CAPO IV
Del contratto estimatorio
Art. 1556 Nozione
Con il contratto estimatorio una parte consegna una o più cose
mobili all'altra e questa si obbliga a pagare il prezzo, salvo che
restituisca le cose nel termine stabilito.
Art. 1557 Impossibilità di restituzione
Chi ha ricevuto le cose non è liberato dall'obbligo di pagarne il
prezzo, se la restituzione di esse nella loro integrità è divenuta
impossibile per causa a lui non imputabile (1218).
Art. 1558 Disponibilità delle cose
Sono validi gli atti di disposizione compiuti da chi ha ricevuto le
cose; ma i suoi creditori non possono sottoporle a pignoramento o a
sequestro (Cod. Proc. Civ. 514, 671) finché non ne sia stato pagato
il prezzo.
Colui che ha consegnato le cose non può disporne fino a che non gli
siano restituite.
CAPO V
Della somministrazione
Art. 1559 Nozione
La somministrazione è il contratto (1321) con il quale una parte si
obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore
dell'altra, prestazioni periodiche o continuative di cose.
Art. 1560 Entità della somministrazione
Qualora non sia determinata l'entità della somministrazione,
s'intende pattuita quella corrispondente al normale fabbisogno della
parte che vi ha diritto, avuto riguardo al tempo della conclusione
(1326) del contratto.
Se le parti hanno stabilito soltanto il limite massimo e quello
minimo per l'intera somministrazione o per le singole prestazioni,
spetta all'avente diritto alla somministrazione di stabilire, entro
i limiti suddetti, il quantitativo dovuto.
Se l'entità della somministrazione deve determinarsi in relazione al
fabbisogno ed è stabilito un quantitativo minimo, l'avente diritto
alla somministrazione è tenuto per la quantità corrispondente al
fabbisogno se questo supera il minimo stesso.
Art. 1561 Determinazione del prezzo
Nella somministrazione a carattere periodico, se il prezzo deve
essere determinato secondo le norme dell'art. 1474, si ha riguardo
al tempo della scadenza delle singole prestazioni e al luogo in cui
queste devono essere eseguite.
Art. 1562 Pagamento del prezzo
Nella somministrazione a carattere periodico il prezzo è corrisposto
all'atto delle singole prestazioni e in proporzione di ciascuna di
esse.
Nella somministrazione a carattere continuativo il prezzo è pagato
secondo le scadenze d'uso.
Art. 1563 Scadenza delle singole prestazioni
Il termine stabilito per le singole prestazioni si presume pattuito
nell'interesse di entrambe le parti (1184).
Se l'avente diritto alla somministrazione ha la facoltà di fissare
la scadenza delle singole prestazioni, egli deve comunicare la data
al somministrante con un congruo preavviso.
Art. 1564 Risoluzione del contratto
In caso d'inadempimento (1218) di una delle parti relativo a singole
prestazioni, l'altra può chiedere la risoluzione del contratto, se
l'inadempimento ha una notevole importanza (1455) ed è tale da
menomare la fiducia nell'esattezza dei successivi adempimenti.
Art. 1565 Sospensione della somministrazione
Se la parte che ha diritto alla somministrazione è inadempiente e
l'inadempimento è di lieve entità, il somministrante non può
sospendere l'esecuzione del contratto senza dare congruo preavviso
(1455, 1460).
Art. 1566 Patto di preferenza
Il patto con cui l'avente diritto alla somministrazione si obbliga a
dare la preferenza al somministrante nella stipulazione di un
successivo contratto per lo stesso oggetto, è valido purché la
durata dell'obbligo non ecceda il termine di cinque anni. Se è
convenuto un termine maggiore, questo si riduce a cinque anni.
L'avente diritto alla somministrazione deve comunicare al
somministrante le condizioni propostegli da terzi e il
somministrante deve dichiarare, sotto pena di decadenza, nel termine
stabilito o, in mancanza, in quello richiesto dalle circostanze o
dagli usi, se intende valersi del diritto di preferenza (att. 1791).
Art. 1567 Esclusiva a favore del somministrante
Se nel contratto è pattuita la clausola di esclusiva a favore del
somministrante, l'altra parte non può ricevere da terzi prestazioni
della stessa natura, né, salvo patto contrario, può provvedere con
mezzi propri alla produzione delle cose che formano oggetto del
contratto.
Art. 1568 Esclusiva a favore dell'avente diritto alla
somministrazione
Se la clausola di esclusiva è pattuita a favore dell'avente diritto
alla somministrazione, il somministrante non può compiere nella zona
per cui l'esclusiva è concessa e per la durata del contratto, né
direttamente né indirettamente, prestazioni della stessa natura di
quelle che formano oggetto del contratto.
L'avente diritto alla somministrazione, che assume l'obbligo di
promuovere, nella zona assegnatagli, la vendita delle cose di cui ha
l'esclusiva, risponde dei danni (1223) in caso di inadempimento a
tale obbligo, anche se ha eseguito il contratto rispetto al
quantitativo minimo che sia stato fissato.
Art. 1569 Contratto a tempo indeterminato
Se la durata della somministrazione non è stabilita, ciascuna delle
parti può recedere dal contratto, dando preavviso nel termine
pattuito o in quello stabilito dagli usi o, in mancanza, in un
termine congruo avuto riguardo alla natura della somministrazione.
Art. 1570 Rinvio
Si applicano alla somministrazione, in quanto compatibili con le
disposizioni che precedono, anche le regole che disciplinano il
contratto a cui corrispondono le singole prestazioni.
CAPO VI
Della locazione
SEZIONI I Disposizioni generali
Art. 1571 Nozione
La locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far
godere all'altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo (1572
e seguenti), verso un determinato corrispettivo (att. 180).
Art. 1572 Locazioni e anticipazioni eccedenti l'ordinaria
amministrazione
Il contratto di locazione per una durata superiore a nove anni è
atto eccedente l'ordinaria amministrazione (1350, n. 8, 2643, n. 8,
2923).
Sono altresì atti eccedenti l'ordinaria amministrazione le
anticipazioni del corrispettivo della locazione per una durata
superiore a un anno (1605).
Art. 1573 Durata della locazione
Salvo diverse norme di legge (1607, 1629), la locazione non può
stipularsi per un tempo eccedente i trenta anni. Se stipulata per un
periodo più lungo o in perpetuo, e ridotta al termine suddetto.
Art. 1574 Locazione senza determinazione di tempo
Quando le parti non hanno determinato la durata della locazione
(1616), questa s'intende convenuta:
1) se si tratta di case senza arredamento di mobili o di locali per
l'esercizio di una professione, di un'industria o di un commercio,
per la durata di un anno, salvi gli usi locali;
2) se si tratta di camere o di appartamenti mobiliati, per la durata
corrispondente all'unità di tempo a cui è commisurata la pigione;
3) se si tratta di cose mobili, per la durata corrispondente
all'unità di tempo a cui è commisurato il corrispettivo;
4) se si tratta di mobili forniti dal locatore per l'arredamento di
un fondo urbano, per la durata della locazione del fondo stesso
(2923).
Art. 1575 Obbligazioni principali del locatore
Il locatore deve:
1) consegnare (1171) al conduttore la cosa locata in buono stato di
manutenzione;
2) mantenerla in istato da servire all'uso convenuto;
3) garantirne il pacifico godimento durante la locazione (1585 e
seguenti).
Art. 1576 Mantenimento della cosa in buono stato locativo
Il locatore deve eseguire, durante la locazione, tutte le
riparazioni necessarie, eccettuate quelle di piccola manutenzione
che sono a carico del conduttore (1609, 1621).
Se si tratta di cose mobili, le spese di conservazione e di
ordinaria manutenzione sono, salvo patto contrario, a carico del
conduttore.
Art. 1577 Necessità di riparazioni
Quando la cosa locata abbisogna di riparazioni che non sono a carico
del conduttore, questi è tenuto a darne avviso al locatore.
Se si tratta di riparazioni urgenti, il conduttore può eseguirle
direttamente, salvo rimborso, purché ne dia contemporaneamente
avviso al locatore.
Art. 1578 Vizi della cosa locata
Se al momento della consegna la cosa locata è affetta da vizi che ne
diminuiscono in modo apprezzabile l'idoneità all'uso pattuito, il
conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una
riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi da lui
conosciuti o facilmente riconoscibili.
Il locatore è tenuto a risarcire al conduttore i danni derivati da
vizi della cosa, se non prova di avere senza colpa ignorato i vizi
stessi al momento della consegna.
Art. 1579 Limitazioni convenzionali della responsabilità
Il patto con cui si esclude o si limita la responsabilità del
locatore per i vizi della cosa non ha effetto (1229, 1421 e
seguenti), se il locatore li ha in mala fede taciuti al conduttore
oppure se i vizi sono tali da rendere impossibile il godimento della
cosa.
Art. 1580 Cose pericolose per la salute
Se i vizi della cosa o di parte notevole di essa espongono a serio
pericolo la salute del conduttore o dei suoi familiari o dipendenti,
il conduttore può ottenere la risoluzione del contratto, anche se i
vizi gli erano noti, nonostante qualunque rinunzia (1229).
Art. 1581 Vizi sopravvenuti
Le disposizioni degli articoli precedenti si osservano in quanto
applicabili, anche nel caso di vizi della cosa sopravvenuti nel
corso della locazione.
Art. 1582 Divieto d'innovazione
Il locatore non può compiere sulla cosa innovazioni che diminuiscano
il godimento da parte del conduttore.
Art. 1583 Mancato godimento per riparazioni urgenti
Se nel corso della locazione la cosa abbisogna di riparazioni che
non possono differirsi fino al termine del contratto, il conduttore
deve tollerarle anche quando importano privazione del godimento di
parte della cosa locata.
Art. 1584 Diritti del conduttore in caso di riparazioni
Se l'esecuzione delle riparazioni si protrae per oltre un sesto
della durata della locazione e, in ogni caso, per oltre venti
giorni, il conduttore ha diritto a una riduzione del corrispettivo,
proporzionata all'intera durata delle riparazioni stesse e
all'entità del mancato godimento.
Indipendentemente dalla sua durata, se l'esecuzione delle
riparazioni rende inabitabile quella parte della cosa che è
necessaria per l'alloggio del conduttore e della sua famiglia, il
conduttore può ottenere, secondo le circostanze, lo scioglimento del
contratto.
Art. 1585 Garanzia per molestie
Il locatore è tenuto a garantire il conduttore dalle molestie che
diminuiscono l'uso o il godimento della cosa, arrecate da terzi che
pretendono di avere diritti sulla cosa medesima.
Non è tenuto a garantirlo dalle molestie di terzi che non pretendono
di avere diritti, salva al conduttore la facoltà di agire contro di
essi in nome proprio (1168).
Art. 1586 Pretese da parte di terzi
Se i terzi che arrecano le molestie pretendono di avere diritti
sulla cosa locata, il conduttore è tenuto a darne pronto avviso al
locatore, sotto pena del risarcimento dei danni.
Se i terzi agiscono in via giudiziale, il locatore è tenuto ad
assumere la lite, qualora sia chiamato nel processo. Il conduttore
deve esserne estromesso con la semplice indicazione del locatore, se
non ha interesse a rimanervi (Cod. Proc. Civ. 108).
Art. 1587 Obbligazioni principali del conduttore
Il conduttore deve:
1) prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon
padre di famiglia (1176) nel servirsene per l'uso determinato nel
contratto o per l'uso che può altrimenti presumersi dalle
circostanze;
2) dare il corrispettivo nei termini convenuti (1282).
Art. 1588 Perdita e deterioramento della cosa locata
Il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa
che avvengono nel corso della locazione, anche se derivanti da
incendio, qualora non provi che siano accaduti per causa a lui non
imputabile (1218 e seguenti,1256 e seguenti).
E' pure responsabile della perdita e del deterioramento cagionati da
persone che egli ha ammesse, anche temporaneamente, all'uso o al
godimento della cosa.
Art. 1589 Incendio di cosa assicurata
Se la cosa distrutta o deteriorata per incendio era stata assicurata
dal locatore o per conto di questo (1891), la responsabilità del
conduttore verso il locatore è limitata alla differenza tra
l'indennizzo corrisposto dall'assicuratore e il danno effettivo.
Quando si tratta di cosa mobile stimata e l'assicurazione è stata
fatta per valore uguale alla stima, cessa ogni responsabilità del
conduttore in confronto del locatore, se questi è indennizzato
dall'assicuratore.
Sono salve in ogni caso le norme concernenti il diritto di
surrogazione dell'assicuratore (1916).
Art. 1590 Restituzione della cosa locata
Il conduttore deve restituire (1177) la cosa al locatore nello stato
medesimo in cui l'ha ricevuta, in conformità della descrizione che
ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo
risultante dall'uso della cosa in conformità del contratto.
In mancanza di descrizione, si presume che il conduttore abbia
ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione.
Il conduttore non risponde del perimento o del deterioramento dovuti
a vetusta.
Le cose mobili (812) si devono restituire nel luogo dove sono state
consegnate.
Art. 1591 Danni per ritardata restituzione
Il conduttore in mora (1219 e seguenti) a restituire la cosa è
tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla
riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno (1223;
Cod. Proc. Civ. 657 e seguenti).
Art. 1592 Miglioramenti
Salvo disposizioni particolari della legge o degli usi, il
conduttore non ha diritto a indennità per i miglioramenti apportati
alla cosa locata. Se però vi è stato il consenso del locatore,
questi è tenuto a pagare un'indennità corrispondente alla minor
somma tra l'importo della spesa e il valore del risultato utile al
tempo della riconsegna.
Anche nel caso in cui il conduttore non ha diritto a indennità, il
valore dei miglioramenti può compensare i deterioramenti che si sono
verificati senza colpa grave del conduttore.
Art. 1593 Addizioni
Il conduttore che ha eseguito addizioni sulla cosa locata ha diritto
di toglierle alla fine della locazione qualora ciò possa avvenire
senza nocumento della cosa, salvo che il proprietario preferisca
ritenere le addizioni stesse. In tal caso questi deve pagare al
conduttore un'indennità pari alla minor somma tra l'importo della
spesa e il valore delle addizioni al tempo della riconsegna.
Se le addizioni non sono separabili senza nocumento della cosa e ne
costituiscono un miglioramento, si osservano le norme dell'articolo
precedente.
Art. 1594 Sublocazione o cessione della locazione
Il conduttore, salvo patto contrario, ha facoltà di sublocare la
cosa locatagli, ma non può cedere il contratto senza il consenso del
locatore (1406).
Trattandosi di cosa mobile, la sublocazione deve essere autorizzata
dal locatore o consentita dagli usi.
Art. 1595 Rapporti tra il locatore e il subconduttore
Il locatore, senza pregiudizio dei suoi diritti verso il conduttore,
ha azione diretta contro il subconduttore per esigere il prezzo
della sublocazione, di cui questi sia ancora debitore al momento
della domanda giudiziale, e per costringerlo ad adempiere tutte le
altre obbligazioni derivanti dal contratto di sublocazione.
Il subconduttore non può opporgli pagamenti anticipati, salvo che
siano stati fatti secondo gli usi locali (2764).
Senza pregiudizio delle ragioni del subconduttore verso il
sublocatore, la nullità (1418) o la risoluzione del contratto di
locazione ha effetto anche nei confronti del subconduttore, e la
sentenza pronunciata tra locatore e conduttore ha effetto anche
contro di lui (2909).
Art. 1596 Fine della locazione per lo spirare del termine
La locazione per un tempo determinato dalle parti cessa con lo
spirare del termine, senza che sia necessaria la disdetta.
La locazione senza determinazione di tempo non cessa, se prima della
scadenza stabilita a norma dell'art. 1574 una delle parti non
comunica all'altra disdetta nel termine (fissato dalle norme
corporative o, in mancanza, in quello) determinato dalle parti o
dagli usi (954).
Art. 1597 Rinnovazione tacita del contratto
La locazione si ha per rinnovata se, scaduto il termine di essa, il
conduttore rimane ed è lasciato nella detenzione della cosa locata o
se, trattandosi di locazione a tempo indeterminato, non è stata
comunicata la disdetta a norma dell'articolo precedente.
La nuova locazione è regolata dalle stesse condizioni della
precedente, ma la sua durata è quella stabilita per le locazioni a
tempo indeterminato (1574).
Se è stata data licenza, il conduttore non può opporre la tacita
rinnovazione, salvo che consti la volontà del locatore di rinnovare
il contratto.
Art. 1598 Garanzie della locazione
Le garanzie prestate da terzi non si estendono alle obbligazioni
derivanti da proroghe della durata del contratto.
Art. 1599 Trasferimento a titolo particolare della cosa locata
Il contratto di locazione è opponibile al terzo acquirente, se ha
data certa (2704) anteriore all'alienazione della cosa (999).
La disposizione del comma precedente non si applica alla locazione
di beni mobili non iscritti in pubblici registri, se l'acquirente ne
ha conseguito il possesso in buona fede (1147, 1153).
Le locazioni di beni immobili non trascritte non sono opponibili al
terzo acquirente, se non nei limiti di un novennio dall'inizio della
locazione (2643 n. 8, 2644).
L'acquirente è in ogni caso tenuto a rispettare la locazione, se ne
ha assunto l'obbligo verso l'alienante (2923).
Art. 1600 Detenzione anteriore al trasferimento
Se la locazione non ha data certa, ma la detenzione del conduttore è
anteriore al trasferimento, l'acquirente non è tenuto a rispettare
la locazione che per una durata corrispondente a quella stabilita
per le locazioni a tempo indeterminato.
Art. 1601 Risarcimento del danno al conduttore licenziato
Se il conduttore è stato licenziato dall'acquirente perché il
contratto di locazione non aveva data certa (2704) anteriore al
trasferimento, il locatore è tenuto a risarcirgli il danno (1223 e
seguenti).
Art. 1602 Effetti dell'opponibilità della locazione al terzo
acquirente
Il terzo acquirente tenuto a rispettare la locazione subentra, dal
giorno del suo acquisto, nei diritti e nelle obbligazioni derivanti
dal contratto di locazione.
Art. 1603 Clausola di scioglimento del contratto in caso di
alienazione
Se si è convenuto che il contratto possa sciogliersi in caso di
alienazione della cosa locata, l'acquirente che vuole valersi di
tale facoltà deve dare licenza al conduttore rispettando il termine
di preavviso stabilito dal secondo comma dell'art. 1596. In tal caso
al conduttore licenziato non spetta il risarcimento dei danni, salvo
patto contrario (2923).
Art. 1604 Vendita della cosa locata con patto di riscatto
Il compratore con patto di riscatto non può esercitare la facoltà di
licenziare il conduttore fino a che il suo acquisto non sia divenuto
irrevocabile con la scadenza del termine fissato per il riscatto
(1500 e seguenti).
Art. 1605 Liberazione o cessione del corrispettivo della locazione
La liberazione o la cessione del corrispettivo della locazione non
ancora scaduto non può opporsi al terzo acquirente della cosa
locata, se non risulta da atto scritto avente data certa (2704)
anteriore al trasferimento. Si può in ogni caso opporre il pagamento
anticipato eseguito in conformità degli usi locali.
Se la liberazione o la cessione è stata fatta per un periodo
eccedente i tre anni e non è stata trascritta (2643 n. 9, 2644), può
essere opposta solo entro i limiti di un triennio; se il triennio è
già trascorso, può essere opposta solo nei limiti dell'anno in corso
nel giorno del trasferimento (2812, 2918, 2924).
Art. 1606 Estinzione del diritto del locatore
Nei casi in cui il diritto del locatore sulla cosa locata si
estingue con effetto retroattivo, le locazioni da lui concluse
aventi data certa (2704) sono mantenute, purché siano state fatte
senza frode e non eccedano il triennio.
Sono salve le diverse disposizioni di legge.
SEZIONE II
Della locazione di fondi urbani (l)
Art. 1607 Durata massima della locazione di case
La locazione di una casa per abitazione può essere convenuta per
tutta la durata della vita dell'inquilino e per due anni successivi
alla sua morte.
(Vedere anche Legge 27 luglio 1978, n. 392, Leggi Speciali)
Art. 1608 Garanzie per il pagamento della pigione
Nelle locazioni di case non mobiliate l'inquilino può essere
licenziato se non fornisce la casa di mobili sufficienti (2764) o
non presta altre garanzie (1179) idonee ad assicurare il pagamento
della pigione.
Art. 1609 Piccole riparazioni a carico dell'inquilino
Le riparazioni di piccola manutenzione, che a norma dell'art. 1576
devono essere eseguite dall'inquilino a sue spese, sono quelle
dipendenti da deterioramenti prodotti dall'uso, e non quelle
dipendenti da vetustà o da caso fortuito (2764).
Le suddette riparazioni, in mancanza di patto, sono determinate
dagli usi locali.
Art. 1610 Spurgo dei pozzi e di latrine
Lo spurgo dei pozzi e delle latrine è a carico del locatore.
Art. 1611 Incendio di casa abitata da più inquilini
Se si tratta di casa occupata da più inquilini, tutti sono
responsabili verso il locatore del danno prodotto dall'incendio
(1588), proporzionalmente al valore della parte occupata. Se nella
casa abita anche il locatore, si detrae dalla somma dovuta una quota
corrispondente alla parte da lui occupata (1589).
La disposizione del comma precedente non si applica se si prova che
l'incendio è cominciato dall'abitazione di uno degli inquilini,
ovvero se alcuno di questi prova che l'incendio non è potuto
cominciare nella sua abitazione.
Art. 1612 Recesso convenzionale del locatore
Il locatore che si è riservata la facoltà di recedere dal contratto
per abitare egli stesso nella casa locata deve dare licenza motivata
nel termine stabilito dagli usi locali (Cod. Proc. Civ. 657).
(tacitamente abrogato dalla Legge 27 luglio 1978, n. 392, Leggi
Speciali)
Art. 1613 Facoltà di recesso degli impiegati pubblici
Gli impiegati delle pubbliche amministrazioni possono, nonostante
patto contrario, recedere dal contratto nel caso di trasferimento,
purché questo non sia stato disposto su loro domanda.
Tale facoltà si esercita mediante disdetta motivata, e il recesso ha
effetto dal secondo mese successivo a quello in corso alla data
della disdetta.
Art. 1614 Morte dell'inquilino
Nel caso di morte dell'inquilino, se la locazione deve ancora durare
per più di un anno ed è stata vietata la sublocazione, gli eredi
possono recedere dal contratto entro tre mesi dalla morte.
Il recesso si deve esercitare mediante disdetta comunicata con
preavviso non inferiore a tre mesi.
SEZIONE III
Dell'affitto
§ 1 Disposizioni generali
Art. 1615 Gestione e godimento della cosa produttiva
Quando la locazione ha per oggetto il godimento di una cosa
produttiva, mobile o immobile, l'affittuario deve curarne la
gestione in conformità della destinazione economica della cosa e
dell'interesse della produzione. A lui spettano i frutti (821) e le
altre utilità della cosa.
Art. 1616 Affitto senza determinazione di tempo
Se le parti non hanno determinato la durata dell'affitto, ciascuna
di esse può recedere dal contratto dando all'altra un congruo
preavviso.
Sono salve (le norme corporative e) gli usi che dispongano
diversamente.
Art. 1617 Obblighi del locatore
Il locatore è tenuto a consegnare la cosa, con i suoi accessori e le
sue pertinenze (817), in istato da servire all'uso e alla produzione
a cui è destinata.
Art. 1618 Inadempimenti dell'affittuario
Il locatore può chiedere la risoluzione del contratto, se
l'affittuario non destina al servizio della cosa i mezzi necessari
per la gestione di essa, se non osserva le regole della buona
tecnica, ovvero se muta stabilmente la destinazione economica della
cosa.
Art. 1619 Diritto di controllo
Il locatore può accertare in ogni tempo, anche con accesso in luogo,
se l'affittuario osserva gli obblighi che gli incombono.
Art. 1620 Incremento della produttività della cosa
L'affittuario può prendere le iniziative atte a produrre un aumento
di reddito della cosa, purché esse non importino obblighi per il
locatore o non gli arrechino pregiudizio, e siano conformi
all'interesse della produzione.
Art. 1621 Riparazioni
Il locatore è tenuto ad eseguire a sue spese, durante l'affitto, le
riparazioni straordinarie. Le altre sono a carico dell'affittuario
(1576).
Art. 1622 Perdite determinate da riparazioni
Se l'esecuzione delle riparazioni che sono a carico del locatore
determina per l'affittuario una perdita superiore al quinto del
reddito annuale o, nel caso di affitto non superiore a un anno, al
quinto del reddito complessivo, l'affittuario può domandare una
riduzione del fitto in ragione della diminuzione del reddito oppure,
secondo le circostanze, lo scioglimento del contratto.
Art. 1623 Modificazioni sopravvenute del rapporto contrattuale
Se, in conseguenza di una disposizione di legge, (di una norma
corporativa), o di un provvedimento dell'autorità riguardanti la
gestione produttiva, il rapporto contrattuale risulta notevolmente
modificato in modo che le parti ne risentano rispettivamente una
perdita e un vantaggio, può essere richiesto un aumento o una
diminuzione del fitto (1467) ovvero, secondo le circostanze, lo
scioglimento del contratto.
Sono salve le diverse disposizioni della legge (della norma
corporativa) o del provvedimento dell'autorità.
Art. 1624 Divieto di subaffitto. Cessione dell'affitto
L'affittuario non può subaffittare la cosa senza il consenso del
locatore.
La facoltà di cedere l'affitto comprende quella di subaffittare; la
facoltà di subaffittare non comprende quella di cedere l'affitto.
Art. 1625 Clausola di scioglimento del contratto in caso di
alienazione
Se si è convenuto che l'affitto possa sciogliersi in caso di
alienazione, l'acquirente che voglia dare licenza all'affittuario
deve osservare la disposizione dell'art. 1616.
Quando l'affitto ha per oggetto un fondo rustico, la licenza deve
essere data col preavviso di sei mesi e ha effetto per la fine
dell'anno agrario in corso alla scadenza del termine di preavviso.
Art. 1626 Incapacità o insolvenza dell'affittuario
L'affitto si scioglie per l'interdizione, l'inabilitazione (414 e
seguenti) o l'insolvenza dell'affittuario, salvo che al locatore sia
prestata idonea garanzia (1179) per l'esatto adempimento degli
obblighi dell'affittuario.
Art. 1627 Morte dell'affittuario
Nel caso di morte dell'affittuario, il locatore e gli eredi
dell'affittuario possono, entro tre mesi dalla morte, recedere dal
contratto mediante disdetta comunicata all'altra parte con preavviso
di sei mesi.
Se l'affitto ha per oggetto un fondo rustico, la disdetta ha effetto
per la fine dell'anno agrario in corso alla scadenza del termine di
preavviso.
§ 2 Dell'affitto di fondi rustici
Art. 1628 Durata minima dell'affitto
(Se le norme corporative stabiliscono un periodo minimo di durata
del contratto, l'affitto di un fondo rustico stipulato per una
durata inferiore si estende al periodo minimo così stabilito).
Art. 1629 Fondi destinati al rimboschimento
L'affitto di fondi rustici destinati al rimboschimento può essere
stipulato per un termine massimo di novantanove anni.
Art. 1630 Affitto senza determinazione di tempo
L'affitto a tempo indeterminato di un fondo soggetto a rotazione di
colture si reputa stipulato per il tempo necessario affinché
l'affittuario possa svolgere e portare a compimento il normale ciclo
di avvicendamento delle colture praticate nel fondo.
Se il fondo non è soggetto ad avvicendamento di colture, l'affitto
si reputa fatto per il tempo necessario alla raccolta dei frutti
(820).
L'affitto non cessa se prima della scadenza una delle parti non ha
dato disdetta con preavviso di sei mesi.
(Sono salve le diverse disposizioni delle norme corporative).
Art. 1631 Estensione del fondo
Per l'affitto a misura, oppure a corpo con indicazione della misura,
nel caso di eccesso o di difetto dell'estensione del fondo rispetto
alla misura indicata, i diritti e le obbligazioni delle parti sono
determinati secondo le norme contenute nel capo della vendita
(1537).
Artt. 1632-1634 (abrogati)
Art. 1635 Perdita fortuita dei frutti negli affitti pluriennali
Se, durante l'affitto convenuto per più anni, almeno la metà dei
frutti di un anno non ancora separati perisce per caso fortuito,
l'affittuario può domandare una riduzione del fitto, salvo che la
perdita trovi compenso nei precedenti raccolti.
Qualora la perdita non trovi compenso nei precedenti raccolti, la
riduzione e determinata alla fine dell'affitto, eseguito il
conguaglio con i frutti raccolti in tutti gli anni decorsi. Il
giudice può dispensare provvisoriamente l'affittuario dal pagamento
di una parte del fitto in proporzione della perdita sofferta.
La riduzione non può mai eccedere la metà del fitto.
In ogni caso si deve tener conto degli indennizzi che l'affittuario
abbia conseguiti o possa conseguire in relazione alla perdita
sofferta.
Al perimento è equiparata la mancata produzione dei frutti.
Art. 1636 Perdita fortuita dei frutti negli affitti annuali
Se l'affitto ha la durata di un solo anno, e si è verificata la
perdita per caso fortuito di almeno la metà dei frutti,
l'affittuario può essere esonerato dal pagamento di una parte del
fitto, in misura non superiore alla metà.
Art. 1637 Accollo di casi fortuiti
L'affittuario può, con patto espresso, assumere il rischio dei casi
fortuiti ordinari. Sono reputati tali i fortuiti che, avuto riguardo
ai luoghi e a ogni altra circostanza, le parti potevano
ragionevolmente ritenere probabili.
E' nullo il patto (1421 e seguenti) col quale l'affittuario si
assoggetta ai casi fortuiti straordinari.
Art. 1638 Espropriazione per pubblico interesse
In caso di espropriazione per pubblico interesse o di occupazione
temporanea del fondo locato, l'affittuario ha diritto di ottenere
dal locatore la parte d'indennità a questo corrisposta per i frutti
non percepiti o per il mancato raccolto.
Art. 1639 Canone di affitto
Il fitto può consistere anche in una quota ovvero in una quantità
fissa o variabile dei frutti del fondo locato.
Art. 1640 Scorte morte
Le scorte morte costituenti la dotazione del fondo, che sono state
consegnate all'affittuario all'inizio dell'affitto, con
determinazione della specie, qualità e quantità, devono, anche se
stimate essere restituite al locatore alla fine dell'affitto, nella
stessa specie, qualità e quantità e, se si tratta di scorte fisse,
come macchinari e attrezzi, nello stesso stato d'uso. L'eccedenza o
la deficienza deve essere regolata in danaro, secondo il valore
corrente al tempo della riconsegna. La dotazione necessaria non può
essere distratta e deve essere mantenuta secondo le esigenze delle
colture e la pratica dei luoghi.
La disposizione del comma precedente si applica anche se, all'inizio
dell'affitto, l'affittuario ha depositato la somma che rappresenti
il valore delle scorte presso il locatore salvo l'obbligo di questo
di restituirla al tempo della riconsegna delle scorte.
Se le scorte sono state consegnate con la sola indicazione del
valore, l'affittuario ne acquista la proprietà, e, alla fine
dell'affitto, deve restituire il valore ricevuto o scorte in natura
per un corrispondente valore, determinato secondo il prezzo
corrente, al tempo della riconsegna, ovvero parte dell'uno e parte
delle altre.
Sono salve (le diverse disposizioni delle norme corporative o) le
diverse pattuizioni delle parti.
Art. 1641 Scorte vive
Quando il bestiame da lavoro o da allevamento, costituente la
dotazione del fondo, è stato in tutto o in parte fornito dal
locatore, si osservano le disposizioni degli articoli seguenti,
salvi (le norme corporative o) i patti diversi.
Art. 1642 Proprietà del bestiame consegnato
Qualora il bestiame consegnato all'affittuario sia stato determinato
con indicazione della specie, del numero, del sesso, della qualità,
dell'età e del peso, anche se ne è stata fatta stima, la proprietà
di esso rimane al locatore. Tuttavia l'affittuario può disporre dei
singoli capi, ma deve mantenere nel fondo la dotazione necessaria.
Art. 1643 Rischio della perdita del bestiame
Il rischio della perdita del bestiame è a carico dell'affittuario
dal momento in cui questi lo ha ricevuto, se non è stato
diversamente pattuito (1637).
Art. 1644 Accrescimenti e frutti del bestiame
L'affittuario fa suoi i parti e gli altri frutti del bestiame,
l'accrescimento e ogni altro provento che ne deriva (1615).
Il letame però deve essere impiegato esclusivamente nella
coltivazione del fondo.
Art. 1645 Riconsegna del bestiame
Nel caso previsto dall'art. 1642, al termine del contratto
l'affittuario deve restituire bestiame corrispondente per specie,
numero, sesso, qualità, età e peso a quello ricevuto. Se vi sono
differenze di qualità o di quantità contenute nei limiti in cui esse
possano ammettersi avuto riguardo ai bisogni della coltivazione del
fondo, l'affittuario deve restituire bestiame di uguale valore. Se
vi è eccedenza o deficienza nel valore del bestiame, ne è fatto
conguaglio in danaro tra le parti, secondo il valore al tempo della
riconsegna.
La disposizione del comma precedente si applica anche se, all'inizio
dell'affitto l'affittuario ha depositato presso il locatore la somma
che rappresenta il valore del bestiame.
Si applica altresì la disposizione del terzo comma dell'art. 1640.
Sono salvi (le disposizioni delle norme corporative e) i patti
diversi.
Art. 1646 Rapporti fra gli affittuari uscente e subentrante
L'affittuario uscente deve mettere a disposizione di chi gli
subentra nella coltivazione i locali opportuni e gli altri comodi
occorrenti per i lavori dell'anno seguente; il nuovo affittuario
deve lasciare al precedente i locali opportuni e gli altri comodi
occorrenti per il consumo dei foraggi e per le raccolte che restano
da fare.
Per l'ulteriore determinazione dei rapporti tra l'affittuario
uscente e l'affittuario subentrante si osservano (le disposizioni
delle norme corporative e, in mancanza) gli usi locali.
§ 3 Dell'affitto a coltivatore diretto (l)
(Vedere anche Legge 3 maggio 1982, n. 203, Leggi Speciali)
Art. 1647 Nozione
Quando l'affitto ha per oggetto un fondo che l'affittuario coltiva
col lavoro prevalentemente proprio o di persone della sua famiglia,
si applicano le norme che seguono (sempre che il fondo non superi i
limiti di estensione che, per singole zone e colture, possono essere
determinati dalle norme corporative) (2079).
Art. 1648 Casi fortuiti ordinari
Il giudice, con riguardo alle condizioni economiche
dell'affittuario, può disporre il pagamento rateale del fitto se per
un caso fortuito ordinario, le cui conseguenze l'affittuario ha
assunte a suo carico, si verifica la perdita di almeno la metà dei
frutti del fondo.
Art. 1649 Subaffitto
Se il locatore consente il subaffitto, questo è considerato come
locazione diretta tra il locatore e il nuovo affittuario.
Artt. 1650-1651 (abrogati)
Art. 1652 Anticipazioni al'affittuario
Qualora l'affittuario non possa provvedere altrimenti, il locatore è
tenuto ad anticipargli le sementi e le materie fertilizzanti e
antiparassitarie necessarie per la coltivazione del fondo.
Il credito del locatore produce interessi in misura corrispondente
al saggio legale (1284).
Artt. 1653-1654 (abrogati)
CAPO VII
Dell'appalto
Art. 1655 Nozione
L'appalto (2222 e seguenti) è il contratto col quale una parte
assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a
proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un
corrispettivo in danaro.
Art. 1656 Subappalto
L'appaltatore non può dare in subappalto l'esecuzione dell'opera o
del servizio, se non è stato autorizzato dal committente (1670).
Art. 1657 Determinazione del corrispettivo
Se le parti non hanno determinato la misura del corrispettivo né
hanno stabilito il modo di determinarla, essa è calcolata con
riferimento alle tariffe esistenti o agli usi; in mancanza, è
determinata dal giudice (2225).
Art. 1658 Fornitura della materia
La materia necessaria a compiere l'opera deve essere fornita
dall'appaltatore, se non è diversamente stabilito dalla convenzione
o dagli usi (2223).
Art. 1659 Variazioni concordate del progetto
L'appaltatore non può apportare variazioni alle modalità convenute
dell'opera se il committente non le ha autorizzate.
L'autorizzazione si deve provare per iscritto (2725).
Anche quando le modificazioni sono state autorizzate, l'appaltatore,
se il prezzo dell'intera opera è stato determinato globalmente, non
ha diritto a compenso per le variazioni o per le aggiunte, salvo
diversa pattuizione.
Art. 1660 Variazioni necessarie del progetto
Se per l'esecuzione dell'opera a regola d'arte è necessario
apportare variazioni al progetto e le parti non si accordano, spetta
al giudice di determinate le variazioni da introdurre e le
correlative variazioni del prezzo.
Se l'importo delle variazioni supera il sesto del prezzo complessivo
convenuto, l'appaltatore può recedere dal contratto e può ottenere,
secondo le circostanze, un equa indennità.
Se le variazioni sono di notevole entità, il committente può
recedere dal contratto ed è tenuto a corrispondere un equo
indennizzo.
Art. 1661 Variazioni ordinate dal committente
Il committente può apportare variazioni al progetto, purché il loro
ammontare non superi il sesto del prezzo complessivo convenuto.
L'appaltatore ha diritto al compenso per i maggiori lavori eseguiti,
anche se il prezzo dell'opera era stato determinato globalmente.
La disposizione del comma precedente non si applica quando le
variazioni, pur essendo contenute nei limiti suddetti, importano
notevoli modificazioni della natura dell'opera o dei quantitativi
nelle singole categorie di lavori previste nel contratto per
l'esecuzione dell'opera medesima.
Art. 1662 Verifica nel corso di esecuzione dell'opera
Il committente ha diritto di controllare lo svolgimento dei lavori e
di verificarne a proprie spese lo stato.
Quando, nel corso dell'opera, si accerta che la sua esecuzione non
procede secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola
d'arte, il committente può fissare un congruo termine entro il quale
l'appaltatore si deve conformare a tali condizioni; trascorso
inutilmente il termine stabilito, il contratto è risoluto, salvo il
diritto del committente al risarcimento del danno (1223, 1454,
2224).
Art. 1663 Denuncia dei difetti della materia
L'appaltatore è tenuto a dare pronto avviso al committente dei
difetti della materia da questo fornita, se si scoprono nel corso
dell'opera e possono comprometterne la regolare esecuzione.
Art. 1664 Onerosità o difficoltà dell'esecuzione
Qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati
aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d'opera,
tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo
del prezzo complessivo convenuto, l'appaltatore o il committente
possono chiedere una revisione del prezzo medesimo. La revisione può
essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo
(1467).
Se nel corso dell'opera si manifestano difficoltà di esecuzione
derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle
parti, che rendano notevolmente più onerosa la prestazione
dell'appaltatore, questi ha diritto a un equo compenso.
Art. 1665 Verifica e pagamento dell'opera
Il committente, prima di ricevere la consegna, ha diritto di
verificare l'opera compiuta.
La verifica deve essere fatta dal committente appena l'appaltatore
lo mette in condizione di poterla eseguire.
Se, nonostante l'invito fattogli dall'appaltatore, il committente
tralascia di procedere alla verifica senza giusti motivi, ovvero non
ne comunica il risultato entro un breve termine, l'opera si
considera accettata.
Se il committente riceve senza riserve la consegna dell'opera,
questa si considera accettata ancorché non si sia proceduto alla
verifica.
Salvo diversa pattuizione o uso contrario, l'appaltatore ha diritto
al pagamento del corrispettivo quando l'opera è accettata dal
committente (att. 181).
Art. 1666 Verifica e pagamento di singole partite
Se si tratta di opere da eseguire per partite, ciascuno dei
contraenti può chiedere che la verifica avvenga per le singole
partite. In tal caso l'appaltatore può domandare il pagamento in
proporzione dell'opera eseguita.
Il pagamento fa presumere l'accettazione della parte di opera
pagata; non produce questo effetto il versamento di semplici acconti
(att. 181).
Art. 1667 Difformità e vizi dell'opera
L'appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi
dell'opera (1668). La garanzia non è dovuta se il committente ha
accettato l'opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o
erano riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati in mala
fede taciuti dall'appaltatore.
Il committente deve, a pena di decadenza (2964), denunziare
all'appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla
scoperta. La denunzia non è necessaria se l'appaltatore ha
riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati.
L'azione contro l'appaltatore si prescrive in due anni dal giorno
della consegna dell'opera. Il committente convenuto per il pagamento
può sempre far valere la garanzia, purché le difformità o i vizi
siano stati denunziati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima
che siano decorsi i due anni dalla consegna (att. 181).
Art. 1668 Contenuto della garanzia per difetto dell'opera
Il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano
eliminati a spese dell'appaltatore, oppure che il prezzo sia
proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel
caso di colpa dell'appaltatore (1223).
Se però le difformità o i vizi dell'opera sono tali da renderla del
tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la
risoluzione del contratto (2226; att. 181).
Art. 1669 Rovina e difetti di cose immobili
Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per
la loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal
compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della
costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente
pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei
confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta
la denunzia entro un anno dalla scoperta.
Il diritto del committente si prescrive (2934) in un anno dalla
denunzia.
Art. 1670 Responsabilità lei subappaltatori
L'appaltatore, per agire in regresso nei confronti dei
subappaltatori, deve, sotto pena di decadenza, comunicare ad essi la
denunzia entro sessanta giorni dal ricevimento.
Art. 1671 Recesso unilaterale dal contratto
Il committente può recedere dal contratto (16603), anche se è stata
iniziata l'esecuzione dell'opera o la prestazione del servizio,
purché tenga indenne l'appaltatore delle spese sostenute, dei lavori
eseguiti e del mancato guadagno (1372, 2227).
Art. 1672 Impossibilità di esecuzione dell'opera
Se il contratto si scioglie perché l'esecuzione dell'opera è
divenuta impossibile in conseguenza di una causa non imputabile ad
alcuna delle parti, il committente deve pagare la parte dell'opera
già compiuta, nei limiti in cui è per lui utile, in proporzione del
prezzo pattuito per l'opera intera.
Art. 1673 Perimento o deterioramento della cosa
Se, per causa non imputabile ad alcuna delle parti, l'opera perisce
o è deteriorata prima che sia accettata dal committente o prima che
il committente sia in mora a verificarla (1207), il perimento o il
deterioramento e a carico dell'appaltatore, qualora questi abbia
fornito la materia.
Se la materia è stata fornita in tutto o in parte dal committente,
il perimento o il deterioramento dell'opera è a suo carico per
quanto riguarda la materia da lui fornita, e per il resto è a carico
dell'appaltatore.
Art. 1674 Morte dell'appaltatore
Il contratto di appalto non si scioglie per la morte
dell'appaltatore, salvo che la considerazione della sua persona sia
stata motivo determinante del contratto. Il committente può sempre
recedere dal contratto, se gli eredi dell'appaltatore non danno
affidamento per la buona esecuzione dell'opera o del servizio.
Art. 1675 Diritti e obblighi degli eredi dell'appaltatore
Nel caso di scioglimento del contratto per morte dell'appaltatore,
il committente è tenuto a pagare agli eredi il valore delle opere
eseguite, in ragione del prezzo pattuito, e a rimborsare le spese
sostenute per l'esecuzione del rimanente, ma solo nei limiti in cui
le opere eseguite e le spese sostenute gli sono utili.
Il committente ha diritto di domandare la consegna, verso una
congrua indennità, dei materiali preparati e dei piani in via di
esecuzione, salve le norme che proteggono le opere dell'ingegno
(2578).
Art. 1676 Diritti degli ausiliari dell'appaltatore verso il
committente
Coloro che, alle dipendenze dell'appaltatore, hanno dato la loro
attività per eseguire l'opera o per prestare il servizio possono
proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto
è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente
ha verso l'appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda
(2900).
Art. 1677 Prestazione continuativa o periodica di servizi
Se l'appalto ha per oggetto prestazioni continuative o periodi che
di servizi si osservano, in quanto compatibili, le norme di questo
capo e quelle relative al contratto di somministrazione (1559 e
seguenti).
CAPO VIII
Del trasporto
SEZIONE I
Disposizioni generali
Art. 1678 Nozione
Col contratto di trasporto il vettore si obbliga, verso
corrispettivo (2761, 2951), a trasferire persone o cose (1683 e
seguenti) da un luogo a un altro (1378).
Art. 1679 Pubblici servizi di linea
Coloro che per concessione amministrativa (2597) esercitano servizi
di linea per il trasporto di persone o di cose sono obbligati ad
accettare le richieste di trasporto che siano compatibili con i
mezzi ordinari dell'impresa, secondo le condizioni generali
stabilite o autorizzate nell'atto di concessione e rese note al
pubblico (2951).
I trasporti devono eseguirsi secondo l'ordine delle richieste; in
caso di più richieste simultanee, deve essere preferita quella di
percorso maggiore.
Se le condizioni generali ammettono speciali concessioni, il vettore
è obbligato ad applicarle a parità di condizioni a chiunque ne
faccia richiesta.
Salve le speciali concessioni ammesse dalle condizioni generali,
qualunque deroga alle medesime è nulla (1421 e seguenti), e alla
clausola difforme è sostituita la norma delle condizioni generali
(1339, 1419).
Art. 1680 Limiti di applicabilità delle norme
Le disposizioni di questo capo si applicano anche ai trasporti per
via d'acqua o per via d'aria e a quelli ferroviari e postali, in
quanto non siano derogate dal codice della navigazione e dalle leggi
speciali.
SEZIONE II
Del trasporto di persone
Art. 1681 Responsabilità del vettore
Salva la responsabilità per il ritardo e per l'inadempimento
nell'esecuzione del trasporto (1218 e seguenti), il vettore risponde
dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il
viaggio e della perdita o dell'avaria delle cose che il viaggiatore
porta con sé, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee
a evitare il danno (2951).
Sono nulle le clausole che limitano la responsabilità del vettore
per i sinistri che colpiscono il viaggiatore (1229).
Le norme di questo articolo si osservano anche nei contratti di
trasporto gratuito (2951).
Art. 1682 Responsabilità del vettore nei trasporti cumulativi
Nei trasporti cumulativi ciascun vettore risponde nell'ambito del
proprio percorso.
Tuttavia il danno per il ritardo o per l'interruzione del viaggio si
determina in ragione dell'intero percorso.
SEZIONE III
Del trasporto di cose
Art. 1683 Indicazioni e documenti che devono essere forniti al
vettore
Il mittente deve indicare con esattezza al vettore il nome del
destinatario e il luogo di destinazione, la natura, il peso, la
quantità e il numero delle cose da trasportare e gli altri estremi
necessari per eseguire il trasporto.
Se per l'esecuzione del trasporto occorrono particolari documenti,
il mittente deve rimetterli al vettore all'atto in cui consegna le
cose da trasportare.
Sono a carico del mittente i danni che derivano dall'omissione o
dall'inesattezza delle indicazioni o dalla mancata consegna o
irregolarità dei documenti.
Art. 1684 Lettera di vettura e ricevuta di carico
Su richiesta del vettore, il mittente deve rilasciare una lettera di
vettura con la propria sottoscrizione, contenente le indicazioni
enunciate nell'articolo precedente e le condizioni convenute per il
trasporto.
Su richiesta del mittente, il vettore deve rilasciare un duplicato
della lettera di vettura con la propria sottoscrizione o, se non gli
è stata rilasciata lettera di vettura, una ricevuta di carico, con
le stesse indicazioni.
Salvo contrarie disposizioni di legge, il duplicato della lettera di
vettura e la ricevuta di carico possono essere rilasciate con la
clausola "all'ordine" (2008 e seguenti).
Art. 1685 Diritti del mittente
Il mittente può sospendere il trasporto e chiedere la restituzione
delle cose, ovvero ordinarne la consegna a un destinatario diverso
da quello originariamente indicato o anche disporre diversamente,
salvo l'obbligo di rimborsare le spese e di risarcire i danni
derivanti dal contrordine.
Qualora dal vettore sia stato rilasciato al mittente un duplicato
della lettera di vettura o una ricevuta di carico, il mittente non
può disporre delle cose consegnate per il trasporto, se non esibisce
al vettore il duplicato o la ricevuta per farvi annotare le nuove
indicazioni. Queste devono essere sottoscritte dal vettore.
Il mittente non può disporre delle cose trasportate dal momento in
cui esse sono passate a disposizione del destinatario (1378).
Art. 1686 Impedimenti e ritardi nell'esecuzione del trasporto
Se l'inizio o la continuazione del trasporto sono impediti o
soverchiamente ritardati per causa non imputabile al vettore, questi
deve chiedere immediatamente istruzioni al mittente, provvedendo
alla custodia delle cose consegnategli.
Se le circostanze rendono impossibile la richiesta di istruzioni al
mittente o se le istruzioni non sono attuabili, il vettore può
depositare le cose a norma dell'art. 1514 (att. 77), o se sono
soggette a rapido deterioramento, può farle vendere a norma
dell'art. 1515. Il vettore deve informare prontamente il mittente
del deposito o della vendita (att. 83).
Il vettore ha diritto al rimborso delle spese. Se il trasporto è
stato iniziato, egli ha diritto anche al pagamento del prezzo in
proporzione del percorso compiuto, salvo che l'interruzione del
trasporto sia dovuta alla perdita totale delle cose derivante da
caso fortuito.
Art. 1687 Riconsegna delle merci
Il vettore deve mettere le cose trasportate a disposizione (1177)
del destinatario nel luogo, nel termine e con le modalità indicati
dal contratto o, in mancanza, dagli usi.
Se la riconsegna non deve eseguirsi presso il destinatario, il
vettore deve dargli prontamente avviso dell'arrivo delle cose
trasportate.
Se dal mittente è stata rilasciata una lettera di vettura, il
vettore deve esibirla al destinatario.
Art. 1688 Termine di resa
Il termine di resa, quando sono indicati più termini parziali è
determinato dalla somma di questi.
Art. 1689 Diritti del destinatario
I diritti nascenti dal contratto di trasporto verso il vettore
spettano al destinatario dal momento in cui, arrivate le cose a
destinazione o scaduto il termine in cui sarebbero dovute arrivare,
il destinatario ne richiede la riconsegna al vettore.
Il destinatario non può esercitare i diritti nascenti dal contratto
se non verso pagamento al vettore dei crediti derivanti dal
trasporto (2761) e degli assegni da cui le cose trasportate sono
gravate. Nel caso in cui l'ammontare del}e somme dovute sia
controverso, il destinatario deve depositare la differenza
contestata presso un istituto di credito (att. 251).
Art. 1690 Impedimenti alla riconsegna
Se il destinatario è irreperibile ovvero rifiuta o ritarda a
chiedere la riconsegna delle cose trasportate, il vettore deve
domandare immediatamente istruzioni al mittente e si applicano le
disposizioni dell'art. 1686.
Se sorge controversia tra più destinatari o circa il diritto del
destinatario alla riconsegna o circa l'esecuzione di questa, ovvero
se il destinatario ritarda a ricevere le cose trasportate, il
vettore può depositarle a norma dell'art. 1514 o, se sono soggette a
rapido deterioramento, può farle vendere a norma dell'art. 1515 per
conto dell'avente diritto. Il vettore deve informare prontamente il
mittente del deposito o della vendita (att. 83).
Art. 1691 Lettera di vettura o ricevuta di carico all'ordine
Se il vettore ha rilasciato al mittente un duplicato della lettera
di vettura all'ordine o la ricevuta di carico all'ordine, i diritti
nascenti dal contratto verso il vettore si trasferiscono mediante
girata del titolo (2009 e seguenti).
In tal caso il vettore è esonerato dall'obbligo di dare avviso
dell'arrivo delle cose trasportate, salvo che sia stato indicato un
domiciliatario nel luogo di destinazione, e l'indicazione risulti
dal duplicato della lettera di vettura o dalla ricevuta di carico.
Il possessore del duplicato della lettera di vettura all'ordine o
della ricevuta di carico all'ordine, deve restituire il titolo al
vettore all'atto della riconsegna delle cose trasportate.
Art. 1692 Responsabilità del vettore nei confronti del mittente
Il vettore che esegue la riconsegna al destinatario senza riscuotere
i propri crediti o gli assegni da cui è gravata la cosa, o senza
esigere il deposito della somma controversa, è responsabile verso il
mittente dell'importo degli assegni dovuti al medesimo e non può
rivolgersi a quest'ultimo per il pagamento dei propri crediti, salva
l'azione verso il destinatario (2951).
Art. 1693 Responsabilità per perdita e avaria
Il vettore è responsabile della perdita e dell'avaria delle cose
consegnategli per il trasporto, dal momento in cui le riceve a
quello in cui le riconsegna al destinatario, se non prova che la
perdita o l'avaria è derivata da caso fortuito, dalla natura o dai
vizi delle cose stesse o del loro imballaggio, o dal fatto del
mittente o da quello del destinatario (1218).
Se il vettore accetta le cose da trasportare senza riserve, si
presume che le cose stesse non presentino vizi apparenti
d'imballaggio.
Art. 1694 Presunzioni di fortuito
Sono valide le clausole che stabiliscono presunzioni di caso
fortuito per eventi che normalmente, in relazione ai mezzi e alle
condizioni del trasporto, dipendono da caso fortuito (att. 181 e
seguenti).
Art. 1695 Calo naturale
Per le cose che data la loro particolare natura, sono soggette
durante il trasporto a diminuzione nel peso o nella misura, il
vettore risponde solo delle diminuzioni che oltrepassano il calo
naturale, a meno che il mittente o il destinatario provi che la
diminuzione non è avvenuta in conseguenza della natura delle cose o
che per le circostanze del caso non poteva giungere alla misura
accertata.
Si deve tener conto del calo separatamente per ogni collo.
Art. 1696 Calcolo del danno in caso di perdita o di avaria
Il danno derivante da perdita o da avaria si calcola secondo il
prezzo corrente delle cose trasportate nel luogo e nel tempo della
riconsegna (15153).
Art. 1697 Accertamento della perdita e dell'avaria
Il destinatario ha diritto di fare accertare a sue spese, prima
della riconsegna, l'identità e lo stato delle cose trasportate.
Se la perdita o l'avaria esiste, il vettore deve rimborsargli le
spese.
Salvo diverse disposizioni della legge, la perdita e l'avaria si
accertano nei modi stabiliti dall'art. 696 Cod. Proc. Civ.
Art. 1698 Estinzione dell'azione nei confronti del vettore
Il ricevimento senza riserve delle cose trasportate col pagamento di
quanto è dovuto al vettore (1689-2) estingue le azioni derivanti dal
contratto, tranne il caso di dolo o colpa grave del vettore. Sono
salve le azioni per perdita parziale o per avaria non riconoscibili
al momento della riconsegna, purché in quest'ultimo caso il danno
sia denunziato appena conosciuto e non oltre otto giorni dopo il
ricevimento (2964; att. 182).
Art. 1699 Trasporto con rispedizione della merce
Se il vettore si obbliga di far proseguire le cose trasportate,
oltre le proprie linee, per mezzo di vettori successivi, senza farsi
rilasciare dal mittente una lettera di vettura diretta fino al luogo
di destinazione, si presume che egli assuma, per il trasporto oltre
le proprie linee, gli obblighi di uno spedizioniere (1737 e
seguenti).
Art. 1700 Trasporto cumulativo
Nei trasporti che sono assunti cumulativamente da più vettori
successivi con unico contratto, i vettori rispondono in solido (1292
e seguenti) per l'esecuzione del contratto dal luogo originario di
partenza fino al luogo di destinazione.
Il vettore chiamato a rispondere di un fatto non proprio può agire
in regresso contro gli altri vettori, singolarmente o
cumulativamente. Se risulta che il fatto dannoso è avvenuto nel
percorso di uno dei vettori, questi è tenuto al risarcimento
integrale; in caso contrario, al risarcimento sono tenuti tutti i
vettori in parti proporzionali ai percorsi, esclusi quei vettori che
provino che il danno non è avvenuto nel proprio percorso.
Art. 1701 Diritto di accertamento dei vettori successivi
I vettori successivi hanno diritto di far dichiarare, nella lettera
di vettura o in atto separato, lo stato delle cose da trasportare al
momento in cui sono loro consegnate. In mancanza di dichiarazioni,
si presume che le abbiano ricevute in buono stato e conformi alla
lettera di vettura.
Art. 1702 Riscossione dei crediti da parte dell'ultimo vettore
L'ultimo vettore rappresenta i vettori precedenti per la riscossione
dei rispettivi crediti che nascono dal contratto di trasporto e per
l'esercizio del privilegio sulle cose trasportate (2761).
Se egli omette tale riscossione o l'esercizio del privilegio, è
responsabile verso i vettori precedenti per le somme loro dovute,
salva l'azione contro il destinatario.
CAPO IX
Del mandato
SEZIONE I
Disposizioni generali
Art. 1703 Nozione
Il mandato è il contratto col quale una parte si obbliga a compiere
uno o più atti giuridici per conto dell'altra.
Art. 1704 Mandato con rappresentanza
Se al mandatario è stato conferito il potere di agire in nome del
mandante, si applicano anche le norme del capo VI del titolo II di
questo libro (1387 e seguenti).
Art. 1705 Mandato senza rappresentanza
Il mandatario che agisce in proprio nome acquista i diritti e assume
gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se
questi hanno avuto conoscenza del mandato.
I terzi non hanno alcun rapporto col mandante. Tuttavia il mandante,
sostituendosi al mandatario, può esercitare i diritti di credito
derivanti dall'esecuzione del manda, salvo che ciò possa
pregiudicare i diritti attribuiti al mandatario dalle disposizioni
degli articoli che seguono.
Art. 1706 Acquisti del mandatario
Il mandante può rivendicare le cose mobili acquistate per suo conto
dal mandatario che ha agito in nome proprio, salvi i diritti
acquistati dai terzi per effetto del possesso di buona fede (1153 e
seguenti).
Se le cose acquistate dal mandatario sono beni immobili o beni
mobili iscritti in pubblici registri (812 e seguenti), il mandatario
è obbligato a ritrasferirle al mandante. In caso d'inadempimento, si
osservano le norme relative all'esecuzione dell'obbligo di contrarre
(2652, n. 2, 2690 n. 1, 2932; att. 183).
Art. 1707 Creditori del mandatario
I creditori del mandatario non possono far valere le loro ragioni
sui beni che, in esecuzione del mandato, il mandatario ha acquistati
in nome proprio, purché, trattandosi di beni mobili o di crediti, il
mandato risulti da scrittura avente data certa (2704) anteriore al
pignoramento, ovvero, trattandosi di beni immobili o di beni mobili
iscritti in pubblici registri, sia anteriore al pignoramento la
trascrizione dell'atto di ritrasferimento o della domanda giudiziale
diretta a conseguirlo (2915; att. 183).
Art. 1708 Contenuto del mandato
Il mandato comprende non solo gli atti per i quali stato conferito,
ma anche quelli che sono necessari al loro compimento.
Il mandato generale non comprende gli atti che eccedono l'ordinaria
amministrazione, se non sono indicati espressamente.
Art. 1709 Presunzione di onerosità
Il mandato si presume oneroso. La misura del compenso (2761), se non
è stabilita dalle parti, è determinata in base alle tariffe
professionali o agli usi; in mancanza è determinata dal giudice.
§ 1 Delle obbligazioni del mandatario
Art. 1710 Diligenza del mandatario
Il mandatario è tenuto a eseguire il mandato (2392-1, 2407-1) con la
diligenza del buon padre di famiglia (1176); ma se il mandato è
gratuito, la responsabilità per colpa è valutata con minor rigore.
Il mandatario è tenuto a rendere note al mandante le circostanze
sopravvenute che possono determinare la revoca o la modificazione
del mandato.
Art. 1711 Limiti del mandato
Il mandatario non può eccedere i limiti fissati nel mandato. L'atto
che esorbita dal mandato resta a carico del mandatario, se il
mandante non lo ratifica.
Il mandatario può discostarsi dalle istruzioni ricevute qualora
circostanze ignote al mandante, e tali che non possono essergli
comunicate in tempo, facciano ragionevolmente ritenere che lo stesso
mandante avrebbe dato la sua approvazione.
Art. 1712 Comunicazione dell'eseguito mandato
Il mandatario deve senza ritardo comunicare al mandante l'esecuzione
del mandato.
Il ritardo del mandante a rispondere dopo aver ricevuto tale
comunicazione, per un tempo superiore a quello richiesto dalla
natura dell'affare o dagli usi, importa approvazione, anche se il
mandatario si è discostato dalle istruzioni o ha ecceduto i limiti
del mandato.
Art. 1713 Obbligo di rendiconto
Il mandatario deve rendere al mandante il conto del suo operato e
rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato (Cod.
Proc. Civ. 263 e seguenti).
La dispensa preventiva dall'obbligo di rendiconto non ha effetto nei
casi in cui il mandatario deve rispondere per dolo o per colpa grave
(1229).
Art. 1714 Interessi sulle somme riscosse
Il mandatario deve corrispondere al mandante gli interessi legali
(1284) sulle somme riscosse per conto del mandante stesso, con
decorrenza dal giorno in cui avrebbe dovuto fargliene la consegna o
la spedizione ovvero impiegarle secondo le istruzioni ricevute.
Art. 1715 Responsabilità per le obbligazioni dei terzi
In mancanza di patto contrario, il mandatario che agisce in proprio
nome non risponde verso il mandante dell'adempimento delle
obbligazioni assunte dalle persone con le quali ha contrattato,
tranne il caso che l'insolvenza di queste gli fosse o dovesse
essergli nota all'atto della conclusione del contratto.
Art. 1716 Pluralità di mandatari
Salvo patto contrario, il mandato conferito a più persone designate
a operare congiuntamente non ha effetto, se non è accettato da
tutte.
Se nel mandato non è dichiarato che i mandatari devono agire
congiuntamente, ciascuno di essi può concludere l'affare (2203). In
questo caso il mandante, appena avvertito della conclusione, deve
darne notizia agli altri mandatari; in mancanza è tenuto a risarcire
i danni derivanti dall'omissione o dal ritardo.
Se più mandatari hanno comunque operato congiuntamente, essi sono
obbligati in solido (1292 e seguenti) verso il mandante.
Art. 1717 Sostituto del mandatario
Il mandatario che, nell'esecuzione del mandato, sostituisce altri a
se stesso, senza esservi autorizzato o senza che ciò sia necessario
per la natura dell'incarico, risponde dell'operato della persona
sostituita.
Se il mandante aveva autorizzato la sostituzione senza indicare la
persona, il mandatario risponde soltanto quando è in colpa nella
scelta.
Il mandatario risponde delle istruzioni che ha impartite al
sostituto.
Il mandante può agire direttamente contro la persona sostituita dal
mandatario.
Art. 1718 Custodia delle cose e tutela dei diritti del mandante
Il mandatario deve provvedere alla custodia delle cose che gli sono
state spedite per conto del mandante e tutelare i diritti di
quest'ultimo di fronte al vettore, se le cose presentano segni di
deterioramento o sono giunte con ritardo.
Se vi è urgenza, il mandatario può procedere alla vendita delle cose
a norma dell'art. 1515 (att. 83).
Di questi fatti, come pure del mancato arrivo della merce, egli deve
dare immediato avviso al mandante.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche se il
mandatario non accetta l'incarico conferitogli dal mandante, sempre
che tale incarico rientri nell'attività professionale del
mandatario.
§ 2 Delle obbligazioni del mandante
Art. 1719 Mezzi necessari per l'esecuzione del mandato
Il mandante, salvo patto contrario, è tenuto a somministrare al
mandatario i mezzi necessari per l'esecuzione del mandato e per
l'adempimento delle obbligazioni che a tal fine il mandatario ha
contratte in proprio nome.
Art. 1720 Spese e compenso del mandatario
Il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni, con gli
interessi legali (1284) dal giorno in cui sono state fatte, e deve
pagargli il compenso che gli spetta (2761).
Il mandante deve inoltre risarcire i danni che il mandatario ha
subiti a causa dell'incarico.
Art. 1721 Diritto del mandatario sui crediti
Il mandatario ha diritto di soddisfarsi sui crediti pecuniari sorti
dagli affari che ha conclusi, con precedenza sul mandante e sui
creditori di questo (2761).
§ 3 Dell'estinzione del mandato
Art. 1722 Cause di estinzione
Il mandato si estingue:
1) per la scadenza del termine o per il compimento, da parte del
mandatario, dell'affare per il quale è stato conferito;
2) per revoca da parte del mandante;
3) per rinunzia del mandatario;
4) per la morte, l'interdizione o l'inabilitazione (414 e seguenti)
del mandante o del mandatario. Tuttavia il mandato che ha per
oggetto il compimento di atti relativi all'esercizio di un'impresa
non si estingue, se l'esercizio dell'impresa è continuato, salvo il
diritto di recesso delle parti o degli eredi (att. 184).
Art. 1723 Revocabilità del mandato
Il mandante può revocare il mandato; ma se era stata pattuita
l'irrevocabilità, risponde dei danni, salvo che ricorra una giusta
causa.
Il mandato conferito anche nell'interesse del mandatario o di terzi
non si estingue per revoca da parte del mandante, salvo che sia
diversamente stabilito o ricorra una giusta causa di revoca (2259);
non si estingue per la morte o per la sopravvenuta incapacità (1425)
del mandante.
Art. 1724 Revoca tacita
La nomina di un nuovo mandatario per lo stesso affare o il
compimento di questo da parte del mandante importano revoca del
mandato, e producono effetto dal giorno in cui sono stati comunicati
al mandatario (1334 e seguente).
Art. 1725 Revoca del mandato oneroso
La revoca del mandato oneroso, conferito per un tempo determinato o
per un determinato affare, obbliga il mandante a risarcire i danni
(1223 e seguenti), se è fatta prima della scadenza del termine o del
compimento dell'affare, salvo che ricorra una giusta causa.
Se il mandato è a tempo indeterminato, la revoca obbliga il mandante
al risarcimento, qualora non sia dato un congruo preavviso, salvo
che ricorra una giusta causa.
Art. 1726 Revoca del mandato collettivo
Se il mandato è stato conferito da più persone con unico atto e per
un affare d'interesse comune, la revoca non ha effetto qualora non
sia fatta da tutti i mandanti, salvo che ricorra una giusta causa
(2609).
Art. 1727 Rinunzia del mandatario
Il mandatario che rinunzia senza giusta causa al mandato deve
risarcire i danni (1223 e seguenti) al mandante. Se il mandato è a
tempo indeterminato, il mandatario che rinunzia senza giusta causa è
tenuto al risarcimento, qualora non abbia dato un congruo preavviso.
In ogni caso la rinunzia deve essere fatta in modo e in tempo tali
che il mandante possa provvedere altrimenti, salvo il caso
d'impedimento grave da parte del mandatario.
Art. 1728 Morte o incapacità del mandante o del mandatario
Quando il mandato si estingue per morte o per incapacità
sopravvenuta (1425) del mandante, il mandatario che ha iniziato
l'esecuzione deve continuarla, se vi è pericolo nel ritardo.
Quando il mandato si estingue per morte o per sopravvenuta
incapacità (414 e seguente) del mandatario, i suoi eredi ovvero
colui che lo rappresenta o lo assiste, se hanno conoscenza del
mandato, devono avvertire prontamente il mandante e prendere intanto
nell'interesse di questo i provvedimenti richiesti dalle
circostanze.
Art. 1729 Mancata conoscenza della causa di estinzione
Gli atti che il mandatario ha compiuti prima di conoscere
l'estinzione del mandato sono validi nei confronti del mandante o
dei suoi eredi (1396).
Art. 1730 Estinzione del mandato conferito a più mandatari
Salvo patto contrario, il mandato conferito a più persone designate
a operare congiuntamente si estingue anche se la causa di estinzione
concerne uno solo dei mandatari.
SEZIONE II
Della commissione
Art. 1731 Nozione
Il contratto di commissione e un mandato (1703 e seguenti) che ha
per oggetto l'acquisto o la vendita di beni per conto del
committente e in nome del commissionario.
Art. 1732 Operazioni a fido
Il commissionario si presume autorizzato a concedere dilazioni di
pagamento in conformità degli usi del luogo in cui compie
l'operazione, se il committente non ha disposto altrimenti.
Se il commissionario concede dilazioni di pagamento, malgrado il
divieto del committente o quando non è autorizzato dagli usi, il
committente può esigere da lui il pagamento immediato, salvo il
diritto del commissionario di far propri i vantaggi che derivano
dalla concessa dilazione.
Il commissionario che ha concesso dilazioni di pagamento deve
indicare al committente la persona del contraente e il termine
concesso; altrimenti l'operazione si considera fatta senza dilazione
e si applica il disposto del comma precedente.
Art. 1733 Misura della provvigione
La misura della provvigione spettante al commissionario, se non è
stabilita dalle parti, si determina secondo gli usi del luogo in cui
è compiuto l'affare. In mancanza di usi provvede il giudice secondo
equità.
Art. 1734 Revoca della commissione
Il committente può revocare l'ordine di concludere l'affare fino a
che il commissionario non l'abbia concluso. In tal caso spetta al
commissionario una parte della provvigione, che si determina tenendo
conto delle spese sostenute e dell'opera prestata.
Art. 1735 Commissionario contraente in proprio
Nella commissione di compera o di vendita di titoli, divise o merci
aventi un prezzo corrente che risulti nei modi indicati dal terzo
comma dell'art. 1515, se il committente non ha diversamente
disposto, il commissionario può fornire al prezzo suddetto le cose
che deve comperare, o può acquistare per se le cose che deve
vendere, salvo, in ogni caso, il suo diritto alla provvigione
(1395).
Anche quando il committente ha fissato il prezzo, il commissionario
che acquista per sé non può praticare un prezzo inferiore a quello
corrente nel giorno in cui compie l'operazione, se questo è
superiore al prezzo fissato dal committente; e il commissionario che
fornisce le cose che deve comprare non può praticare un prezzo
superiore a quello corrente, se questo è inferiore al prezzo fissato
dal committente.
Art. 1736 Star del credere
Il commissionario che, in virtù di patto o di uso, è tenuto allo
"star del credere" risponde nei confronti del committente per
l'esecuzione dell'affare.
In tal caso ha diritto, oltre che alla provvigione, a un compenso o
a una maggiore provvigione, la quale, in mancanza di patto, si
determina secondo gli usi del luogo in cui è compiuto l'affare. In
mancanza di usi, provvede il giudice secondo equità.
SEZIONE III
Della spedizione
Art. 1737 Nozione
Il contratto di spedizione è un mandato (1703 e seguenti) col quale
lo spedizioniere assume l'obbligo di concludere, in nome proprio e
per conto del mandante, un contratto di trasporto (1678) e di
compiere le operazioni accessorie (1374 e seguenti).
Art. 1738 Revoca
Finché lo spedizioniere non abbia concluso il contratto di trasporto
col vettore, il mittente può revocare l'ordine di spedizione,
rimborsando lo spedizioniere delle spese sostenute e
corrispondendogli un equo compenso per l'attività prestata (1725).
Art. 1739 Obblighi dello spedizioniere
Nella scelta della via, del mezzo e delle modalità di trasporto
della merce, lo spedizioniere è tenuto a osservare le istruzioni del
committente e, in mancanza, a operare secondo il migliore interesse
del medesimo (1711).
Salvo che gli sia stato diversamente ordinato e salvi gli usi
contrari, lo spedizioniere non ha obbligo di provvedere
all'assicurazione delle cose spedite.
I premi, gli abbuoni e i vantaggi di tariffa ottenuti dallo
spedizioniere devono essere accreditati al committente, salvo patto
contrario.
Art. 1740 Diritti dello spedizioniere
La misura della retribuzione dovuta allo spedizioniere per
l'esecuzione dell'incarico si determina, in mancanza di convenzione,
secondo le tariffe professionali o, in mancanza, secondo gli usi del
luogo in cui avviene la spedizione (2761, 2951).
Le spese anticipate e i compensi per le prestazioni accessorie
eseguite dallo spedizioniere sono liquidati sulla base dei documenti
giustificativi, a meno che il rimborso e i compensi siano stati
preventivamente convenuti in una somma globale unitaria.
Art. 1741 Spedizioniere vettore
Lo spedizioniere che con mezzi propri o altrui assume l'esecuzione
del trasporto in tutto o in parte, ha gli obblighi e i diritti del
vettore (1683 e seguenti).
CAPO X
Del contratto di agenzia
(Vedere anche Legge 3 maggio 1985, Leggi Speciali sul Commercio).
Art. 1742 Nozione
Col contratto di agenzia una parte assume stabilmente l'incarico di
promuovere, per conto dell'altra, verso retribuzione, la conclusione
di contratti in una zona determinata.
Ciascuna parte ha il diritto di ottenere dall'altra una copia del
contratto dalla stessa sottoscritto. (Comma aggiunto dall'art 1,
Decr. Lgs 10 settembre 1991, n. 303).
Art. 1743 Diritto di esclusiva
Il preponente non può valersi contemporaneamente di più agenti nella
stessa zona e per lo stesso ramo di attività, né l'agente può
assumere l'incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso
ramo gli affari di più imprese in concorrenza tra loro (1567 e
seguenti).
Art. 1744 Riscossioni
L'agente non ha facoltà di riscuotere i crediti del preponente. Se
questa facoltà gli è stata attribuita, egli non può concedere sconti
o dilazioni senza speciale autorizzazione.
Art. 1745 Rappresentanza dell'agente
Le dichiarazioni che riguardano l'esecuzione del contratto concluso
per il tramite dell'agente e i reclami relativi alle inadempienze
contrattuali sono validamente fatti all'agente.
L'agente può chiedere i provvedimenti cautelari (Cod. Proc. Civ. 670
e seguenti) nell'interesse del preponente e presentare i reclami che
sono necessari per la conservazione dei diritti spettanti a
quest'ultimo.
Art. 1746 Obblighi dell'agente
L'agente deve adempiere l'incarico affidatogli in conformità delle
istruzioni ricevute (1711) e fornire al preponente le informazioni
riguardanti le condizioni del mercato nella zona assegnatagli, e
ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei
singoli affari.
Egli deve altresì osservare gli obblighi che incombono al
commissionario (1731 e seguenti), in quanto non siano esclusi dalla
natura del contratto di agenzia.
Art. 1747 Impedimento dell'agente
L'agente che non è in grado di eseguire l'incarico affidatogli deve
dare immediato avviso al preponente. In mancanza è obbligato al
risarcimento del danno (1223).
Art. 1748 Diritti dell'agente ed obblighi del preponente
L'agente ha diritto alla provvigione (2751 n. 6) solo per gli affari
che hanno avuto regolare esecuzione. Se l'affare ha avuto esecuzione
parziale, la provvigione spetta all'agente in proporzione della
parte eseguita.
La provvigione è dovuta anche per gli affari conclusi direttamente
dal preponente, che devono avere esecuzione nella zona riservata
all'agente, salvo che sia diversamente pattuito.
L'agente ha diritto alla provvigione sugli affari conclusi anche
dopo lo scioglimento del contratto se la conclusione è effetto
soprattutto dell'attività da lui svolta.
L'agente non ha diritto al rimborso delle spese di agenzia.
Il preponente deve porre a disposizione dell'agente la
documentazione necessaria relativa ai beni o servizi trattati e
fornire all'agente le informazioni necessarie all'esecuzione del
contratto; in particolare avvertire l'agente, entro un termine
ragionevole, non appena preveda che il volume delle operazioni
commerciali sarà notevolmente inferiore a quello che l'agente
avrebbe potuto normalmente attendersi. Il preponente deve inoltre
informare l'agente, entro un termine ragionevole, dell'accettazione
o del rifiuto e della mancata esecuzione di un affare procuratogli.
Il preponente consegna all'agente un estratto conto delle
provvigioni dovute al più tardi l'ultimo giorno del mese successivo
al trimestre nel corso del quale esse sono state acquisite.
L'estratto conto indica gli elementi essenziali in base ai quali è
stato effettuato il calcolo delle provvigioni. Entro il medesimo
termine le provvigioni liquidate devono essere effettivamente pagate
all'agente.
L'agente ha diritto di esigere che gli siano fornite tutte le
informazioni, in particolare un estratto dei libri contabili,
necessarie per verificare l'importo delle provvigioni liquidate.
NOTA La parte dal 3° comma in poi è stata aggiunta dall'art. 2,
Decr. Lgs 10 settembre 1991, n. 303. Validità dal 1° gennaio 1994.
Art. 1749 Mancata esecuzione del contratto
La provvigione spetta all'agente anche per affari che non hanno
avuto esecuzione per causa imputabile al preponente.
Se il preponente e il terzo si accordano per non dare, in tutto o in
parte, esecuzione al contratto, l'agente ha diritto, per la parte
ineseguita, ad una provvigione ridotta nella misura determinata
(dalle norme corporative), dagli usi o, in mancanza, dal giudice
secondo equità (2751).
Art. 1750 Durata del contratto o recesso
Il contratto di agenzia a tempo determinato che continui ad essere
eseguito dalle parti successivamente alla scadenza del termine si
trasforma in contratto a tempo indeterminato.
Se il contratto di agenzia è a tempo indeterminato, ciascuna delle
parti può recedere dal contratto stesso dandone preavviso all'altra
entro un termine stabilito.
Il termine di preavviso non può comunque essere inferiore ad un mese
per il primo anno di durata del contratto, a due mesi per il secondo
anno iniziato, a tre mesi per il terzo anno iniziato, a quattro mesi
per il quarto anno, a cinque mesi per il quinto anno e a sei mesi
per il sesto anno e per tutti gli anni successivi.
Le parti possono concordare termini di preavviso di maggiore durata,
ma il preponente non può osservare un termine inferiore a quello
posto a carico dell'agente.
Salvo diverso accordo tra le parti, la scadenza del termine di
preavviso deve coincidere con l'ultimo giorno del mese di
calendario.
NOTA Articolo così sostituito dall'art. 3 Decr. Lgs 10 settembre
1991, n. 303. Validità dal 1° gennaio 1994. Precedente testo
dell'art. 1750: "Art. 1750 - Recesso dal contratto - Se il contratto
di agenzia è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può
recedere dal contratto (1373), dandone preavviso all'altra nel
termine stabilito (dalle norme corporative o) dagli usi.
Il termine di preavviso può essere sostituito dal pagamento di una
corrispondente indennità".
Art. 1751 Indennità in caso di cessazione del rapporto
All'atto della cessazione del rapporto il preponente è tenuto a
corrispondere all'agente un'indennità se ricorra almeno una delle
seguenti condizioni:
l'agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia
sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il
preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari
con tali clienti;
il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le
circostanze del caso in particolare delle provvigioni che l'agente
perde e che risultano dagli affari con tali clienti.
L'indennità non è dovuta:
quando il preponente risolve il contratto per un'inadempienza
imputabile all'agente la quale, per la sua gravità, non consenta la
prosecuzione anche provvisoria del rapporto;
quando l'agente recede dal contratto, a meno che il recesso sia
giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da
circostanze attribuibili all'agente, quali età, infermità o
malattia, per le quali non può più essergli ragionevolmente chiesta
la prosecuzione dell'attività;
quando, ai sensi di un accordo con il preponente, l'agente cede ad
un terzo i diritti e gli obblighi che ha in virtù del contratto
d'agenzia.
L'importo dell'indennità non può superare una cifra equivalente ad
un'indennità annua calcolata sulla base della media annuale delle
retribuzioni riscosse dall'agente negli ultimi cinque anni e, se il
contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in
questione.
La concessione dell'indennità non priva comunque l'agente del
diritto all'eventuale risarcimento dei danni.
L'agente decade dal diritto all'indennità prevista dal presente
articolo se, nel termine di un anno dallo scioglimento del rapporto,
omette di comunicare al preponente l'intenzione di far valere i
propri diritti.
Le disposizioni di cui al presente articolo sono inderogabili a
svantaggio dell'agente.
NOTA Articolo così sostituito dall'art. 4 Decr. Lgs 10 settembre
1991, n. 303. Validità dal 1° gennaio 1993. Precedente testo
dell'art. 1751: "Art. 1751 - Indennità per lo scioglimento del
contratto -
All'atto dello scioglimento del contratto a tempo indeterminato, il
preponente è tenuto a corrispondere all'agente un'indennità
proporzionale all'ammontare delle provvigioni liquidategli nel corso
del contratto e nella misura stabilita dagli accordi economici
collettivi, dai contratti collettivi, dagli usi o, in mancanza, dal
giudice secondo equità (2120, 2751 bis n. 3, 2948 n. 5).
Da tale indennità deve detrarsi quanto l'agente ha diritto di
ottenere per effetto di atti di previdenza volontariamente compiuti
dal preponente (2123).
L'indennità è dovuta anche se il rapporto di agenzia è sciolto per
invalidità permanente e totale dell'agente.
Nel caso di morte dell'agente l'indennità spetta agli eredi (2122)".
Art. 1751 bis Patto di non concorrenza
Il patto che limita la concorrenza da parte dell'agente dopo lo
scioglimento del contratto deve farsi per iscritto. Esso deve
riguardare la medesima zona, clientela e genere di beni o servizi
per i quali era stato concluso il contratto di agenzia e la sua
durata non può eccedere i due anni successivi all'estinzione del
contratto.
NOTA Articolo aggiunto dall'art. 5, Decr.Lgs 10 settembre 1991, n.
303. Validità dal 1° gennaio 1994.
Art. 1752 Agente con rappresentanza
Le disposizioni del presente capo si applicano anche nell'ipotesi in
cui all'agente è conferita dal preponente la rappresentanza per la
conclusione dei contratti (1387 e seguenti).
Art. 1753 Agenti di assicurazione
Le disposizioni di questo capo sono applicabili anche agli agenti di
assicurazione, in quanto non siano derogate (dalle norme corporative
o) dagli usi e in quanto siano compatibili con la natura
dell'attività assicurativa (1903).
CAPO XI
Della mediazione
Art. 1754 Mediatore
E' mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la
conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da
rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza.
Art. 1755 Provvigione
Il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti
(2950), se l'affare è concluso per effetto del suo intervento.
La misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve
gravare su ciascuna delle parti, in mancanza di patto, di tariffe
professionali o di usi, sono determinate dal giudice secondo equità.
Art. 1756 Rimborso delle spese
Salvo patti o usi contrari, il mediatore ha diritto al rimborso
delle spese nei confronti della persona per incarico della quale
sono state eseguite anche se l'affare non è stato concluso.
Art. 1757 Provvigione nei contratti condizionali o invalidi
Se il contratto è sottoposto a condizione sospensiva, il diritto
alla provvigione sorge nel momento in cui si verifica la condizione.
Se il contratto è sottoposto a condizione risolutiva, il diritto
alla provvigione non viene meno col verificarsi della condizione
(1353 e seguenti).
La disposizione del comma precedente si applica anche quando il
contratto è annullabile (1425 e seguenti) o rescindibile (1447 e
seguenti), se il mediatore non conosceva la causa d'invalidità.
Art. 1758 Pluralità di mediatori
Se l'affare è concluso per l'intervento di più mediatori, ciascuno
di essi ha diritto a una quota della provvigione.
Art. 1759 Responsabilità del mediatore
Il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note,
relative alla valutazione e alla sicurezza dell'affare, che possono
influire sulla conclusione di esso.
Il mediatore risponde dell'autenticità della sottoscrizione delle
scritture e dell'ultima girata dei titoli trasmessi per il suo
tramite (2008 e seguenti).
Art. 1760 Obblighi del mediatore professionale
Il mediatore professionale in affari su merci o su titoli deve:
1) conservare i campioni delle merci vendute sopra campione (1522),
finché sussista la possibilità di controversia sull'identità della
merce;
2) rilasciare al compratore una lista firmata dei titoli negoziati,
con l'indicazione della serie e del numero;
3) annotare su apposito libro (2214 e seguenti) gli estremi
essenziali del contratto che si stipula col suo intervento e
rilasciare alle parti copia da lui sottoscritta di ogni annotazione.
Art. 1761 Rappresentanza del mediatore
Il mediatore può essere incaricato da una delle parti di
rappresentarla (1388) negli atti relativi all'esecuzione del
contratto concluso con il suo intervento.
Art. 1762 Contraente non nominato
Il mediatore che non manifesta a un contraente il nome dell'altro
risponde dell'esecuzione del contratto (1405) e, quando lo ha
eseguito, subentra nei diritti verso il contraente non nominato
(1203 e seguenti).
Se dopo la conclusione del contratto il contraente non nominato si
manifesta all'altra parte o è nominato dal mediatore, ciascuno dei
contraenti può agire direttamente contro l'altro, ferma restando la
responsabilità del mediatore.
Art. 1763 Fideiussione del mediatore
Il mediatore può prestare fideiussione per una delle parti (936 e
seguenti).
Art. 1764 Sanzioni
Il mediatore che non adempie gli obblighi imposti dall'art. 1760 è
punito con l'ammenda da L. 10.000 a L. l.000.000 (c.p. 26) (ora
sanzione amministrativa).
Nei casi più gravi può essere aggiunta la sospensione dalla
professione fino a sei mesi (c.p. 35)
Alle stesse pene è soggetto il mediatore che presta la sua attività
nell'interesse di persona notoriamente insolvente o della quale
conosce lo stato d'incapacità.
Art. 1765 Leggi speciali
Sono salve le disposizioni delle leggi speciali.
CAPO XII
Del deposito
SEZIONE I
Del deposito in generale
Art. 1766 Nozione
Il deposito è il contratto col quale una parte riceve dall'altra una
cosa mobile con l'obbligo di custodirla e di restituirla in natura.
Art. 1767 Presunzione di gratuità
Il deposito si presume gratuito, salvo che dalla qualità
professionale del depositario o da altre circostanze si debba
desumere una diversa volontà delle parti.
Art. 1768 Diligenza nella custodia
Il depositario deve usare nella custodia la diligenza del buon padre
di famiglia (1176, 2051).
Se il deposito è gratuito, la responsabilità per colpa è valutata
con minor rigore (1710).
Art. 1769 Responsabilità del depositario incapace
Il depositario incapace è responsabile della conservazione della
cosa nei limiti in cui può essere tenuto a rispondere per fatti
illeciti. In ogni caso il depositante ha diritto di conseguire la
restituzione della cosa finché questa si trova presso il
depositario; altrimenti può pretendere il rimborso di ciò che sia
stato rivolto a vantaggio di quest'ultimo (2041 e seguente).
Art. 1770 Modalità della custodia
Il depositario non può servirsi della cosa depositata ne darla in
deposito ad altri, senza il consenso del depositante.
Se circostanze urgenti lo richiedono, il depositario può esercitare
la custodia in modo diverso da quello convenuto, dandone avviso al
depositante appena è possibile.
Art. 1771 Richiesta di restituzione e obbligo di ritirare la cosa
Il depositario deve restituire la cosa appena il depositante la
richiede, salvo che sia convenuto un termine nell'interesse del
depositario (1184, 2930).
Il depositario può richiedere in qualunque tempo che il depositante
riprenda la cosa, salvo che sia convenuto un termine nell'interesse
del depositante (1184). Anche se non è stato convenuto un termine,
il giudice può concedere al depositante un termine congruo per
ricevere la cosa.
Art. 1772 Pluralità di depositanti e di depositari
Se più sono i depositanti di una cosa ed essi non si accordano circa
la restituzione, questa deve farsi secondo le modalità stabilite
dall'autorità giudiziaria.
La stessa norma si applica quando a un solo depositante succedono
più eredi, se la cosa non è divisibile (1314 e seguenti).
Se più sono i depositari, il depositante ha facoltà di chiedere la
restituzione a quello tra essi che detiene la cosa. Questi deve
darne pronta notizia agli altri.
Art. 1773 Terzo interessato nel deposito
Se la cosa è stata depositata anche nell'interesse di un terzo e
questi ha comunicato al depositante e al depositario la sua adesione
(1411), il depositario non può liberarsi restituendo la cosa al
depositante senza il consenso del terzo.
Art. 1774 Luogo di restituzione e spese relative
Salvo diversa convenzione, la restituzione della cosa deve farsi nel
luogo in cui doveva essere custodita (1182).
Le spese per la restituzione sono a carico del depositante.
Art. 1775 Restituzione dei frutti
Il depositario è obbligato a restituire i frutti della cosa che egli
abbia percepiti (821,1779).
Art. 1776 Obblighi dell'erede del depositario
L'erede del depositario, il quale ha alienato in buona fede la cosa
che ignorava essere tenuta in deposito, è obbligato soltanto a
restituire il corrispettivo ricevuto. Se questo non è stato ancora
pagato, il depositante subentra nel diritto dell'alienante (1203 e
seguenti).
Art. 1777 Persona a cui deve essere restituita la cosa
Il depositario deve restituire la cosa al depositante o alla persona
indicata per riceverla (1188, 1836), e non può esigere che il
depositante provi di esserne proprietario.
Se è convenuto in giudizio da chi rivendica la proprietà della cosa
(948) o pretende di avere diritti su di essa, deve, sotto pena del
risarcimento del danno, denunziare la controversia al depositante, e
può ottenere di essere estromesso (Cod. Proc. Civ. 109) dal giudizio
indicando la persona del medesimo (1586). In questo caso egli può
anche liberarsi dall'obbligo di restituire la cosa, depositandola,
nei modi stabiliti dal giudice, a spese del depositante.
Art. 1778 Cosa proveniente da reato
Il depositario, se scopre che la cosa proviene da un reato e gli è
nota la persona alla quale è stata sottratta, deve denunziarle il
deposito fatto presso di sé.
Il depositario è liberato se restituisce la cosa al depositante
decorsi dieci giorni dalla denunzia senza che gli sia stata
notificata opposizione (2906).
Art. 1779 Cosa propria del depositario
Il depositario è liberato da ogni obbligazione, se risulta che la
cosa gli appartiene e che il depositante non ha su di essa alcun
diritto (1253 e seguenti).
Art. 1780 Perdita non imputabile della detenzione della cosa
Se la detenzione della cosa è tolta al depositario in conseguenza di
un fatto a lui non imputabile, egli è liberato dall'obbligazione di
restituire la cosa (1256 e seguenti), ma deve, sotto pena di
risarcimento del danno, denunziare immediatamente al depositante il
fatto per cui ha perduto la detenzione.
Il depositante ha diritto di ricevere ciò che, in conseguenza del
fatto stesso, il depositario abbia conseguito, e subentra nei
diritti spettanti a quest'ultimo (1259).
Art. 1781 Diritti del depositario
Il depositante è obbligato a rimborsare il depositario delle spese
fatte per conservare la cosa, a tenerlo indenne delle perdite
cagionate dal deposito e a pagargli il compenso pattuito (1802,
2761).
Art. 1782 Deposito irregolare
Se il deposito ha per oggetto una quantità di danaro o di altre cose
fungibili, con facoltà per il depositario di servirsene, questi ne
acquista la proprietà ed è tenuto a restituirne altrettante della
stessa specie e qualità (1834).
In tal caso si osservano, in quanto applicabili, le norme relative
al mutuo (1813 e seguenti).
SEZIONE II
Del deposito in albergo
Art. 1783 Responsabilità per le cose portate in albergo
Gli albergatori sono responsabili di ogni deterioramento,
distruzione o sottrazione delle cose portate dal cliente in albergo.
Sono considerate cose portate in albergo:
1) le cose che si trovano durante il tempo nel quale il cliente
dispone dell'alloggio;
2) le cose di cui l'albergatore, un membro della sua famiglia o un
suo ausiliario assumono la custodia, fuori dell'albergo, durante il
periodo di tempo in cui il cliente dispone dell'alloggio;
3) le cose di cui l'albergatore, un membro della sua famiglia o un
suo ausiliario assumono la custodia sia nell'albergo, sia fuori
dell'albergo, durante un periodo di tempo ragionevole, precedente o
successivo a quello in cui il cliente dispone dell'alloggio.
La responsabilità di cui al presente articolo è limitata al valore
di quanto sia deteriorato, distrutto o sottratto, sino
all'equivalente di cento volte il prezzo di locazione dell'alloggio
per giornata.
Art. 1784 Responsabilità per le cose consegnate e obblighi
dell'albergatore
La responsabilità dell'albergatore è illimitata:
1) quando le cose gli sono state consegnate in custodia;
2) quando ha rifiutato di ricevere in custodia cose che aveva
l'obbligo di accettare.
L'albergatore ha l'obbligo di accettare le carte-valori, il danaro
contante e gli oggetti di valore; egli può rifiutarsi di riceverli
soltanto se si tratti di oggetti pericolosi o che, tenuto conto
dell'importanza e delle condizioni di gestione dell'albergo, abbiano
valore eccessivo o natura ingombrante.
L'albergatore può esigere che la cosa consegnatagli sia contenuta in
un involucro chiuso o sigillato.
Art. 1785 Limiti di responsabilità
L'albergatore non è responsabile quando il deterioramento, la
distruzione o la sottrazione sono dovuti:
1) al cliente, alle persone che l'accompagnano, che sono al suo
servizio o che gli rendono visita;
2) a forza maggiore;
3) alla natura della cosa.
Art. 1785-bis Responsabilità per colpa dell'albergatore
L'albergatore è responsabile, senza che egli possa invocare il
limite previsto dall'ultimo comma dell'art. 1783, quando il
deterioramento, la distruzione o la sottrazione delle cose portate
dal cliente in albergo sono dovuti a colpa sua, dei membri della sua
famiglia e dei suoi ausiliari.
Art. 1785-ter Obbligo di denuncia del danno
Fuori del caso previsto dall'art. 1785-bis, il cliente non potrà
valersi delle precedenti disposizioni se, dopo aver constatato il
deterioramento, la distruzione o la sottrazione, denunci il fatto
all'albergatore con ritardo ingiustificato.
Art. 1785-quater Nullità
Sono nulli i patti o le dichiarazioni tendenti ad escludere o a
limitare preventivamente la responsabilità dell'albergatore.
Art. 1785-quinquies Limiti di applicazione
Le disposizioni della presente sezione non si applicano ai veicoli,
alle cose lasciate negli stessi, né agli animali vivi.
Art. 1786 Stabilimenti e locali assimilati agli alberghi
Le norme di questa sezione si applicano anche agli imprenditori di
case di cura, stabilimenti di pubblici spettacoli, stabilimenti
balneari, pensioni, trattorie, carrozze letto e simili.
SEZIONE III
Del deposito nei magazzini generali
Art. 1787 Responsabilità dei magazzini generali
I magazzini generali sono responsabili della conservazione delle
merci depositate, a meno che si provi che la perdita, il calo o
l'avaria è derivata dal caso fortuito, dalla natura delle merci
ovvero da vizi di esse o dell'imballaggio (1218).
Art. 1788 Diritti del depositante
Il depositante ha diritto d'ispezionare le merci depositate e di
ritirare i campioni d'uso.
Art. 1789 Vendita delle cose depositate
I magazzini generali, previo avviso al depositante, possono
procedere alla vendita delle merci, quando, al termine del
contratto, le merci non sono ritirate o non è rinnovato il deposito,
ovvero, trattandosi di deposito a tempo indeterminato, quando è
decorso un anno dalla data del deposito, e in ogni caso quando le
merci sono minacciate di deperimento. Per la vendita si osservano le
modalità stabilite dall'art. 1515 (att. 83).
Il ricavato della vendita, dedotte le spese e quanto altro spetta ai
magazzini generali, deve essere tenuto a disposizione degli aventi
diritto.
Art. 1790 Fede di deposito
I magazzini generali, a richiesta del depositante, devono rilasciare
una fede di deposito delle merci depositate (1996).
La fede di deposito deve indicare:
1) il cognome e il nome o la ditta (2563 e seguenti) e il domicilio
(43) del depositante;
2) il luogo del deposito;
3) la natura e la quantità delle cose depositate e gli altri estremi
atti a individuarle;
4) se per la merce sono stati pagati i diritti doganali e se essa è
stata assicurata.
Art. 1791 Nota di pegno
Alla fede di deposito è unita la nota di pegno, sulla quale sono
ripetute le indicazioni richieste dall'articolo precedente.
La fede di deposito e la nota di pegno devono essere staccate da un
unico registro a matrice, da conservarsi presso i magazzini.
Art. 1792 Intestazione e circolazione dei titoli
La fede di deposito e la nota di pegno possono intestarsi al nome
del depositante o di un terzo da questo designato, e sono
trasferibili, sia congiuntamente sia separatamente, mediante girata
(2009 e seguenti).
Art. 1793 Diritti del possessore
Il possessore della fede di deposito unita alla nota di pegno ha
diritto alla riconsegna delle cose depositate (1777, 1996); egli ha
altresì diritto di richiedere che, a sue spese, le cose depositate
siano divise in più partite e che per ogni partita gli sia
rilasciata una fede di deposito distinta con la nota di pegno in
sostituzione del titolo complessivo.
Il possessore della sola nota di pegno ha diritto di pegno sulle
cose depositate (2784 e seguenti).
Il possessore della sola fede di deposito non ha diritto alla
riconsegna delle cose depositate, se non osserva le condizioni
indicate dall'art. 1795; egli può valersi della facoltà concessa
dall'art. 1788.
Art. 1794 Prima girata della nota di pegno
La prima girata (2009 e seguenti) della sola nota di pegno deve
indicare l'ammontare del credito e degli interessi (1282) nonché la
scadenza. La girata corredata delle dette indicazioni deve essere
trascritta sulla fede di deposito e controfirmata dal giratario.
La girata della nota di pegno che non indica l'ammontare del credito
vincola, a favore del possessore di buona fede (1147), tutto il
valore delle cose depositate. Rimane tuttavia salva al titolare o al
terzo possessore della fede di deposito, che abbia pagato una somma
non dovuta, l'azione di rivalsa nei confronti del diretto contraente
e del possessore di mala fede della nota di pegno.
Art. 1795 Diritti del possessore della sola fede di deposito
Il possessore della sola fede di deposito può ritirare le cose
depositate anche prima della scadenza del debito per cui furono
costituite in pegno, depositando presso i magazzini generali la
somma dovuta alla scadenza al creditore pignoratizio (1771).
Sotto la responsabilità dei magazzini generali, quando si tratta di
merci fungibili, il possessore della sola fede di deposito può
ritirare anche parte delle merci, depositando presso i magazzini
generali una somma proporzionale all'ammontare del debito garantito
dalla nota di pegno e alla quantità delle merci ritirate.
Art. 1796 Diritti del possessore della nota di pegno insoddisfatto
Il possessore della nota di pegno, che non sia stato soddisfatto
alla scadenza e che abbia levato il protesto a norma della legge
cambiaria, può far vendere le cose depositate in conformità
dell'art. 1515, decorsi otto giorni da quello della scadenza.
Il girante che ha pagato volontariamente il possessore della nota di
pegno è surrogato nei diritti di questo (1203 e seguenti), e può
procedere alla vendita delle cose depositate decorsi otto giorni
dalla scadenza (1515; att. 83).
(vedere anche Leggi Speciali, Titoli di credito).
Art. 1797 Azione nei confronti dei giranti
Il possessore della nota di pegno non può agire contro il girante,
se prima non ha proceduto alla vendita del pegno.
I termini per esercitare l'azione di regresso contro i giranti sono
quelli stabiliti dalla legge cambiaria e decorrono dal giorno in cui
è avvenuta la vendita delle cose depositate.
Il possessore della nota di pegno decade dall'azione di regresso
contro i giranti, se alla scadenza non leva il protesto o se, entro
quindici giorni dal protesto, non fa istanza per la vendita delle
cose depositate.
Egli conserva tuttavia l'azione contro i giranti della fede di
deposito e contro il debitore. Quest'azione si prescrive in tre anni
(2934 e seguenti)
CAPO XIII
Del sequestro convenzionale
Art. 1798 Nozione
Il sequestro convenzionale è il contratto col quale due o più
persone affidano a un terzo (1140) una cosa o una pluralità di cose,
rispetto alla quale sia nata tra esse controversia, perché la
custodisca e la restituisca a quella a cui spetterà quando la
controversia sarà definita (1773).
Art. 1799 Obblighi, diritti e poteri del sequestratario
Gli obblighi, i diritti e i poteri del sequestratario sono
determinati dal contratto; in mancanza, si osservano le disposizioni
seguenti.
Art. 1800 Conservazione e alienazione dell'oggetto del sequestro
Il sequestratario, per la custodia delle cose affidategli, è
soggetto alle norme del deposito (1768 e seguenti).
Se vi è imminente pericolo di perdita o di grave deterioramento
delle cose mobili affidategli, il sequestratario può alienarle,
dandone pronta notizia agli interessati.
Qualora la natura delle cose lo richieda, egli ha pure l'obbligo di
amministrarle. In questo caso si applicano le norme del mandato
(1703 e seguenti).
Il sequestratario non può consentire locazioni per durata superiore
a quella stabilita per le locazioni a tempo indeterminato (1574).
Art. 1801 Liberazione del sequestratario
Prima che la controversia sia definita, il sequestratario non può
essere liberato che per accordo delle parti o per giusti motivi.
Art. 1802 Compenso e rimborso delle spese al sequestratario
Il sequestratario ha diritto a compenso, se non si è pattuito
diversamente. Egli ha pure diritto al rimborso delle spese e di ogni
altra erogazione fatta per la conservazione e per l'amministrazione
della cosa (2761).
CAPO XIV
Del comodato
Art. 1803 Nozione
Il comodato è il contratto col quale una parte consegna all'altra
una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per
un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa
ricevuta.
Il comodato è essenzialmente gratuito.
Art. 1804 Obbligazioni del comodatario
Il comodatario è tenuto a custodire e a conservare la cosa con la
diligenza del buon padre di famiglia (1176). Egli non può servirsene
che per l'uso determinato dal contratto o dalla natura della cosa.
Non può concedere a un terzo il godimento della cosa senza il
consenso del comodante.
Se il comodatario non adempie gli obblighi suddetti, il comodante
può chiedere l'immediata restituzione della cosa, oltre al
risarcimento del danno.
Art. 1805 Perimento della cosa
Il comodatario è responsabile se la cosa perisce per un caso
fortuito a cui poteva sottrarla sostituendola con la cosa propria, o
se, potendo salvare una delle due cose, ha preferito la propria.
Il comodatario che impiega la cosa per un uso diverso o per un tempo
più lungo di quello a lui consentito, è responsabile della perdita
avvenuta per causa a lui non imputabile, qualora non provi che la
cosa sarebbe perita anche se non l'avesse impiegata per l'uso
diverso o l'avesse restituita a tempo debito (1221).
Art. 1806 Stima
Se la cosa è stata stimata al tempo del contratto, il suo perimento
è a carico del comodatario, anche se avvenuto per causa a lui non
imputabile.
Art. 1807 Deterioramento per effetto dell'uso
Se la cosa si deteriora per solo effetto dell'uso per cui è stata
consegnata e senza colpa del comodatario, questi non risponde del
deterioramento.
Art. 1808 Spese per l'uso della cosa e spese straordinarie
Il comodatario non ha diritto al rimborso delle spese sostenute per
servirsi della cosa.
Egli però ha diritto di essere rimborsato delle spese straordinarie
sostenute per la conservazione della cosa, se queste erano
necessarie e urgenti (2756).
Art. 1809 Restituzione
Il comodatario è obbligato a restituire (1246, 2930) la cosa alla
scadenza del termine convenuto o, in mancanza di termine, quando se
ne è servito in conformità del contratto.
Se però, durante il termine convenuto o prima che il comodatario
abbia cessato di servirsi della cosa, sopravviene un urgente e
impreveduto bisogno al comodante, questi può esigerne la
restituzione immediata.
Art. 1810 Comodato senza determinazione di durata
Se non è stato convenuto un termine né questo risulta dall'uso a cui
la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a
restituirla non appena il comodante la richiede.
Art. 1811 Morte del comodatario
In caso di morte del comodatario, il comodante, benché sia stato
convenuto un termine, può esigere dagli eredi l'immediata
restituzione della cosa.
Art. 1812 Danni al comodatario per vizi della cosa
Se la cosa comodata ha vizi tali che rechino danno a chi se ne
serve, il comodante e tenuto al risarcimento (1223) qualora,
conoscendo i vizi della cosa, non ne abbia avvertito il comodatario.
CAPO XV
Del mutuo
Art. 1813 Nozione
Il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all'altra una
determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili, e l'altra
si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e
qualità (1782).
Art. 1814 Trasferimento della proprietà
Le cose date a mutuo passano in proprietà del mutuatario (1782).
Art. 1815 Interessi
Salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere
gli interessi al mutuante. Per la determinazione degli interessi si
osservano le disposizioni dell'art. 1284.
Se sono convenuti interessi usurari (Cod. Pen. 644 e seguenti), la
clausola è nulla e gli interessi sono dovuti solo nella misura
legale (1284, 1419; att. 185).
Art. 1816 Termine per la restituzione fissato dalle parti
Il termine per la restituzione si presume stipulato a favore di
entrambe le parti e, se il mutuo è a titolo gratuito, a favore del
mutuatario (1184).
Art. 1817 Termine per la restituzione fissato dal giudice
Se non è fissato un termine per la restituzione, questo è stabilito
dal giudice, avuto riguardo alle circostanze.
Se è stato convenuto che il mutuatario paghi solo quando potrà, il
termine per il pagamento è pure fissato dal giudice (1183).
Art. 1818 Impossibilità o notevole difficoltà di restituzione
Se sono state mutuate cose diverse dal danaro, e la restituzione è
divenuta impossibile o notevolmente difficile per causa non
imputabile al debitore, questi è tenuto a pagarne il valore, avuto
riguardo al tempo e al luogo in cui la restituzione si doveva
eseguire.
Art. 1819 Restituzione rateale
Se è stata convenuta la restituzione rateale delle cose mutuate e il
mutuatario non adempie l'obbligo del pagamento anche di una sola
rata, il mutuante può chiedere, secondo le circostanze, l'immediata
restituzione dell'intero.
Art. 1820 Mancato pagamento degli interessi
Se il mutuatario non adempie l'obbligo del pagamento degli
interessi, il mutuante può chiedere la risoluzione del contratto
(1453 e seguenti).
Art. 1821 Danni al mutuatario per vizi delle cose
Il mutuante e responsabile del danno cagionato al mutuatario per i
vizi delle cose date a prestito, se non prova di averli ignorati
senza colpa.
Se il mutuo è gratuito, il mutuante è responsabile solo nel caso in
cui, conoscendo i vizi, non ne abbia avvertito il mutuatario.
Art. 1822 Promessa di mutuo
Chi ha promesso (1351) di dare a mutuo può rifiutare l'adempimento
della sua obbligazione, se le condizioni patrimoniali dell'altro
contraente sono divenute tali da rendere notevolmente difficile la
restituzione, e non gli sono offerte idonee garanzie (1461).
CAPO XVI
Del conto corrente
Art. 1823 Nozione
Il conto corrente è il contratto col quale le parti si obbligano ad
annotare in un conto i crediti derivanti da reciproche rimesse,
considerandoli inesigibili e indisponibili fino alla chiusura del
conto.
Il saldo del conto è esigibile alla scadenza stabilita. Se non e
richiesto il pagamento, il saldo si considera quale prima rimessa di
un nuovo conto e il contratto s'intende rinnovato a tempo
indeterminato.
Art. 1824 Crediti esclusi dal conto corrente
Sono esclusi dal conto corrente i crediti che non sono suscettibili
di compensazione (1243 e seguenti).
Qualora il contratto intervenga tra imprenditori (2082 e seguenti),
s'intendono esclusi dal conto i crediti estranei alle rispettive
imprese.
Art. 1825 Interessi
Sulle rimesse decorrono gli interessi nella misura stabilita dal
contratto o dagli usi ovvero, in mancanza, in quella legale (1282,
1284).
Art. 1826 Spese e diritti di commissione
L'esistenza del conto corrente non esclude i diritti di commissione
e il rimborso delle spese per le operazioni che danno luogo alle
rimesse. Tali diritti sono inclusi nel conto, salvo convenzione
contraria.
Art. 1827 Effetti dell'inclusione nel conto
L'inclusione di un credito nel conto corrente non esclude
l'esercizio delle azioni ed eccezioni relative all'atto da cui il
credito deriva.
Se l'atto è dichiarato nullo (1418 e seguenti), annullato (1425 e
seguenti), rescisso (1447 e seguenti) o risoluto (1453 e seguenti),
la relativa partita si elimina dal conto.
Art. 1828 Efficacia della garanzia dei crediti iscritti
Se il credito incluso nel conto e assistito da una garanzia reale
(1960 e seguenti, 2784 e seguenti, 2808 e seguenti) o personale
(1936 e seguenti), il correntista ha diritto di valersi della
garanzia per il saldo esistente a suo favore alla chiusura del conto
e fino alla concorrenza del credito garantito.
La stessa disposizione si applica se per il credito esiste un
coobbligato solidale (1292).
Art. 1829 Crediti verso terzi
Se non risulta una diversa volontà delle parti, l'inclusione nel
conto di un credito verso un terzo si presume fatta con la clausola
"salvo incasso". In tal caso, se il credito non è soddisfatto, il
ricevente ha la scelta di agire per la riscossione o di eliminare la
partita dal conto reintegrando nelle sue ragioni colui che ha fatto
la rimessa. Può eliminare la partita dal conto anche dopo aver
infruttuosamente esercitato le azioni contro il debitore.
Art. 1830 Sequestro o pignoramento del saldo
Se il creditore di un correntista ha sequestrato o pignorato
l'eventuale saldo del conto spettante al suo debitore, l'altro
correntista non può, con nuove rimesse, pregiudicare le ragioni del
creditore (2917). Non si considerano nuove rimesse quelle fatte in
dipendenza di diritti sorti prima del sequestro o del pignoramento.
Art. 1831 Chiusura del conto
La chiusura del conto con la liquidazione del saldo è fatta alle
scadenze stabilite dal contratto o dagli usi e, in mancanza, al
termine di ogni semestre, computabile dalla data del contratto.
Art. 1832 Approvazione del conto
L'estratto conto trasmesso da un correntista all'altro s'intende
approvato, se non è contestato nel termine pattuito o in quello
usuale, o altrimenti nel termine che può ritenersi congruo secondo
le circostanze.
L'approvazione del conto non preclude il diritto di impugnarlo per
errori di scritturazione o di calcolo, per omissioni o per
duplicazioni. L'impugnazione deve essere proposta, sotto pena di
decadenza (2964 e seguenti), entro sei mesi dalla data di ricezione
dell'estratto conto relativo alla liquidazione di chiusura, che deve
essere spedito per mezzo di raccomandata.
Art. 1833 Recesso dal contratto
Se il contratto è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può
recedere dal contratto a ogni chiusura del conto, dandone preavviso
almeno dieci giorni prima.
In caso d'interdizione, d'inabilitazione (414 e seguenti),
d'insolvenza o di morte di una delle parti, ciascuna di queste o gli
eredi hanno diritto di recedere dal contratto.
Lo scioglimento del contratto impedisce l'inclusione nel conto di
nuove partite, ma il pagamento del saldo non può richiedersi che
alla scadenza del periodo stabilito dall'art. 1831.
CAPO XVII
Dei contratti bancari
SEZIONE I
Dei depositi bancari
Art. 1834 Depositi di danaro
Nei depositi di una somma di danaro presso una banca, questa ne
acquista la proprietà ed è obbligata a restituirla nella stessa
specie monetaria (1272), alla scadenza del termine convenuto ovvero
a richiesta del depositante, con l'osservanza del periodo di
preavviso stabilito dalle parti o dagli usi (1782).
Salvo patto contrario, i versamenti e i prelevamenti si eseguono
alla sede della banca presso la quale si e costituito il rapporto.
Art. 1835 Libretto di deposito a risparmio
Se la banca rilascia un libretto di deposito a risparmio, i
versamenti e i prelevamenti si devono annotare sul libretto.
Le annotazioni sul libretto, firmate dall'impiegato della banca che
appare addetto al servizio, fanno piena prova nei rapporti tra banca
e depositante.
E' nullo (1421 e seguenti) ogni patto contrario.
Art. 1836 Legittimazione del possessore
Se il libretto di deposito è pagabile al portatore, la banca che
senza dolo o colpa grave adempie la prestazione nei confronti del
possessore è liberata, anche se questi non è il depositante
(1777,1992, 2003).
La stessa disposizione si applica nel caso in cui il libretto di
deposito pagabile al portatore sia intestato al nome di una
determinata persona o in altro modo contrassegnato.
Sono salve le disposizioni delle leggi speciali.
Art. 1837 (abrogato)
Art. 1838 Deposito dei titoli in amministrazione
La banca che assume il deposito di titoli in amministrazione deve
custodire i titoli, esigerne gli interessi o i dividendi, verificare
i sorteggi per l'attribuzione di premi o per il rimborso di
capitale, curare le riscossioni per conto del depositante, e in
generale provvedere alla tutela dei diritti inerenti ai titoli. Le
somme riscosse devono essere accreditate al depositante.
Se per i titoli depositati si deve provvedere al versamento di
decimi (2344, 2452) o si deve esercitare un diritto di opzione
(2441), la banca deve chiedere in tempo utile istruzioni al
depositante e deve eseguirle, qualora abbia ricevuto i fondi
all'uopo occorrenti. In mancanza d'istruzioni, i diritti di opzione
devono essere venduti per conto del depositante a mezzo di un agente
di cambio.
Alla banca spetta un compenso nella misura stabilita dalla
convenzione o dagli usi, nonché il rimborso delle spese necessarie
da essa fatte.
E' nullo il patto col quale si esonera la banca dall'osservare,
nell'amministrazione dei titoli, l'ordinaria diligenza (1176, 1229).
SEZIONE II
Del servizio bancario delle cassette di sicurezza
Art. 1839 Cassette di sicurezza
Nel servizio delle cassette di sicurezza (1321), la banca risponde
(1176) verso l'utente per l'idoneità e la custodia dei locali e per
l'integrità della cassetta, salvo il caso fortuito.
Art. 1840 Apertura della cassetta
Se la cassetta è intestata a più persone, l'apertura di essa e
consentita singolarmente a ciascuno degli intestatari, salvo diversa
pattuizione.
In caso di morte dell'intestatario o di uno degli intestatari, la
banca che ne abbia ricevuto comunicazione non può consentire
l'apertura della cassetta se non con l'accordo di tutti gli aventi
diritto o secondo le modalità stabilite dall'autorità giudiziaria.
Art. 1841 Apertura forzata della cassetta
Quando il contratto e scaduto, la banca, previa intimazione
all'intestatario e decorsi sei mesi dalla data della medesima, può
chiedere al pretore l'autorizzazione ad aprire la cassetta.
L'intimazione può farsi anche mediante raccomandata con avviso di
ricevimento.
L'apertura si esegue con l'assistenza di un notaio all'uopo
designato e con le cautele che il pretore ritiene opportune.
Il pretore può dare le disposizioni necessarie per la conservazione
degli oggetti rinvenuti e può ordinare la vendita di quella parte di
essi che occorra al soddisfacimento di quanto e dovuto alla banca
per canoni e spese.
SEZIONE III
Dell'apertura di credito bancario
Art. 1842 Nozione
L'apertura di credito bancario è il contratto col quale la banca si
obbliga a tenere a disposizione dell'altra parte una somma di danaro
per un dato periodo di tempo o a tempo indeterminato.
Art. 1843 Utilizzazione del credito
Se non è convenuto altrimenti, l'accreditato può utilizzare in più
volte il credito, secondo le forme di uso, e può con successivi
versamenti ripristinare la sua disponibilità.
Salvo patto contrario, i prelevamenti e i versamenti si eseguono
presso la sede della banca dove è costituito il rapporto.
Art. 1844 Garanzia
Se per l'apertura di credito è data una garanzia reale (1960 e
seguenti, 2784 e seguenti, 2808 e seguenti) o personale (1936 e
seguenti), questa non si estingue prima della fine del rapporto per
il solo fatto che l'accreditato cessa di essere debitore della
banca.
Se la garanzia diviene insufficiente, la banca può chiedere un
supplemento di garanzia o la sostituzione del garante (1461, 1850,
1867, 1877, 2743). Se l'accreditato non ottempera alla richiesta, la
banca può ridurre il credito proporzionalmente al diminuito valore
della garanzia o recedere dal contratto.
Art. 1845 Recesso dal contratto
Salvo patto contrario, la banca non può recedere dal contratto prima
della scadenza del termine, se non per giusta causa.
Il recesso sospende immediatamente l'utilizzazione del credito, ma
la banca deve concedere un termine di almeno quindici giorni per la
restituzione delle somme utilizzate e dei relativi accessori.
Se l'apertura di credito è a tempo indeterminato, ciascuna delle
parti può recedere dal contratto, mediante preavviso nel termine
stabilito dal contratto, dagli usi o, in mancanza, in quello di
quindici giorni.
SEZIONE IV
Dell'anticipazione bancaria
Art. 1846 Disponibilità delle cose date in pegno
Nell'anticipazione bancaria su pegno di titoli o di merci (2784 e
seguenti), la banca non può disporre delle cose ricevute in pegno,
se ha rilasciato un documento nel quale le cose stesse sono
individuate (2792). Il patto contrario deve essere provato per
iscritto (2725).
Art. 1847 Assicurazione delle merci
La banca deve provvedere per conto del contraente (1891)
all'assicurazione delle merci date in pegno, se, per la natura, il
valore o l'ubicazione di esse, l'assicurazione risponde alle cautele
d'uso.
Art. 1848 Spese di custodia
La banca, oltre al corrispettivo dovutole, ha diritto al rimborso
delle spese occorse per la custodia delle merci e dei titoli, salvo
che ne abbia acquistato la disponibilità.
Art. 1849 Ritiro dei titoli o delle merci
Il contraente, anche prima della scadenza del contratto, può
ritirare in parte i titoli o le merci dati in pegno, previo rimborso
proporzionale delle somme anticipate e delle altre somme spettanti
alla banca secondo la disposizione dell'articolo precedente, salvo
che il credito residuo risulti insufficientemente garantito (1795).
Art. 1850 Diminuzione della garanzia
Se il valore della garanzia diminuisce almeno di un decimo rispetto
a quello che era al tempo del contratto, la banca può chiedere al
debitore un supplemento di garanzia nei termini d'uso, con la
diffida che, in mancanza, si procederà alla vendita dei titoli o
delle merci dati in pegno (1461). Se il debitore non ottempera alla
richiesta, la banca può procedere alla vendita a norma del secondo e
quarto comma dell'art. 2797.
La banca ha diritto al rimborso immediato del residuo non
soddisfatto col ricavato della vendita.
Art. 1851 Pegno irregolare a garanzia di anticipazione
Se, a garanzia di uno o più crediti, sono vincolati depositi di
danaro, merci o titoli che non siano stati individuati o per i quali
sia stata conferita alla banca la facoltà di disporre, la banca deve
restituire solo la somma o la parte delle merci o dei titoli che
eccedono l'ammontare dei crediti garantiti. L'eccedenza e
determinata in relazione al valore delle merci o dei titoli al tempo
della scadenza dei crediti.
SEZIONE V
Delle operazioni bancarie in conto corrente
Art. 1852 Disposizione da parte del correntista
Qualora il deposito, l'apertura di credito o altre operazioni
bancarie siano regolate in conto corrente, il correntista può
disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito,
salva l'osservanza del termine di preavviso eventualmente pattuito.
Art. 1853 Compensazione tra i saldi di più rapporti o più conti
Se tra la banca e il correntista esistono più rapporti o più conti,
ancorché in monete differenti, i saldi attivi e passivi si
compensano reciprocamente, salvo patto contrario (1241 e seguenti).
Art. 1854 Conto corrente intestato a più persone
Nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà
per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli
intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei
saldi del conto (1292 e seguenti).
Art. 1855 Operazione a tempo indeterminato
Se l'operazione regolata in conto corrente e a tempo indeterminato,
ciascuna delle parti può recedere dal contratto, dandone preavviso
nel termine stabilito dagli usi o, in mancanza, entro quindici
giorni.
Art. 1856 Esecuzione d'incarichi
La banca risponde secondo le regole del mandato (1703 e seguenti)
per l'esecuzione d'incarichi ricevuti dal correntista o da altro
cliente.
Se l'incarico deve eseguirsi su una piazza dove non esistono filiali
della banca, questa può incaricare dell'esecuzione un'altra banca o
un suo corrispondente (1717).
Art. 1857 Norme applicabili
Alle operazioni regolate in conto corrente si applicano le norme
degli artt. 1826, 1829 e 1832.
SEZIONE VI
Dello sconto bancario
Art. 1858 Nozione
Lo sconto è il contratto col quale la banca, previa deduzione
dell'interesse, anticipa al cliente l'importo di un credito verso
terzi non ancora scaduto, mediante la cessione, salvo buon fine, del
credito stesso (1260 e seguenti).
Art. 1859 Sconto di cambiali
Se lo sconto avviene mediante girata di cambiale o di assegno
bancario (2009 e seguenti), la banca, nel caso di mancato pagamento,
oltre ai diritti derivanti dal titolo, ha anche il diritto alla
restituzione della somma anticipata.
Sono salve le norme delle leggi speciali relative alla cessione
della provvista nello sconto di tratte non accettate o munite di
clausole "senza accettazione".
Art. 1860 Sconto di tratte documentate
La banca che ha scontato tratte documentate ha sulla merce lo stesso
privilegio del mandatario finché il titolo rappresentativo è in suo
possesso (2761).
CAPO XVIII
Della rendita perpetua
Art. 1861 Nozione
Col contratto di rendita perpetua una parte conferisce all'altra il
diritto di esigere in perpetuo la prestazione periodica (2948) di
una somma di danaro o di una certa quantità di altre cose fungibili,
quale corrispettivo dell'alienazione di un immobile o della cessione
di un capitale.
La rendita perpetua può essere costituita anche quale onere
dell'alienazione gratuita di un immobile o della cessione gratuita
di un capitale (793).
Art. 1862 Norme applicabili
L'alienazione dell'immobile, se fatta a titolo oneroso, è soggetta
alle norme stabilite per la vendita (1470 e seguenti).
L'alienazione o la cessione fatta a titolo gratuito è soggetta alle
norme stabilite per la donazione (769 e seguenti).
Art. 1863 Rendita fondiaria e rendita semplice
E' fondiaria la rendita costituita mediante alienazione di un
immobile. E' semplice quella costituita mediante cessione di un
capitale.
Art. 1864 Garanzia della rendita semplice
La rendita semplice deve essere garantita con ipoteca (2808) sopra
un immobile; altrimenti il capitale e ripetibile.
Art. 1865 Diritto di riscatto della rendita perpetua
La rendita perpetua è redimibile a volontà del debitore, nonostante
qualunque convenzione contraria.
Le parti possono tuttavia convenire che il riscatto non possa
eseguirsi durante la vita del beneficiario o prima di un certo
termine, il quale non può eccedere i dieci anni nella rendita
semplice e i trenta anni nella rendita fondiaria.
Può anche stipularsi che il debitore non esegua il riscatto senza
averne dato preavviso al beneficiario.
Il termine di preavviso non può eccedere l'anno.
Se sono convenuti termini più lunghi, essi si riducono nei limiti
sopra stabiliti.
Art. 1866 Esercizio del riscatto
Il riscatto della rendita semplice e della rendita fondiaria si
effettua mediante il pagamento della somma che risulta dalla
capitalizzazione della rendita annua sulla base dell'interesse
legale (1284).
Le modalità del riscatto sono stabilite dalle leggi speciali.
Art. 1867 Riscatto forzoso
Il debitore di una rendita perpetua può essere costretto al
riscatto:
1) se è in mora nel pagamento di due annualità di rendita (1219);
2) se non ha dato al creditore le garanzie promesse, o se, venendo a
mancare quelle già date, non ne sostituisce altre di uguale
sicurezza (1461,1844, 1850);
3) se, per effetto di alienazione (769 e seguenti, 1470 e seguenti)
o di divisione (713 e seguenti), il fondo su cui è garantita la
rendita è diviso fra più di tre persone.
Art. 1868 Riscatto per insolvenza del debitore
Si fa pure luogo al riscatto della rendita nel caso d'insolvenza del
debitore, salvo che, essendo stato alienato il fondo su cui era
garantita la rendita, l'acquirente se ne sia assunto il debito
(1273) o si dichiari pronto ad assumerlo.
Art. 1869 Altre prestazioni perpetue
Le disposizioni degli artt. 1864, 1865, 1866, 1867 e 1868 si
applicano a ogni altra annua prestazione perpetua costituita a
qualsiasi titolo, anche per atto di ultima volontà.
Art. 1870 Ricognizione
Il debitore della rendita o di ogni altra prestazione annua che
debba o possa durare oltre i dieci anni deve fornire a proprie spese
al titolare, se questi lo richiede, un nuovo documento (2720),
trascorsi nove anni dalla data del precedente (att. 186).
Art. 1871 Rendite dello Stato
Le disposizioni di questo capo non si applicano alle rendite emesse
dallo Stato.
CAPO XIX
Della rendita vitalizia
Art. 1872 Modi di costituzione
La rendita vitalizia (2057) può essere costituita a titolo oneroso,
mediante alienazione di un bene mobile o immobile o mediante
cessione di capitale (1350).
La rendita vitalizia può essere costituita anche per donazione (769
e seguenti) o per testamento (587 e seguenti), e in questo caso si
osservano le norme stabilite dalla legge per tali atti (602 e
seguenti, 782).
Art. 1873 Determinazione della durata
La rendita vitalizia può costituirsi per la durata della vita del
beneficiario o di altra persona.
Essa può costituirsi anche per la durata della vita di più persone.
Art. 1874 Costituzione a favore di più persone
Se la rendita e costituita a favore di più persone, la parte
spettante al creditore premorto si accresce a favore degli altri,
salvo patto contrario (674 e seguenti).
Art. 1875 Costituzione a favore di un terzo
La rendita vitalizia costituita a favore di un terzo (1411 e
seguenti), quantunque importi per questo una liberalità, non
richiede le forme stabilite per la donazione (782 e seguenti, 809).
Art. 1876 Rendita costituita su persone già defunte
Il contratto e nullo, (1418 e seguenti) se la rendita e costituita
per la durata della vita di persona che, al tempo del contratto,
aveva già cessato di vivere.
Art. 1877 Risoluzione del contratto di vitalizio oneroso
Il creditore di una rendita vitalizia costituita a titolo oneroso
può chiedere la risoluzione del contratto (1453 e seguenti), se il
promittente non gli da o diminuisce le garanzie pattuite (1461).
Art. 1878 Mancanza di pagamento delle rate scadute
In caso di mancato pagamento delle rate di rendita scadute, il
creditore della rendita, anche se e lo stesso stipulante, non può
domandare la risoluzione del contratto (1453 e seguenti), ma può far
sequestrare e vendere (Cod. Proc. Civ. 501 e seguenti, 670 e
seguenti) i beni del suo debitore affinché col ricavato della
vendita si faccia l'impiego di una somma sufficiente ad assicurare
il pagamento della rendita (vedere anche Leggi Speciali,
Fallimento).
Art. 1879 Divieto di riscatto e onerosità sopravvenuta
Il debitore della rendita, salvo patto contrario, non può liberarsi
dal pagamento della rendita stessa offrendo il rimborso del
capitale, anche se rinunzia alla ripetizione delle annualità pagate.
Egli è tenuto a pagare la rendita per tutto il tempo per il quale è
stata costituita, per quanto gravosa sia divenuta la sua prestazione
(1469).
Art. 1880 Modalità del pagamento della rendita
La rendita vitalizia costituita mediante contratto è dovuta al
creditore in proporzione del numero dei giorni vissuti da colui
sulla vita del quale e costituita.
Se però è stato convenuto di pagarla a rate anticipate, ciascuna
rata si acquista dal giorno in cui e scaduta.
Art. 1881 Sequestro o pignoramento della rendita
Quando la rendita vitalizia e costituita a titolo gratuito, si può
disporre che essa non sia soggetta a pignoramento o a sequestro
(Cod. Proc. Civ. 670 e seguenti) entro i limiti del bisogno
alimentare del creditore (433).
CAPO XX
Dell'assicurazione
SEZIONE I
Disposizioni generali
Art. 1882 Nozione
L'assicurazione è il contratto col quale l'assicuratore, verso
pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l'assicurato, entro i
limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero
a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento
attinente alla vita umana.
Art. 1883 Esercizio delle assicurazioni
L'impresa di assicurazione non può essere esercitata che da un
istituto di diritto pubblico o da una società per azioni e con
l'osservanza delle norme stabilite dalle leggi speciali.
Art. 1884 Assicurazioni mutue
Le assicurazioni mutue sono disciplinate dalle norme del presente
capo, in quanto compatibili con la specialità del rapporto (2546 e
seguenti).
Art. 1885 Assicurazioni contro i rischi della navigazione
Le assicurazioni contro i rischi della navigazione sono disciplinate
dalle norme del presente capo per quanto non è regolato dal codice
della navigazione (Cod. Nav. 514 e seguenti, 446 e seguenti).
Art. 1886 Assicurazioni sociali
Le assicurazioni sociali sono disciplinate dalle leggi speciali. In
mancanza si applicano le norme del presente capo.
Art. 1887 Efficacia della proposta
La proposta scritta diretta all'assicuratore rimane ferma (1329) per
il termine di quindici giorni, o di trenta giorni quando occorre una
visita medica. Il termine decorre dalla data della consegna o della
spedizione della proposta (1932).
Art. 1888 Prova del contratto
Il contratto di assicurazione deve essere provato per iscritto
(2725).
L'assicuratore è obbligato a rilasciare al contraente la polizza di
assicurazione o altro documento da lui sottoscritto.
L'assicuratore è anche tenuto a rilasciare, a richiesta e a spese
del contraente, duplicati o copie della polizza; ma in tal caso può
esigere la presentazione o la restituzione dell'originale (att.
187).
Art. 1889 Polizze all'ordine e al portatore
Se la polizza di assicurazione è all'ordine o al portatore, il suo
trasferimento importa trasferimento del credito verso
l'assicuratore, con gli effetti della cessione (2003 e seguenti).
Tuttavia l'assicuratore è liberato se senza dolo o colpa grave
adempie la prestazione nei confronti del giratario o del portatore
della polizza, anche se questi non è l'assicurato (1992).
In caso di smarrimento, furto o distruzione della polizza
all'ordine, si applicano le disposizioni relative all'ammortamento
dei titoli all'ordine (2016 e seguenti; att. 187).
Art. 1890 Assicurazione in nome altrui
Se il contraente stipula l'assicurazione in nome altrui senza averne
il potere, l'interessato può ratificare il contratto anche dopo la
scadenza o il verificarsi del sinistro (1399, 2031 seguente).
Il contraente è tenuto personalmente ad osservare gli obblighi
derivanti dal contratto fino al momento in cui l'assicuratore ha
avuto notizia della ratifica o del rifiuto di questa.
Egli deve all'assicuratore i premi del periodo in corso nel momento
in cui l'assicuratore ha avuto notizia (1335) del rifiuto della
ratifica.
Art. 1891 Assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta
Se l'assicurazione è stipulata per conto altrui o per conto di chi
spetta, il contraente deve adempiere gli obblighi derivanti dal
contratto, salvi quelli che per loro natura non possono essere
adempiuti che dall'assicurato.
I diritti derivanti dal contratto spettano all'assicurato, e il
contraente, anche se in possesso della polizza, non può farli valere
senza espresso consenso dell'assicurato medesimo.
All'assicurato sono opponibili le eccezioni che si possono opporre
al contraente in dipendenza del contratto.
Per il rimborso dei premi pagati all'assicuratore e delle spese del
contratto, il contraente ha privilegio sulle somme dovute
dall'assicuratore nello stesso grado dei crediti per spese di
conservazione (2756).
Art. 1892 Dichiarazioni inesatte e reticenze con dolo o colpa grave
Le dichiarazioni inesatte e le reticenze del contraente, relative a
circostanze tali che l'assicuratore non avrebbe dato il suo consenso
o non lo avrebbe dato alle medesime condizioni se avesse conosciuto
il vero stato delle cose, sono causa di annullamento (1441 e
seguenti) del contratto quando il contraente ha agito con dolo o con
colpa grave.
L'assicuratore decade (2964 e seguenti) dal diritto d'impugnare il
contratto se, entro tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto
l'inesattezza della dichiarazione o la reticenza, non dichiara al
contraente di volere esercitare l'impugnazione.
L'assicuratore ha diritto ai premi relativi al periodo di
assicurazione in corso al momento in cui ha domandato l'annullamento
e, in ogni caso, al premio convenuto per il primo anno. Se il
sinistro si verifica prima che sia decorso il termine indicato dal
comma precedente, egli non è tenuto a pagare la somma assicurata.
Se l'assicurazione riguarda più persone o più cose, il contratto è
valido per quelle persone o per quelle cose alle quali non si
riferisce la dichiarazione inesatta o la reticenza (1932).
Art. 1893 Dichiarazioni inesatte e reticenze senza dolo o colpa
grave
Se il contraente ha agito senza dolo o colpa grave, le dichiarazioni
inesatte e le reticenze non sono causa di annullamento del
contratto, ma l'assicuratore può recedere dal contratto stesso,
mediante dichiarazione da farsi all'assicurato nei tre mesi dal
giorno in cui ha conosciuto l'inesattezza della dichiarazione o la
reticenza.
Se il sinistro si verifica prima che l'inesattezza della
dichiarazione o la reticenza sia conosciuta dall'assicuratore, o
prima che questi abbia dichiarato di recedere dal contratto, la
somma dovuta è ridotta in proporzione della differenza tra il premio
convenuto e quello che sarebbe stato applicato se si fosse
conosciuto il vero stato delle cose.
Art. 1894 Assicurazione in nome o per conto di terzi
Nelle assicurazioni in nome o per conto di terzi, se questi hanno
conoscenza dell'inesattezza delle dichiarazioni o delle reticenze
relative al rischio, si applicano a favore dell'assicuratore le
disposizioni degli artt. 1892 e 1893 (1391,1932).
Art. 1895 Inesistenza del rischio
Il contratto è nullo (1418 e seguenti) se il rischio non è mai
esistito o ha cessato di esistere prima della conclusione del
contratto.
Art. 1896 Cessazione del rischio durante l'assicurazione
Il contratto si scioglie (1453 e seguenti) se il rischio cessa di
esistere dopo la conclusione del contratto stesso, ma l'assicuratore
ha diritto al pagamento dei premi finché la cessazione del rischio
non gli sia comunicata o non venga altrimenti a sua conoscenza. I
premi relativi al periodo di assicurazione in corso al momento della
comunicazione o della conoscenza (1335) sono dovuti per intero.
Qualora gli effetti dell'assicurazione debbano avere inizio in un
momento posteriore alla conclusione del contratto e il rischio cessi
nell'intervallo, l'assicuratore ha diritto al solo rimborso delle
spese.
Art. 1897 Diminuzione del rischio
Se il contraente comunica all'assicuratore mutamenti che producono
una diminuzione del rischio tale che, se fosse stata conosciuta al
momento della conclusione del contratto, avrebbe portato alla
stipulazione di un premio minore, l'assicuratore, a decorrere dalla
scadenza del premio o della rata di premio successiva alla
comunicazione suddetta, non può esigere che il minor premio, ma ha
facoltà di recedere dal contratto entro due mesi (2964) dal giorno
in cui e stata fatta la comunicazione.
La dichiarazione di recesso dal contratto ha effetto dopo un mese
(1932; att. 187).
Art. 1898 Aggravamento del rischio
Il contraente ha l'obbligo di dare immediato avviso all'assicuratore
dei mutamenti che aggravano il rischio in modo tale che, se il nuovo
stato di cose fosse esistito e fosse stato conosciuto
dall'assicuratore al momento della conclusione del contratto,
l'assicuratore non avrebbe consentito l'assicurazione o l'avrebbe
consentita per un premio più elevato (1926).
L'assicuratore può recedere dal contratto, dandone comunicazione per
iscritto all'assicurato entro un mese (2964) dal giorno in cui ha
ricevuto l'avviso o ha avuto in altro modo conoscenza (1335)
dell'aggravamento del rischio.
Il recesso dell'assicuratore ha effetto immediato se l'aggravamento
è tale che l'assicuratore non avrebbe consentito l'assicurazione; ha
effetto dopo quindici giorni, se l'aggravamento del rischio è tale
che per l'assicurazione sarebbe stato richiesto un premio maggiore.
Spettano all'assicuratore i premi relativi al periodo di
assicurazione in corso al momento in cui è comunicata la
dichiarazione di recesso.
Se il sinistro si verifica prima che siano trascorsi i termini per
la comunicazione e per l'efficacia del recesso, l'assicuratore non
risponde qualora l'aggravamento del rischio sia tale che egli non
avrebbe consentito l'assicurazione se il nuovo stato di cose fosse
esistito al momento del contratto; altrimenti la somma dovuta e
ridotta, tenuto conto del rapporto tra il premio stabilito nel
contratto e quello che sarebbe stato fissato se il maggiore rischio
fosse esistito al tempo del contratto stesso (1932; att. 187).
Art. 1899 Durata dell'assicurazione
L'assicurazione ha effetto dalle ore ventiquattro del giorno della
conclusione del contratto alle ore ventiquattro dell'ultimo giorno
della durata stabilita nel contratto stesso. Se questa supera i
dieci anni, le parti, trascorso il decennio e nonostante patto
contrario, hanno facoltà di recedere dal contratto, con preavviso di
sei mesi, che può darsi anche mediante raccomandata.
Il contratto può essere tacitamente prorogato una o più volte, ma
ciascuna proroga tacita non può avere una durata superiore a due
anni (1932; att. 187).
Le norme del presente articolo non si applicano alle assicurazioni
sulla vita (1919 e seguenti).
Art. 1900 Sinistri cagionati con dolo o con colpa grave
dell'assicurato o dei dipendenti
L'assicuratore non è obbligato per i sinistri cagionati da dolo o da
colpa grave del contraente, dell'assicurato o del beneficiario,
salvo patto contrario per i casi di colpa grave.
L'assicuratore è obbligato per il sinistro cagionato da dolo o da
colpa grave delle persone del fatto delle quali l'assicurato deve
rispondere (2047 e seguenti).
Egli è obbligato altresì, nonostante patto contrario, per i sinistri
conseguenti ad atti del contraente, dell'assicurato o del
beneficiario, compiuti per dovere di solidarietà umana o nella
tutela degli interessi comuni all'assicuratore.
Art. 1901 Mancato pagamento del premio
Se il contraente non paga il premio o la prima rata di premio
stabilita dal contratto, l'assicurazione resta sospesa fino alle ore
ventiquattro del giorno in cui il contraente paga quanto è da lui
dovuto.
Se alle scadenze convenute il contraente non paga i premi
successivi, l'assicurazione resta sospesa dalle ore ventiquattro del
quindicesimo giorno dopo quello della scadenza.
Nelle ipotesi previste dai due commi precedenti il contratto è
risoluto di diritto (1453 e seguenti) se l'assicuratore, nel termine
di sei mesi dal giorno in cui il premio o la rata sono scaduti, non
agisce per la riscossione; l'assicuratore ha diritto soltanto al
pagamento del premio relativo al periodo di assicurazione in corso e
al rimborso delle spese. La presente norma non si applica alle
assicurazioni sulla vita (1919 e seguenti, 1924,1932; att. 187).
Art. 1902 Fusione, concentrazione e liquidazione coatta
amministrativa
La fusione e la concentrazione di aziende tra più imprese
assicuratrici non sono cause di scioglimento del contratto di
assicurazione. Il contratto continua con l'impresa assicuratrice che
risulta dalla fusione o che incorpora le imprese preesistenti. Per i
trasferimenti di portafoglio si osservano le leggi speciali.
Nel caso di liquidazione coatta amministrativa dell'impresa
assicuratrice, il contratto di assicurazione si scioglie nei modi e
con gli effetti stabiliti dalle leggi speciali anche per ciò che
riguarda il privilegio a favore della massa degli assicurati (att.
187).
Art. 1903 Agenti di assicurazione
Gli agenti autorizzati a concludere contratti di assicurazione
possono compiere gli atti concernenti le modificazioni e la
risoluzione dei contratti medesimi, salvi i limiti contenuti nella
procura che sia pubblicata nelle forme richieste dalla legge (1753).
Possono inoltre promuovere azioni ed essere convenuti in giudizio in
nome dell'assicuratore, per le obbligazioni dipendenti dagli atti
compiuti nell'esecuzione del loro mandato, davanti l'autorità
giudiziaria del luogo in cui ha sede l'agenzia presso la quale e
stato concluso il contratto (1932; att. 187; Cod. Proc. Civ. 77).
SEZIONE II
Dell'assicurazione contro i danni
Art. 1904 Interesse all'assicurazione
Il contratto di assicurazione contro i danni è nullo (1418 e
seguenti) se, nel momento in cui l'assicurazione deve avere inizio,
non esiste un interesse dell'assicurato al risarcimento del danno.
Art. 1905 Limiti del risarcimento
L'assicuratore e tenuta a risarcire, nei modi e nei limiti stabiliti
dal contratto, il danno sofferto dall'assicurato in conseguenza del
sinistro.
L'assicuratore risponde del profitto sperato solo se si e
espressamente obbligato.
Art. 1906 Danni cagionati da vizio della cosa
Salvo patto contrario, l'assicuratore non risponde dei danni
prodotti da vizio intrinseco della cosa assicurata, che non gli sia
stato denunziato.
Se il vizio ha aggravato il danno, l'assicuratore, salvo patto
contrario, risponde del danno nella misura in cui sarebbe stato a
suo carico, qualora il vizio non fosse esistito.
Art. 1907 Assicurazione parziale
Se l'assicurazione copre solo una parte del valore che la cosa
assicurata aveva nel tempo del sinistro, l'assicuratore risponde dei
danni in proporzione della parte suddetta, a meno che non sia
diversamente convenuto.
Art. 1908 Valore della cosa assicurata
Nell'accertare il danno non si può attribuire alle cose perite o
danneggiate un valore superiore a quello che avevano al tempo del
sinistro.
Il valore delle cose assicurate può essere tuttavia stabilito al
tempo della conclusione del contratto, mediante stima accettata per
iscritto dalle parti.
Non equivale a stima la dichiarazione di valore delle cose
assicurate contenuta nella polizza o in altri documenti.
Nell'assicurazione dei prodotti del suolo il danno si determina in
relazione al valore che i prodotti avrebbero avuto al tempo della
maturazione o al tempo in cui ordinariamente si raccolgono.
Art. 1909 Assicurazione per somma eccedente il valore delle cose
L'assicurazione per una somma che eccede il valore reale della cosa
assicurata non è valida (1441 e seguenti) se vi e stato dolo da
parte dell'assicurato; l'assicuratore, se è in buona fede, ha
diritto ai premi del periodo di assicurazione in corso.
Se non vi e stato dolo da parte del contraente, il contratto ha
effetto fino alla concorrenza del valore reale della cosa
assicurata, e il contraente ha diritto di ottenere per l'avvenire
una proporzionale riduzione del premio.
Art. 1910 Assicurazione presso diversi assicuratori
Se per il medesimo rischio sono contratte separatamente più
assicurazioni presso diversi assicuratori, l'assicurato deve dare
avviso di tutte le assicurazioni a ciascun assicuratore.
Se l'assicurato omette dolosamente di dare l'avviso, gli
assicuratori non sono tenuti a pagare l'indennità.
Nel caso di sinistro, l'assicurato deve darne avviso a tutti gli
assicuratori a norma dell'art. 1913, indicando a ciascuno il nome
degli altri. L'assicurato può chiedere a ciascun assicuratore
l'indennità dovuta secondo il rispettivo contratto, purché le somme
complessivamente riscosse non superino l'ammontare del danno.
L'assicuratore che ha pagato ha diritto di regresso contro gli altri
per la ripartizione proporzionale in ragione delle indennità dovute
secondo i rispettivi contratti. Se un assicuratore è insolvente, la
sua quota viene ripartita fra gli altri assicuratori.
Art. 1911 Coassicurazione
Qualora la medesima assicurazione o l'assicurazione di rischi
relativi alle stesse cose sia ripartita tra più assicuratori per
quote determinate, ciascun assicuratore è tenuto al pagamento
dell'indennità assicurata soltanto in proporzione della rispettiva
quota, anche se unico e il contratto sottoscritto da tutti gli
assicuratori.
Art. 1912 Terremoto, guerra, insurrezione, tumulti popolari
Salvo patto contrario, l'assicuratore non è obbligato per i danni
determinati da movimenti tellurici, da guerra, da insurrezione o da
tumulti popolari.
Art. 1913 Avviso all'assicuratore in caso di sinistro
L'assicurato deve dare avviso del sinistro all'assicuratore o
all'agente autorizzato a concludere il contratto, entro tre giorni
da quello in cui il sinistro si è verificato o l'assicurato ne ha
avuta conoscenza. Non è necessario l'avviso, se l'assicuratore o
l'agente autorizzato alla conclusione del contratto interviene entro
il detto termine alle operazioni di salvataggio o di constatazione
del sinistro.
Nelle assicurazioni contro la mortalità del bestiame l'avviso, salvo
patto contrario, deve essere dato entro ventiquattro ore.
Art. 1914 Obbligo di salvataggio
L'assicurato deve fare quanto gli è possibile per evitare o
diminuire il danno (1227).
Le spese fatte a questo scopo dall'assicurato sono a carico
dell'assicuratore, in proporzione del valore assicurato rispetto a
quello che la cosa aveva nel tempo del sinistro, anche se il loro
ammontare, unitamente a quello del danno, supera la somma
assicurata, e anche se non si e raggiunto lo scopo, salvo che
l'assicuratore provi che le spese sono state fatte
inconsideratamente (att. 187).
L'assicuratore risponde dei danni materiali direttamente derivati
alle cose assicurate dai mezzi adoperati dall'assicurato per evitare
o diminuire i danni del sinistro, salvo che egli provi che tali
mezzi sono stati adoperati inconsideratamente (1900-3).
L'intervento dell'assicuratore per il salvataggio delle cose
assicurate e per la loro conservazione non pregiudica i suoi
diritti.
L'assicuratore che interviene al salvataggio deve, se richiesto
dall'assicurato, anticiparne le spese o concorrere in proporzione
del valore assicurato.
Art. 1915 Inadempimento dell'obbligo di avviso o di salvataggio
L'assicurato che dolosamente non adempie l'obbligo dell'avviso o del
salvataggio perde il diritto all'indennità.
Se l'assicurato omette colposamente di adempiere tale obbligo,
l'assicuratore ha diritto di ridurre l'indennità in ragione del
pregiudizio sofferto (att. 187).
Art. 1916 Diritto di surrogazione dell'assicuratore
L'assicuratore che ha pagato l'indennità è surrogato (1203), fino
alla concorrenza dell'ammontare di essa, nei diritti dell'assicurato
verso i terzi responsabili (1589).
Salvo il caso di dolo, la surrogazione non ha luogo se il danno è
causato dai figli, dagli affiliati, dagli ascendenti, da altri
parenti o a affini dell'assicurato stabilmente con lui conviventi o
da domestici.
L'assicurato è responsabile verso l'assicuratore del pregiudizio
arrecato al diritto di surrogazione (1589).
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche alle
assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro e contro le disgrazie
accidentali.
NOTA Il secondo comma è stato dichiarato illegittimo dalla Corte
Costituzionale (21 maggio 1975, n. 117) per ciò che riguarda il non
annoverare , fra le persone nei confronti delle quali non è ammessa
la surrogazione, il coniuge dell'assicurato.
Art. 1917 Assicurazione della responsabilità civile
Nell'assicurazione della responsabilità civile l'assicuratore e
obbligato a tenere indenne l'assicurato di quanto questi, in
conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione,
deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta
nel contratto (2952). Sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi
(2767).
L'assicuratore ha facoltà, previa comunicazione all'assicurato, di
pagare direttamente al terzo danneggiato l'indennità dovuta, ed e
obbligato al pagamento diretto se l'assicurato lo richiede.
Le spese sostenute per resistere all'azione del danneggiato contro
l'assicurato sono a carico dell'assicuratore nei limiti del quarto
della somma assicurata. Tuttavia, nel caso che sia dovuta al
danneggiato una somma superiore al capitale assicurato, le spese
giudiziali si ripartiscono tra assicuratore e assicurato in
proporzione del rispettivo interesse.
L'assicurato, convenuto dal danneggiato, può chiamare in causa
l'assicuratore (1932; Cod. Proc. Civ. 196)
(Vedere anche Leggi Speciali, Assicurazione obbligatoria).
Art. 1918 Alienazione delle cose assicurate
L'alienazione delle cose assicurate non è causa di scioglimento del
contratto di assicurazione.
L'assicurato, che non comunica all'assicuratore l'avvenuta
alienazione e all'acquirente l'esistenza del contratto di
assicurazione, rimane obbligato a pagare i premi che scadono
posteriormente alla data dell'alienazione.
I diritti e gli obblighi dell'assicurato passano all'acquirente, se
questi, avuta notizia dell'esistenza del contratto di assicurazione
entro dieci giorni dalla scadenza del primo premio successivo
all'alienazione, non dichiara all'assicuratore, mediante
raccomandata, che non intende subentrare nel contratto. Spettano in
tal caso all'assicuratore i premi relativi al periodo di
assicurazione in corso.
L'assicuratore, entro dieci giorni da quello in cui ha avuto notizia
dell'avvenuta alienazione, può recedere dal contratto con preavviso
di quindici giorni, che può essere dato anche mediante raccomandata.
Se è stata emessa una polizza all'ordine (2008) o al portatore
(2003, 1889), nessuna notizia dell'alienazione deve essere data
all'assicuratore, e così quest'ultimo come l'acquirente non possono
recedere dal contratto.
SEZIONE III
Dell'assicurazione sulla vita
Art. 1919 Assicurazione sulla vita propria o di un terzo
L'assicurazione può essere stipulata sulla vita propria o su quella
di un terzo.
L'assicurazione contratta per il caso di morte di un terzo non è
valida se questi o il suo legale rappresentante non dà il consenso
alla conclusione del contratto. Il consenso deve essere provato per
iscritto (2725).
Art. 1920 Assicurazione a favore di un terzo
E' valida l'assicurazione sulla vita a favore di un terzo (1411 e
seguenti).
La designazione del beneficiario può essere fatta nel contratto di
assicurazione, o con successiva dichiarazione scritta comunicata
all'assicuratore, o per testamento (587 e seguente, 649); essa e
efficace anche se il beneficiario è determinato solo genericamente.
Equivale a designazione l'attribuzione della somma assicurata fatta
nel testamento a favore di una determinata persona.
Per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio
ai vantaggi dell'assicurazione (1411, 1923).
Art. 1921 Revoca del beneficio
La designazione del beneficiario è revocabile con le forme con le
quali può essere fatta a norma dell'articolo precedente. La revoca
non può tuttavia farsi dagli eredi dopo la morte del contraente, né
dopo che, verificatosi l'evento, il beneficiario ha dichiarato di
voler profittare del beneficio (1411).
Se il contraente ha rinunziato per iscritto al potere di revoca,
questa non ha effetto dopo che il beneficiario ha dichiarato al
contraente di voler profittare del beneficio. La rinuncia del
contraente e la dichiarazione del beneficiario devono essere
comunicate per iscritto all'assicuratore (att. 188).
Art. 1922 Decadenza dal beneficio
La designazione del beneficiario, anche se irrevocabile, non ha
effetto qualora il beneficiario attenti alla vita dell'assicurato
(801).
Se la designazione e irrevocabile ed è stata fatta a titolo di
liberalità, essa può essere revocata nei casi previsti dall'art. 800
(att. 188).
Art. 1923 Diritti dei creditori e degli eredi
Le somme dovute dall'assicuratore al contraente o al beneficiario
non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare (Cod.
Proc. Civ. 491 e seguenti, 670 e seguenti).
Sono salve, rispetto ai premi pagati, le disposizioni relative alla
revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori (2901 e
seguenti) e quelle relative alla collazione (737 e seguenti),
all'imputazione (747) e alla riduzione (555 e seguenti) delle
donazioni.
Art. 1924 Mancato pagamento dei premi
Se il contraente non paga il premio relativo al primo anno,
l'assicuratore può agire per l'esecuzione del contratto nel termine
di sei mesi dal giorno in cui il premio è scaduto. La disposizione
si applica anche se il premio è ripartito in più rate, fermo
restando il disposto dei primi due commi dell'art. 1901; in tal caso
il termine decorre dalla scadenza delle singole rate.
Se il contraente non paga i premi successivi nel termine di
tolleranza previsto dalla polizza o, in mancanza, nel termine di
venti giorni dalla scadenza, il contratto è risoluto di diritto
(1453 e seguenti), e i premi pagati restano acquisiti
all'assicuratore, salvo che sussistano le condizioni per il riscatto
dell'assicurazione o per la riduzione della somma assicurata.
Art. 1925 Riscatto e riduzione della polizza
Le polizze di assicurazione devono regolare i diritti di riscatto e
di riduzione della somma assicurata, in modo tale che l'assicurato
sia in grado, in ogni momento, di conoscere quale sarebbe il valore
di riscatto o di riduzione dell'assicurazione.
Art. 1926 Cambiamento di professione dell'assicurato
I cambiamenti di professione o di attività dell'assicurato non fanno
cessare gli effetti dell'assicurazione, qualora non aggravino il
rischio in modo tale che, se il nuovo stato di cose fosse esistito
al tempo del contratto, l'assicuratore non avrebbe consentito
l'assicurazione (1898).
Qualora i cambiamenti siano di tale natura che, se il nuovo stato di
cose fosse esistito al tempo del contratto, l'assicuratore avrebbe
consentito l'assicurazione per un premio più elevato, il pagamento
della somma assicurata è ridotto in proporzione del minor premio
convenuto in confronto di quello che sarebbe stato stabilito.
Se l'assicurato dà notizia dei suddetti cambiamenti
all'assicuratore, questi, entro quindici giorni, deve dichiarare se
intende far cessare gli effetti del contratto ovvero ridurre la
somma assicurata o elevare il premio.
Se l'assicuratore dichiara di voler modificare il contratto in uno
dei due sensi su indicati, l'assicurato, entro quindici giorni
successivi, deve dichiarare se intende accettare la proposta.
Se l'assicurato dichiara di non accettare, il contratto e risoluto,
salvo il diritto dell'assicuratore al premio relativo al periodo di
assicurazione in corso e salvo il diritto dell'assicurato al
riscatto. Il silenzio dell'assicurato vale come adesione alla
proposta dell'assicuratore.
Le comunicazioni e dichiarazioni previste dai commi precedenti
possono farsi anche mediante raccomandata (att. 187).
Art. 1927 Suicidio dell'assicurato
In caso di suicidio dell'assicurato, avvenuto prima che siano
decorsi due anni dalla stipulazione del contratto, l'assicuratore
non è tenuto al pagamento delle somme assicurate, salvo patto
contrario.
L'assicuratore non è nemmeno obbligato se, essendovi stata
sospensione del contratto per mancato pagamento dei premi (1901),
non sono decorsi due anni dal giorno in cui la sospensione e
cessata.
SEZIONE IV
Della riassicurazione
Art. 1928 Prova
I contratti generali di riassicurazione relativi a una serie di
rapporti assicurativi devono essere provati per iscritto (2725).
I rapporti di riassicurazione in esecuzione dei contratti generali e
i contratti di riassicurazione per singoli rischi possono essere
provati secondo le regole generali (2697 e seguenti, 2952).
Art. 1929 Efficacia del contratto
Il contratto di riassicurazione non crea rapporti tra l'assicurato e
il riassicuratore, salve le disposizioni delle leggi speciali sul
privilegio a favore della massa degli assicurati.
Art. 1930 Diritto del riassicurato in caso di liquidazione coatta
amministrativa
In caso di liquidazione coatta amministrativa del riassicurato, il
riassicuratore deve pagare integralmente l'indennità dovuta al
riassicurato, salva la compensazione con i premi e gli altri crediti
(1241 e seguenti; att. 187).
Art. 1931 Compensazione dei crediti e debiti
In caso di liquidazione coatta amministrativa dell'impresa del
riassicuratore o del riassicurato, i debiti e i crediti che, alla
fine della liquidazione, risultano dalla chiusura dei conti relativi
a più contratti di riassicurazione, si compensano di diritto (1241 e
seguenti; att. 187).
SEZIONE V
Disposizioni finali
Art. 1932 Norme inderogabili
Le disposizioni degli artt. 1887, 1892, 1893, 1894, 1897, 1898, 1899
secondo comma, 1901, 1903 secondo comma, 1914 secondo comma, 1915
secondo comma, 1917 terzo e quarto comma e 1926 non possono essere
derogate se non in senso più favorevole all'assicurato.
Le clausole che derogano in senso meno favorevole all'assicurato
sono sostituite di diritto dalle corrispondenti disposizioni di
legge (1339, 1419).
CAPO XXI
Del giuoco e della scommessa
Art. 1933 Mancanza di azione
Non compete azione per il pagamento di un debito di giuoco o di
scommessa, anche se si tratta di giuoco o di scommessa non proibiti.
Il perdente tuttavia non può ripetere quanto abbia spontaneamente
pagato dopo l'esito di un giuoco o di una scommessa in cui non vi
sia stata alcuna frode (2034). La ripetizione e ammessa in ogni caso
se il perdente è un incapace (414 e seguente, 1191).
Art. 1934 Competizioni sportive
Sono eccettuati dalla norma del primo comma dell'articolo
precedente, anche rispetto alle persone che non vi prendono parte, i
giuochi che addestrano al maneggio delle armi, le corse di ogni
specie e ogni altra competizione sportiva.
Tuttavia il giudice può rigettare o ridurre la domanda, qualora
ritenga la posta eccessiva.
Art. 1935 Lotterie autorizzate
Le lotterie danno luogo ad azione in giudizio, qualora siano state
legalmente autorizzate.
CAPO XXII
Della fideiussione
SEZIONE I
Disposizioni generali
Art. 1936 Nozione
E' fideiussiore colui che, obbligandosi personalmente verso il
creditore, garantisce l'adempimento di un'obbligazione altrui.
La fideiussione è efficace anche se il debitore non ne ha
conoscenza.
Art. 1937 Manifestazione della volontà
La volontà di prestare fideiussione deve essere espressa.
Art. 1938 Fideiussione per obbligazioni future o condizionali
La fideiussione può essere prestata anche per un'obbligazione
condizionale o futura (1353), con la previsione in quest'ultimo caso
dell'importo massimo garantito.
NOTA Comma così sostituito dall'art. 10 della Lelle 17 febbraio
1992, n. 154, riportata tra le Leggi Speciali).
Art. 1939 Validità della fideiussione
La fideiussione non è valida se non è valida l'obbligazione
principale (1255), salvo che sia prestata per un'obbligazione
assunta da un incapace.
Art. 1940 Fideiussore del fideiussore
La fideiussione può essere prestata così per il debitore principale,
come per il suo fideiussore.
Art. 1941 Limiti della fideiussione
La fideiussione non può eccedere ciò che è dovuto al debitore, né
può essere prestata a condizioni più onerose.
Può prestarsi per una parte soltanto del debito o a condizioni meno
onerose.
La fideiussione eccedente il debito o contratta a condizioni più
onerose è valida nei limiti dell'obbligazione principale.
Art. 1942 Estensione della fideiussione
Salvo patto contrario, la fideiussione si estende a tutti gli
accessori del debito principale, nonché alle spese per la denunzia
al fideiussore della causa promossa contro il debitore principale e
alle spese successive.
Art. 1943 Obbligazione di prestare fideiussione
Il debitore obbligato a dare un fideiussore (1179) deve presentare
persona capace, che possieda beni sufficienti a garantire
l'obbligazione (2740) e che abbia o elegga domicilio nella
giurisdizione della corte di appello in cui la fideiussione si deve
prestare (att. 189).
Quando il fideiussore e divenuto insolvente, deve esserne dato un
altro, tranne che la fideiussione sia stata prestata dalla persona
voluta dal creditore.
SEZIONE II
Dei rapporti tra creditore e fideiussore
Art. 1944 Obbligazione del fideiussore
Il fideiussore e obbligato in solido col debitore principale al
pagamento del debito (1292 e seguenti, 1410).
Le parti però possono convenire che il fideiussore non sia tenuto a
pagare prima dell'esclusione del debitore principale. In tal caso il
fideiussore, che sia convenuto dal creditore e intenda valersi del
beneficio dell'escussione, deve indicare i beni del debitore
principale da sottoporre ad esecuzione (2268).
Salvo patto contrario, il fideiussore è tenuto ad anticipare le
spese necessarie.
Art. 1945 Eccezioni opponibili dal fideiussore
Il fideiussore può opporre contro il creditore tutte le eccezioni
che spettano al debitore principale (1239), salva quella derivante
dall'incapacità (1247, 1939).
Art. 1946 Fideiussione prestata da più persone
Se più persone hanno prestato fideiussione per un medesimo debitore
e a garanzia di un medesimo debito (1292), ciascuna di esse e
obbligata per l'intero debito, salvo che sia stato pattuito il
beneficio della divisione.
Art. 1947 Beneficio della divisione
Se è stato stipulato il beneficio della divisione, ogni fideiussore
che sia convenuto per il pagamento dell'intero debito può esigere
che il creditore riduca l'azione alla parte da lui dovuta.
Se alcuno dei fideiussori era insolvente al tempo in cui un altro ha
fatto valere il beneficio della divisione, questi è obbligato per
tale insolvenza in proporzione della sua quota, ma non risponde
delle insolvenze sopravvenute.
Art. 1948 Obbligazione del fideiussore del fideiussore
Il fideiussore del fideiussore non è obbligato verso il creditore,
se non nel caso in cui il debitore principale e tutti i fideiussori
di questo siano insolventi, o siano liberati perché incapaci.
SEZIONE III
Dei rapporti tra fideiussore e debitore principale
Art. 1949 Surrogazione del fideiussore nei diritti del creditore
Il fideiussore che ha pagato il debito è surrogato nei diritti che
il creditore aveva contro il debitore (1203).
Art. 1950 Regresso contro il debitore principale
Il fideiussore che ha pagato ha regresso contro il debitore
principale, benché questi non fosse consapevole della prestata
fideiussione (1936).
Il regresso comprende il capitale, gli interessi e le spese che il
fideiussore ha fatte dopo che ha denunziato al debitore principale
le istanze proposte contro di lui.
Il fideiussore inoltre ha diritto agli interessi legali sulle somme
pagate dal giorno del pagamento. Se il debito principale produceva
interessi in misura superiore al saggio legale (1284), il
fideiussore ha diritto a questi fino al rimborso del capitale
(1224).
Se il debitore è incapace (414 e seguente, 1939), il regresso del
fideiussore è ammesso solo nei limiti di ciò che sia stato rivolto a
suo vantaggio (2041 e seguente).
Art. 1951 Regresso contro più debitori principali
Se vi sono più debitori principali obbligati in solido, il
fideiussore che ha garantito per tutti ha regresso contro ciascuno
per ripetere integralmente ciò che ha pagato.
Art. 1952 Divieto di agire contro il debitore principale
Il fideiussore non ha regresso contro il debitore principale se, per
avere omesso di denunziargli il pagamento fatto, il debitore ha
pagato ugualmente il debito.
Se il fideiussore ha pagato senza averne dato avviso al debitore
principale, questi può opporgli le eccezioni che avrebbe potuto
opporre al creditore principale all'atto del pagamento.
In entrambi i casi è fatta salva al fideiussore l'azione per la
ripetizione contro il creditore.
Art. 1953 Rilievo del fideiussore
Il fideiussore, anche prima di aver pagato, può agire contro il
debitore perché questi gli procuri la liberazione o, in mancanza,
presti le garanzie necessarie per assicurargli il soddisfacimento
delle eventuali ragioni di regresso (1179), nei casi seguenti:
1) quando è convenuto in giudizio per il pagamento;
2) quando il debitore è divenuto insolvente;
3) quando il debitore si è obbligato di liberarlo dalla fideiussione
entro un tempo determinato;
4) quando il debito è divenuto esigibile per la scadenza del
termine;
5) quando sono decorsi cinque anni, e l'obbligazione principale non
ha un termine, purché essa non sia di tal natura da non potersi
estinguere prima di un tempo determinato.
SEZIONE IV
Dei rapporti fra più fideiussori
Art. 1954 Regresso contro gli altri fideiussori
Se più persone hanno prestato fideiussione per un medesimo debitore
e per un medesimo debito, il fideiussore che ha pagato ha regresso
contro gli altri fideiussori per la loro rispettiva porzione. Se uno
di questi è insolvente, si osserva la disposizione del secondo comma
dell'art. 1299 (1239).
SEZIONE V
Dell'estinzione della fideiussione
Art. 1955 Liberazione del fideiussore per fatto del creditore
La fideiussione si estingue quando, per fatto del creditore, non può
avere effetto la surrogazione del fideiussore nei diritti (1949),
nel pegno (2784 e seguenti), nelle ipoteche (2808 e seguenti) e nei
privilegi (2745 e seguenti) del creditore.
Art. 1956 Liberazione del fideiussore per obbligazione futura
Il fideiussore per un'obbligazione futura (1938) è liberato se il
creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore, ha fatto
credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di
questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il
soddisfacimento del credito (1461, 1844, 1850, 1877).
Non è valida la preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi
della liberazione.
(Comma aggiunto dall'art. 10, Legge 17 febbraio 1992, n. 154,
riportata tra le Leggi Speciali).
Art. 1957 Scadenza dell'obbligazione principale
Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza
dell'obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi
(2964; att. 190) abbia proposto le sue istanze contro il debitore e
le abbia con diligenza continuate (1267).
La disposizione si applica anche al caso in cui il fideiussore ha
espressamente limitato la sua fideiussione allo stesso termine
dell'obbligazione principale.
In questo caso però l'istanza contro il debitore deve essere
proposta entro due mesi.
L'istanza proposta contro il debitore interrompe la prescrizione
anche nei confronti del fideiussore (2943 e seguenti; att. 190).
CAPO XXIII
Del mandato di credito
Art. 1958 Effetti del mandato di credito
Se una persona si obbliga verso un'altra, che le ha conferito
l'incarico, a fare credito a un terzo, in nome e per conto proprio,
quella che ha dato l'incarico risponde come fideiussore di un debito
futuro (1938).
Colui che ha accettato l'incarico non può rinunziarvi, ma chi l'ha
conferito può revocarlo, salvo l'obbligo di risarcire il danno
(1223) all'altra parte.
Art. 1959 Sopravvenuta insolvenza del mandante o del terzo
Se, dopo l'accettazione dell'incarico, le condizioni patrimoniali di
colui che lo ha conferito o del terzo sono divenute tali da rendere
notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito, colui che
ha accettato l'incarico non può essere costretto ad eseguirlo
(1461).
Si applica inoltre la disposizione dell'art. 1956.
CAPO XXIV
Dell'anticresi
Art. 1960 Nozione
L'anticresi è il contratto col quale il debitore o un terzo si
obbliga a consegnare un immobile al creditore a garanzia del
credito, affinché il creditore ne percepisca i frutti, imputandoli
agli interessi, se dovuti e quindi al capitale (1194).
Art. 1961 Obblighi del creditore anticretico
Il creditore, se non è stato convenuto diversamente, è obbligato a
pagare i tributi e i pesi annui dell'immobile ricevuto in anticresi.
Egli ha l'obbligo di conservare, amministrare e coltivare il fondo
da buon padre di famiglia (1176). Le spese relative devono essere
prelevate dai frutti.
Il creditore, se vuole liberarsi da tali obblighi, può, in ogni
tempo, restituire l'immobile al debitore, purché non abbia
rinunziato a tale facoltà.
Art. 1962 Durata dell'anticresi
L'anticresi dura finché il creditore sia stato interamente
soddisfatto del suo credito, anche se il credito o l'immobile dato
in anticresi, sia divisibile, salvo che sia stata stabilita la
durata.
In ogni caso l'anticresi non può avere una durata superiore a dieci
anni (att. 191).
Se e stato stipulato un termine maggiore, questo si riduce al
termine suddetto.
Art. 1963 Divieto del patto commissorio
E' nullo (1421 e seguenti) qualunque patto, anche posteriore alla
conclusione del contratto, con cui si conviene che la proprietà
dell'immobile passi al creditore nel caso di mancato pagamento del
debito (2744).
Art. 1964 Compensazione dei frutti con gli interessi
Salva la disposizione dell'art. 1448, è valido il patto col quale le
parti convengono che i frutti si compensino con gli interessi in
tutto o in parte. In tal caso il debitore può in ogni tempo
estinguere il suo debito e rientrare nel possesso dell'immobile
(att. 192).
CAPO XXV
Della transazione
Art. 1965 Nozione
La transazione è il contratto col quale le parti, facendosi
reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o
prevengono una lite che può sorgere tra loro.
Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o
estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto
della pretesa e della contestazione delle parti.
Art. 1966 Capacità a transigere e disponibilità dei diritti
Per transigere le parti devono avere la capacità di disporre dei
diritti che formano oggetto della lite (320, 493).
La transazione e nulla se tali diritti, per loro natura o per
espressa disposizione di legge, sono sottratti alla disponibilità
delle parti (2113).
Art. 1967 Prova
La transazione deve essere provata per iscritto, fermo il disposto
del n. 12 dell'art. 1350 (2725).
Art. 1968 Transazione sulla falsità di documenti
La transazione nei giudizi civili di falso (Cod. Proc. Civ. 221 e
seguenti) non produce alcun effetto, se non e stata omologata dal
tribunale, sentito il pubblico ministero (Cod. Proc. Civ. 5).
Art. 1969 Errore di diritto
La transazione non può essere annullata per errore di diritto
relativo alle questioni che sono state oggetto di controversia tra
le parti (1429).
Art. 1970 Lesione
La transazione non può essere impugnata per causa di lesione (1447 e
seguenti).
Art. 1971 Transazione su pretesa temeraria
Se una della parti era consapevole della temerarietà della sua
pretesa, l'altra può chiedere l'annullamento della transazione (1425
e seguenti).
Art. 1972 Transazione su un titolo nullo
E' nulla (1421 e seguenti) la transazione relativa a un contratto
illecito (1343 e seguenti), ancorché le parti abbiano trattato della
nullità di questo.
Negli altri casi in cui la transazione è stata fatta relativamente a
un titolo nullo, l'annullamento di essa può chiedersi solo dalla
parte che ignorava la causa di nullità del titolo.
Art. 1973 Annullabilità per falsità di documenti
E' annullabile (1425 e seguenti) la transazione fatta, in tutto o in
parte, sulla base di documenti che in seguito sono stati
riconosciuti falsi.
Art. 1974 Annullabilità per cosa giudicata
E' pure annullabile la transazione fatta su lite già decisa con
sentenza passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324), della quale le
parti o una di esse non avevano notizia.
Art. 1975 Annullabilità per scoperta di documenti
La transazione che le parti hanno conclusa generalmente sopra tutti
gli affari che potessero esservi tra loro non può impugnarsi per il
fatto che posteriormente una di esse venga a conoscenza di documenti
che le erano ignoti al tempo della transazione, salvo che questi
siano stati occultati dall'altra parte.
La transazione è annullabile (1442), quando non riguarda che un
affare determinato e con documenti posteriormente scoperti si prova
che una delle parti non aveva alcun diritto.
Art. 1976 Risoluzione della transazione per inadempimento
La risoluzione della transazione per inadempimento non può essere
richiesta se il rapporto preesistente e stato estinto per novazione
(1230 e seguenti), salvo che il diritto alla risoluzione sia stato
espressamente stipulato (1453 e seguenti).
CAPO XXVI
Della cessione dei beni ai creditori
Art. 1977 Nozione
La cessione dei beni ai creditori è il contratto col quale il
debitore incarica i suoi creditori o alcuni di essi di liquidare
tutte o alcune sue attività e di ripartire tra loro il ricavato in
soddisfacimento dei loro crediti.
Art. 1978 Forma
La cessione dei beni si deve fare per iscritto, sotto pena di
nullità (1350, 2649, 2687).
Se tra i beni ceduti esistono crediti, si osservano le disposizioni
degli artt. 1264 e 1265 (2725).
Art. 1979 Poteri dei creditori cessionari
L'amministrazione dei beni ceduti spetta ai creditori cessionari.
Questi possono esercitare tutte le azioni di carattere patrimoniale
relative ai beni medesimi (att. 193).
Art. 1980 Effetti della cessione
Il debitore non può disporre dei beni ceduti.
I creditori anteriori alla cessione che non vi hanno partecipato
possono agire esecutivamente anche su tali beni.
I creditori cessionari, se la cessione ha avuto per oggetto solo
alcune attività del debitore, non possono agire esecutivamente sulle
altre attività prima di aver liquidato quelle cedute (att. 193).
Art. 1981 Spese
I creditori che hanno concluso il contratto o vi hanno aderito
(1332) devono anticipare le spese necessarie per la liquidazione e
hanno il diritto di prelevarne l'importo sul ricavato di essa.
Art. 1982 Riparto
I creditori devono ripartire tra loro le somme ricavate in
proporzione dei rispettivi crediti, salve le cause di prelazione
(2741). Il residuo spetta al debitore (att. 193).
Art. 1983 Controllo del debitore
Il debitore ha diritto di controllare la gestione e di averne il
rendiconto alla fine della liquidazione, o alla fine di ogni anno se
la gestione dura più di un anno (Cod. Proc. Civ. 263-266; att. Cod.
Proc. Civ. 109, 178, 193).
Se è stato nominato un liquidatore, questi deve rendere il conto
anche al debitore.
Art. 1984 Liberazione del debitore
Se non vi è patto contrario, il debitore e liberato verso i
creditori solo dal giorno in cui essi ricevono la parte loro
spettante sul ricavato della liquidazione, e nei limiti di quanto
hanno ricevuto (att. 193).
Art. 1985 Recesso dal contratto
Il debitore può recedere dal contratto offrendo il pagamento del
capitale e degli interessi a coloro con i quali ha contrattato o che
hanno aderito alla cessione (1332). Il recesso ha effetto dal giorno
del pagamento.
Il debitore è tenuto al rimborso delle spese di gestione (att. 193).
Art. 1986 Annullamento e risoluzione del contratto
La cessione può essere annullata (1425) se il debitore, avendo
dichiarato di cedere tutti i suoi beni, ha dissimulato parte
notevole di essi, ovvero se ha occultato passività o ha simulato
passività inesistenti.
La cessione può essere risoluta per inadempimento secondo le regole
generali (1453 e seguenti).
TITOLO IV
DELLE PROMESSE UNILATERALI
Art. 1987 Efficacia delle promesse
La promessa unilaterale di una prestazione non produce effetti
obbligatori fuori dei casi ammessi dalla legge (2821).
Art. 1988 Promessa di pagamento e ricognizione di debito
La promessa di pagamento o la ricognizione di un debito dispensa
colui a favore del quale e fatta dall'onere di provare (2697) il
rapporto fondamentale. L'esistenza di questo si presume fino a prova
contraria.
Art. 1989 Promessa al pubblico
Colui che, rivolgendosi al pubblico, promette una prestazione a
favore di chi si trovi in una determinata situazione o compia una
determinata azione, è vincolato dalla promessa non appena questa e
resa pubblica.
Se alla promessa non e apposto un termine, o questo non risulta
dalla natura o dallo scopo della medesima, il vincolo del
promittente cessa, qualora entro l'anno dalla promessa non gli sia
stato comunicato l'avveramento della situazione o il compimento
dell'azione prevista nella promessa.
Art. 1990 Revoca della promessa
La promessa può essere revocata prima della scadenza del termine
indicato dall'articolo precedente solo per giusta causa, purché la
revoca sia resa pubblica nella stessa forma della promessa o in
forma equivalente.
In nessun caso la revoca può avere effetto se la situazione prevista
nella promessa si è già verificata o se l'azione è già stata
compiuta.
Art. 1991 Cooperazione di più persone
Se l'azione e stata compiuta da più persone separatamente, oppure se
la situazione è comune a più persone, la prestazione promessa,
quando è unica, spetta a colui che per primo ne ha dato notizia al
promittente.
TITOLO V
DEI TITOLI Dl CREDITO
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 1992 Adempimento della prestazione
Il possessore di un titolo di credito ha diritto alla prestazione in
esso indicata verso presentazione del titolo, purché sia legittimato
nelle forme prescritte dalla legge.
Il debitore, che senza dolo o colpa grave adempie la prestazione nei
confronti del possessore, è liberato anche se questi non e il
titolare del diritto.
Art. 1993 Eccezioni opponibili
Il debitore può opporre al possessore del titolo soltanto le
eccezioni a questo personali, le eccezioni di forma, quelle che sono
fondate sul contesto letterale del titolo, nonché quelle che
dipendono da falsità della propria firma, da difetto di capacità o
di rappresentanza al momento dell'emissione, o dalla mancanza delle
condizioni necessarie per l'esercizio dell'azione.
Il debitore può opporre al possessore del titolo le eccezioni
fondate sui rapporti personali con i precedenti possessori, soltanto
se, nell'acquistare il titolo, il possessore ha agito
intenzionalmente a danno del debitore medesimo.
Art. 1994 Effetti del possesso di buona fede
Chi ha acquistato in buona fede il possesso di un titolo di credito
(1147, 1153), in conformità delle norme che ne disciplinano la
circolazione, non è soggetto a rivendicazione (948).
Art. 1995 Trasferimento dei diritti accessori
Il trasferimento del titolo di credito comprende anche i diritti
accessori che sono ad esso inerenti.
Art. 1996 Titoli rappresentativi
I titoli rappresentativi di merci attribuiscono al possessore il
diritto alla consegna delle merci che sono in essi specificate, il
possesso delle medesime e il potere di disporne mediante
trasferimento del titolo (1684, 1691, 1790 e seguente; Cod. Nav.
463, 961).
Art. 1997 Efficacia dei vincoli sul credito
Il pegno (2784 e seguenti), il sequestro, il pignoramento (Cod.
Proc. Civ. 670 e seguenti, 491 e seguenti) e ogni altro vincolo sul
diritto menzionato in un titolo di credito o sulle merci da esso
rappresentate non hanno effetto se non si attuano sul titolo.
Art. 1998 Titoli con diritto a premi
Nel caso di usufrutto (978 e seguenti) di titoli di credito il
godimento dell'usufruttuario si estende ai premi e alle altre
utilità aleatorie prodotte dal titolo (981).
Il premio è investito a norma dell'art. 1000.
Nel pegno di titoli di credito (2784 e seguenti) Ia garanzia non si
estende ai premi e alle altre utilità aleatorie prodotte dal titolo.
Art. 1999 Conversione dei titoli
I titoli di credito al portatore (2003) possono essere convertiti
dall'emittente in titoli nominativi (2021), su richiesta e a spese
del possessore.
Salvo il caso in cui la convertibilità sia stata espressamente
esclusa dall'emittente, i titoli nominativi possono essere
convertiti in titoli al portatore, su richiesta e a spese
dell'intestatario che dimostri la propria identità e la propria
capacità a norma del secondo comma dell'art. 2022.
Art. 2000 Riunione e frazionamento dei titoli
I titoli di credito emessi in serie possono essere riuniti in un
titolo multiplo, su richiesta e a spese del possessore.
I titoli di credito multipli possono essere frazionati in più titoli
di taglio minore.
Art. 2001 Rinvio a disposizioni speciali
Le . norme di questo titolo si applicano in quanto non sia
diversamente disposto da altre norme di questo codice o di leggi
speciali.
I titoli del debito pubblico, i biglietti di banca e gli altri
titoli equivalenti sono regolati da leggi speciali.
Art. 2002 Documenti di legittimazione e titoli impropri
Le norme di questo titolo non si applicano ai documenti che servono
solo a identificare l'avente diritto alla prestazione, o a
consentire il trasferimento del diritto senza l'osservanza delle
forme proprie della cessione.
CAPO II
Dei titoli al portatore
Art. 2003 Trasferimento del titolo e legittimazione del possessore
Il trasferimento del titolo al portatore si opera con la consegna
del titolo (1994).
Il possessore del titolo al portatore e legittimato all'esercizio
del diritto in esso menzionato in base alla presentazione del titolo
(1992).
Art. 2004 Limitazione della libertà di emissione
Il titolo di credito contenente l'obbligazione di pagare una somma
di danaro non può essere emesso al portatore se non nei casi
stabiliti dalla legge.
Art. 2005 Titolo deteriorato
Il possessore di un titolo deteriorato che non sia più idoneo alla
circolazione, ma sia tuttora sicuramente identificabile, ha diritto
di ottenere dall'emittente un titolo equivalente, verso la
restituzione del primo e il rimborso delle spese.
Art. 2006 Smarrimento e sottrazione del titolo
Salvo disposizioni di leggi speciali, non è ammesso l'ammortamento
dei titoli al portatore smarriti o sottratti.
Tuttavia chi denunzia all'emittente lo smarrimento o la sottrazione
d'un titolo al portatore e gliene fornisce la prova ha diritto alla
prestazione e agli accessori della medesima, decorso il termine di
prescrizione del titolo (2946).
Il debitore che esegue la prestazione a favore del possessore del
titolo prima del termine suddetto è liberato, salvo che si provi che
egli conoscesse il vizio del possesso del presentatore.
Se i titoli smarriti o sottratti sono azioni al portatore (2346 e
seguenti), il denunziante può essere autorizzato dal tribunale,
previa cauzione (Cod. Proc. Civ. 119), se del caso, a esercitare i
diritti inerenti alle azioni anche prima del termine di
prescrizione, fino a quando i titoli non vengano presentati da
altri.
E salvo, in ogni caso, l'eventuale diritto del denunziante verso il
possessore del titolo.
Art. 2007 Distruzione del titolo
Il possessore del titolo al portatore, che ne provi la distruzione,
ha diritto di chiedere all'emittente il rilascio di un duplicato o
di un titolo equivalente.
Le spese sono a carico del richiedente.
Se la prova della distruzione non è raggiunta, si osservano le
disposizioni dell'articolo precedente.
CAPO III
Dei titoli all'ordine
Art. 2008 Legittimazione del possessore
Il possessore di un titolo all'ordine e legittimato all'esercizio
del diritto in esso menzionato in base a una serie continua di
girate (1992, 283).
Art. 2009 Forma della girata
La girata deve essere scritta sul titolo e sottoscritta dal girante.
E valida la girata anche se non contiene l'indicazione del
giratario.
La girata al portatore vale come girata in bianco.
Art. 2010 Girata condizionale o parziale
Qualsiasi condizione apposta alla girata si ha come non scritta.
E nulla la girata parziale.
Art. 2011 Effetti della girata
La girata trasferisce tutti i diritti inerenti al titolo (1995).
Se il titolo è girato in bianco, il possessore può riempire la
girata col proprio nome o con quello di altra persona, ovvero può
girare di nuovo il titolo o trasmetterlo a un terzo senza riempire
la girata o senza apporne una nuova.
Art. 2012 Obblighi del girante
Salvo diversa disposizione di legge (1797) o clausola contraria
risultante dal titolo, il girante non e obbligato per
l'inadempimento della prestazione da parte dell'emittente.
Art. 2013 Girata per incasso o per procura
Se alla girata e apposta una clausola che importa conferimento di
una procura per incasso, il giratario può esercitare tutti i diritti
inerenti al titolo, ma non può girare il titolo, fuorché per
procura.
L'emittente può opporre al giratario per procura soltanto le
eccezioni opponibili al girante.
L'efficacia della girata per procura non cessa per la morte o per la
sopravvenuta incapacità del girante.
Art. 2014 Girata a titolo di pegno
Se alla girata e apposta una clausola che importa costituzione di
pegno, il giratario può esercitare tutti i diritti inerenti al
titolo, ma la girata da lui fatta vale solo come girata per procura.
L'emittente non può opporre al giratario in garanzia le eccezioni
fondate sui propri rapporti personali col girante, a meno che il
giratario, ricevendo il titolo, abbia agito intenzionalmente a danno
dell'emittente.
Art. 2015 Cessione del titolo all'ordine
L'acquisto di un titolo all'ordine con un mezzo diverso dalla girata
produce gli effetti della cessione (1260 e seguenti).
Art. 2016 Procedura d'ammortamento
In caso di smarrimento, sottrazione o distruzione del titolo, il
possessore può farne denunzia al debitore e chiedere l'ammortamento
del titolo con ricorso al presidente del tribunale del luogo in cui
il titolo è pagabile (Cod. Proc. Civ. 125).
Il ricorso (Cod. Proc. Civ.125) deve indicare i requisiti essenziali
del titolo e, se si tratta di titolo in bianco, quelli sufficienti a
identificarlo.
Il presidente del tribunale, premessi gli opportuni accertamenti
sulla verità dei fatti e sul diritto del possessore, pronunzia con
decreto l'ammortamento e autorizza il pagamento del titolo dopo
trenta giorni dalla data di pubblicazione del decreto nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica, purché nel frattempo non sia fatta
opposizione dal detentore. Se alla data della pubblicazione il
titolo non e ancora scaduto, il termine per il pagamento decorre
dalla data della scadenza.
Il decreto deve essere notificato (Cod. Proc. Civ. 137) al debitore
e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica a cura del
ricorrente.
Nonostante la denunzia, il pagamento fatto al detentore prima della
notificazione del decreto libera il debitore.
Art. 2017 Opposizione del detentore
L'opposizione del detentore deve essere proposta davanti al
tribunale che ha pronunziato l'ammortamento, con citazione da
notificarsi (Cod. Proc. Civ. 163,137) al ricorrente e al debitore.
L'opposizione non e ammissibile senza il deposito del titolo presso
la cancelleria del tribunale.
Se l'opposizione e respinta, il titolo è consegnato a chi ha
ottenuto l'ammortamento.
Art. 2018 Diritti del ricorrente durante il termine per
l'opposizione
Durante il termine stabilito dall'art. 2016, il ricorrente può
compiere tutti gli atti che tendono a conservare i suoi diritti, e,
se il titolo e scaduto o pagabile a vista, può esigerne il pagamento
mediante cauzione (Cod. Proc. Civ. 119) o chiedere il deposito
giudiziario della somma.
Art. 2019 Effetti dell'ammortamento
Trascorso senza opposizione il termine indicato dall'art. 2016, il
titolo non ha più efficacia, salve le ragioni del detentore verso
chi ha ottenuto l'ammortamento.
Chi ha ottenuto l'ammortamento, su presentazione del decreto e di un
certificato del cancelliere del tribunale comprovante che non fu
interposta opposizione, può esigere il pagamento o, qualora il
titolo sia in bianco o non sia ancora scaduto, può ottenere un
duplicato.
Art. 2020 Leggi speciali
Le norme di questa sezione si applicano ai titoli all'ordine
regolati da leggi speciali in quanto queste non dispongano
diversamente.
CAPO IV
Dei titoli nominativi
Art. 2021 Legittimazione del possessore
Il possessore di un titolo nominativo è legittimato all'esercizio
del diritto in esso menzionato per effetto dell'intestazione a suo
favore contenuta nel titolo e nel registro dell'emittente.
Art. 2022 Trasferimento
Il trasferimento del titolo nominativo si opera mediante
l'annotazione del nome dell'acquirente sul titolo e nel registro
dell'emittente o col rilascio di un nuovo titolo intestato al nuovo
titolare. Del rilascio deve essere fatta annotazione nel registro.
Colui che chiede l'intestazione del titolo a favore di un'altra
persona, o il rilascio di un nuovo titolo ad essa intestato, deve
provare la propria identità e la propria capacità di disporre,
mediante certificazione di un notaio o di un agente di cambio. Se
l'intestazione o il rilascio è richiesto dall'acquirente, questi
deve esibire il titolo e dimostrare il suo diritto mediante atto
autentico (2703).
Le annotazioni nel registro e sul titolo sono fatte a cura e sotto
la responsabilità dell'emittente.
L'emittente che esegue il trasferimento nei modi indicati dal
presente articolo e esonerato da responsabilità, salvo il caso di
colpa.
Art. 2023 Trasferimento mediante girata
Salvo diverse disposizioni della legge, il titolo nominativo può
essere trasferito anche mediante girata (2009) autenticata (2703) da
un notaio o da un agente di cambio.
La girata deve essere datata e sottoscritta dal girante e contenere
l'indicazione del giratario. Se il titolo non e interamente
liberato, e necessaria anche la sottoscrizione del giratario.
Il trasferimento mediante girata non ha efficacia nei confronti
dell'emittente fino a che non ne sia fatta annotazione nel registro.
Il giratario che si dimostra possessore del titolo in base a una
serie continua di girate ha diritto di ottenere l'annotazione del
trasferimento nel registro dell'emittente.
Art. 2024 Vincoli sul credito
Nessun vincolo sul credito produce effetti nei confronti
dell'emittente e dei terzi, se non risulta da una corrispondente
annotazione sul titolo e nel registro (1997).
Per l'annotazione si osserva il disposto del secondo comma dell'art.
2022.
Art. 2025 Usufrutto
Chi ha l'usufrutto (978 e seguenti) del credito menzionato in un
titolo nominativo ha diritto di ottenere un titolo separato da
quello del proprietario.
Art. 2026 Pegno
La costituzione in pegno (2784 e seguenti) di un titolo nominativo
può farsi anche mediante consegna del titolo, girato con la clausola
"in garanzia" o altra equivalente (2014).
Il giratario in garanzia non può trasmettere ad altri il titolo se
non mediante girata per procura (2013).
Art. 2027 Ammortamento
In caso di smarrimento, sottrazione o distruzione del titolo,
l'intestatario o il giratario di esso può farne denunzia
all'emittente e chiedere l'ammortamento del titolo in conformità
delle norme relative ai titoli all'ordine.
In caso di smarrimento, sottrazione o distruzione di azioni
nominative, durante il termine stabilito dall'art. 2016 il
ricorrente può esercitare i diritti inerenti alle azioni, salva, se
del caso, la prestazione di una cauzione.
L'ammortamento estingue il titolo, ma non pregiudica le ragioni del
detentore verso chi ha ottenuto il nuovo titolo (2019).
TITOLO VI
DELLA GESTIONE DI AFFARI
Art. 2028 Obbligo di continuare la gestione
Chi, senza esservi obbligato, assume scientemente la gestione di un
affare altrui, è tenuto a continuarla e a condurla a termine finché
l'interessato non sia in grado di provvedervi da se stesso.
L'obbligo di continuare la gestione sussiste anche se l'interessato
muore prima che l'affare sia terminato, finche l'erede possa
provvedere direttamente.
Art. 2029. Capacità del gestore
Il gestore deve avere la capacità di contrattare (1425).
Art. 2030 Obbligazioni del gestore
Il gestore è soggetto alle stesse obbligazioni che deriverebbero da
un mandato (1703 e seguenti).
Tuttavia il giudice, in considerazione delle circostanze che hanno
indotto il gestore ad assumere la gestione, può moderare il
risarcimento dei danni ai quali questi sarebbe tenuto per effetto
della sua colpa (1223 e seguenti).
Art. 2031 Obblighi dell'interessato
Qualora la gestione sia stata utilmente iniziata, l'interessato deve
adempiere le obbligazioni che il gestore ha assunte in nome di lui,
deve tenere indenne il gestore di quelle assunte dal medesimo in
nome proprio e rimborsargli tutte le spese necessarie o utili con
gli interessi (1284) dal giorno in cui le spese stesse sono state
fatte.
Questa disposizione non si applica agli atti di gestione eseguiti
contro il divieto dell'interessato, eccetto che tale divieto sia
contrario alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume.
Art. 2032 Ratifica dell'interessato
La ratifica (1339) dell'interessato produce, relativamente alla
gestione, gli effetti che sarebbero derivati da un mandato (1703 e
seguenti), anche se la gestione e stata compiuta da persona che
credeva di gestire un affare proprio.
TITOLO VII
DEL PAGAMENTO DELL'INDEBITO
Art. 2033 Indebito oggettivo
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Contract/cisano2.html>
Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò
che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti (820 e seguenti) e agli
interessi (1284) dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era
in mala fede, oppure, se questi era in buona fede (1147), dal giorno
della domanda (Cod. Proc. Civ. 163).
Art. 2034 Obbligazioni naturali
Non è ammessa la ripetizione di quanto e stato spontaneamente
prestato in esecuzione di doveri morali o sociali, salvo che la
prestazione sia stata eseguita da un incapace.
I doveri indicati dal comma precedente, e ogni altro per cui la
legge non accorda azione ma esclude la ripetizione di ciò che e
stato spontaneamente pagato, non producono altri effetti (627-2,
1933, 2331, 2940).
Art. 2035 Prestazione contraria al buon costume
Chi ha eseguito una prestazione per uno scopo che, anche da parte
sua, costituisca offesa al buon costume non può ripetere quanto ha
pagato.
Art. 2036 Indebito soggettivo
Chi ha pagato un debito altrui, credendosi debitore in base a un
errore scusabile, può ripetere ciò che ha pagato, sempre che il
creditore non si sia privato in buona fede (1147) del titolo o delle
garanzie del credito.
Chi ha ricevuto l'indebito è anche tenuto a restituire i frutti (820
e seguenti) e gli interessi (1284) dal giorno del pagamento, se era
in mala fede, o dal giorno della domanda (Cod. Proc. Civ. 163), se
era in buona fede (1147).
Quando la ripetizione non è ammessa, colui che ha pagato subentra
nei diritti del creditore (1203 e seguenti).
Art. 2037 Restituzione di cosa determinata
Chi ha ricevuto indebitamente una cosa determinata è tenuto a
restituirla.
Se la cosa è perita, anche per caso fortuito (1218, 1256), chi l'ha
ricevuta in mala fede è tenuto a corrisponderne il valore; se la
cosa e soltanto deteriorata, colui che l'ha data può chiedere
l'equivalente, oppure la restituzione e un'indennità per la
diminuzione di valore.
Chi ha ricevuto la cosa in buona fede (1147) non risponde del
perimento o del deterioramento di essa, ancorché dipenda da fatto
proprio, se non nei limiti del suo arricchimento.
Art. 2038 Alienazione della cosa ricevuta indebitamente
Chi, avendo ricevuto la cosa in buona fede (1147), l'ha alienata
prima di conoscere l'obbligo di restituirla e tenuto a restituire il
corrispettivo conseguito. Se questo è ancora dovuto, colui che ha
pagato l'indebito subentra nel diritto dell'alienante (1203 e
seguenti). Nel caso di alienazione a titolo gratuito, il terzo
acquirente è obbligato, nei limiti del suo arricchimento, verso
colui che ha pagato l'indebito.
Chi ha alienato la cosa ricevuta in mala fede, o dopo aver
conosciuto l'obbligo di restituirla, è obbligato a restituirla in
natura o a corrisponderne il valore. Colui che ha pagato l'indebito
può però esigere il corrispettivo dell'alienazione e può anche agire
direttamente per conseguirlo. Se l'alienazione è stata fatta a
titolo gratuito, l'acquirente, qualora l'alienante sia stato
inutilmente escusso e obbligato, nei limiti dell'arricchimento,
verso colui che ha pagato l'indebito.
Art. 2039 Indebito ricevuto da un incapace
L'incapace che ha ricevuto l'indebito, anche in mala fede, non è
tenuto che nei limiti in cui ciò che ha ricevuto è stato rivolto a
suo vantaggio (1190, 1443).
Art. 2040 Rimborso di spese e di miglioramenti
Colui al quale è restituita la cosa è tenuto a rimborsare il
possessore delle spese e dei miglioramenti, a norma degli artt.
1149, 1150, 1151 e 1152.
TITOLO VIII
DELL'ARRICCHIMENTO SENZA CAUSA
Art. 2041 Azione generale di arricchimento
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Administrative/Baratto1.htm>
Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un'altra
persona è tenuto, nei limiti dell'arricchimento, a indennizzare
quest'ultima della correlativa diminuzione patrimoniale.
Qualora l'arricchimento abbia per oggetto una cosa determinata,
colui che l'ha ricevuta è tenuto a restituirla in natura, se
sussiste al tempo della domanda.
Art. 2042 Carattere sussidiario dell'azione
L'azione di arricchimento non è proponibile quando il danneggiato
può esercitare un'altra azione per farsi indennizzare del
pregiudizio subìto (1185, 1188, 1190, 1443, 1502, 1769).
TITOLO IX
DEI FATTI ILLECITI
Art. 2043 Risarcimento per fatto illecito
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Torts/Menuen.html>
Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno
ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il
danno
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Contract/cadorna1999/cadorna.html>
(Cod. Pen. 185).
Art. 2044 Legittima difesa
Non è responsabile chi cagiona il danno per legittima difesa di sé o
di altri (Cod. Pen. 52).
Art. 2045 Stato di necessità
Quando chi ha compiuto il fatto dannoso vi è stato costretto dalla
necessità di salvare se o altri dal pericolo attuale di un danno
grave alla persona (1447), e il pericolo non è stato da lui
volontariamente causato ne era altrimenti evitabile (Cod. Pen. 54),
al danneggiato è dovuta un'indennità, la cui misura e rimessa
all'equo apprezzamento del giudice (att. 194).
Art. 2046 Imputabilità del fatto dannoso
Non risponde delle conseguenze dal fatto dannoso chi non aveva la
capacità d'intendere o di volere al momento in cui lo ha commesso
(Cod. Pen. 85 e seguenti), a meno che lo stato d'incapacità derivi
da sua colpa.
Art. 2047 Danno cagionato dall'incapace
In caso di danno cagionato da persona incapace d'intendere o di
volere (Cod. Pen. 85 e seguenti), il risarcimento è dovuto da chi e
tenuto alla sorveglianza dell'incapace, salvo che provi di non aver
potuto impedire il fatto.
Nel caso in cui il danneggiato non abbia potuto ottenere il
risarcimento da chi è tenuto alla sorveglianza, il giudice, in
considerazione delle condizioni economiche delle parti, può
condannare l'autore del danno a un'equa indennità.
Art. 2048 Responsabilità dei genitori; dei tutori, dei precettori e
dei maestri d'arte
Il padre e la madre, o il tutore, sono responsabili del danno
cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati (314 e
seguenti, 301, 390 e seguenti) o delle persone soggette alla tutela
(343 e seguenti, 414 e seguenti), che abitano con essi. La stessa
disposizione si applica all'affiliante.
I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un'arte sono
responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi
e apprendisti (2130 e seguenti) nel tempo in cui sono sotto la loro
vigilanza.
Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla
responsabilità soltanto se provano di non avere potuto impedire il
fatto.
Art. 2049 Responsabilità dei padroni e dei committenti
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Torts/Baratto1.html>
I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal
fatto illecito dei loro domestici e commessi nell'esercizio delle
incombenze a cui sono adibiti.
Art. 2050 Responsabilità per l'esercizio di attività pericolose
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Students/Imarisio/PRIM-PAG.HTML>
Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività
pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, e
tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le
misure idonee a evitare il danno.
Art. 2051 Danno cagionato da cosa in custodia
Ciascuno e responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in
custodia, salvo che provi il caso fortuito (1218,1256).
Art. 2052 Danno cagionato da animali
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Torts/Resta-1997/resta.htm>
Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui
lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall'animale
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Torts/Baratto1.html>, sia
che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito,
salvo che provi il caso fortuito (1218,1256; Cod. Pen. 672).
Art. 2053 Rovina di edificio
Il proprietario di un edificio o di altra costruzione è responsabile
dei danni cagionati dalla loro rovina, salvo che provi che questa
non e dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione
(1669; Cod. Pen. 677).
Art. 2054 Circolazione di veicoli
Vedere anche Leggi Speciali su Assicurazioni
Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a
risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione
del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per
evitare il danno.
Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria,
che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il
danno subito dai singoli veicoli.
Il proprietario del veicolo, o, in sua vece, l'usufruttuario (978 e
seguenti) o l'acquirente con patto di riservato dominio (1523 e
seguenti), è responsabile in solido (1292) col conducente, se non
prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua
volontà.
In ogni caso le persone indicate dai commi precedenti sono
responsabili dei danni derivati da vizi di costruzione o da difetto
di manutenzione del veicolo.
Art. 2055 Responsabilità solidale
Se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate
in solido (1292) al risarcimento del danno.
Colui che ha risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli
altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa
e dall'entità delle conseguenze che ne sono derivate (1299).
Nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali.
Art. 2056 Valutazione dei danni
Il risarcimento dovuto al danneggiato si deve determinare secondo le
disposizioni degli artt. 1223,1226 e 1227.
Il lucro cessante è valutato dal giudice con equo apprezzamento
delle circostanze del caso.
Art. 2057 Danni permanenti
Quando il danno alle persone ha carattere permanente la liquidazione
può essere fatta dal giudice, tenuto conto delle condizioni delle
parti e della natura del danno, sotto forma di una rendita vitalizia
(1872 e seguenti). In tal caso il giudice dispone le opportune
cautele (att. 194).
Art. 2058 Risarcimento in forma specifica
Il danneggiato può chiedere la reintegrazione in forma specifica,
qualora sia in tutto o in parte possibile.
Tuttavia il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo
per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta
eccessivamente onerosa per il debitore (att. 194).
Art. 2059 Danni non patrimoniali
Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi
determinati dalla legge (Cod. Proc. Civ. 89; Cod. Pen. 185, 598).
LIBRO QUINTO
DEL LAVORO
TITOLO I
DELLA DISCIPLINA DELLE ATTIVITA' PROFESSIONALI
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 2060 Del lavoro
Il lavoro è tutelato in tutte le sue forme organizzative ed
esecutive, intellettuali, tecniche e manuali (Cost. 35).
Art. 2061 Ordinamento delle categorie professionali
L'ordinamento delle categorie professionali è stabilito dalle leggi,
dai regolamenti, dai provvedimenti dell'autorità governativa (e
dagli statuti delle associazioni professionali).
Art. 2062 Esercizio professionale delle attività economiche
L'esercizio professionale delle attività economiche è disciplinato
dalle leggi, dai regolamenti (e dalle norme corporative).
CAPO II
Delle ordinanze corporative e degli accordi economici collettivi
Capo da considerarsi interamente abrogato
Art. 2063-2066 (omissis)
CAPO III
Del contratto collettivo di lavoro e delle norme equiparate
Art. 2067 Soggetti
I contratti collettivi di lavoro sono stipulati dalle associazioni
professionali.
Art. 2068 Rapporti di lavoro sottratti a contratto collettivo
Non possono essere regolati da contratto collettivo i rapporti di
lavoro, in quanto siano disciplinati con atti della pubblica
autorità in conformità della legge.
Sono altresì sottratti alla disciplina del contratto collettivo i
rapporti di lavoro concernenti prestazioni di carattere personale o
domestico (2240 e seguenti).
[la corte costituzionale (9 aprile 1969, n.68) ha giudicata
illegittima la parte in cui si fa riferimento a prestazioni di
carattere domestico].
Art. 2069 Efficacia
Il contratto collettivo deve contenere l'indicazione della categoria
di imprenditori e di prestatori di lavoro, ovvero delle imprese o
dell'impresa, a cui si riferisce, e del territorio dove ha
efficacia.
In mancanza di tali indicazioni il contratto collettivo e
obbligatorio per tutti gli imprenditori e i prestatori di lavoro
rappresentati dalle associazioni stipulanti.
Art. 2070 Criteri di applicazione
L'appartenenza alla categoria professionale, ai fini
dell'applicazione del contratto collettivo, si determina secondo
l'attività effettivamente esercitata dall'imprenditore (2082).
Se l'imprenditore esercita distinte attività aventi carattere
autonomo, si applicano ai rispettivi rapporti di lavoro le norme dei
contratti collettivi corrispondenti alle singole attività.
Quando il datore di lavoro esercita non professionalmente
un'attività organizzata, si applica il contratto collettivo che
regola i rapporti di lavoro relativi alle imprese che esercitano la
stessa attività.
Art. 2071 Contenuto
Il contratto collettivo deve contenere le disposizioni occorrenti,
secondo la natura del rapporto, per dare esecuzione alle norme di
questo codice concernenti la disciplina del lavoro, i diritti e gli
obblighi degli imprenditori e dei prestatori di lavoro.
Deve inoltre indicare le qualifiche e le rispettive mansioni dei
prestatori di lavoro appartenenti alla categoria a cui si riferisce
la disciplina collettiva.
Deve infine contenere la determinazione della sua durata.
Art. 2072-2076 (omissis)
Art. 2077 Efficacia del contratto collettivo sul contratto
individuale
I contratti individuali di lavoro tra gli appartenenti alle
categorie alle quali si riferisce il contratto collettivo devono
uniformarsi alle disposizioni di questo.
Le clausole difformi dei contratti individuali preesistenti o
successivi al contratto collettivo, sono sostituite di diritto da
quelle del contratto collettivo, salvo che contengano speciali
condizioni più favorevoli ai prestatori di lavoro (1339).
Art. 2078 Efficacia degli usi
In mancanza di disposizioni di legge e di contratto collettivo si
applicano gli usi. Tuttavia gli usi più favorevoli ai prestatori di
lavoro prevalgono sulle norme dispositive di legge.
Gli usi non prevalgono sui contratti individuali di lavoro.
Art. 2079 Rapporti di associazione agraria e di affitto a
coltivatore diretto
La disciplina del contratto collettivo di lavoro si applica anche ai
rapporti di associazione agraria regolati dal capo II del titolo II
(2141 e seguenti) ed a quelli di affitto a coltivatore diretto del
fondo (1647 e seguenti).
Tuttavia in questi rapporti il contratto collettivo non deve
contenere norme relative al salario, all'orario di lavoro, alle
ferie, al periodo di prova, od altre che contrastino con la natura
dei rapporti medesimi.
Art. 2080 Colonia parziaria e affitto con obbligo di miglioria
Nei contratti individuali di colonia parziaria e di affitto a
coltivatore diretto, con obbligo di miglioria, conservano efficacia
le clausole difformi dalle disposizioni del contratto collettivo
stipulato durante lo svolgimento del rapporto.
Art. 2081 (omissis)
TITOLO II
DEL LAVORO NELL'IMPRESA
CAPO I
Dell'impresa in generale
SEZIONE I
Dell'imprenditore
Art. 2082 Imprenditore
E' imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica
organizzata (2555, 2565) al fine della produzione o dello scambio di
beni o di servizi (2135, 2195).
Art. 2083 Piccoli imprenditori
Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo (1647,
2139), gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano
un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro
proprio e dei componenti della famiglia (2202, 2214, 2221).
Art. 2084 Condizioni per l'esercizio dell'impresa
La legge determina le categorie d'imprese il cui esercizio è
subordinato a concessione o autorizzazione amministrativa.
Le altre condizioni per l'esercizio delle diverse categorie di
imprese sono stabilite dalla legge (e dalle norme corporative).
Art. 2085 Indirizzo della produzione
Il controllo sull'indirizzo della produzione e degli scambi in
relazione all'interesse unitario dell'economia nazionale è
esercitato dallo Stato, nei modi previsti dalla legge (e dalle norme
corporative).
Art. 2086 Direzione e gerarchia nell'impresa
L'imprenditore è il capo dell'impresa (Cost. 41) e da lui dipendono
gerarchicamente i suoi collaboratori.
Art. 2087 Tutela delle conduzioni di lavoro
L'imprenditore e tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le
misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la
tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la
personalità morale dei prestatori di lavoro.
Art. 2088-2092 (omissis)
Art. 2093 Imprese esercitate da enti pubblici
Le disposizioni di questo libro si applicano agli enti pubblici
inquadrati nelle associazioni professionali.
Agli enti pubblici non inquadrati si applicano le disposizioni di
questo libro, limitatamente alle imprese da essi esercitate.
Sono salve le diverse disposizioni della legge.
SEZIONE II
Dei collaboratori dell'imprenditore
Art. 2094 Prestatore di lavoro subordinato
E prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante
retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro
intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione
dell'imprenditore (2239).
Art. 2095 Categorie dei prestatori di lavoro
I prestatori di lavoro subordinato si distinguono in dirigenti,
quadri, impiegati e operai (att. 95) (Comma così sostituito dalla
Legge 13 maggio 1985, n.390).
Le leggi speciali (e le norme corporative), in relazione a ciascun
ramo di produzione e alla particolare struttura dell'impresa,
determinano i requisiti di appartenenza alle indicate categorie.
SEZIONE III
Del rapporto di lavoro
§ 1 Della costituzione del rapporto di lavoro
Art. 2096 Assunzione in prova
(Salvo diversa disposizione delle norme corporative), l'assunzione
del prestatore di lavoro per un periodo di prova deve risultare da
atto scritto.
L'imprenditore e il prestatore di lavoro sono rispettivamente tenuti
a consentire e a fare l'esperimento che forma oggetto del patto di
prova.
Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal
contratto, senza obbligo di preavviso o d'indennità. Se però la
prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di
recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine.
Compiuto il periodo di prova, l'assunzione diviene definitiva e il
servizio prestato si computa nell'anzianità del prestatore di
lavoro.
Art. 2097 Durata del contratto di lavoro
Abrogato dall'art. 9, Legge 18 aprile 1962, n. 230.
Art. 2098 Violazione delle norme sul collocamento dei prestatori di
lavoro
Il contratto di lavoro stipulato senza l'osservanza delle
disposizioni concernenti la disciplina della domanda e dell'offerta
di lavoro può essere annullato, salva l'applicazione delle sanzioni
penali (2126).
La domanda di annullamento è proposta dal pubblico ministero, su
denunzia dell'ufficio di collocamento entro un anno dalla data
dell'assunzione del prestatore di lavoro (2126, 2964 e seguenti).
§ 2 Dei diritti e degli obblighi delle parti
Art. 2099 Retribuzione
La retribuzione del prestatore di lavoro può essere stabilita a
tempo o a cottimo e deve essere corrisposta nella misura determinata
(dalle norme corporative), con le modalità e nei termini in uso nel
luogo in cui il lavoro viene eseguito.
In mancanza (di norme corporative o) di accordo tra le parti, la
retribuzione e determinata dal giudice, tenuto conto, ove occorra,
del parere delle associazioni professionali.
Il prestatore di lavoro può anche essere retribuito in tutto o in
parte con partecipazione agli utili o ai prodotti con provvigione o
con prestazioni in natura (Cod. Proc. Civ. 409).
Art. 2100 Obbligatorietà del cottimo
Il prestatore di lavoro deve essere retribuito secondo il sistema
del cottimo quando, in conseguenza dell'organizzazione del lavoro, è
vincolato all'osservanza di un determinato ritmo produttivo, o
quando la valutazione della sua prestazione è fatta in base al
risultato delle misurazioni dei tempi di lavorazione.
(Le norme corporative determinano i rami di produzione e i casi in
cui si verificano le condizioni previste nel comma precedente e
stabiliscono i criteri per la formazione delle tariffe).
Art. 2101 Tariffe di cottimo
(Le norme corporative possono stabilire che le tariffe di cottimo
non divengano definitive se non dopo un periodo di esperimento).
Le tariffe possono essere sostituite o modificate soltanto se
intervengono mutamenti nelle condizioni di esecuzione del lavoro, e
in ragione degli stessi. (In questo caso la sostituzione o la
variazione della tariffa non diviene definitiva se non dopo il
periodo di esperimento stabilito dalle norme corporative).
L'imprenditore deve comunicare preventivamente ai prestatori di
lavoro i dati riguardanti gli elementi costitutivi della tariffa di
cottimo, le lavorazioni da eseguirsi e il relativo compenso
unitario. Deve altresì comunicare i dati relativi alla quantità di
lavoro eseguita e al tempo impiegato.
Art. 2102 Partecipazione agli utili
Se (le norme corporative o) la convenzione non dispongono
diversamente, la partecipazione agli utili spettante al prestatore
di lavoro(2554) e determinata in base agli utili netti dell'impresa,
e, per le imprese soggette alla pubblicazione del bilancio (2423,
2435, 2464, 2491, 2516), in base agli utili netti risultanti dal
bilancio regolarmente approvato e pubblicato (2433 e seguenti).
Art. 2103 Mansioni del lavoratore
Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le
quali è stato assunto (att. 96) o a quelle corrispondenti alla
categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a
mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna
diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni
superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente
all'attività svolta, e l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove
la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore
assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo
fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre
mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad
un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e
produttive.
Ogni patto contrario è nullo.
Art. 2104 Diligenza del prestatore di lavoro
Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla
natura della prestazione dovuta, dall'interesse dell'impresa e da
quello superiore della produzione nazionale (1176).
Deve inoltre osservare le disposizioni per l'esecuzione e per la
disciplina del lavoro impartite dall'imprenditore e dai
collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende.
Art. 2105 Obbligo di fedeltà
Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio
o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie
attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa,
o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio.
Art. 2106 Sanzioni disciplinari
L'inosservanza delle disposizioni contenute nei due articoli
precedenti può dar luogo all'applicazione di sanzioni disciplinari,
secondo la gravità dell'infrazione (e in conformità delle norme
corporative) (att. 97).
Art. 2107 Orario di lavoro
La durata giornaliera e settimanale della prestazione di lavoro non
può superare i limiti stabiliti dalle leggi speciali (o dalle norme
corporative).
Art. 2108 Lavoro straordinario e notturno
In caso di prolungamento dell'orario normale, il prestatore di
lavoro deve essere compensato per le ore straordinarie con un
aumento di retribuzione rispetto a quella dovuta per il lavoro
ordinario.
Il lavoro notturno non compreso in regolari turni periodici deve
essere parimenti retribuito con maggiorazione rispetto al lavoro
diurno.
I limiti entro i quali sono consentiti il lavoro straordinario e
quello notturno, la durata di essi e la misura della maggiorazione
sono stabiliti dalla legge (o dalle norme corporative).
Art. 2109 Periodo di riposo
Il prestatore di lavoro ha diritto ad un giorno di riposo ogni
settimana, di regola in coincidenza con la domenica.
Ha anche diritto dopo un anno d'ininterrotto servizio (lllegittimo,
Corte costituz. 10 maggio 1963, n. 66) ad un periodo annuale di
ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che
l'imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell'impresa
e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata di tale
periodo è stabilita dalla legge, (dalle norme corporative) dagli usi
o secondo equità (att. 98).
L'imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di
lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie.
Non può essere computato nelle ferie il periodo di preavviso
indicato nell'art. 2118.
Art. 2110 Infortunio, malattia, gravidanza, puerperio
In caso d'infortunio, di malattia, di gravidanza o di puerperio, se
la legge (o le norme corporative) non stabiliscono forme equivalenti
di previdenza o di assistenza, è dovuta al prestatore di lavoro la
retribuzione o un'indennità nella misura e per il tempo determinati
dalle leggi speciali, (dalle norme corporative) dagli usi o secondo
equità (att. 98).
Nei casi indicati nel comma precedente, l'imprenditore ha diritto di
recedere dal contratto a norma dell'art. 2118, decorso il periodo
stabilito dalla legge (dalle norme corporative), dagli usi o secondo
equità.
Il periodo di assenza dal lavoro per una delle cause anzidette deve
essere computato nell'anzianità di servizio.
Art. 2111 Servizio militare
(La chiamata alle armi per adempiere gli obblighi di leva risolve
("sospende", secondo l’art. 1 del D. lgs.C.P.S. 13 settembre 1946,
n. 303) il contratto di lavoro salvo diverse disposizioni delle
norme corporative).
In caso di richiamo alle armi, si applicano le disposizioni del
primo e del terzo comma dell'articolo precedente.
Art. 2112 Trasferimento dell'azienda
I primi tre commi sono stati così sostituiti dall’ art.47 della
Legge 29 dicembre 1990, n.428.
In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua
con l'acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne
derivano.
L'alienante e l'acquirente sono obbligati, in solido, per tutti i
crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le
procedure di cui agli artt. 410 e 411 Cod. Proc. Civ. il lavoratore
può consentire la liberazione dell'alienante dalle obbligazioni
derivanti dal rapporto di lavoro.
L'acquirente e tenuto ad applicare i trattamenti economici e
normativi, previsti dai contratti collettivi anche aziendali vigenti
alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che
siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili
all'impresa dell'acquirente.
Le disposizioni di quest'articolo si applicano anche in caso di
usufrutto o di affitto della azienda (2561 e seguente).
Art. 2113 Rinunzie e transazioni
Così sostituito dall’art.6 della Legge 11 agosto 1973, n. 533
Le rinunzie e le transazioni (1966), che hanno per oggetto diritti
del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili
della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i
rapporti di cui all'art. 409 Cod. Proc. Civ., non sono valide.
L'impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei
mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della
rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la
cessazione medesima.
Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono
essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale,
del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà.
Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla
conciliazione intervenuta ai sensi degli artt. 185, 410 e 411 Cod.
Proc. Civ.
§ 3 Della previdenza e dell'assistenza
Art. 2114 Previdenza ed assistenza obbligatorie
Le leggi speciali (e le norme corporative) determinano i casi e le
forme di previdenza e di assistenza obbligatorie e le contribuzioni
e prestazioni relative (1886).
Art. 2115 Contribuzioni
Salvo diverse disposizioni della legge (o delle norme corporative)
l'imprenditore e il prestatore di lavoro contribuiscono in patti
eguali alle istituzioni di previdenza e di assistenza.
L'imprenditore è responsabile (2753) del versamento del contributo,
anche per la parte che è a carico del prestatore di lavoro, salvo il
diritto di rivalsa secondo le leggi speciali (2754).
E' nullo qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi
alla previdenza o all'assistenza (1419).
Art. 2116 Prestazioni
Le prestazioni indicate nell'art. 2114 sono dovute al prestatore di
lavoro, anche quando l'imprenditore non ha versato regolarmente i
contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e di assistenza,
salvo diverse disposizioni delle leggi speciali (o delle norme
corporative).
Nei casi in cui, secondo tali disposizioni, le istituzioni di
previdenza e di assistenza, per mancata o irregolare contribuzione,
non sono tenute a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni
dovute, l'imprenditore è responsabile del danno che ne deriva al
prestatore di lavoro.
Art. 2117 Fondi speciali per la previdenza e l'assistenza
I fondi speciali per la previdenza e l'assistenza che l'imprenditore
abbia costituiti, anche senza contribuzione dei prestatori di
lavoro, non possono essere distratti dal fine al quale sono
destinati e non possono formare oggetto di esecuzione da parte dei
creditori dell'imprenditore o del prestatore di lavoro (2751).
§ 4 Dell'estinzione del rapporto di lavoro
Art. 2118 Recesso dal contratto a tempo indeterminato
Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo
indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti
(dalle norme corporative), dagli usi o secondo equità (att. 98).
In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte
a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che
sarebbe spettata per il periodo di preavviso.
La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di
cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro.
Art. 2119 Recesso per giusta causa
Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della
scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza
preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si
verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche
provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato,
al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete
l'indennità indicata nel secondo comma dell'articolo precedente. Non
costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento
dell'imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa
dell'azienda.
Art. 2120 Disciplina del trattamento di fine rapporto
In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il
prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto.
Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio
una quota pari e comunque non superiore all'importo della
retribuzione dovuta per l'anno stesso divisa per 13,5. La quota è
proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come
mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.
Salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione
annua, ai fini del comma precedente, comprende tutte le somme,
compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in
dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con
esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.
In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso
dell'anno per una delle cause di cui all'art. 2110, nonché in caso
di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista
l'integrazione salariale, deve essere computato nella retribuzione
di cui al primo comma l'equivalente della retribuzione a cui il
lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del
rapporto di lavoro.
Il trattamento di cui al precedente primo comma, con esclusione
della quota maturata nell'anno, e incrementato, su base composta, al
31 dicembre di ogni anno, con l'applicazione di un tasso costituito
dall'1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell'aumento
dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed
impiegati, accertato dall'ISTAT, rispetto al mese di dicembre
dell'anno precedente.
Ai fini della applicazione del tasso di rivalutazione di cui al
comma precedente per frazioni di anno, l'incremento dell'indice
ISTAT e quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di
lavoro rispetto a quello di dicembre dell'anno precedente. Le
frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano
come mese intero.
Il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso lo
stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di
lavoro, una anticipazione non superiore al 70 per cento sul
trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto
alla data della richiesta.
Le richieste sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10 per
cento degli aventi titolo, di cui al precedente comma, e comunque
del 4 per cento del numero totale dei dipendenti.
La richiesta deve essere giustificata dalla necessità di:
a) eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari
riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;
b) acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli,
documentato con atto notarile.
L'anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del
rapporto di lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti dal
trattamento di fine rapporto.
Nell'ipotesi di cui all'art. 2122 la stessa anticipazione è detratta
dall'indennità prevista dalla norma medesima.
Condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti
collettivi o da patti individuali. I contratti collettivi possono
altresì stabilire criteri di priorità per l'accoglimento delle
richieste di anticipazione.
Art. 2121 Computo dell'indennità di mancato preavviso
Così sostituito dalla Legge 29 maggio 1982, n. 297.
L'indennità di cui all'art. 2118 deve calcolarsi computando le
provvigioni, i premi di produzione, le partecipazioni agli utili o
ai prodotti ed ogni altro compenso di carattere continuativo, con
esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.
Se il prestatore di lavoro è retribuito in tutto o in parte con
provvigioni, con premi di produzione o con partecipazioni,
l'indennità suddetta e determinata sulla media degli emolumenti
degli ultimi tre anni di servizio o del minor tempo di servizio
prestato.
Fa parte della retribuzione anche l'equivalente del vitto e
dell'alloggio dovuto al prestatore di lavoro.
Art. 2122 Indennità in caso di morte
In caso di morte del prestatore di lavoro, le indennità indicate
dagli artt. 2118 e 2120 devono corrispondersi al coniuge, ai figli
e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, ai parenti entro
il terzo grado e agli affini entro il secondo grado (73, 78).
La ripartizione delle indennità, se non vi è accordo tra gli aventi
diritto, deve farsi secondo il bisogno di ciascuno.
In mancanza delle persone indicate nel primo comma, le indennità
sono attribuite secondo le norme della successione legittima (565 e
seguenti).
E nullo (1421 e seguenti) ogni patto anteriore alla morte del
prestatore di lavoro circa l'attribuzione e la ripartizione delle
indennità (458).
Art. 2123 Forme di previdenza
Salvo patto contrario, l'imprenditore che ha compiuto
volontariamente atti di previdenza può dedurre dalle somme da lui
dovute a norma degli artt. 2110, 2111 e 2120 quanto il prestatore di
lavoro ha diritto di percepire per effetto degli atti medesimi.
Se esistono fondi di previdenza formati con il contributo dei
prestatori di lavoro, questi hanno diritto alla liquidazione della
propria quota, qualunque sia la causa della cessazione del
contratto.
Art. 2124 Certificato di lavoro
Se non è obbligatorio il libretto di lavoro, all'atto della
cessazione del contratto, qualunque ne sia la causa, l'imprenditore
deve rilasciare un certificato con l'indicazione del tempo durante
il quale il prestatore di lavoro è stato occupato alle sue
dipendenze e delle mansioni esercitate.
Art. 2125 Patto di non concorrenza
Il patto con il quale si limita lo svolgimento dell'attività del
prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla cessazione del
contratto, è nullo se non risulta da atto scritto (2725), se non è
pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro e se il
vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di
tempo e di luogo.
La durata del vincolo non può essere superiore a cinque anni, se si
tratta di dirigenti, e a tre anni negli altri casi. Se è pattuita
una durata maggiore, essa si riduce nella misura suindicata (2557,
2596; att. 198).
§ 5 Disposizioni finali
Art. 2126 Prestazione di fatto con violazione di legge
La nullità o l'annullamento del contratto di lavoro non produce
effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo
che la nullità derivi dall'illiceità dell'oggetto o della causa
(1343 e seguenti).
Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela
del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla
retribuzione.
Art. 2127 Divieto d'interposizione nel lavoro a cottimo
E’ vietato all'imprenditore di affidare a propri dipendenti lavori a
cottimo da eseguirsi da prestatori di lavoro assunti e retribuiti
direttamente dai dipendenti medesimi.
In caso di violazione di tale divieto, l'imprenditore risponde
direttamente, nei confronti dei prestatori di lavoro assunti dal
proprio dipendente, degli obblighi derivanti dai contratti di lavoro
da essi stipulati.
Art. 2128 Lavoro a domicilio
Ai prestatori di lavoro a domicilio si applicano le disposizioni di
questa sezione, in quanto compatibili con la specialità del
rapporto.
Art. 2129 Contratto di lavoro per i dipendenti da enti pubblici
Le disposizioni di questa sezione si applicano ai prestatori di
lavoro dipendenti da enti pubblici, salvo che il rapporto sia
diversamente regolato dalla legge (att. 982).
SEZIONE IV
Del tirocinio
Art. 2130 Durata del tirocinio
Il periodo di tirocinio non può superare i limiti stabiliti (dalle
norme corporative o) dagli usi.
Art. 2131 Retribuzione
La retribuzione dell'apprendista non può assumere la forma del
salario a cottimo.
Art. 2132 Istruzione professionale
L'imprenditore deve permettere che l'apprendista frequenti i corsi
per la formazione professionale e deve destinarlo soltanto ai lavori
attinenti alla specialità professionale a cui si riferisce il
tirocinio.
Art. 2133 Attestato di tirocinio
Alla cessazione del tirocinio, l'apprendista, per il quale non è
obbligatorio il libretto di lavoro, ha diritto di ottenere un
attestato del tirocinio compiuto.
Art. 2134 Norme applicabili al tirocinio
Al tirocinio si applicano le disposizioni della sezione precedente,
in quanto siano compatibili con la specialità del rapporto e non
siano derogate da disposizioni delle leggi speciali (o da norme
corporative).
CAPO II
Dell'impresa agricola
Vedere anche Legge 3 maggio 1982, n. 203, riportata tra le Leggi
Speciali.
SEZIONE I
Disposizioni generali
Art. 2135 Imprenditore agricolo
E imprenditore agricolo chi esercita un'attività diretta alla
coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all'allevamento del
bestiame e attività connesse.
Si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione o
all'alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano
nell'esercizio normale dell'agricoltura.
Art. 2136 Inapplicabilità delle norme sulla registrazione
Le norme relative all'iscrizione nel registro delle imprese (2188 e
seguenti) non si applicano agli imprenditori agricoli, salvo quanto
e disposto dall'art. 2200.
Art. 2137 Responsabilità dell'imprenditore agricolo
L'imprenditore, anche se esercita l'impresa su fondo altrui, è
soggetto agli obblighi stabiliti dalla legge (e dalle norme
corporative) concernenti l'esercizio dell'agricoltura.
Art. 2138 Dirigenti e fattori di campagna
I poteri dei dirigenti preposti all'esercizio dell'impresa agricola
e quelli dei fattori di campagna, se non sono determinati per
iscritto dal preponente, sono regolati (dalle norme corporative e,
in mancanza), dagli usi.
Art. 2139 Scambio di mano d'opera o di servizi
Tra piccoli imprenditori agricoli è ammesso lo scambio di mano
d'opera o di servizi secondo gli usi.
Art. 2140 (abrogato)
SEZIONE II
Della mezzadria
Art. 2141 Nozione
Nella mezzadria il concedente ed il mezzadro, in proprio e quale
capo di una famiglia colonica, si associano per la coltivazione di
un podere e per l'esercizio delle attività connesse al fine di
dividerne a metà i prodotti e gli utili. E’ valido tuttavia il patto
con il quale taluni prodotti si dividono in proporzioni diverse.
Art. 2142 Famiglia colonica
Articolo tacitamente abrogato dall'art. 7, Legge 756 del 15
settembre.
La composizione della famiglia colonica non può volontariamente
essere modificata senza il consenso del concedente, salvi i casi di
matrimonio, di adozione e di riconoscimento di figli naturali. La
composizione e le variazioni della famiglia colonica devono
risultare dal libretto colonico.
Art. 2143 Mezzadria a tempo indeterminato
La mezzadria a tempo indeterminato s'intende convenuta per la durata
di un anno agrario (salvo diverse disposizioni delle norme
corporative) e si rinnova tacitamente di anno in anno, se non è
stata comunicata disdetta almeno sei (2964) mesi prima della
scadenza nei modi fissati (dalle norme corporative), dalla
convenzione o dagli usi.
Art. 2144 Mezzadria a tempo determinato
La mezzadria a tempo determinato non cessa di diritto alla scadenza
del termine.
Se non e comunicata disdetta a norma dell'articolo precedente, il
contratto s'intende rinnovato di anno in anno.
Art. 2145 Diritti ed obblighi del concedente
Il concedente conferisce il godimento del podere, dotato di quanto
occorre per l'esercizio dell'impresa e di un'adeguata casa per la
famiglia colonica (2765).
La direzione dell'impresa spetta al concedente, il quale deve
osservare le norme della buona tecnica agraria. (comma tacitamente
abrogato dall’art. 6, Legge 756 del 15 settembre).
Art. 2146 Conferimento delle scorie
Le scorte vive e morte sono conferite dal concedente e dal mezzadro
in parti uguali, salvo diversa disposizione (delle norme
corporative,) della convenzione o degli usi.
Le scorte conferite divengono comuni in proporzione dei rispettivi
conferimenti.
Art. 2147 Obblighi del mezzadro
Il mezzadro è obbligato a prestare, secondo le direttive del
concedente e le necessità della coltivazione, il lavoro proprio e
quello della famiglia colonica.
E a carico del mezzadro, salvo diverse disposizioni (delle norme
corporative), della convenzione o degli usi, la spesa della mano
d'opera eventualmente necessaria per la normale coltivazione del
podere.
Art. 2148 Obblighi di residenza e di custodia
Il mezzadro ha l'obbligo di risiedere stabilmente nel podere con la
famiglia colonica.
Egli deve custodire il podere e mantenerlo in normale stato di
produttività. Egli deve altresì custodire e conservare le altre cose
affidategli dal concedente, con la diligenza del buon padre di
famiglia (1176), e non può senza il consenso del concedente o salvo
uso contrario, svolgere attività a suo esclusivo profitto o compiere
prestazioni a favore di terzi.
Art. 2149 Divieto di subconcessione
Il mezzadro non può cedere la mezzadria, né affidare ad altri la
coltivazione del podere, senza il consenso del concedente.
Art. 2150 Rappresentanza della famiglia colonica
Nei rapporti relativi alla mezzadria il mezzadro rappresenta, nei
confronti del concedente, i componenti della famiglia colonica
(Comma tacitamente abrogato).
Le obbligazioni contratte dal mezzadro nell'esercizio della
mezzadria sono garantite dai suoi beni e da quelli comuni della
famiglia colonica. I componenti della famiglia colonica non
rispondono con i loro beni, se
non hanno prestato espressa garanzia.
Art. 2151 Spese per la coltivazione
Articolo tacitamente abrogato
Le spese per la coltivazione del podere e per l'esercizio delle
attività connesse (2135), escluse quelle per la mano d'opera
previste dall'art. 2147, sono a carico del concedente e del mezzadro
(2765) in parti eguali.
Se il mezzadro e sfornito di mezzi propri, il concedente deve
anticipare senza interesse, sino alla scadenza dell'anno agrario in
corso, le spese indicate nel precedente comma.
Art. 2152 Miglioramenti
Il concedente che intende compiere miglioramenti sul podere deve
valersi del lavoro dei componenti della famiglia colonica che siano
forniti della necessaria capacità lavorativa, e questi sono tenuti a
prestarlo verso compenso.
La misura del compenso, se non è stabilita (dalle norme
corporative,) dalla convenzione o dagli usi, e determinata dal
giudice, (sentite, ove occorra, le associazioni professionali) e
tenuto conto dell'eventuale incremento di reddito realizzato dal
mezzadro.
Art. 2153 Riparazioni di piccola manutenzione
Salvo diverse disposizioni (delle norme corporative,) della
convenzione o degli usi, sono a carico del mezzadro le riparazioni
di piccola manutenzione della casa colonica e degli strumenti di
lavoro, di cui egli e la famiglia colonica si servono (2765).
Art. 2154 Anticipazioni di carattere alimentare alla famiglia
colonica
Se la quota dei prodotti spettante al mezzadro; per scarsezza del
raccolto a lui non imputabile, non è sufficiente ai bisogni
alimentari della famiglia colonica, e questa non e in grado di
provvedervi, il concedente deve somministrate senza interesse il
necessario per il mantenimento della famiglia colonica, (salvo
rivalsa mediante prelevamento sulla parte dei prodotti e degli utili
spettanti al mezzadro) (2765).
Il giudice, con riguardo alle circostanze, può disporre il rimborso
rateale.
Art. 2155 Raccolta e divisione dei prodotti
Il mezzadro non può iniziare le operazioni di raccolta senza il
consenso del concedente ed è obbligato a custodire i prodotti sino
alla divisione.
I prodotti sono divisi in natura sul fondo con l'intervento delle
parti.
(Salvo diverse disposizioni (delle norme corporative,) della
convenzione o degli usi, il mezzadro deve trasportare ai magazzini
del concedente la quota a questo assegnata nella divisione).
Art. 2156 Vendita dei prodotti
Articolo tacitamente abrogato
(La vendita dei prodotti, che in conformità degli usi non si
dividono in natura, è fatta dal concedente previo accordo col
mezzadro e, in mancanza, sulla base del prezzo di mercato.
La divisione si effettua sul ricavato della vendita, dedotte le
spese.
Art. 2157 Diritto di preferenza del concedente
Articolo tacitamente abrogato
(Il mezzadro, nella vendita dei prodotti assegnatigli in natura,
deve, a parità di condizioni, preferire il concedente).
Art. 2158 Morte di una delle parti
La mezzadria non si scioglie per la morte del concedente.
In caso di morte del mezzadro la mezzadria si scioglie alla fine
dell'anno agrario in corso, salvo che tra gli eredi del mezzadro vi
sia persona idonea a sostituirlo ed i componenti della famiglia
colonica si accordino nel designarla.
Se la morte del mezzadro è avvenuta negli ultimi quattro mesi
dell'anno agrario, i componenti della famiglia colonica possono
chiedere che la mezzadria continui sino alla fine dell'anno
successivo, purché assicurino la buona coltivazione del podere. La
richiesta deve essere fatta entro due mesi (2964) dalla morte del
mezzadro, o, se ciò non è possibile, prima dell'inizio del nuovo
anno agrario.
In tutti i casi, se il podere non è coltivato con la dovuta
diligenza (2147), il concedente può fare eseguire a sue spese i
lavori necessari, (salvo rivalsa mediante prelevamento sui prodotti
e sugli utili).
Art. 2159 Scioglimento del contratto
Salve le norme generali sulla risoluzione dei contratti per
inadempimento (1453 e seguenti), ciascuna delle parti può chiedere
lo scioglimento del contratto quando si verificano fatti tali da non
consentire la prosecuzione del rapporto.
Art. 2160 Trasferimento del diritto di godimento del fondo
Se viene trasferito il diritto di godimento del fondo, la mezzadria
continua nei confronti di chi subentra al concedente, salvo che il
mezzadro, entro un mese dalla notizia del trasferimento, dichiari di
recedere dal contratto. In tal caso il recesso ha effetto alla fine
dell'anno agrario in corso o di quello successivo, se non è
comunicato al meno tre mesi prima della fine dell'anno agrario in
corso.
I crediti e i debiti del concedente verso il mezzadro risultanti dal
libretto colonico passano a chi subentra nel godimento del fondo,
salva per i debiti la responsabilità sussidiaria dell'originario
concedente.
Art. 2161 Libretto colonico
Il concedente deve istituire un libretto colonico da tenersi in due
esemplari, uno per ciascuna delle parti.
Il concedente deve annotare di volta in volta su entrambi gli
esemplari i crediti e i debiti delle parti relativi alla mezzadria,
con indicazione della data e del fatto che li ha determinati.
Le annotazioni devono, alla fine dell'anno agrario, essere
sottoscritte per accettazione dal concedente e dal mezzadro.
Il mezzadro deve presentare il libretto colonico al concedente per
le annotazioni e per i saldi annuali.
Art. 2162 Efficacia probatoria del libretto colonico
Le annotazioni eseguite sui due esemplari del libretto colonico
fanno prova a favore e contro ciascuno dei contraenti, se il
mezzadro non ha reclamato entro novanta giorni dalla consegna del
libretto fattagli dal concedente.
Se una delle parti non presenta il proprio libretto, fa fede quello
presentato.
In ogni caso le annotazioni delle partite fanno prova contro chi le
ha scritte.
Con la sottoscrizione delle parti alla chiusura annuale del conto
colonico, questo s'intende approvato. Le risultanze del conto
possono essere impugnate soltanto per errori materiali, omissioni,
falsità e duplicazioni di partite entro novanta giorni dalla
consegna del libretto al mezzadro.
Art. 2163 Assegnazione delle scorte al termine della mezzadria
Salvo diverse disposizioni (delle norme corporative,) della
convenzione o degli usi, l'assegnazione delle scorte al termine
della mezzadria deve farsi secondo le norme seguenti:
1) se si tratta di scorte vive, secondo la specie, il sesso, il
numero, la qualità e il peso, ovvero, in mancanza di tali
determinazioni, secondo il valore, tenuto conto della differenza di
esso tra il tempo del conferimento e quello della riconsegna;
2) se si tratta di scorte morte circolanti, per quantità e qualità,
valutando le eccedenze e le diminuzioni in base ai prezzi di mercato
nel tempo della riconsegna;
3) se si tratta di scorte morte fisse, per specie, quantità, qualità
e stato d'uso.
SEZIONE III
Della colonia parziaria
Art. 2164 Nozione
Nella colonia parziaria il concedente ed uno o più coloni si
associano per la coltivazione di un fondo e per l'esercizio delle
attività connesse (2135), al fine di dividerne i prodotti e gli
utili.
La misura della ripartizione dei prodotti e degli utili è stabilita
(dalle norme corporative,) dalla convenzione o dagli usi (Cod. Proc.
Civ. 409).
Art. 2165 Durata
La colonia parziaria è contratta per il tempo necessario affinché il
colono possa svolgere e portare a compimento un ciclo normale di
rotazione delle colture praticate nel fondo.
Se non si fa luogo a rotazione di colture, la colonia non può avere
una durata inferiore a due anni.
Art. 2166 Obblighi del concedente
Il concedente deve consegnare il fondo in stato di servire alla
produzione alla quale è destinato.
Art. 2167 Obblighi del colono
Il colono deve prestare il lavoro proprio secondo le direttive del
concedente e le necessità della coltivazione (2147) (vedere anche
Leggi Speciali).
Egli deve custodire il fondo e mantenerlo in normale stato di
produttività; deve altresì custodire e conservare le altre cose
affidategli dal concedente con la diligenza del buon padre di
famiglia (1176, 2051, 2765).
Art. 2168 Morte di una delle parti
La colonia parziaria non si scioglie per la morte del concedente.
In caso di morte del colono, si applicano a favore degli eredi di
questo le disposizioni del secondo, terzo e quarto comma dell'art.
2158.
Art. 2169 Rinvio
Sono applicabili alla colonia parziaria le norme dettate per la
mezzadria negli artt. 2145, secondo comma, 2147, secondo comma,
2149, 2151, secondo comma, 2152, 2155, 2156, 2157, 2159, 2160 e
2163, nonché quelle concernenti la tenuta e l'efficacia probatoria
del libretto colonico, qualora le parti l'abbiano d'accordo
istituito.
SEZIONE IV
Della soccida
Art. 2170 Nozione
Nella soccida il soccidante e il soccidario si associano per
l'allevamento e lo sfruttamento di una certa quantità di bestiame e
per l'esercizio delle attività connesse, al fine di ripartire
l'accrescimento del bestiame e gli altri prodotti e utili che ne
derivano.
L'accrescimento consiste tanto nei parti sopravvenuti, quanto nel
maggior valore intrinseco che il bestiame abbia al termine del
contratto.
§2 Della soccida semplice
Art. 2171 Nozione
Nella soccida semplice il bestiame è conferito dal soccidante
La stima del bestiame all'inizio del contratto non ne trasferisce la
proprietà al soccidario.
La stima deve indicare il numero, la razza, la qualità, il sesso, il
peso e l'età del bestiame e il relativo prezzo di mercato. La stima
serve di base per determinare il prelevamento a cui ha diritto il
soccidante alla fine del contratto, a norma dell'art. 2181.
Art. 2172 Durata del contratto
Se nel contratto non è stabilito un termine, la soccida ha la durata
di tre anni.
Alla scadenza del termine il contratto non cessa di diritto, e la
parte che non intende rinnovarlo deve darne disdetta almeno sei mesi
(2964) prima della scadenza o nel maggior termine fissato (dalle
norme corporative) dalla convenzione o dagli usi.
Se non è data disdetta, il contratto s'intende rinnovato di anno in
anno.
Art. 2173 Direzione dell'impresa e assunzione di mano d'opera
La direzione dell'impresa spetta al soccidante, il quale deve
esercitarla secondo le regole della buona tecnica dell'allevamento.
La scelta di prestatori di lavoro, estranei alla famiglia del
soccidario, deve essere fatta col consenso del soccidante, anche
quando secondo la convenzione o gli usi la relativa spesa e posta a
carico del soccidario.
Art. 2174 Obblighi del soccidario
Il soccidario deve prestare, secondo le direttive del soccidante, il
lavoro occorrente per la custodia e l'allevamento del bestiame
affidatogli, per la lavorazione dei prodotti e per il trasporto sino
ai luoghi di ordinario deposito.
Il soccidario deve usare la diligenza del buon allevatore (1176).
Art. 2175 Perimento del bestiame
Il soccidario non risponde del bestiame che provi essere perito per
causa a lui non imputabile, ma deve rendere conto delle parti
recuperabili (1256 e seguenti).
Art. 2176 Reintegrazione del bestiame conferito
Nella soccida stipulata per un tempo non inferiore a tre anni,
qualora durante la prima metà del periodo contrattuale perisca la
maggior parte del bestiame inizialmente conferito, per causa non
imputabile al soccidario, questi può chiederne la reintegrazione con
altri capi di valore intrinseco eguale a quello che i capi periti
avevano all'inizio del contratto, tenuto conto del numero, della
razza, della qualità, del sesso, del peso e dell'età.
Se il soccidante non provvede alla reintegrazione, il soccidario può
recedere dal contratto.
Art. 2177 Trasferimento dei diritti sul bestiame
Se la proprietà o il godimento del bestiame dato a soccida viene
trasferito ad altri, il contratto non si scioglie, e i crediti e i
debiti del soccidante, derivanti dalla soccida, passano
all'acquirente in proporzione della quota acquistata, salva per i
debiti la responsabilità sussidiaria del soccidante.
Se il trasferimento riguarda la maggior parte del bestiame, il
soccidario può, nel termine di un mese da quando ha avuto conoscenza
del trasferimento, recedere dal contratto con effetto dalla fine
dell'anno in corso.
Art. 2178 Accrescimenti prodotti, utili e spese
Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili e le spese si dividono tra
le parti secondo le proporzioni stabilite (dalle norme corporative)
dalla convenzione o dagli usi.
E' nullo il patto per il quale il soccidario debba sopportare nella
perdita una parte maggiore di quella spettantegli nel guadagno.
Art. 2179 Morte di una delle parti
La soccida non si scioglie per la morte del soccidante.
In caso di morte del soccidario si osservano, in quanto applicabili,
nei riguardi degli eredi le disposizioni del secondo, terzo e quarto
comma dell'art. 2158.
Art. 2180 Scioglimento del contratto
Salve le norme generali sulla risoluzione dei contratti per
inadempimento (1453 e seguenti), ciascuna delle parti può chiedere
lo scioglimento del contratto, quando si verificano fatti tali da
non consentire la prosecuzione del rapporto.
Art. 2181 Prelevamento e divisione al termine del contratto
Al termine del contratto le parti procedono a nuova stima del
bestiame.
Il soccidante preleva, d'accordo con il soccidario, un complesso di
capi che, avuto riguardo al numero, alla razza, al sesso, al peso,
alla qualità e all'età, sia corrispondente alla consistenza del
bestiame apportato all'inizio della soccida (2171). Il di più si
divide a norma dell'art. 2178.
Se non vi sono capi sufficienti ad eguagliare la stima iniziale, il
soccidante prende quelli che rimangono.
§3 Della soccida parziaria
Vedere anche Leggi Speciali
Art. 2182 Conferimento del bestiame
Nella soccida parziaria il bestiame e conferito da entrambi i
contraenti nelle proporzioni convenute.
Essi divengono comproprietari del bestiame in proporzione del
rispettivo conferimento.
Art. 2183 Reintegrazione del bestiame conferito
Nella soccida stipulata per un tempo non inferiore a tre anni,
qualora durante la prima metà del periodo contrattuale perisca per
causa non imputabile al soccidario la maggior parte del bestiame
inizialmente conferito, e i contraenti non si accordino per la
reintegrazione, ciascuno di essi ha diritto di recedere dal
contratto.
Salvo diverso accordo delle parti, il recesso ha effetto con la fine
dell'anno in corso.
Il bestiame rimasto è diviso fra le parti nella proporzione indicata
nell'art. 2184.
Se è convenuto che nella divisione del bestiame da farsi alla
scadenza del contratto sia attribuita ad uno dei contraenti una
quota maggiore di quella corrispondente al suo conferimento, tale
quota deve essere ridotta in rapporto alla minor durata della
soccida.
Art. 2184 Divisione del bestiame, dei prodotti e degli utili
Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili, le spese e, al termine del
contratto, il bestiame conferito si dividono nella proporzione
stabilita (dalle norme corporative) dalla convenzione o dagli usi.
Art. 2185 Rinvio
Per quanto non è disposto dagli articoli precedenti, si applicano
alla soccida parziaria le disposizioni relative alla soccida
semplice.
§4 Della soccida con conferimento di pascolo
Vedere anche Leggi Speciali
Art. 2186 Nozione e norme applicabili
Si ha rapporto di soccida anche quando il bestiame é conferito dal
soccidario e il soccidante conferisce il terreno per il pascolo.
In tal caso il soccidario ha la direzione dell'impresa e al
soccidante spetta il controllo della gestione.
Si osservano inoltre le disposizioni dell'art. 2184 e, in quanto
applicabili, quelle dettate per la soccida semplice.
SEZIONE V
Disposizione finale
Art. 2187 Usi
Nei rapporti di associazione agraria regolati dalle Sezioni II, III
e IV di questo Capo, per quanto non è espressamente disposto, si
applicano, in mancanza di convenzione, gli usi (1374; att. 195 e
seguenti).
CAPO III
Delle imprese commerciali e delle altre imprese soggette a
registrazioni
SEZIONE I
Del registro delle imprese
Art. 2188 Registro delle imprese
E' istituito il registro delle imprese per le iscrizioni previste
dalla legge (att. 99 e seguenti).
Il registro è tenuto dall'ufficio del registro delle imprese sotto
la vigilanza di un giudice delegato dal presidente del tribunale.
Il registro è pubblico.
Art. 2189 Modalità dell'iscrizione
Le iscrizioni nel registro sono eseguite su domanda sottoscritta
dall'interessato.
Prima di procedere all'iscrizione, l'ufficio del registro deve
accertare l'autenticità della sottoscrizione e il concorso delle
condizioni richieste dalla legge per l'iscrizione.
Il rifiuto dell'iscrizione deve essere comunicato con raccomandata
al richiedente. (questi può ricorrere entro otto giorni (2964) al
giudice del registro, che provvede con decreto.
Art. 2190 Iscrizione d'ufficio
Se un iscrizione obbligatoria non è stata richiesta, l'ufficio del
registro invita mediante raccomandata l'imprenditore a richiederla
entro un congruo termine. Decorso inutilmente il termine assegnato,
il giudice del registro può ordinarla con decreto.
Art. 2191 Cancellazione d'ufficio
Se un'iscrizione è avvenuta senza che esistano le condizioni
richieste dalla legge, il giudice del registro, sentito
l'interessato, ne ordina con decreto la cancellazione.
Art. 2192 Ricorso contro il decreto del giudice del registro
Contro il decreto del giudice del registro emesso a norma degli
articoli precedenti l'interessato, entro quindici giorni (2964)
dalla comunicazione può ricorrere al tribunale dal quale dipende
l'ufficio del registro.
Il decreto che pronunzia sul ricorso deve essere iscritto d'ufficio
nel registro.
Art. 2193 Efficacia dell'iscrizione
I fatti dei quali la legge prescrive l'iscrizione, se non sono stati
iscritti, non possono essere opposti ai terzi da chi è obbligato a
richiederne l'iscrizione, a meno che questi provi che i terzi ne
abbiano avuto conoscenza (2436/2).
L'ignoranza dei fatti dei quali la legge prescrive l'iscrizione non
può essere opposta dai terzi dal momento in cui l'iscrizione è
avvenuta.
Sono salve le disposizioni particolari della legge (2297).
Art. 2194 Inosservanza dell'obbligo d'iscrizione
Salvo quanto disposto dagli artt. 2626 e 2634, chiunque omette di
richiedere l'iscrizione nei modi e nel termine stabiliti dalla
legge, è punito con l'ammenda da L 20.000 a L. 1.000.000 (att. 100)
(Ora sanzione amministrativa).
SEZIONE II
Dell'obbligo di registrazione
Art. 2195 Imprenditori soggetti a registrazione
Sono soggetti all'obbligo dell'iscrizione nel registro delle imprese
gli imprenditori che esercitano:
1) un'attività industriale diretta alla produzione di beni o di
servizi;
2) un'attività intermediaria nella circolazione dei beni;
3) un'attività di trasporto per terra, o per acqua o per aria;
4) un'attività bancaria o assicurativa;
5) altre attività ausiliarie delle precedenti (1754).
Le disposizioni della legge che fanno riferimento alle attività e
alle imprese commerciali si applicano, se non risulta diversamente,
a tutte le attività indicate in questo articolo e alle imprese che
le esercitano (att 100, 200).
Art. 2196 Iscrizione dell'impresa
Entro trenta giorni dall'inizio dell'impresa l'imprenditore che
esercita un'attività commerciale deve chiedere l'iscrizione
all'ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione
stabilisce la sede, indicando:
1) il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, la
cittadinanza;
2) la ditta (2563 e seguenti);
3) l'oggetto dell'impresa;
4) la sede dell'impresa;
5) il cognome e il nome degli institori e procuratori.
All'atto della richiesta l'imprenditore deve depositare la sua firma
autografa e quelle dei suoi institori e procuratori.
L'imprenditore deve inoltre chiedere l'iscrizione delle
modificazioni relative agli elementi suindicati e della cessazione
dell'impresa, entro trenta giorni da quello in cui le modificazioni
o la cessazione si verificano.
Art. 2197 Sedi secondarie
L'imprenditore che istituisce nel territorio dello Stato sedi
secondarie con una rappresentanza stabile deve, entro trenta giorni,
chiederne l'iscrizione all'ufficio del registro delle imprese del
luogo dove è la sede principale dell'impresa.
Nello stesso termine la richiesta deve essere fatta all'ufficio del
luogo nel quale é istituita la sede secondaria, indicando altresì la
sede principale, e il cognome e il nome del rappresentante preposto
alla sede secondaria. Il rappresentante deve depositare presso il
medesimo ufficio la sua firma autografa.
La disposizione del secondo comma si applica anche all'imprenditore
che ha all'estero la sede principale dell'impresa.
L'imprenditore che istituisce sedi secondarie con rappresentanza
stabile all'estero deve, entro trenta giorni, chiederne l'iscrizione
all'ufficio del registro nella cui circoscrizione si trova la sede
principale.
Art. 2198 Minori interdetti e inabilitati
I provvedimenti di autorizzazione all'esercizio di una impresa
commerciale da parte di un minore emancipato (397) o di un
inabilitato (425; att. 199) o nell'interesse di un minore non
emancipato (320, 371) o di un interdetto (424) e i provvedimenti con
i quali l'autorizzazione viene revocata devono essere comunicati
senza indugio a cura del cancelliere all'ufficio del registro delle
imprese per l'iscrizione (att. 100).
Art. 2199 Indicazione dell'iscrizione
L'imprenditore deve indicare negli atti e nella corrispondenza, che
si riferiscono all'impresa, il registro presso il quale è iscritto
(att. 100).
Art. 2200 Società
Sono soggette all'obbligo dell'iscrizione nel registro delle imprese
le società costituite secondo uno dei tipi regolati nei Capi III e
seguenti del Titolo V e le società cooperative (2511 e seguenti),
anche se non esercitano un'attività commerciale.
L'iscrizione delle società nel registro delle imprese (att. 100) è
regolata dalle disposizioni dei Titoli V e VI.
Art. 2201 Enti pubblici
Gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale
un'attività commerciale (2093) sono soggetti all'obbligo
dell'iscrizione nel registro delle imprese (att. 100).
Art. 2202 Piccoli imprenditori
Non sono soggetti all'obbligo dell'iscrizione nel registro delle
imprese i piccoli imprenditori (2083).
SEZIONE III
Disposizioni particolari per le imprese commerciali
§1 Della rappresentanza
Art. 2203 Preposizione institoria
E institore colui che è preposto dal titolare all'esercizio di
un'impresa commerciale.
La preposizione può essere limitata all'esercizio di una sede
secondaria o di un ramo particolare dell'impresa.
Se sono preposti più institori, questi possono agire disgiuntamente,
salvo che nella procura sia diversamente disposto (1716).
Art. 2204 Poteri dell'institore
L'institore può compiere tutti gli atti pertinenti all'esercizio
dell'impresa a cui è preposto, salve le limitazioni contenute nella
procura. Tuttavia non può alienare o ipotecare i beni immobili del
preponente, se non è stato a ciò espressamente autorizzato.
L'institore può stare in giudizio in nome del preponente per le
obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell'esercizio dell'impresa
a cui è preposto (Cod. Proc. Civ. 772).
Art. 2205 Obblighi dell'institore
Per le imprese o le sedi secondarie alle quali è preposto
l'institore è tenuto, insieme con l'imprenditore, all'osservanza
delle disposizioni riguardanti l'iscrizione nel registro delle
imprese e la tenuta delle scritture contabili.
Art. 2206 Pubblicità della procura
La procura con sottoscrizione del preponente autenticata deve essere
depositata per l'iscrizione presso il competente ufficio del
registro delle imprese (att. 100).
In mancanza dell'iscrizione, la rappresentanza si reputa generale e
le limitazioni di essa non sono opponibili ai terzi, se non si prova
che questi le conoscevano al momento della conclusione dell'affare
(2193).
Art. 2207 Modificazione e revoca della procura
Gli atti con i quali viene successivamente limitata o revocata la
procura devono essere depositati, per l'iscrizione nel registro
delle imprese, anche se la procura non fu pubblicata.
In mancanza dell'iscrizione, le limitazioni o la revoca non sono
opponibili ai terzi, se non si prova che questi le conoscevano al
momento della conclusione dell'affare.
Art. 2208 Responsabilità personale dell'institore
L'institore è personalmente obbligato (1337) se omette di far
conoscere al terzo che egli tratta per il preponente; tuttavia il
terzo può agire anche contro il preponente per gli atti compiuti
dall'institore, che siano pertinenti all'esercizio dell'impresa a
cui è preposto.
Art. 2209 Procuratori
Le disposizioni degli artt. 2206 e 2207 si applicano anche ai
procuratori, i quali, in base a un rapporto continuativo, abbiano il
potere di compiere per l'imprenditore gli atti pertinenti
all'esercizio dell'impresa, pur non essendo preposti ad esso.
Art. 2210 Poteri dei commessi dell'imprenditore
I commessi dell'imprenditore, salve le limitazioni contenute
nell'atto di conferimento della rappresentanza, possono compiere gli
atti che ordinariamente comporta la specie delle operazioni di cui
sono incaricati.
Non possono tuttavia esigere il prezzo delle merci delle quali non
facciano la consegna, né concedere dilazioni o sconti che non sono
d'uso, salvo che siano a ciò espressamente autorizzati (2211).
Art. 2211 Poteri di deroga alle condizioni generali di contratto
I commessi, anche se autorizzati a concludere contratti in nome
dell'imprenditore, non hanno il potere di derogare alle condizioni
generali di contratto o alle clausole stampate sui moduli
dell'impresa, se non sono muniti di una speciale autorizzazione
scritta (1341 e seguente).
Art. 2212 Poteri dei commessi relativi agli affari conclusi
Per gli affari da essi conclusi, i commessi dell'imprenditore sono
autorizzati a ricevere per conto di questo le dichiarazioni che
riguardano l'esecuzione del contratto e i reclami relativi alle
inadempienze contrattuali.
Sono altresì legittimati a chiedere i provvedimenti cautelari (Cod.
Proc. Civ. 670 e seguente) nell'interesse dell'imprenditore.
Art. 2213 Poteri dei commessi preposti alla vendita
I commessi preposti alla vendita nei locali dell'impresa possono
esigere il prezzo delle merci da essi venduta, salvo che alla
riscossione sia palesemente destinata una cassa speciale.
Fuori dei locali dell'impresa non possono esigere il prezzo, se non
sono autorizzati o se non consegnano quietanza firmata
dall'imprenditore.
§ 2 Delle scritture contabili
Art. 2214 Libri obbligatori e altre scritture contabili
L'imprenditore che esercita un'attività commerciale (2195) deve
tenere il libro giornale e il libro degli inventari.
Deve altresì tenere le altre scritture contabili che siano richieste
dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa (att. 200) e conservare
ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei
telegrammi e delle lettere ricevute, nonché le copie delle lettere,
dei telegrammi e delle fatture spedite (2709 e seguenti).
Le disposizioni di questo paragrafo non si applicano ai piccoli
imprenditori (2083).
Art. 2215 Libro giornale e libro degli inventari
Il libro giornale e il libro degli inventari, prima di essere messi
in uso, devono essere numerati progressivamente in ogni pagina e
bollati in ogni foglio dall'ufficio del registro delle imprese o da
un notaio secondo le disposizioni delle leggi speciali (att. 200).
L'ufficio del registro o il notaio deve dichiarare nell'ultima
pagina dei libri il numero dei fogli che li compongono (2710).
Art. 2216 Contenuto e vidimazione del libro giornale
Articolo modificato dall'art. 8 della Legge 30 dicembre 1991, n.
413, e poi così sostituito dall'art. 7 bis, Decr.Legge 10 giugno
1994, n. 357, convertito con modificazioni dalla Legge 8 agosto
1994, n. 489 (vedere).
Il libro giornale deve indicare giorno per giorno le operazioni
relative all'esercizio dell'impresa.
Art. 2217 Redazione dell'inventario
L'inventario deve redigersi all'inizio dell'esercizio dell'impresa e
successivamente ogni anno, e deve contenere l'indicazione e la
valutazione delle attività e delle passività relative all'impresa,
nonché delle attività e delle passività dell'imprenditore estranee
alla medesima.
L'inventario si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e
delle perdite, il quale deve dimostrare con evidenza e verità gli
utili conseguiti o le perdite subite. Nelle valutazioni di bilancio
l'imprenditore deve attenersi ai criteri stabiliti per i bilanci
delle società per azioni, in quanto applicabili (2425).
L'inventario deve essere sottoscritto dall'imprenditore entro tre
mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei
redditi ai fini delle imposte dirette (Comma modificato dall'art. 8
della Legge 30 dicembre 1991, n. 413, e poi così sostituito
dall'art. 7 bis, Decr.Legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito con
modificazioni dalla Legge 8 agosto 1994, n. 489).
Art. 2218 Bollatura facoltativa
Articolo modificato dall'art. 8 della Legge 30 dicembre 1991, n.
413, e poi così sostituito dall'art. 7 bis, Decr.Legge 10 giugno
1994, n. 357, convertito con modificazioni dalla Legge 8 agosto
1994, n. 489 .
L'imprenditore può far bollare e vidimare nei modi indicati
nell'art. 2215 gli altri libri da lui tenuti (2710).
Art. 2219 Tenuta della contabilità
Tutte le scritture devono essere tenute secondo le norme di
un'ordinata contabilità, senza spazi in bianco, senza interlinee e
senza trasporti in margine. Non vi si possono fare abrasioni e, se è
necessaria qualche cancellazione, questa deve eseguirsi in modo che
le parole cancellate siano leggibili (2710).
Art. 2220 Conservazione delle scritture contabili
Le scritture devono essere conservate per dieci anni dalla data
dell'ultima registrazione (2312).
Per lo stesso periodo devono conservarsi le fatture, le lettere e i
telegrammi ricevuti e le co pie delle fatture, delle lettere e dei
telegrammi spediti.
Le scritture e documenti di cui al presente articolo possono essere
conservati sotto forma di registrazioni su supporti di immagini,
sempre che le registrazioni corrispondano ai documenti e possano in
ogni momento essere rese leggibili con mezzi messi a disposizione
dal soggetto che utilizza detti supporti (Comma aggiunto dall'art. 7
bis, Decr.Legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito con modificazioni
dalla Legge 8 agosto 1994, n. 489 )
§ 3 Dell'insolvenza
Art. 2221 Fallimento e concordato preventivo
Gli imprenditori che esercitano un'attività commerciale, esclusi gli
enti pubblici e i piccoli imprenditori, sono soggetti, in caso
d'insolvenza, alle procedure del fallimento e del concordato
preventivo, salve le disposizioni delle leggi speciali.
TITOLO III
DEL LAVORO AUTONOMO
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 2222 Contratto d'opera
Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo
(1351) un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e
senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si
applicano le norme di questo Capo, salvo che il rapporto abbia una
disciplina particolare nel Libro IV (1655 e seguenti).
Art. 2223 Prestazione della materia
Le disposizioni di questo Capo si osservano anche se la materia e
fornita dal prestatore d'opera (1658), purché le parti non abbiano
avuto prevalentemente in considerazione la materia, nel qual caso si
applicano le norme sulla vendita (1470 e seguenti).
Art. 2224 Esecuzione dell'opera
Se il prestatore d'opera non procede all'esecuzione dell'opera
secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d'arte, il
committente può fissare un congruo termine, entro il quale il
prestatore d'opera deve conformarsi a tali condizioni.
Trascorso inutilmente il termine fissato, il committente può
recedere dal contratto, salvo il diritto al risarcimento dei danni
(1223, 1662).
Art. 2225 Corrispettivo
Il corrispettivo, se non è convenuto dalle parti e non può essere
determinato secondo le tariffe professionali o gli usi, è stabilito
dal giudice in relazione al risultato ottenuto e al lavoro
normalmente necessario per ottenerlo (1657).
Art. 2226 Difformità e vizi dell'opera
L'accettazione espressa o tacita dell'opera libera il prestatore
d'opera dalla responsabilità per difformità o per vizi della
medesima, se all'atto dell'accettazione questi erano noti al
committente o facilmente riconoscibili, purché in questo caso non
siano stati dolosamente occultati.
Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare le difformità e
i vizi occulti al prestatore d'opera entro otto giorni (2964) dalla
scoperta. L'azione si prescrive (2941 e seguenti) entro un anno
dalla consegna (att. 201).
I diritti del committente nel caso di difformità o di vizi
dell'opera sono regolati dall'art. 1668.
Art. 2227 Recesso unilaterale dal contratto
Il committente può recedere dal contratto, ancorché sia iniziata
l'esecuzione dell'opera, tenendo indenne il prestatore d'opera delle
spese, del lavoro eseguito e del mancato guadagno (1671).
Art. 2228 Impossibilità sopravvenuta dell'esecuzione dell'opera
Se l'esecuzione dell'opera diventa impossibile per causa non
imputabile ad alcuna delle parti, il prestatore d'opera ha diritto
ad un compenso per il lavoro prestato in relazione alla utilità
della parte dell'opera compiuta (1672).
CAPO II
Delle professioni intellettuali
Art. 2229 Esercizio delle professioni intellettuali
La legge determina le professioni intellettuali per l'esercizio
delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi o elenchi.
L'accertamento dei requisiti per l'iscrizione negli albi o negli
elenchi, la tenuta dei medesimi e il potere disciplinare sugli
iscritti sono demandati alle associazioni professionali sotto la
vigilanza dello Stato, salvo che la legge disponga diversamente.
Contro il rifiuto dell'iscrizione o la cancellazione dagli albi o
elenchi, e contro i provvedimenti disciplinari che importano la
perdita o la sospensione del diritto all'esercizio della professione
e ammesso ricorso in via giurisdizionale nei modi e nei termini
stabiliti dalle leggi speciali.
Art. 2230 Prestazione d'opera intellettuale
Il contratto che ha per oggetto una prestazione di opera
intellettuale è regolato dalle norme seguenti (att. 202) e, in
quanto compatibili con queste e con la natura del rapporto, dalle
disposizioni del Capo precedente.
Sono salve le disposizioni delle leggi speciali.
Art. 2231 Mancanza d'iscrizione
Quando l'esercizio di un'attività professionale è condizionato
all'iscrizione in un albo o elenco, la prestazione eseguita da chi
non è iscritto non gli dà azione per il pagamento della retribuzione
(2034).
La cancellazione dall'albo o elenco risolve il contratto in corso,
salvo il diritto del prestatore d'opera al rimborso delle spese
incontrate e a un compenso adeguato all'utilità del lavoro compiuto.
Art. 2232 Esecuzione dell'opera
Il prestatore d'opera deve (1176) eseguire personalmente l'incarico
assunto. Può tuttavia valersi, sotto la propria direzione e
responsabilità, di sostituti e ausiliari, se la collaborazione di
altri è consentita dal contratto o dagli usi e non è incompatibile
con l'oggetto della prestazione.
Art. 2233 Compenso
Il compenso (2751), se non è convenuto dalle parti e non può essere
determinato secondo le tariffe o gli usi, e determinato dal giudice,
sentito il parere dell'associazione professionale (ora consiglio
dell’Ordine) a cui il professionista appartiene.
In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata
all'importanza dell'opera e al decoro della professione (2956).
Gli avvocati, i procuratori e i patrocinatori non possono, neppure
per interposta persona, stipulare con i loro clienti alcun patto
relativo ai beni che formano oggetto delle controversie affidate al
loro patrocinio, sotto pena di nullità (1418 e seguenti) e dei
danni.
Art. 2234 Spese e acconti
Il cliente, salvo diversa pattuizione, deve anticipare al prestatore
di opera le spese occorrenti al compimento dell'opera e
corrispondere, secondo gli usi, gli acconti sul compenso.
Art. 2235 Divieto di ritenzione
Il prestatore d'opera non può ritenere le cose e i documenti
ricevuti, se non per il periodo strettamente necessario alla tutela
dei propri diritti secondo le leggi professionali (2961).
Art. 2236 Responsabilità del prestatore d'opera
Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di
speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni,
se non in caso di dolo o di colpa grave (1176).
Art. 2237 Recesso
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Contract/Bacin-1998/Cassazione.htm>
Il cliente può recedere dal contratto, rimborsando al prestatore
d'opera le spese sostenute e pagando il compenso per l'opera svolta.
Il prestatore d'opera può recedere dal contratto per giusta causa.
In tal caso egli ha diritto al rimborso delle spese fatte e al
compenso per l'opera svolta, da determinarsi con riguardo al
risultato utile che ne sia derivato al cliente.
Il recesso del prestatore d'opera deve essere esercitato in modo da
evitare pregiudizio al cliente.
Art. 2238 Rinvio
Se l'esercizio della professione costituisce elemento di un'attività
organizzata in forma d'impresa, si applicano anche le disposizioni
del Titolo II (2082 e seguenti).
In ogni caso, se l'esercente una professione intellettuale impiega
sostituti o ausiliari, si applicano le disposizioni delle Sezioni
II, III e IV del Capo I del Titolo II (2094 e seguenti).
TITOLO IV
DEL LAVORO SUBORDINATO IN PARTICOLARI RAPPORTI
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 2239 Norme applicabili
I rapporti di lavoro subordinato che non sono inerenti all'esercizio
di un'impresa sono regolati dalle disposizioni delle Sezioni II, III
e IV del Capo I del Titolo II, in quanto compatibili con la
specialità del rapporto (2904 e seguenti; att. 98; Cod. Proc. Civ.
409).
CAPO II
Del lavoro domestico
Art. 2240 Norme applicabili
Il rapporto di lavoro che ha per oggetto la prestazione di servizi
di carattere domestico è regolato dalle disposizioni di questo Capo
(att. 203) e, in quanto più favorevoli al prestatore di lavoro,
dalla convenzione e dagli usi (2068).
Art. 2241 Periodo di prova
Il patto di prova si presume per i primi otto giorni.
Art. 2242 Vitto alloggio e assistenza
Il prestatore di lavoro ammesso alla convivenza familiare ha
diritto, oltre alla retribuzione in danaro, al vitto, all'alloggio
e, per le infermità di breve durata, alla cura e alla assistenza
medica.
Le parti devono contribuire alle istituzioni di previdenza e di
assistenza, nei casi e nei modi stabiliti dalla legge.
Art. 2243 Periodo di riposo
Il prestatore di lavoro, oltre al riposo settimanale secondo gli
usi, ha diritto, dopo un anno di ininterrotto servizio (inciso
illegittimo), ad un periodo di ferie retribuito, che non può essere
inferiore a otto giorni.
Art. 2244 Recesso
Al contratto di lavoro domestico sono applicabili le norme sul
recesso volontario e per giusta causa, stabilite negli artt. 2118 e
2119.
Il periodo di preavviso non può essere inferiore a otto giorni o, se
l'anzianità di servizio è superiore a due anni, a quindici giorni.
Art. 2245 Indennità di anzianità
In caso di cessazione del contratto è dovuta al prestatore di lavoro
un'indennità proporzionale agli anni di servizio, salvo il caso di
licenziamento per colpa di lui o di dimissioni volontarie.
L'ammontare dell'indennità è determinato sulla base dell'ultima
retribuzione in danaro, nella misura di otto giorni per ogni anno di
servizio.
Se gli usi lo stabiliscono, l'indennità è dovuta anche nel caso di
dimissioni volontarie (2751) (l'art. 17, L 2 aprile 1958, n. 339
prevede l'indennità di anzianità "in caso di licenziamento o di
dimissioni").
Art. 2246 Certificato di lavoro
Alla cessazione del contratto il prestatore di lavoro ha diritto al
rilascio di un certificato che attesti la natura delle mansioni
disimpegnate e il periodo di servizio prestato.
TITOLO V
DELLE SOCIETA’
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 2247 Contratto di società
Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o
servizi per l'esercizio in comune di un'attività economica allo
scopo di dividerne gli utili.
Art. 2248 Comunione a scopo di godimento
La comunione costituita o mantenuta al solo scopo del godimento di
una o più cose è regolata dalle norme del Titolo VII del Libro III
(1100 e seguenti).
Art. 2249 Tipi di società
Le società che hanno per oggetto l'esercizio di un'attività
commerciale (2195) devono costituirsi secondo uno dei tipi regolati
nei Capi III e seguenti di questo Titolo.
Le società che hanno per oggetto l'esercizio di un'attività diversa
sono regolate dalle disposizioni sulla società semplice, a meno che
i soci abbiano voluto costituire la società secondo uno degli altri
tipi regolati nei Capi III e seguenti di questo Titolo.
Sono salve le disposizioni riguardanti le società cooperative (2511
e seguenti) e quelle delle leggi speciali che per l'esercizio di
particolari categorie d'imprese prescrivono la costituzione della
società secondo un determinato tipo.
Art. 2250 Indicazione negli atti e nella corrispondenza
Negli atti e nella corrispondenza delle società soggette all'obbligo
dell'iscrizione nel registro delle imprese (2200) devono essere
indicati la sede della società e l'ufficio del registro delle
imprese presso il quale questa è iscritta e il numero di iscrizione.
Il capitale delle società per azioni, in accomandita per azioni e a
responsabilità limitata deve essere negli atti e nella
corrispondenza indicato secondo la somma effettivamente versata e
quale risulta esistente dall'ultimo bilancio.
Dopo lo scioglimento delle società previste dal primo comma deve
essere espressamente indicato negli atti e nella corrispondenza che
la società e in liquidazione (2627).
Negli atti e nella corrispondenza delle società a responsabilità
limitata deve essere indicato se queste hanno un unico socio (Comma
aggiunto dall'art. 3, Decr. lgs. n.88 del 3 marzo 1993).
CAPO II
Della società semplice
SEZIONE I
Disposizioni generali
Art. 2251 Contratto sociale
Nella società semplice (att. 204) il contratto non é soggetto a
forme speciali, salve quelle richieste dalla natura dei beni
conferiti (1350, 2643).
Art. 2252 Modificazioni del contratto sociale
Il contratto sociale può essere modificato soltanto con il consenso
di tutti i soci, se non e convenuto diversamente.
SEZIONE II
Dei rapporti tra i soci
Art. 2253 Conferimenti
Il socio è obbligato a eseguire i conferimenti determinati nel
contratto sociale.
Se i conferimenti non sono determinati, si presume che i soci siano
obbligati a conferire, in parti eguali tra loro, quanto è necessario
per il conseguimento dell'oggetto sociale.
Art. 2254 Garanzia e rischi dei conferimenti
Per le cose conferite in proprietà la garanzia dovuta dal socio e il
passaggio dei rischi sono regolati dalle norme sulla vendita (1465,
1478 e seguenti, 1529).
Il rischio delle cose conferite in godimento resta a carico del
socio che le ha conferite. La garanzia per il godimento è regolata
dalle norme sulla locazione (1578 e seguenti, 1585 e seguenti).
Art. 2255 Conferimento di crediti
Il socio che ha conferito un credito risponde della insolvenza del
debitore, nei limiti indicati dall'art. 1267 per il caso di
assunzione convenzionale della garanzia.
Art. 2256 Uso illegittimo delle cose sociali
Il socio non può servirsi, senza il consenso degli altri soci, delle
cose appartenenti al patrimonio sociale per fini estranei a quelli
della società.
Art. 2257 Amministrazione disgiuntiva
Salvo diversa pattuizione, l'amministrazione della società spetta a
ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri.
Se l'amministrazione spetta disgiuntamente a più soci, ciascun socio
amministratore ha diritto di opporsi all'operazione che un altro
voglia compiere, prima che sia compiuta.
La maggioranza dei soci, determinata secondo la parte attribuita a
ciascun socio negli utili, decide sull'opposizione.
Art. 2258 Amministrazione congiuntiva
Se l'amministrazione spetta congiuntamente a più soci, è necessario
il consenso di tutti i soci amministratori per il compimento delle
operazioni sociali.
Se è convenuto che per l'amministrazione o per determinati atti sia
necessario il consenso della maggioranza, questa si determina a
norma dell'ultimo comma dell'articolo precedente.
Nei casi preveduti da questo articolo, i singoli amministratori non
possono compiere da soli alcun atto, salvo che vi sia urgenza di
evitare un danno alla società.
Art. 2259 Revoca della facoltà di amministrare
La revoca dell'amministratore nominato con il contratto sociale non
ha effetto se non ricorre una giusta causa.
L'amministratore nominato con atto separato è revocabile secondo le
norme sul mandato (1723 e seguenti).
La revoca per giusta causa può in ogni caso essere chiesta
giudizialmente da ciascun socio.
Art. 2260 Diritti e obblighi degli amministratori
I diritti e gli obblighi degli amministratori sono regolati dalle
norme sul mandato (1710 e seguenti).
Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società
(1292 e seguenti) per l'adempimento degli obblighi ad essi imposti
dalla legge e dal contratto sociale. Tuttavia la responsabilità non
si estende a quelli che dimostrino di essere esenti da colpa.
Art. 2261 Controllo dei soci
I soci che non partecipano all'amministrazione hanno diritto (2623)
di avere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari
sociali, di consultare i documenti relativi all'amministrazione e di
ottenere il rendiconto quando gli affari per cui fu costituita la
società sono stati compiuti.
Se il compimento degli affari sociali dura oltre un anno, i soci
hanno diritto di avere il rendiconto dell'amministrazione al termine
di ogni anno, salvo che il contratto stabilisca un termine diverso.
Art. 2262 Utili
Salvo patto contrario, ciascun socio ha diritto di percepire la sua
parte di utili dopo l'approvazione del rendiconto.
Art. 2263 Ripartizione dei guadagni e delle perdite
Le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono
proporzionali ai conferimenti. Se il valore dei conferimenti non è
determinato dal contratto, esse si presumono eguali.
La parte spettante al socio che ha conferito la propria opera, se
non è determinata dal contratto, e fissata dal giudice secondo
equità.
Se il contratto determina soltanto la parte di ciascun socio nei
guadagni, nella stessa misura si presume che debba determinarsi la
partecipazione alle perdite.
Art. 2264 Partecipazione ai guadagni e alle perdite rimessa alla
determinazione di un terzo
La determinazione della parte di ciascun socio nei guadagni e nelle
perdite può essere rimessa ad un terzo (1349, 2603).
La determinazione del terzo può essere impugnata soltanto nei casi
previsti dall'art. 1349 e nel termine di tre mesi dal giorno in cui
il socio, che pretende di esserne leso, ne ha avuto comunicazione
(2964 e seguenti). L'impugnazione non può essere proposta dal socio
che ha volontariamente eseguito la determinazione del terzo.
Art. 2265 Patto leonino
E' nullo il patto (1419 e seguenti) con il quale uno o più soci sono
esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite.
SEZIONE III
Dei rapporti con i terzi
Art. 2266 Rappresentanza della società
La società acquista diritti e assume obbligazioni per mezzo dei soci
che ne hanno la rappresentanza e sta in giudizio nella persona dei
medesimi.
In mancanza di diversa disposizione del contratto, la rappresentanza
spetta a ciascun socio amministratore e si estende a tutti gli atti
che rientrano nell'oggetto sociale.
Le modificazioni e l'estinzione dei poteri di rappresentanza sono
regolate dall'art. 1396.
Art. 2267 Responsabilità per le obbligazioni sociali
I creditori della società possono far valere i loro diritti sul
patrimonio sociale. Per le obbligazioni sociali rispondono inoltre
personalmente (2740) e solidalmente (1292 e seguenti) i soci che
hanno agito in nome e per conto della società e, salvo patto
contrario, gli altri soci.
Il patto deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi
idonei; in mancanza, la limitazione della responsabilità o
l'esclusione della solidarietà non è opponibile a coloro che non ne
hanno avuto conoscenza (att. 204).
Art. 2268 Escussione preventiva del patrimonio sociale
Il socio richiesto del pagamento di debiti sociali può domandare,
anche se la società è in liquidazione (2274 e seguenti), la
preventiva escussione del patrimonio sociale, indicando i beni sui
quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi.
Art. 2269 Responsabilità del nuovo socio
Chi entra a far parte di una società già costituita risponde con gli
altri soci per le obbligazioni sociali anteriori all'acquisto della
qualità di socio.
Art. 2270 Creditore particolare del socio
Il creditore particolare del socio, finché dura la società, può far
valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore e compiere
atti conservativi (Cod. Proc. Civ. 670 e seguente) sulla quota
spettante a quest'ultimo nella liquidazione.
Se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i
suoi crediti, il creditore particolare del socio può inoltre
chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del suo debitore.
La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo
che sia deliberato lo scioglimento della società.
Art. 2271 Esclusione della compensazione
Non é ammessa compensazione (1246) fra il debito che un terzo ha
verso la società e il credito che egli ha verso un socio.
SEZIONE IV
Dello scioglimento della società
Art. 2272 Cause di scioglimento
La società si scioglie:
1) per il decorso del termine;
2) per il conseguimento dell'oggetto sociale o per la sopravvenuta
impossibilità di conseguirlo;
3) per la volontà di tutti i soci;
4) quando viene a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di
sei mesi questa non è ricostituita;
5) per le altre cause previste dal contratto sociale.
Art. 2273 Proroga tacita
La società è tacitamente prorogata a tempo indeterminato quando,
decorso il tempo per cui fu contratta, i soci continuano a compiere
le operazioni sociali.
Art. 2274 Poteri degli amministratori dopo lo scioglimento
Avvenuto lo scioglimento della società, i soci amministratori
conservano il potere di amministrare, limitatamente agli affari
urgenti, fino a che siano presi i provvedimenti necessari per la
liquidazione.
Art. 2275 Liquidatori
Se il contratto non prevede il modo di liquidare il patrimonio
sociale e i soci non sono d'accordo nel determinarlo, la
liquidazione è fatta da uno o piu liquidatori, nominati con il
consenso di tutti i soci o, in caso di disaccordo, dal presidente
del tribunale.
I liquidatori possono essere revocati per volontà di tutti i soci e
in ogni caso dal tribunale per giusta causa su domanda di uno o più
soci (2259).
Art. 2276 Obblighi e responsabilità dei liquidatori
Gli obblighi e la responsabilità dei liquidatori sono regolati dalle
disposizioni stabilite per gli amministratori (2260), in quanto non
sia diversamente disposto dalle norme seguenti o dal contratto
sociale (2452).
Art. 2277 Inventario
Gli amministratori devono consegnare ai liquidatori i beni e i
documenti sociali e presentare ad essi il conto della gestione
relativo al periodo successivo all'ultimo rendiconto.
I liquidatori devono prendere in consegna i beni e i documenti
sociali, e redigere, insieme con gli amministratori, l'inventario
dal quale risulti lo stato attivo e passivo del patrimonio sociale.
L'inventario deve essere sottoscritto dagli amministratori e dai
liquidatori (2452).
Art. 2278 Poteri dei liquidatori
I liquidatori possono compiere gli atti necessari per la
liquidazione e, se i soci non hanno disposto diversamente, possono
vendere anche in blocco i beni sociali e fare transazioni e
compromessi (2452).
Essi rappresentano la società anche in giudizio.
Art. 2279 Divieto di nuove operazioni
I liquidatori non possono intraprendere nuove operazioni.
Contravvenendo a tale divieto, essi rispondono personalmente (2740)
e solidalmente (1292 e seguenti) per gli affari intrapresi (2452).
Art. 2280 Pagamento dei debiti sociali
I liquidatori non possono ripartire tra i soci, neppure
parzialmente, i beni sociali, finché non siano pagati i creditori
della società o non siano accantonate le somme necessarie per
pagarli (2452, 2625).
Se i fondi disponibili risultano insufficienti per il pagamento dei
debiti sociali, i liquidatori possono chiedere ai soci i versamenti
ancora dovuti sulle rispettive quote e, se occorre, le somme
necessarie, nei limiti della rispettiva responsabilità e in
proporzione della parte di ciascuno nelle perdite. Nella stessa
proporzione si ripartisce tra i soci il debito del socio insolvente.
Art. 2281 Restituzione dei beni conferiti in godimento
I soci che hanno conferito beni in godimento hanno diritto di
riprenderli nello stato in cui si trovano. Se i beni sono periti o
deteriorati per causa imputabile agli amministratori, i soci hanno
diritto al risarcimento del danno a carico del patrimonio sociale,
salva l'azione contro gli amministratori (2740).
Art. 2282 Ripartizione dell'attivo
Estinti i debiti sociali, l'attivo residuo è destinato al rimborso
dei conferimenti (2253). L'eventuale eccedenza è ripartita tra i
soci in proporzione della parte di ciascuno nei guadagni (2265).
L'ammontare dei conferimenti non aventi per oggetto somme di danaro
è determinato secondo la valutazione che ne è stata fatta nel
contratto o, in mancanza, secondo il valore che essi avevano nel
momento in cui furono eseguiti.
Art. 2283 Ripartizione di beni in natura
Se è convenuto che la ripartizione dei beni sia fatta in natura, si
applicano le disposizioni sulla divisione delle cose comuni (719 e
seguenti, 1111 e seguenti).
SEZIONE V
Dello scioglimento del rapporto sociale limitatamente a un socio
Art. 2284 Morte del socio
Salvo contraria disposizione del contratto sociale, in caso di morte
di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a
meno che preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con
gli eredi stessi e questi vi acconsentano.
Art. 2285 Recesso del socio
Ogni socio può recedere dalla società quando questa è contratta a
tempo indeterminato o per tutta la vita di uno dei soci.
Può inoltre recedere nei casi previsti nel contratto sociale ovvero
quando sussiste una giusta causa (2900).
Nei casi previsti nel primo comma il recesso deve essere comunicato
agli altri soci con un preavviso di almeno tre mesi.
Art. 2286 Esclusione
L'esclusione di un socio può avere luogo per gravi inadempienze
delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale
(2301, 2320), nonché per l'interdizione, l'inabilitazione del socio
(414 e e seguente, att. 208) o per la sua condanna ad una pena che
importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici.
Il socio che ha conferito nella società la propria opera o il
godimento di una cosa può altresì essere escluso per la sopravvenuta
inidoneità a svolgere l'opera conferita o per il perimento della
cosa dovuto a causa non imputabile agli amministratori.
Parimenti può essere escluso il socio che si è obbligato con il
conferimento a trasferire la proprietà di una cosa, se questa è
perita prima che la proprietà sia acquistata dalla società (1465,
att. 208).
Art. 2287 Procedimento di esclusione
L'esclusione è deliberata dalla maggioranza dei soci, non
computandosi nel numero di questi il socio da escludere, ed ha
effetto decorsi trenta giorni dalla data della comunicazione al
socio escluso.
Entro questo termine (2964) il socio escluso può fare opposizione
davanti al tribunale, il quale può sospendere l'esecuzione.
Se la società si compone di due soci, l'esclusione di uno di essi è
pronunciata dal tribunale, su domanda dell'altro.
Art. 2288 Esclusione di diritto
E' escluso di diritto il socio che sia dichiarato fallito.
Parimenti è escluso di diritto il socio nei cui confronti un suo
creditore particolare abbia ottenuto la liquidazione della quota a
norma dell'art. 2270.
Art. 2289 Liquidazione della quota del socio uscente
Nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un
socio, questi o i suoi eredi hanno diritto soltanto ad una somma di
danaro che rappresenti il valore della quota.
La liquidazione della quota e fatta in base alla situazione
patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo
scioglimento.
Se vi sono operazioni in corso, il socio o i suoi eredi partecipano
agli utili e alle perdite inerenti alle operazioni medesime.
Salvo quanto e disposto nell'art. 2270, il pagamento della quota
spettante al socio deve essere fatto entro sei mesi dal giorno in
cui si verifica lo scioglimento del rapporto.
Art. 2290 Responsabilità del socio uscente o dei suoi eredi
Nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un
socio, questi o i suoi eredi sono responsabili verso i terzi per le
obbligazioni sociali (2267) fino al giorno in cui si verifica lo
scioglimento.
Lo scioglimento deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi
idonei; in mancanza non è opponibile ai terzi che lo hanno senza
colpa ignorato.
CAPO III
Della società in nome collettivo
Art. 2291 Nozione
Nella società in nome collettivo tutti i soci rispondono
solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali.
Il patto contrario non ha effetto nei confronti dei terzi.
Art. 2292 Regime sociale
La società in nome collettivo agisce sotto una ragione sociale
costituita dal nome di uno o più soci con l'indicazione del rapporto
sociale (2563, 2567).
La società può conservare nella ragione sociale il nome del socio
receduto o defunto, se il socio receduto o gli eredi del socio
defunto vi consentono (att. 207).
Art. 2293 Norme applicabili
La società in nome collettivo e regolata dalle norme di questo Capo
e, in quanto queste non dispongano, dalle norme del Capo precedente.
Art. 2294 Incapace
La partecipazione di un incapace (414 e e seguente) alla società in
nome collettivo è subordinata in ogni caso all'osservanza delle
disposizioni degli artt. 320, 371, 397, 424 e 425 (att. 208).
Art. 2295 Atto costitutivo
L'atto costitutivo della società deve (1350, 2643) indicare:
1) il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, il
domicilio, la cittadinanza dei soci;
2) la ragione sociale;
3) i soci che hanno l'amministrazione e la rappresentanza della
società;
4) la sede della società e le eventuali sedi secondarie;
5) l'oggetto sociale;
6) i conferimenti di ciascun socio, il valore ad essi attribuito e
il modo di valutazione;
7) le prestazioni a cui sono obbligati i soci di opera;
8) le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti e la
quota di ciascun socio negli utili e nelle perdite;
9) la durata della società.
Art. 2296 Pubblicazione
L'atto costitutivo della società, con sottoscrizione autenticata
(2703) dei contraenti, o una copia autentica (2714) di esso se la
stipulazione è avvenuta per atto pubblico (2699), deve entro trenta
giorni essere depositato per l'iscrizione, a cura degli
amministratori (2626), presso l'ufficio del registro delle imprese
(2188 e seguenti; att. 99 e seguenti) nella cui circoscrizione è
stabilita la sede sociale.
Se gli amministratori non provvedono al deposito nel termine
indicato nel comma precedente, ciascun socio può provvedervi a spese
della società, o far condannare gli amministratori ad eseguirlo.
Se la stipulazione è avvenuta per atto pubblico, è obbligato ad
eseguire il deposito anche il notaio (2626).
Art. 2297 Mancata registrazione
Fino a quando la società non è iscritta nel registro delle imprese
(att. 99 e seguenti), i rapporti tra la società e i terzi, ferma
restando la responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci,
sono regolati dalle disposizioni relative alla società semplice.
Tuttavia si presume che ciascun socio che agisce per la società
abbia la rappresentanza sociale, anche in giudizio. I patti che
attribuiscono la rappresentanza ad alcuno soltanto dei soci o che
limitano i poteri di rappresentanza non sono opponibili ai terzi, a
meno che si provi che questi ne erano a conoscenza.
Art. 2298 Rappresentanza della società
L'am amministratore che ha la rappresentanza della società può
compiere tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale, salve le
limitazioni che risultano dall'atto costitutivo o dalla procura. Le
limitazioni non sono opponibili ai terzi, se non sono iscritte nel
registro delle imprese (att. 99 e seguenti) o se non si prova che i
terzi ne hanno avuto conoscenza (2193).
Gli amministratori che hanno la rappresentanza sociale devono, entro
quindici giorni dalla notizia della nomina, depositare presso
l'ufficio del registro delle imprese le loro firme autografe (2626).
Art. 2299 Sedi secondarie
Un estratto dell'atto costitutivo deve essere depositato per
l'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese (att. 99 e
seguenti) del luogo in cui la società istituisce sedi secondarie con
una rappresentanza stabile, entro trenta giorni dall'istituzione
delle medesime (2197, 2626).
L'estratto deve indicare l'ufficio del registro presso il quale e
iscritta la società e la data dell'iscrizione.
Presso l'ufficio del registro in cui è iscritta la sede secondaria
(2197) deve essere altresì depositata la firma autografa del
rappresentante preposto all'esercizio della sede medesima.
L'istituzione di sedi secondarie deve essere denunciata per
l'iscrizione nello stesso termine anche all'ufficio del registro del
luogo dove e iscritta la società (2626).
Art. 2300 Modificazioni dell'atto costitutivo
Gli amministratori devono richiedere nel termine di trenta giorni
all'ufficio del registro delle imprese (att. 99 e seguenti),
l'iscrizione delle modificazioni dell'atto costitutivo e degli altri
fatti relativi alla società, dei quali è obbligatoria l'iscrizione
(2626).
Se la modificazione dell'atto costitutivo risulta da deliberazione
dei soci, questa deve essere depositata in copia autentica (2626,
2703).
Le modificazioni dell'atto costitutivo, finché non sono iscritte,
non sono opponibili ai terzi, a meno che si provi che questi ne
erano a conoscenza (2193; att. 211).
Art. 2301 Divieto di concorrenza
Il socio non può, senza il consenso degli altri soci, esercitare per
conto proprio o altrui una attività concorrente con quella della
società, né partecipare come socio illimitatamente responsabile
(2462) ad altra società concorrente.
Il consenso si presume, se l'esercizio dell'attività o la
partecipazione ad altra società preesisteva al contratto sociale, e
gli altri soci ne erano a conoscenza.
In caso d'inosservanza delle disposizioni del primo comma la società
ha diritto al risarcimento del danno, salva l'applicazione dell'art.
2286.
Art. 2302 Scritture contabili
Gli amministratori devono tenere i libri e le altre scritture
contabili prescritti dall'art. 2214 (att. 200).
Art. 2303 Limiti alla distribuzione degli utili
Non può farsi luogo a ripartizione di somme tra soci se non per
utili realmente conseguiti (2621).
Se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo
a ripartizioni di utili fino a che il capitale non sia reintegrato o
ridotto in misura corrispondente.
Art. 2304 Responsabilità dei soci
I creditori sociali, anche se la società è in liquidazione, non
possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo
l'escussione del patrimonio sociale (2268, 2471).
Art. 2305 Creditore particolare del socio
Il creditore particolare del socio, finché dura la società, non può
chiedere la liquidazione della quota del socio debitore.
Art. 2306 Riduzione di capitale
La deliberazione di riduzione di capitale, mediante rimborso ai soci
delle quote pagate o mediante liberazione di essi dall'obbligo di
ulteriori versamenti, può essere eseguita soltanto dopo tre mesi dal
giorno dell'iscrizione nel registro delle imprese (att. 99 e
seguenti), purché entro questo termine nessun creditore sociale
anteriore all'iscrizione abbia fatto opposizione (2623 n. 1; att.
211).
Il tribunale, nonostante l'opposizione, può disporre che
l'esecuzione abbia luogo, previa prestazione da parte della società
di un'idonea garanzia (1179).
Art. 2307 Proroga della società
Il creditore particolare del socio può fare opposizione alla proroga
della società, entro tre mesi dall'iscrizione della deliberazione di
proroga nel registro delle imprese (att. 99 e seguenti).
Se l'opposizione è accolta, la società deve, entro tre mesi dalla
notificazione della sentenza, liquidare la quota del socio debitore
dell'opponente (2289).
In caso di proroga tacita (2273) ciascun socio può sempre recedere
dalla società, dando preavviso a norma dell'art. 2285, e il
creditore particolare del socio può chiedere la liquidazione della
quota del suo debitore a norma dell'art. 2270 (att. 211).
Art. 2308 Scioglimento della società
La società si scioglie, oltre che per le cause indicate dall'art.
2272, per provvedimento dell'autorità governativa nei casi stabiliti
dalla legge, e, salvo che abbia per oggetto un'attività non
commerciale (2195), per la dichiarazione di fallimento (2711, 2221).
Art. 2309 Pubblicazione della nomina dei liquidatori
La deliberazione dei soci o la sentenza che nomina i liquidatori e
ogni atto successivo che importa cambiamento nelle persone dei
liquidatori devono essere, entro quindici giorni dalla notizia della
nomina, depositati in copia autentica a cura dei liquidatori
medesimi per l'iscrizione presso l'ufficio del registro delle
imprese (2452, 2626).
I liquidatori devono altresì depositare presso lo stesso ufficio le
loro firme autografe.
Art. 2310 Rappresentanza della società di liquidazione
Dall'iscrizione della nomina dei liquidatori la rappresentanza della
società, anche in giudizio, spetta ai liquidatori (att. 218).
Art. 2311 Bilancio finale di liquidazione e piano di riparto
Compiuta la liquidazione, i liquidatori devono redigere il bilancio
finale e proporre ai soci il piano di riparto (2621).
Il bilancio, sottoscritto dai liquidatori, e il piano di riparto
devono essere comunicati mediante raccomandata ai soci, e
s'intendono approvati se non sono stati impugnati nel termine di due
mesi dalla comunicazione (2964 e seguenti).
In caso d'impugnazione del bilancio e del piano di riparto, il
liquidatore può chiedere che le questioni relative alla liquidazione
siano esaminate separatamente da quelle relative alla divisione,
alle quali il liquidatore può restare estraneo.
Con l'approvazione del bilancio i liquidatori sono liberati di
fronte ai soci (2452).
Art. 2312 Cancellazione della società
Approvato il bilancio finale di liquidazione i liquidatori devono
chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese.
Dalla cancellazione della società i creditori sociali che non sono
stati soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti
dei soci e, se il mancato pagamento e dipeso da colpa dei
liquidatori, anche nei confronti di questi.
Le scritture contabili e i documenti che non spettano ai singoli
soci sono depositati presso la persona designata dalla maggioranza.
Le scritture contabili e i documenti devono essere conservati per
dieci anni a decorrere dalla cancellazione della società dal
registro delle imprese (att. 218).
CAPO IV
Della società in accomandita semplice
Art. 2313 Nozione
Nella società in accomandita semplice i soci accomandatari
rispondono solidalmente e illimitatamente (2740) per le obbligazioni
sociali, e i soci accomandanti rispondono limitatamente alla quota
conferita.
Le quote di partecipazione dei soci non possono essere rappresentate
da azioni.
Art. 2314 Ragione sociale
La società agisce sotto una ragione sociale costituita dal nome di
almeno uno dei soci accomandatari, con l'indicazione di società in
accomandita semplice, salvo il disposto del secondo comma dell'art.
2292 (2564, 2567).
L'accomandante, il quale consente che il suo nome sia compreso nella
ragione sociale, risponde di fronte ai terzi illimitatamente (2740)
e solidalmente (1292) con i soci accomandatari per le obbligazioni
sociali.
Art. 2315 Norme applicabili
Alla società in accomandita semplice si applicano le disposizioni
relative alla società in nome collettivo, in quanto siano
compatibili con le norme seguenti.
Art. 2316 Atto costitutivo
L'atto costitutivo (1350, 2693) deve indicare i soci accomandatari e
i soci accomandanti.
Art. 2317 Mancata registrazione
Fino a quando la società non è iscritta nel registro delle imprese
(att. 99 e seguenti), ai rapporti fra la società e i terzi si
applicano le disposizioni dell'art. 2297.
Tuttavia per le obbligazioni sociali i soci accomandanti rispondono
limitatamente alla loro quota, salvo che abbiano partecipato alle
operazioni sociali.
Art. 2318 Soci accomandatari
I soci accomandatari hanno i diritti e gli obblighi dei soci della
società in nome collettivo.
L'amministrazione della società può essere conferita soltanto a soci
accomandatari.
Art. 2319 Nomina e revoca degli amministratori
Se l'atto costitutivo non dispone diversamente, per la nomina degli
amministratori e per la loro revoca nel caso indicato nel secondo
comma dell'art. 2259 sono necessari il consenso dei soci
accomandatari e l'approvazione di tanti soci accomandanti che
rappresentino la maggioranza del capitale da essi sottoscritto.
Art. 2320 Soci accomandatari
I soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, né
trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza
di procura speciale per singoli affari. Il socio accomandante che
contravviene a tale divieto assume responsabilità illimitata (2740)
e solidale (1292) verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali e
può essere escluso a norma dell'art. 2286.
I soci accomandanti possono tuttavia prestare la loro opera sotto la
direzione degli amministratori e, se l'atto costitutivo lo consente,
dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni e compiere
atti di ispezione e di sorveglianza.
In ogni caso essi hanno diritto di avere comunicazione annuale del
bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, e di controllarne
l'esattezza, consultando i libri e gli altri documenti della
società.
Art. 2321 Utili percepiti in buona fede
I soci accomandanti non sono tenuti alla restituzione degli utili
riscossi in buona fede secondo il bilancio regolarmente approvato.
Art. 2322 Trasferimento della quota
La quota di partecipazione del socio accomandante è trasmissibile
per causa di morte.
Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, la quota può
essere ceduta, con effetto verso la società, con il consenso dei
soci che rappresentano la maggioranza del capitale.
Art. 2323 Cause di scioglimento
La società si scioglie, oltre che per le cause previste nell'art.
2308 (2322), quando rimangono soltanto soci accomandanti o soci
accomandatari, sempreché nel termine di sei mesi non sia stato
sostituito il socio che è venuto meno (2711).
Se vengono a mancare tutti gli accomandatari, per il periodo
indicato dal comma precedente gli accomandanti nominano un
amministratore provvisorio per il compimento degli atti di ordinaria
amministrazione. L'amministratore provvisorio non assume la qualità
di socio accomandatario.
Art. 2324 Diritti dei creditori sociali dopo la liquidazione
Salvo il diritto previsto dal secondo comma dell'art. 2312 nei
confronti degli accomandatari e dei liquidatori, i creditori sociali
che non sono stati soddisfatti nella liquidazione della società
possono far valere i loro crediti anche nei confronti degli
accomandanti, limitatamente alla quota di liquidazione (att. 218).
CAPO V
Della società per azioni
SEZIONE I
Disposizioni generali
Art. 2325 Nozione
Nella società per azioni per le obbligazioni sociali risponde
soltanto la società con il suo patrimonio.
Le quote di partecipazione dei soci sono rappresentate da azioni
(2346 e seguenti).
Art. 2326 Denominazione sociale
La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere
l'indicazione di società per azioni (2564, 2567).
Art. 2327 Ammontare minimo del capitale
La società per azioni deve costituirsi (2445) con un capitale non
inferiore a 200 milioni di lire (att. 215).
Art. 2328 Atto costitutivo
La società deve costituirsi per atto pubblico (2643, 2699, 2725).
L'atto costitutivo deve indicare:
1) il cognome ed il nome, il luogo e la data di nascita, il
domicilio e la cittadinanza dei soci e degli eventuali promotori,
nonché il numero delle azioni sottoscritte da ciascuno di essi;
2) la denominazione, la sede della società e le eventuali sedi
secondarie;
3) l'oggetto sociale;
4) l'ammontare del capitale sottoscritto e versato;
5) il valore nominale e il numero delle azioni e se queste sono
nominative o al portatore (2355);
6) il valore dei crediti e dei beni conferiti in natura (2343 e
seguenti);
7) le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti
(2433);
8) la partecipazione agli utili eventualmente accordata ai promotori
o ai soci fondatori (2337, 2431);
9) il numero degli amministratori e i loro poteri, indicando quali
tra essi hanno la rappresentanza della società (2383);
10) il numero dei componenti il collegio sindacale (2397 e
seguenti);
11) la durata della società;
12) l'importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la
costituzione poste a carico della società.
Lo statuto contenente le norme relative al funzionamento della
società, anche se forma oggetto di atto separato, si considera parte
integrante dell'atto costitutivo e deve essere a questo allegato
(2475).
Art. 2329 Condizioni per la costituzione
Per procedere alla costituzione della società è necessario
1) che sia sottoscritto per intero il capitale sociale;
2) che siano versati presso un istituto di credito (att. 251) almeno
i tre decimi dei conferimenti in danaro;
3) che sussistano le autorizzazioni governative e le altre
condizioni richieste dalle leggi speciali per la costituzione della
società, in relazione al suo particolare oggetto.
Le somme depositate a norma del n. 2 del comma precedente non
possono essere consegnate agli amministratori se non provano
l'avvenuta iscrizione della società nel registro delle imprese.
L'istituto di credito è responsabile nei confronti della società e
dei terzi per l'inosservanza del presente divieto.
Se non entro anno dal deposito l'iscrizione non ha avuto luogo , le
somme di cui al comma precedente devono essere restituite ai
sottoscrittori. (2475).
NOTA La costituzione di società con capitale superiore a 10 miliardi
è subordinata a preventiva autorizzazione del Ministero del tesoro
(Legge 4 giugno 1985, n. 281).
Art. 2330 Deposito dell'atto costitutivo e iscrizione della società
Il notaio che ha ricevuto l'atto costitutivo deve depositarlo entro
trenta giorni presso l'ufficio del registro delle imprese nella cui
circoscrizione è stabilita la sede sociale, allegando i documenti
comprovanti l'avvenuto versamento dei decimi in danaro e, per i
conferimenti di beni in natura o di crediti, la relazione indicata
nell'art. 2343, nonché le eventuali autorizzazioni richieste per la
costituzione della società.
Se il notaio o gli amministratori non provvedono al deposito
dell'atto costitutivo e degli allegati nel termine indicato nel
comma precedente, ciascun socio può provvedervi a spese della
società o far condannare gli amministratori ad eseguirlo.
Il tribunale, verificato l'adempimento delle condizioni stabilite
dalla legge per la costituzione della società, e sentito il pubblico
ministero, ordina l'iscrizione della società nel registro.
Il decreto del tribunale è soggetto a reclamo davanti alla corte di
appello entro trenta giorni (2964) dalla comunicazione.
Se la società istituisce sedi secondarie, si applica l'art. 2299.
Art. 2330 bis Pubblicazione dell'atto costitutivo
L'atto costitutivo e lo statuto devono essere pubblicati nel
Bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità
limitata.
Nel medesimo Bollettino deve essere fatta menzione del deposito,
presso l'ufficio del registro delle imprese, della relazione
indicata nell'art. 2343.
Art. 2331 Effetti dell'iscrizione
Con l'iscrizione nel registro (att. 99 e seguenti) la società
acquista la personalità giuridica.
Per le operazioni compiute in nome della società prima
dell'iscrizione sono illimitatamente (2740) e solidalmente (art.
1292 e seguenti) responsabili verso i terzi coloro che hanno agito
(2475).
L'emissione e la vendita delle azioni prima dell'iscrizione della
società sono nulle (1421 e seguenti).
Art. 2332 Nullità della società
Avvenuta l'iscrizione nel registro delle imprese, la nullità della
società può essere pronunciata soltanto nei seguenti casi:
1) mancanza dell'atto costitutivo;
2) mancata stipulazione dell'atto costitutivo nella forma di atto
pubblico;
3) inosservanza delle disposizioni di cui all'art. 2330 relative al
controllo preventivo
4) illiceità o contrarietà all'ordine pubblico dell'oggetto sociale;
5) mancanza nell'atto costitutivo o nello statuto di ogni
indicazione riguardante la denominazione della società, o i
conferimenti, o l'ammontare del capitale sottoscritto o l'oggetto
sociale;
6) inosservanza della disposizione di cui all'art. 2329, n. 2;
7) incapacità di tutti i soci fondatori;
8) mancanza della pluralità dei fondatori.
La dichiarazione di nullità non pregiudica l'efficacia degli atti
compiuti in nome della società dopo l'iscrizione nel registro delle
imprese.
I soci non sono liberati dall'obbligo dei conferimenti fino a quando
non sono soddisfatti i creditori sociali.
La sentenza che dichiara la nullità nomina i liquidatori.
La nullità non può essere dichiarata quando la causa di essa è stata
eliminata per effetto di una modificazione dell'atto costitutivo
iscritta nel registro delle imprese (2475).
SEZIONE II
Della costituzione mediante pubblica sottoscrizione
Art. 2333 Programma e sottoscrizione delle azioni
La società può essere costituita anche per mezzo di pubblica
sottoscrizione sulla base di un programma che ne indichi l'oggetto e
il capitale, le principali disposizioni dell'atto costitutivo,
l'eventuale partecipazione che i promotori si riservano agli utili e
il termine entro il quale deve essere stipulato l'atto costitutivo.
Il programma con le firme autenticate (2703) dei promotori, prima di
essere reso pubblico, deve essere depositato presso un notaio.
Le sottoscrizioni delle azioni devono risultare da atto pubblico o
da scrittura privata autenticata (2699 e seguenti). L'atto deve
indicare il cognome e il nome, il domicilio o la sede del
sottoscrittore, il numero delle azioni sottoscritte e la data della
sottoscrizione.
Art. 2334 Versamenti e convocazione dell'assemblea dei
sottoscrittori
Raccolte le sottoscrizioni, i promotori, con raccomandata o nella
forma prevista nel programma, devono assegnare ai sottoscrittori un
termine non superiore ad un mese per fare il versamento prescritto
dal n. 2 dell'art. 2329.
Decorso inutilmente questo termine, è in facoltà dei promotori di
agire contro i sottoscrittori morosi o di scioglierli
dall'obbligazione assunta. Qualora i promotori si avvalgano di
quest'ultima facoltà, non può procedersi alla costituzione della
società prima che siano collocate le azioni che quelli avevano
sottoscritte.
Salvo che il programma stabilisca un termine diverso, i promotori,
nei venti giorni successivi al termine fissato per il versamento
prescritto dal n. 2 dell'art. 2329, devono convocare l'assemblea dei
sottoscrittori mediante raccomandata, da inviarsi a ciascuno di essi
almeno dieci giorni prima di quello fissato per l'assemblea, con
l'indicazione delle materie da trattare.
Art. 2335 Assemblea dei sottoscrittori
L'assemblea dei sottoscrittori:
1) accerta l'esistenza delle condizioni richieste per la
costituzione della società
2) delibera sul contenuto dell'atto costitutivo;
3) delibera sulla riserva di partecipazione agli utili fatta a
proprio favore dai promotori;
4) nomina gli amministratori e i membri del collegio sindacale.
L'assemblea è validamente costituita con la presenza della metà dei
sottoscrittori.
Ciascun sottoscrittore ha diritto a un voto, qualunque sia il numero
delle azioni sottoscritte, e per la validità delle deliberazioni si
richiede il voto favorevole della maggioranza dei presenti.
Tuttavia per modificare le condizioni stabilite nel programma è
necessario il consenso di tutti i sottoscrittori.
Art. 2336 Stipulazione e deposito dell'atto costitutivo
Eseguito quanto è prescritto nell'articolo precedente, gli
intervenuti all'assemblea, in rappresentanza anche dei
sottoscrittori assenti, stipulano l'atto costitutivo, che deve
essere depositato per l'iscrizione nel registro delle imprese a
norma dell'art. 2330 (2626).
SEZIONE III
Dei promotori e dei soci fondatori
Art. 2337 Promotori
Sono promotori coloro che nella costituzione per pubblica
sottoscrizione hanno firmato il programma a norma del secondo comma
dell'art. 2333.
Art. 2338 Obbligazioni dei promotori
I promotori sono solidalmente responsabili (1292 e seguenti, 2691)
verso i terzi per le obbligazioni assunte per costituire la società.
La società è tenuta a rilevare i promotori dalle obbligazioni
assunte e a rimborsare loro le spese sostenute, sempreché siano
state necessarie per la costituzione della società o siano state
approvate dall'assemblea.
Se per qualsiasi ragione la società non si costituisce, i promotori
non possono rivalersi verso i sottoscrittori delle azioni.
Art. 2339 Responsabilità dei promotori
I promotori sono solidalmente responsabili (1292 e seguenti, 2691)
verso la società e verso i terzi:
1) per l'integrale sottoscrizione del capitale sociale e per i
versamenti richiesti per la costituzione della società;
2) per l'esistenza dei conferimenti in natura in conformità della
relazione giurata indicata nell'art. 2343;
3) per la veridicità delle comunicazioni da essi fatte al pubblico
per la costituzione della società (2621).
Sono del pari solidalmente responsabili verso la società e verso i
terzi coloro per conto dei quali i promotori hanno agito.
Art. 2340 I limiti dei benefici riservati ai promotori
I promotori possono riservarsi nell'atto costitutivo,
indipendentemente dalla loro qualità di soci, una partecipazione non
superiore complessivamente a un decimo degli utili netti risultanti
dal bilancio e per un periodo massimo di cinque anni.
Essi non possono stipulare a proprio vantaggio altro beneficio.
Art. 2341 Soci fondatori
Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche ai soci
che nella costituzione simultanea o in quella per pubblica
sottoscrizione stipulano l'atto costitutivo.
SEZIONE IV
Dei conferimenti
Art. 2342 Conferimenti
Se nell'atto costitutivo non è stabilito diversamente, il
conferimento deve farsi in danaro.
Per i conferimenti di beni in natura e di crediti si osservano le
disposizioni degli artt. 2254 e 2255. Le azioni corrispondenti a
tali conferimenti devono essere integralmente liberate al momento
della sottoscrizione.
Non possono formare oggetto di conferimento le prestazioni di opera
o di servizi.
Art. 2343 Stima dei conferimenti di beni in natura e di crediti
Chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare la relazione
giurata di un esperto designato dal presidente del tribunale,
contenente la descrizione dei beni o dei crediti conferiti, il
valore a ciascuno di essi attribuito, i criteri di valutazione
seguiti, nonché l'attestazione che il valore attribuito non è
inferiore al valore nominale, aumentato dell'eventuale sopraprezzo,
delle azioni emesse a fronte del conferimento. La relazione deve
essere allegata all'atto costitutivo.
All'esperto nominato dal presidente del tribunale si applicano le
disposizioni dell'art. 64 Cod. Proc. Civ.
Gli amministratori e i sindaci devono, nel termine di sei mesi dalla
costituzione della società, controllare le valutazioni contenute
nella relazione indicata nel 1° comma e, se sussistano fondati
motivi, devono procedere alla revisione della stima. Fino a quando
le valutazioni non sono state controllate, le azioni corrispondenti
ai conferimenti sono inalienabili e devono restare depositate presso
la società.
Se risulta che il valore dei beni o dei crediti conferiti era
inferiore di oltre un quinto a quello per cui avvenne il
conferimento, la società deve proporzionalmente ridurre il capitale
sociale, annullando le azioni che risultano scoperte. Tuttavia il
socio conferente può versare la differenza in danaro o recedere
dalla società.
Art. 2343-bis Acquisto della società da promotori, fondatori, soci e
amministratori
L'acquisto da parte della società, per un corrispettivo pari o
superiore al decimo del capitale sociale, di beni o di crediti dei
promotori, dei fondatori, dei soci o degli amministratori, nei due
anni dalla iscrizione della società nel registro delle imprese, deve
essere autorizzato dall'assemblea ordinaria.
L'alienante deve presentare la relazione giurata di un esperto
designato dal presidente del tribunale contenente la descrizione dei
beni o dei crediti, il valore a ciascuno di essi attribuito, i
criteri di valutazione seguiti, nonché l'attestazione che tale
valore non è inferiore al corrispettivo, che deve comunque essere
indicato.
La relazione deve essere depositata nella sede della società durante
i quindici giorni che precedono l'assemblea. I soci possono
prenderne visione. Entro trenta giorni dall'autorizzazione il
verbale dell'assemblea, corredato dalla relazione dell'esperto
designato dal presidente del tribunale, deve essere depositato a
cura degli amministratori presso l'ufficio del registro delle
imprese; del deposito deve essere fatta menzione nel Bollettino
ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata.
Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli acquisti
che siano effettuati a condizioni normali nell'ambito delle
operazioni correnti della società ne a quelli che avvengono in borsa
o sotto il controllo dell'autorità giudiziaria o amministrativa.
Art. 2344 Mancato pagamento delle quote
Se il socio non esegue il pagamento delle quote dovute, gli
amministratori, decorsi quindici giorni dalla pubblicazione di una
diffida nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, possono far
vendere le azioni a suo rischio e per suo conto, a mezzo di un
agente di cambio o di un istituto di credito (att. 251).
Qualora la vendita non possa aver luogo per mancanza di compratori,
gli amministratori possono dichiarare decaduto il socio, trattenendo
le somme riscosse, salvo il risarcimento dei maggiori danni.
Le azioni non vendute, se non possono essere rimesse in circolazione
entro l'esercizio in cui fu pronunziata la decadenza del socio
moroso, devono essere estinte con la corrispondente riduzione del
capitale.
Il socio in mora nei versamenti non può esercitare il diritto di
voto.
Art. 2345 Prestazioni accessorie
Oltre l'obbligo dei conferimenti, l'atto costitutivo può stabilire
l'obbligo dei soci di eseguire prestazioni accessorie non
consistenti in denaro, determinandone il contenuto, la durata, le
modalità e il compenso, e stabilendo particolari sanzioni per il
caso d'inadempimento. Nella determinazione del compenso devono
essere osservate le norme (corporative) applicabili ai rapporti
aventi per oggetto le stesse prestazioni.
Le azioni alle quali è connesso l'obbligo delle prestazioni
anzidette devono essere nominative e non sono trasferibili senza il
consenso degli amministratori.
Se non è diversamente disposto dall'atto costitutivo, gli obblighi
previsti in questo articolo non possono essere modificati senza il
consenso di tutti i soci.
SEZIONE V
Delle azioni
Art. 2346 Emissione delle azioni
Le azioni non possono emettersi per somma inferiore al loro valore
nominale (2630, 2438).
Art. 2347 Indivisibilità delle azioni
Le azioni sono indivisibili (2487). Nel caso di comproprietà di
un'azione, i diritti dei comproprietari devono essere esercitati da
un rappresentante comune.
Se il rappresentante comune non è stato nominato, le comunicazioni e
le dichiarazioni fatte dalla società a uno dei comproprietari sono
efficaci nei confronti di tutti.
I comproprietari dell'azione rispondono solidalmente (1292) delle
obbligazioni da essa derivanti.
Art. 2348 Categorie di azioni
Le azioni devono essere di uguale valore e conferiscono ai loro
possessori uguali diritti (2521).
Si possono tuttavia creare categorie di azioni fornite di diritti
diversi con l'atto costitutivo o con successive modificazioni di
questo (2369, 2436 e seguenti).
Art. 2349 Azioni a favore dei prestatori di lavoro
In caso di assegnazione straordinaria di utili ai prestatori di
lavoro dipendenti dalla società, possono essere emesse, per un
ammontare corrispondente agli utili stessi, speciali categorie di
azioni da assegnare individualmente ai prestatori di lavoro, con
norme particolari riguardo alla forma, al modo di trasferimento ed
ai diritti spettanti agli azionisti.
Il capitale sociale deve essere aumentato in misura corrispondente
(2521).
Art. 2350 Diritto agli utili e alla quota di liquidazione
Ogni azione attribuisce il diritto a una parte proporzionale degli
utili netti (2433) del patrimonio netto risultante dalla
liquidazione, salvi i diritti stabiliti a favore di speciali
categorie di azioni a norma degli articoli precedenti.
Art. 2351 Diritto di voto
Ogni azione attribuisce il diritto di voto.
L'atto costitutivo può tuttavia stabilire che le azioni privilegiate
nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale allo
scioglimento della società abbiano diritto di voto soltanto nelle
deliberazioni previste nell'art. 2365. Le azioni con voto limitato
non possono superare la metà del capitale sociale.
Non possono emettersi azioni a voto plurimo (att. 212).
Art. 2352 Pegno e usufrutto di azioni
Nel caso di pegno (2086) o di usufrutto (981) sulle azioni (1997 e
seguente), il diritto di voto spetta, salvo convenzione contraria,
al creditore pignoratizio o all'usufruttuario.
Se le azioni attribuiscono un diritto di opzione (2441), questo
spetta al socio. Qualora il socio non provveda almeno tre giorni
(2964) prima della scadenza al versamento delle somme necessarie per
l'esercizio del diritto di opzione, questo deve essere alienato per
conto del socio medesimo a mezzo di un agente di cambio o di un
istituto di credito (att. 251).
Se sono richiesti versamenti sulle azioni, nel caso di pegno, il
socio deve provvedere al versamento delle somme necessarie almeno
tre giorni prima della scadenza; in mancanza, il creditore
pignoratizio può vendere le azioni nel modo stabilito dal comma
precedente. Nel caso di usufrutto, l'usufruttuario deve provvedere
al versamento, salvo il suo diritto alla restituzione al termine
dell'usufrutto.
Se l'usufrutto spetta a più persone, si applica il secondo comma
dell'art. 2347.
Art. 2353 Azioni di godimento
Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, le azioni di
godimento attribuite ai possessori delle azioni rimborsate non danno
diritto di voto nell'assemblea. Esse concorrono nella ripartizione
degli utili che residuano dopo il pagamento delle azioni non
rimborsate di un dividendo pari all'interesse legale (1284) e, in
caso di liquidazione, nella ripartizione del patrimonio sociale
residuo dopo il rimborso delle altre azioni al loro valore nominale.
Art. 2354 Contenuto delle azioni
Le azioni (2521) devono indicare:
1) la denominazione, la sede e la durata della società;
2) la data dell'atto costitutivo e della sua iscrizione, e l'ufficio
del registro delle imprese dove la società è iscritta;
3) il loro valore nominale e l'ammontare del capitale sociale;
4) l'ammontare dei versamenti parziali sulle azioni non interamente
liberate;
5) i diritti e gli obblighi particolari ad esse inerenti.
Le azioni devono essere sottoscritte da uno degli amministratori. E'
valida la sottoscrizione mediante riproduzione meccanica della
firma, purché l'originale sia depositato presso l'ufficio del
registro delle imprese ove è iscritta la società.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche ai certificati
provvisori che si distribuiscono ai soci prima dell'emissione dei
titoli definitivi (2633).
Art. 2355 Azioni nominative e al portatore
Le azioni possono essere nominative o al portatore (att. 109), a
scelta dell'azionista, se l'atto costitutivo non stabilisce che
devono essere nominative.
Le azioni non possono essere al portatore, finché non siano
interamente liberate.
L'atto costitutivo può sottoporre a particolari condizioni
l'alienazione delle azioni nominative.
NOTA Art 22 della Legge 4 giugno 1985, n. 281: "Sono inefficaci le
clausole degli atti costitutivi di società per azioni, le quali
subordinano gli effetti del trasferimento delle azioni al mero
gradimento di organi sociali".
Art. 2356 Responsabilità in caso di trasferimento di azioni non
liberate
Coloro che hanno trasferito azioni non liberate sono obbligati
solidalmente (1292 e seguenti) con gli acquirenti per l'ammontare
dei versamenti ancora dovuti, per il periodo di tre anni dal
trasferimento.
Il pagamento non può essere ad essi domandato se non nel caso in cui
la richiesta al possessore dell'azione sia rimasta infruttuosa.
Art. 2357 Acquisto delle proprie azioni
La società non può acquistare azioni proprie se non nei limiti degli
utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti
dall'ultimo bilancio regolarmente approvato. Possono essere
acquistate soltanto azioni interamente liberate.
L'acquisto deve essere autorizzato dall'assemblea, la quale ne fissa
le modalità, indicando in particolare il numero massimo di azioni da
acquistare, la durata, non superiore ai diciotto mesi, per la quale
l'autorizzazione è accordata, il corrispettivo minimo ed il
corrispettivo massimo.
In nessun caso il valore nominale delle azioni acquistate a norma
dei commi precedenti può eccedere la decima parte del capitale
sociale, tenendosi conto a tal fine anche delle azioni possedute da
società controllate.
Le azioni acquistate in violazione dei commi precedenti debbono
essere alienate secondo modalità da determinarsi dall'assemblea,
entro un anno dal loro acquisto. In mancanza, deve procedersi senza
indugio al loro annullamento e alla corrispondente riduzione del
capitale. Qualora l'assemblea non provveda, gli amministratori e i
sindaci devono chiedere che la riduzione sia disposta dal tribunale
secondo il procedimento previsto dall'art. 2446, 2° comma.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli
acquisti fatti per tramite di società fiduciaria o per interposta
persona.
Art. 2357-bis Casi speciali di acquisto delle proprie azioni
Le limitazioni contenute nell'articolo precedente non si applicano
quando l'acquisto di azioni proprie avvenga:
1) in esecuzione di una deliberazione dell'assemblea di riduzione
del capitale, da attuarsi mediante riscatto e annullamento di
azioni;
2) a titolo gratuito, sempre che si tratti di azioni interamente
liberate;
3) per effetto di successione universale o di fusione;
4) in occasione di esecuzione forzata per il soddisfacimento di un
credito della società, sempre che si tratti di azioni interamente
liberate.
Se il valore nominale delle azioni proprie supera il limite della
decima parte del capitale per effetto di acquisti avvenuti a norma
dei numeri 2), 3) e 4) del 1' comma del presente articolo, si
applica per l'eccedenza il penultimo comma dell'articolo precedente,
ma il termine entro il quale deve avvenire l'alienazione è di tre
anni.
Art. 2357 ter Disciplina delle proprie azioni
Gli amministratori non possono disporre delle azioni acquistate a
norma dei due articoli precedenti se non previa autorizzazione
dell'assemblea, la quale deve stabilire le relative modalità.
Finché le azioni restano in proprietà della società, il diritto agli
utili e il diritto di opzione sono attribuiti proporzionalmente alle
altre azioni. Il diritto di voto è sospeso, ma le azioni proprie
sono tuttavia computate nel capitale ai fini del calcolo delle quote
richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell'assemblea.
Una riserva indisponibile pari all'importo delle azioni proprie
iscritto all'attivo del bilancio deve essere costituita e mantenuta
nonché le azioni non siano trasferite o annullate.
Art. 2357 quater Divieto di sottoscrizione delle proprie azioni
In nessun caso la società può sottoscrivere azioni proprie.
Le azioni sottoscritte in violazione del divieto stabilito nel
precedente comma si intendono sottoscritte e devono essere liberate
dai promotori e dai soci fondatori o, in caso di aumento del
capitale sociale, dagli amministratori. La presente disposizione non
si applica a chi dimostri di essere esente da colpa.
Chiunque abbia sottoscritto in nome proprio, ma per conto della
società, azioni di quest'ultima è considerato a tutti gli effetti
sottoscrittore per conto proprio. Della liberazione delle azioni
rispondono solidalmente, salvo che non dimostrino di essere esenti
da colpa, i promotori, i soci fondatori e, nel caso di aumento del
capitale sociale, gli amministratori.
Art. 2358 Altre operazioni sulle proprie azioni
La società non può accordare prestiti, né fornire garanzie per
l'acquisto o la sottoscrizione delle azioni proprie.
La società non può, neppure per tramite di società fiduciaria, o per
interposta persona, accettare azioni proprie in garanzia.
Le disposizioni dei due commi precedenti non si applicano alle
operazioni effettuate per favorire l'acquisto di azioni da parte di
dipendenti della società o di quelli di società controllanti o
controllate. In questi casi tuttavia le somme impiegate e le
garanzie prestate debbono essere contenute nei limiti degli utili
distribuibili regolarmente accertati e delle riserve disponibili
risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato.
Art. 2359 Società controllate e società collegate
Sono considerate società controllate:
1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei
voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;
2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti
per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;
3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società
in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.
Ai fini dell'applicazione dei nn. 1 e 2 del l° comma si computano
anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e
a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di
terzi.
Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società
esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando
nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei
voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa.
Art. 2359-bis Acquisto di azioni o quote da parte di società
controllate
La società controllata non può acquistare azioni o quote della
società controllante se non nei limiti degli utili distribuibili e
delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio
regolarmente approvato. Possono essere acquistate soltanto azioni
interamente liberate.
L'acquisto deve essere autorizzato dall'assemblea a norma del
secondo comma dell'art. 2357.
In nessun caso il valore nominale delle azioni o quote acquistate a
norma dei commi precedenti può eccedere la decima parte del capitale
della società controllante, tenendosi conto a tal fine delle azioni
o quote possedute dalla medesima società controllante e dalle
società da essa controllate.
Una riserva indisponibile, pari all'importo delle azioni o quote
della società controllante iscritto all'attivo del bilancio, deve
essere costituita e mantenuta finché le azioni o quote non siano
trasferite.
La società controllata da altra società non può esercitare il
diritto di voto nelle assemblee di questa.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche agli acquisti
fatti per tramite di società fiduciaria o per interposta persona.
Art. 2359-ter Alienazione o annullamento delle azioni o quote della
società controllante
Le azioni o quote acquistate in violazione dell'art. 2359 bis devono
essere alienate secondo modalità da determinarsi dall'assemblea
entro un anno dal loro acquisto.
In mancanza, la società controllante deve procedere senza indugio al
loro annullamento e alla corrispondente riduzione del capitale, con
rimborso secondo i criteri indicati dall'art. 2437. Qualora
l'assemblea non provveda, gli amministratori e i sindaci devono
chiedere che la riduzione sia disposta dal tribunale secondo il
procedimento previsto dall'art. 2446, secondo comma.
Art. 2359 quater Casi speciali di acquisto o di possesso di azioni o
quote della società controllante
Le limitazioni dell'art. 2359 bis non si applicano quando l'acquisto
avvenga ai sensi dei nn. 2, 3 e 4 del primo comma dell'art. 2357
bis.
Le azioni o quote così acquistate, che superino il limite stabilito
dal terzo comma dell'art. 2359 bis, devono tuttavia essere alienate,
secondo modalità da determinarsi dall'assemblea entro tre anni
dall'acquisto. Si applica il secondo comma dell'art. 2359 ter.
Se il limite indicato dal terzo comma dell'art. 2359 bis è superato
per effetto di circostanzesopravvenute, la società controllante,
entro tre anni dal momento in cui si è verificata la circostanza che
ha determinato il superamento del limite, deve procedere
all'annullamento delle azioni o quote in misura proporzionale a
quelle possedute da ciascuna società, con conseguente riduzione del
capitale e con rimborso alle società controllate secondo i criteri
indicati dall'art. 2437. Qualora l'assemblea non provveda, gli
amministratori e i sindaci devono chiedere che la riduzione sia
disposta dal tribunale secondo il procedimento previsto dall'art.
2446, secondo comma.
Art. 2359 quinquies Sottoscrizione di azioni o quote della società
controllante
La società controllata non può sottoscrivere azioni o quote della
società controllante.
Le azioni o quote sottoscritte in violazione del comma precedente si
intendono sottoscritte e devono essere liberate dagli
amministratori, che non dimostrino di essere esenti da colpa.
Chiunque abbia sottoscritto in nome proprio, ma per conto della
società controllata, azioni o quote della società controllante è
considerato a tutti gli effetti sottoscrittore per conto proprio.
Della liberazione delle azioni o quote rispondono solidalmente gli
amministratori della società controllata che non dimostrino di
essere esenti da colpa.
Art. 2360 Divieto di sottoscrizione reciproca d'azioni
E' vietato alle società di costituire o di aumentare il capitale
mediante sottoscrizione reciproca di azioni, anche per tramite di
società fiduciaria o per interposta persona.
Art. 2361 Partecipazioni
L'assunzione di partecipazioni in altre imprese, anche se prevista
genericamente nell'atto costitutivo, non è consentita, se per la
misura e per l'oggetto della partecipazione ne risulta
sostanzialmente modificato l'oggetto sociale determinato dall'atto
costitutivo (2360 n. 3; att. 209).
Art. 2362 Unico azionista
In caso d'insolvenza della società, per le obbligazioni sociali
sorte nel periodo in cui le azioni risultano essere appartenute ad
una sola persona, questa risponde illimitatamenre (att. 209).
SEZIONE VI
Degli organi sociali
§ 1 Dell'assemblea
Art. 2363 Luogo di convocazione dell'assemblea
L'assemblea è convocata dagli amministratori nella sede della
società, se l'atto costitutivo non dispone diversamente.
L'assemblea è ordinaria o straordinaria.
Art. 2364 Assemblea ordinaria
L'assemblea ordinaria:
1) approva il bilancio (2432 e seguenti);
2) nomina gli amministratori (2383), i sindaci (2400) e il
presidente del collegio sindacale (2398);
3) determina il compenso degli amministratori (2389) e dei sindaci
(2400), se non è stabilito nell'atto costitutivo;
4) delibera sugli altri oggetti attinenti alla gestione della
società riservati alla sua competenza dall'atto costitutivo, o
sottoposti al suo esame dagli amministratori, nonché sulla
responsabilità degli amministratori e dei sindaci (2393, 2407 e
seguente).
L'assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una volta
all'anno, entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio sociale.
L'atto costitutivo può stabilire un termine maggiore, non superiore
in ogni caso a sei mesi, quando particolari esigenze lo richiedono.
Art. 2365 Assemblea straordinaria
L'assemblea straordinaria delibera sulle modificazioni dell'atto
costitutivo (2436 e seguenti) e sull'emissione di obbligazioni (2410
e seguenti). Delibera altresì sulla nomina e sui poteri dei
liquidatori a norma degli artt. 2450 e 2452.
Art. 2366 Formalità per la convocazione
L'assemblea deve essere convocata dagli amministratori mediante
avviso contenente l'indicazione del giorno, dell'ora e del luogo
dell'adunanza e l'elenco delle materie da trattare (2393).
L'avviso deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica almeno quindici giorni prima di quello fissato per
l'adunanza.
In mancanza delle formalità suddette, l'assemblea si reputa
regolarmente costituita, quando è rappresentato l'intero capitale
sociale e sono intervenuti tutti gli amministratori e i componenti
del collegio sindacale. Tuttavia in tale ipotesi ciascuno degli
intervenuti può opporsi alla discussione degli argomenti sui quali
non si ritenga sufficientemente informato.
Art. 2367 Convocazione su richiesta della minoranza
Gli amministratori devono convocare senza ritardo l'assemblea,
quando ne è fatta domanda da tanti soci che rappresentino almeno il
quinto del capitale sociale e nella domanda sono indicati gli
argomenti da trattare (2630-2 n. 2).
Se gli amministratori, o in loro vece i sindaci, non provvedono, la
convocazione dell'assemblea è ordinata con decreto del presidente
del tribunale, il quale designa la persona che deve presiederla
(att. 209).
Art. 2368 Costituzione dell'assemblea e validità delle deliberazioni
L'assemblea ordinaria è regolarmente costituita con la presenza di
tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale,
escluse dal computo le azioni a voto limitato. Essa delibera a
maggioranza assoluta, salvo che l'atto costitutivo richieda una
maggioranza più elevata. Per la nomina alle cariche sociali l'atto
costitutivo può stabilire norme particolari.
L'assemblea straordinaria delibera con il voto favorevole di tanti
soci che rappresentino più della metà del capitale sociale, se
l'atto costitutivo non richiede una maggioranza più elevata.
Art. 2369 Seconda convocazione
Se i soci intervenuti non rappresentano complessivamente la parte di
capitale richiesta dall'articolo precedente, l'assemblea deve essere
nuovamente convocata.
Nell'avviso di convocazione dell'assemblea può essere fissato il
giorno per la seconda convocazione. Questa non può aver luogo nello
stesso giorno fissato per la prima. Se il giorno per la seconda
convocazione non è indicato nell'avviso, l'assemblea deve essere
riconvocata entro trenta giorni dalla data della prima, e il termine
stabilito dal secondo comma dell'art. 2366 è ridotto ad otto giorni.
In seconda convocazione l'assemblea ordinaria delibera sugli oggetti
che avrebbero dovuto essere trattati nella prima, qualunque sia la
parte di capitale rappresentata dai soci intervenuti, e l'assemblea
straordinaria delibera con il voto favorevole di tanti soci che
rappresentino più del terzo del capitale sociale, a meno che l'atto
costitutivo richieda una maggioranza più elevata.
Tuttavia anche in seconda convocazione è necessario il voto
favorevole di tanti soci che rappresentino più della metà del
capitale sociale per le deliberazioni concernenti il cambiamento
dell'oggetto sociale, la trasformazione della società (2498 e
seguenti), lo scioglimento anticipato di questa (2448), il
trasferimento della sede sociale all'estero e l'emissione di azioni
privilegiate (2348).
Art. 2369-bis Assemblea straordinaria in terza convocazione
L'assemblea straordinaria delle società con azioni quotate in borsa,
se i soci intervenuti in seconda convocazione non rappresentano la
parte del capitale necessaria per deliberare, può essere nuovamente
convocata entro trenta giorni. Il termine stabilito dal secondo
comma dell'art. 2366 è ridotto a otto giorni.
In terza convocazione l'assemblea delibera con il voto favorevole di
tanti soci che rappresentino più di un quinto del capitale sociale,
a meno che l'atto costitutivo richieda una maggioranza più elevata.
Per le deliberazioni indicate dal quarto comma dell'art. 2369, per
quelle concernenti la riduzione del capitale, quando non siano
imposte dalla legge, e per quelle di fusione e di scissione e
tuttavia necessario il voto favorevole di tanti soci che
rappresentino più di un terzo del capitale sociale.
Art. 2370 Diritto d'intervento all'assemblea
Possono intervenire all'assemblea gli azionisti (2418) iscritti nel
libro dei soci almeno cinque giorni prima di quello fissato per
l'assemblea, e quelli che hanno depositato nel termine stesso le
loro azioni presso la sede sociale o gli istituti di credito
indicati nell'avviso di convocazione.
Art. 2371 Presidenza dell'assemblea
L'assemblea è presieduta dalla persona indicata nell'atto
costitutivo o, in mancanza, da quella designata dagli intervenuti.
Il presidente è assistito da un segretario designato nello stesso
modo.
L'assistenza del segretario non è necessaria quando il verbale
dell'assemblea è redatto da un notaio.
Art. 2372 Rappresentanza nell'assemblea
Salvo disposizione contraria dell'atto costitutivo, i soci possono
farsi rappresentare nell'assemblea. La rappresentanza deve essere
conferita per iscritto e i documenti relativi devono essere
conservati dalla società.
La rappresentanza può essere conferita soltanto per singole
assemblee, con effetto anche per le convocazioni successive.
La delega non può essere rilasciata con il nome del rappresentante
in bianco. Il rappresentante può farsi sostituire solo da chi sia
espressamente indicato nella delega.
La rappresentanza non può essere conferita né agli amministratori,
ai sindaci e ai dipendenti della società, né alle società da essa
controllate (2359) e agli amministratori, sindaci e dipendenti di
queste, né ad aziende o istituti di credito.
La stessa persona non può rappresentare in assemblea più di dieci
soci o, se si tratta di società con azioni quotate in borsa, più di
cinquanta soci se la società ha capitale non superiore ai dieci
miliardi, più di cento soci se la società ha capitale superiore ai
dieci miliardi e non superiore ai cinquanta miliardi e più di
duecento soci se la società ha capitale superiore ai cinquanta
miliardi.
Le disposizioni del quarto e del quinto comma si applicano anche nel
caso di girata delle azioni per procura.
Art. 2373 Conflitto d'interessi
Il diritto di voto non può essere esercitato dal socio nelle
deliberazioni in cui egli ha, per conto proprio o di terzi, un
interesse in conflitto con quello della società
In caso d'inosservanza della disposizione del comma precedente, la
deliberazione, qualora possa recare danno alla società, è
impugnabile a norma dell'art. 2377 se, senza il voto dei soci che
avrebbero dovuto astenersi dalla votazione, non si sarebbe raggiunta
la necessaria maggioranza.
Gli amministratori non possono votare nelle deliberazioni
riguardanti la loro responsabilità (2393).
Le azioni per le quali, a norma di questo articolo, non può essere
esercitato il diritto di voto sono computate ai fini della regolare
costituzione dell'assemblea (2368 e seguente, 2486; att. 209).
Art. 2374 Rinvio dell'assemblea
I soci intervenuti che riuniscono il terzo del capitale
rappresentato nell'assemblea, se dichiarano di non essere
sufficientemente informati su gli oggetti posti in deliberazione,
possono chiedere che l'adunanza sia rinviata a non oltre tre giorni.
Questo diritto non può esercitarsi che una sola volta per lo stesso
oggetto.
Art. 2375 Verbale delle deliberazioni dell'assemblea
Le deliberazioni dell'assemblea devono constare da verbale
sottoscritto dal presidente e dal segretario o dal notaio. Nel
verbale devono essere riassunte, su richiesta dei soci, le loro
dichiarazioni.
Il verbale dell'assemblea straordinaria deve essere redatto da un
notaio.
Art. 2376 Assemblee speciali
Se esistono diverse categorie di azioni (2348), le deliberazioni
dell'assemblea, che pregiudicano i diritti di una di esse, devono
essere approvate anche dall'assemblea speciale dei soci della
categoria interessata.
Alle assemblee speciali si applicano le disposizioni relative alle
assemblee straordinarie.
Art. 2377 Invalidità delle deliberazioni
Le deliberazioni dell'assemblea, prese in conformità della legge e
dell'atto costitutivo vincolano tutti i soci, ancorché non
intervenuti o dissenzienti (2437).
Le deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o
dell'atto costitutivo possono essere impugnate dagli amministratori,
dai sindaci e dai soci assenti o dissenzienti, e quelle
dell'assemblea ordinaria altresì dai soci con diritto di voto
limitato (2351), entro tre mesi (2964 e seguenti) dalla data della
deliberazione, ovvero, se questa è soggetta ad iscrizione nel
registro delle imprese entro tre mesi dall'iscrizione.
L'annullamento della deliberazione ha effetto rispetto a tutti i
soci ed obbliga gli amministratori a prendere i conseguenti
provvedimenti, sotto la propria responsabilità. In ogni caso sono
salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti
compiuti in esecuzione della deliberazione.
L'annullamento della deliberazione non può aver luogo, se la
liberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità
della legge e dell'atto costitutivo (2416, 2486, att. 209).
Art. 2378 Procedimento d'impugnazione
L'impugnazione è proposta davanti al tribunale del luogo dove la
società ha sede.
Il socio opponente deve depositare in cancelleria almeno una azione.
Il presidente del tribunale può disporre con decreto che il socio
opponente presti una idonea garanzia (1179; Cod. Proc. Civ. 119) per
l'eventuale risarcimento dei danni.
Tutte le impugnazioni relative alla medesima deliberazione devono
essere istruite congiuntamente e decise con unica sentenza La
trattazione della causa ha inizio trascorso il termine stabilito nel
secondo comma dell'articolo precedente.
Il presidente del tribunale o il giudice istruttore, sentiti gli
amministratori e i sindaci, può sospendere. se ricorrono gravi
motivi, su richiesta del socio opponente, l'esecuzione della
deliberazione impugnata, con decreto motivato da notificarsi agli
amministratori.
I dispositivi del decreto di sospensione e della sentenza che decide
sull'impugnazione devono essere iscritti, a cura degli
amministratori, nel registro delle imprese (2416, 2626; att. 209).
Art. 2379 Deliberazioni nulle per impossibilità o illiceità
dell'oggetto
Alle deliberazioni nulle per impossibilità o illiceità dell'oggetto
si applicano le disposizioni degli artt. 1421, 1422 e 1423 (2486;
att. 209).
§ 2 Degli amministratori
Art. 2380 Amministrazione della società
L'amministrazione della società può essere affidata anche a non
soci.
Quando l'amministrazione è affidata a più persone, queste
costituiscono il consiglio di amministrazione (2388).
Se l'atto costitutivo non stabilisce il numero degli amministratori,
ma ne indica solamente un numero massimo e minimo, la determinazione
spetta all'assemblea.
Il consiglio di amministrazione sceglie tra i suoi membri il
presidente, se questi non è nominato dall'assemblea.
Art. 2381 Comitato esecutivo e amministratori delegati
Il consiglio di amministrazione, se l'atto costitutivo o l'assemblea
lo consentono, può delegare le proprie attribuzioni ad un comitato
esecutivo composto, di alcuni dei suoi membri, o ad uno o più dei
suoi membri, determinando i limiti della delega. Non possono essere
delegate le attribuzioni indicate negli artt. 2423, 2443, 2446 e
2447.
Art. 2382 Cause d'ineleggibilità e di decadenza
Non può essere nominato amministratore, e se nominato decade dal suo
ufficio, l'interdetto, l'inabilitato (414 e seguente), il fallito, o
chi è stato condannato ad una pena che importa l'interdizione, anche
temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici
direttivi (2641).
Art. 2383 Nomina e revoca degli amministratori
La nomina degli amministratori spetta all'assemblea. fatta eccezione
per i primi amministratori, che sono, nominati nell'atto
costitutivo, e salvo il disposto degli artt. 2458 e 2459.
La nomina degli amministratori non può essere fatta per un periodo
superiore a tre anni (att. 213).
Gli amministratori sono rieleggibili. salvo diversa disposizione
dell'atto costitutivo, e sono revocabili dall'assemblea in qualunque
tempo, anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto
dell'amministratore al risarcimento dei danni, se la revoca avviene
senza giusta causa.
Entro quindici giorni dalla notizia della loro nomina gli
amministratori devono (2626) chiederne l'iscrizione nel registro
delle imprese indicando per ciascuno di essi il cognome e il nome,
il luogo e la data di nascita, il domicilio e la cittadinanza. Nello
stesso termine gli amministratori che hanno la rappresentanza della
società devono depositare presso l'ufficio del registro delle
imprese le loro firme autografe.
Dell'avvenuta iscrizione prevista dal comma precedente deve farsi
menzione nel Bollettino ufficiale delle società per azioni e a
responsabilità limitata.
La pubblicità prevista dai due commi precedenti deve indicare se gli
amministratori cui è attribuita la rappresentanza della società
hanno il potere di agire da soli o se debbono agire congiuntamente
(2487).
Le cause di nullità o annullabilità della nomina degli
amministratori che hanno la rappresentanza della società non sono
opponibili ai terzi dopo l'adempimento della pubblicità di cui al
quarto e quinto comma, salvo che la società provi che i terzi ne
erano a conoscenza.
Art. 2384 Poteri di rappresentanza
Gli amministratori che hanno la rappresentanza della società possono
compiere tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale, salvo le
limitazioni che risultano dalla legge o dall'atto costitutivo.
Le limitazioni al potere di rappresentanza che risultano dall'atto
costitutivo o dallo statuto, anche se pubblicate, non sono
opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi abbiano
intenzionalmente agito a danno della società (2487).
Art. 2384 bis Atti che eccedono i limiti dell'oggetto sociale
L'estraneità all'oggetto sociale degli atti compiuti dagli
amministratori in nome della società non può essere opposta ai terzi
in buona fede.
Art. 2385 Cessazione degli amministratori
L'amministratore che rinunzia all'ufficio deve darne comunicazione
scritta al consiglio di amministrazione e al presidente del collegio
sindacale. La rinunzia ha effetto immediato, se rimane in carica la
maggioranza del consiglio di amministrazione, o, in caso contrario,
dal momento in cui la maggioranza del consiglio si è ricostituita in
seguito all'accettazione dei nuovi amministratori.
La cessazione degli amministratori per scadenza del termine ha
effetto dal momento in cui il consiglio di amministrazione è stato
ricostituito.
La cessazione degli amministratori dall'ufficio per qualsiasi causa
deve essere iscritta entro quindici giorni nel registro delle
imprese a cura del collegio sindacale (2626) è pubblicata nel
Bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità
limitata (2330, 2457).
Art. 2386 Sostituzione degli amministratori
Se nel corso dell'esercizio vengono a mancare uno o più
amministratori, gli altri provvedono a sostituirli con deliberazione
approvata dal collegio sindacale. Gli amministratori così nominati
restano in carica fino alla prossima assemblea.
Se viene meno la maggioranza degli amministratori, quelli rimasti in
carica devono convocare l'assemblea perché provveda alla
sostituzione dei mancanti.
Gli amministratori nominati dall'assemblea scadono insieme con
quelli in carica all'atto della loro nomina.
Se vengono a cessare l'amministratore unico o tutti gli
amministratori, l'assemblea per la sostituzione dei mancanti deve
essere convocata d'urgenza dal collegio sindacale, il quale può
compiere nel frattempo gli atti di ordinaria amministrazione (2487).
Art. 2387 Cauzione degli amministratori (abrogato)
Art. 2388 Validità delle deliberazioni del consiglio
Per la validità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione
è necessaria la presenza della maggioranza degli amministratori in
carica, quando l'atto costitutivo non richiede un maggior numero di
presenti (2405).
Le deliberazioni del consiglio di amministrazione (2421) sono prese
a maggioranza assoluta, salvo diversa disposizione dell'atto
costitutivo.
Il voto non può essere dato per rappresentanza.
Art. 2389 Compensi degli amministrativi
I compensi e le partecipazioni agli utili spettanti ai membri del
consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti
nell'atto costitutivo o dall'assemblea (att. 209).
La rimunerazione degli amministratori investiti di particolari
cariche in conformità dell'atto costitutivo è stabilita dal
consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio
sindacale (2487, 2630; att. 209).
Art. 2390 Divieto di concorrenza
Gli amministratori non possono assumere la qualità di soci
illimitatamente responsabili in società concorrenti, né esercitare
un'attività concorrente per conto proprio o di terzi, salvo
autorizzazione dell'assemblea.
Per l'inosservanza di tale divieto l'amministratore può essere
revocato dall'ufficio e risponde dei danni.
Art. 2391 Conflitto d'interessi
L'amministratore, che in una determinata operazione ha, per conto
proprio o di terzi, interesse in conflitto con quello della società,
deve darne notizia agli altri amministratori e al collegio
sindacale, e deve astenersi dal partecipare alle deliberazioni
riguardanti l'operazione stessa (1394, 2631).
In caso d'inosservanza, l'amministratore risponde delle perdite che
siano derivate alla società dal compimento dell'operazione.
La deliberazione del consiglio, qualora possa recare danno alla
società, può, entro tre mesi dalla sua data (2964 e seguenti),
essere impugnata dagli amministratori assenti o dissenzienti e dai
sindaci se, senza il voto dell'amministratore che doveva astenersi,
non si sarebbe raggiunta la maggioranza richiesta. In ogni caso sono
salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti
compiuti in esecuzione della deliberazione (att 2091).
Art. 2392 Responsabilità verso la società
Gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla
legge e dall'atto costitutivo con la diligenza del mandatario
(1710), e sono solidalmente (1292) responsabili verso la società
(2621) dei danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri, a meno
che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di
uno o più amministratori (2381).
In ogni caso gli amministratori sono solidalmente responsabili se
non hanno vigilato sul generale andamento della gestione o se,
essendo a conoscenza di atti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto
potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le
conseguenze dannose.
La responsabilità per gli atti o le omissioni degli amministratori
non si estende a quello tra essi che, essendo immune da colpa, abbia
fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle
adunanze e delle deliberazioni del consiglio, dandone immediata
notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale (2491;
att. 209).
Art. 2393 Azione sociale di responsabilità
L'azione di responsabilità contro gli amministratori è promossa in
seguito a deliberazione dell'assemblea, anche se la società è in
liquidazione.
La deliberazione concernente la responsabilità degli amministratori
può essere presa in occasione della discussione del bilancio (2364),
anche se non è indicata nell'elenco delle materie da trattare
(2373).
La deliberazione dell'azione di responsabilità importa la revoca
dall'ufficio degli amministratori contro cui è proposta, purché sia
presa col voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale.
In questo caso l'assemblea stessa provvede alla loro sostituzione
(2386; att. 209).
La società può rinunziare all'esercizio dell'azione di
responsabilità e può transigere, purché la rinunzia e la transazione
siano approvate con espressa deliberazione dell'assemblea 12434), e
purché non vi sia il voto contrario di una minoranza di soci che
rappresenti almeno il quinto del capitale sociale (2407).
Art. 2394 Responsabilità verso i creditori sociali
Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per
l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione
dell'integrità del patrimonio sociale (2407).
L'azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio
sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti
(att. 209).
In caso di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa della
società, l'azione spetta al curatore del fallimento o al commissario
liquidatore.
La rinunzia all'azione da parte della società non impedisce
l'esercizio dell'azione da parte dei creditori sociali. La
transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con
l'azione revocatoria, quando ne ricorrono gli estremi (2901 e
seguenti).
Art. 2395 Azione individuale del socio e del terzo
Le disposizioni dei precedenti articoli non pregiudicano il diritto
al risarcimento del danno spettante al singolo socio o al terzo che
sono stati direttamente danneggiati da atti colposi o dolosi degli
amministratori (2487; att. 209).
Art. 2396 Direttori generali
Le disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori
(2392 e seguenti) si applicano anche ai direttori nominati
dall'assemblea o per disposizione dell'atto costitutivo, in
relazione ai compiti loro affidati (att. 209).
§ 3 Del collegio sindacale
Art. 2397 Composizione del collegio
Il collegio sindacale si compone di tre o cinque membri effettivi,
soci o non soci. Devono inoltre essere nominati due sindaci
supplenti.
I sindaci devono essere scelti tra gli scritti nel registro dei
revisori contabili istituito presso il Ministero di grazia e
giustizia.
Art. 2398 Presidenza del collegio
Il presidente del collegio sindacale è nominato dall'assemblea.
Art. 2399 Cause d'ineleggibilità e di decadenza
Non possono essere eletti alla carica di sindaco e, se eletti,
decadono dall'ufficio, coloro che si trovano nelle condizioni
previste dall'art. 2382, il coniuge, i parenti e gli affini degli
amministratori entro il quarto grado, e coloro che sono legati alla
società o alle società da questa controllate (2359) da un rapporto
continuativo di prestazione d'opera retribuita.
La cancellazione o la sospensione dal registro dei revisori
contabili è causa di decadenza dall'ufficio di sindaco (att. 209).
Art. 2400 Nomina e cessazione dall'ufficio
I sindaci sono nominati per la prima volta nell'atto costitutivo
(2328) e successivamente dall'assemblea (2364), salvo il disposto
degli artt. 2458 e 2459. Essi restano in carica per un triennio, e
non possono essere revocati se non per giusta causa.
La deliberazione di revoca deve essere approvata con decreto dal
tribunale, sentito l'interessato.
La nomina dei sindaci, con l'indicazione per ciascuno di essi del
cognome e del nome, del luogo e della data di nascita e del
domicilio e la cessazione dall'ufficio devono essere iscritte, a
cura degli amministratori nel registro delle imprese nel termine di
quindici giorni (2626; att. 209) e pubblicato nel Bollettino
ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata.
Art. 2401 Sostituzione
In caso di morte, di rinunzia o di decadenza di un sindaco.
subentrano i supplenti in ordine d'età. I nuovi sindaci restano in
carica fino alla prossima assemblea, la quale deve provvedere alla
nomina dei sindaci effettivi e supplenti necessari per
l'integrazione del collegio. I nuovi nominati scadono come quelli in
carica. In caso di sostituzione del presidente, la presidenza è
assunta fino alla prossima assemblea dal sindaco più anziano.
Se con i sindaci supplenti non si completa il collegio sindacale,
deve essere convocata l'assemblea perché provveda all'integrazione
del collegio medesimo (att. 209).
Art. 2402 Retribuzione
La retribuzione annuale dei sindaci, se non è stabilita nell'atto
costitutivo deve essere determinata dall'assemblea all'atto della
nomina (2370); per l'intero periodo di durata del loro ufficio (att.
209).
Art. 2403 Doveri del collegio sindacale
Il collegio sindacale deve controllare l'amministrazione della
società, vigilare sull'osservanza della legge e dell'atto
costitutivo ed accertare la regolare tenuta della contabilità
sociale, la corrispondenza del bilancio alle risultanze dei libri e
delle scritture contabili e l'osservanza delle norme stabilite
dall'art. 2426 per la valutazione del patrimonio sociale.
Il collegio sindacale deve altresì accertare almeno ogni trimestre
la consistenza di cassa e l'esistenza dei valori e dei titoli di
proprietà sociale o ricevuti dalla società in pegno, cauzione o
custodia.
I sindaci possono in qualsiasi momento procedere, anche
individualmente, ad atti d'ispezione e di controllo.
Il collegio sindacale può chiedere agli amministratori notizie
sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari.
Degli accertamenti eseguiti deve farsi constare nel libro indicato
nel n. 5 dell'art. 2421 (att. 209)
Art. 2403 bis Collaboratori del sindaco
Nell'espletamento di specifiche operazioni attinenti al controllo
della regolare tenuta della contabilità e della corrispondenza del
bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili, i
sindaci possono avvalersi, sotto la propria responsabilità e a
proprie spese, di dipendenti e ausiliari che non si trovino in una
delle condizioni previste dall'art. 2399.
La società può rifiutare agli ausiliari l'accesso a informazioni
riservate.
Art. 2404 Riunioni e deliberazioni del collegio
Il collegio sindacale deve riunirsi almeno ogni trimestre.
Il sindaco che, senza giustificato motivo, non partecipa durante un
esercizio sociale a due riunioni del collegio decade dall'ufficio.
Delle riunioni del collegio deve redigersi processo verbale, che
viene trascritto nel libro previsto dal n. 5 dell'art. 2421 e
sottoscritto dagli intervenuti.
Le deliberazioni del collegio sindacale devono essere prese a
maggioranza assoluta. Il sindaco dissenziente ha diritto di fare
iscrivere a verbale i motivi del proprio dissenso (att. 209).
Art. 2405 Intervento alle adunanze del consiglio di amministrazione
e alle assemblee
I sindaci devono assistere alle adunanze del consiglio di
amministrazione (2388) ed alle assemblee (2366) e possono assistere
alle riunioni del comitato esecutivo (2381).
I sindaci, che non assistono senza giustificato motivo alle
assemblee o, durante un esercizio sociale, a due adunanze del
consiglio d'amministrazione, decadono dall'ufficio (att. 209).
Art. 2406 Omissioni degli amministratori
Il collegio sindacale deve convocare l'assemblea (2632 n. 2) ed
eseguire le pubblicazioni prescritte dalla legge in caso di
omissione da parte degli amministratori (2363, 2626; att. 209).
Art. 2407 Responsabilità
I sindaci devono adempiere i loro doveri con la diligenza del
mandatario (1710), sono responsabili della verità delle loro
attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui
documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio
(2622; Cod. Pen. 622).
Essi sono responsabili solidalmente con gli amministratori (1292 e
seguenti, 2392) per i fatti o le omissioni di questi, quando il
danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in
conformità degli obblighi della loro carica (2621).
L'azione di responsabilità contro i sindaci è regolata dalle
disposizioni degli artt. 2393 e 2394 (att. 209).
Art. 2408 Denunzia al collegio sindacale
Ogni socio può denunziare i fatti che ritiene censurabili al
collegio sindacale, il quale deve tener conto della denunzia nella
relazione all'assemblea.
Se la denunzia è fatta da tanti soci che rappresentino un ventesimo
del capitale sociale, il collegio sindacale deve indagare senza
ritardo sui fatti denunziati e presentare le sue conclusioni ed
eventuali proposte all'assemblea, convocando immediatamente la
medesima se la denunzia appare fondata e vi è urgente necessità di
provvedere (2632, 2634; att. 209).
Art. 2409 Denunzia al tribunale
Se vi è fondato sospetto di gravi irregolarità nell'adempimento dei
doveri degli amministratori e dei sindaci, i soci che rappresentano
il decimo del capitale sociale possono denunziare i fatti al
tribunale.
Il tribunale, sentiti in camera di consiglio gli amministratori e i
sindaci, può ordinare (att. 103) l'ispezione dell'amministrazione
della società a spese dei soci richiedenti, subordinandola, se del
caso, alla prestazione di una cauzione (Cod. Proc. Civ. 119).
Se le irregolarità denunziate sussistono, il tribunale può disporre
gli opportuni provvedimenti cautelari e convocare l'assemblea per le
conseguenti deliberazioni. Nei casi più gravi può revocare gli
amministratori ed i sindaci e nominare un amministratore
giudiziario, determinandone i poteri e la durata (2636).
L'amministratore giudiziario può proporre l'azione di responsabilità
contro gli amministratori e i sindaci.
Prima della scadenza del suo incarico l'amministratore giudiziario
convoca e presiede l'assemblea per la nomina dei nuovi
amministratori e sindaci o per proporre, se del caso, la messa in
liquidazione della società (2636).
I provvedimenti previsti da questo articolo possono essere adottati
anche su richiesta del pubblico ministero, e in questo caso le spese
per l'ispezione sono a carico della società (2488; att. 103, 209).
SEZIONE VII
Delle obbligazioni
Art. 2410 Limiti dell'emissione di obbligazioni
La società può emettere obbligazioni al portatore (2003) o
nominative (2021) per somma non eccedente il capitale versato ed
esistente secondo l'ultimo bilancio approvato (att. 210).
Tale somma può essere superata:
1) quando le obbligazioni sono garantite da ipoteca su immobili di
proprietà sociale, sino a due terzi del valore di questi;
2) quando l'eccedenza dell'importo delle obbligazioni rispetto al
capitale versato è garantita da titoli nominativi emessi o garantiti
dallo Stato, aventi scadenza non anteriore a quella delle
obbligazioni, ovvero da equivalente credito di annualità o
sovvenzioni a carico dello Stato o di enti pubblici. I titoli devono
rimanere depositati e le annualità o sovvenzioni devono essere
vincolate presso un istituto di credito, per la parte necessaria a
garantire il pagamento degli interessi e l'ammortamento delle
relative obbligazioni. fino all'estinzione delle obbligazioni
emesse.
Quando ricorrono particolari ragioni che interessano l'economia
nazionale, la società può essere autorizzata, con provvedimento
dell'autorità governativa, ad emettere obbligazioni, anche senza le
garanzie previste nel presente articolo, con l'osservanza dei
limiti. delle modalità e delle cautele stabilite nel provvedimento
stesso.
Restano salve le disposizioni di leggi speciali relative a
particolari categorie di società.
Art. 2411 Deposito e trascrizione della deliberazione
La deliberazione dell'assemblea (2365) deve essere, a cura del
notaio o degli amministratori, depositata entro trenta giorni presso
l'ufficio del registro delle imprese (2626; att. 100). Alla
deliberazione devono essere allegate le eventuali autorizzazioni
richieste.
Il tribunale, verificato l'adempimento delle condizioni richieste
dalla legge e sentito il pubblico ministero, ordina l'iscrizione nel
registro delle imprese (2436).
Il decreto del tribunale è soggetto a reclamo davanti alla Corte di
appello entro trenta giorni (2964) dalla comunicazione.
La deliberazione non può essere eseguita se non dopo l'iscrizione.
Art. 2412 Riduzione del capitale
La società che ha emesso obbligazioni non può ridurre il capitale
sociale, se non in proporzione delle obbligazioni rimborsate (2445).
Se la riduzione del capitale sociale deve essere deliberata in
conseguenza di perdite (2446), la misura della riserva legale (2428)
deve continuare a calcolarsi sulla base del capitale sociale
esistente al tempo dell'emissione, fino a che l'ammontare del
capitale sociale e della riserva legale non eguagli l'ammontare
delle obbligazioni in circolazione.
Art. 2413 Contenuto delle obbligazioni
Le obbligazioni devono indicare (2633):
1) la denominazione, l'oggetto e la sede della società, con
l'indicazione dell'ufficio del registro delle imprese presso il
quale la società è iscritta (2330);
2) il capitale sociale versato ed esistente al momento
dell'emissione;
3) la data della deliberazione dell'assemblea e della sua iscrizione
nel registro;
4) l'ammontare complessivo ielle obbligazioni emesse, il valore
nominale di ciascuna, il saggio degli interessi e il modo di
pagamento e di rimborso;
5) le garanzie da cui sono assistite.
Art. 2414 Costituzione delle garanzie
L'assemblea (2365) che delibera l'emissione di obbligazioni con le
garanzie previsto nell'art. 2410 deve designare un notaio che, per
conto degli obbligazionisti, compia le formalità necessarie per la
costituzione delle garanzie medesime (2831).
Art. 2415 Assemblea degli obbligazionisti
L'assemblea degli obbligazionisti (att. 210) delibera:
1) sulla nomina e sulla revoca del rappresentante comune;
2) sulle modificazioni delle condizioni del prestito;
3) sulla proposta di amministrazione controllata e di concordato;
4) sulla costituzione di un fondo per le spese necessarie alla
tutela dei comuni interessi e sul rendiconto relativo;
5) sugli altri oggetti d'interesse comune degli obbligazionisti.
L'assemblea è convocata dagli amministratori o dal rappresentante
degli obbligazionisti, quando lo ritengono necessario, o quando ne è
fatta richiesta da tanti obbligazionisti che rappresentino il
ventesimo dei titoli emessi e non estinti.
Si applicano all'assemblea degli obbligazionisti le disposizioni
relative all'assemblea straordinaria dei soci (2365 e seguenti,
2375). Per la validità delle deliberazioni sull'oggetto indicato nel
n. 2 di questo articolo è necessario anche in seconda convocazione
il voto favorevole degli obbligazionisti che rappresentino la metà
delle obbligazioni emesse e non estinte.
La società, per le obbligazioni da essa eventualmente possedute, non
può partecipare alle deliberazioni.
All'assemblea degli obbligazionisti possono assistere gli
amministratori ed i sindaci (att. 210).
Art. 2416 Impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea
Le deliberazioni prese dall'assemblea vincolano anche gli
obbligazionisti assenti o dissenzienti.
Ciascun obbligazionista può impugnare le deliberazioni che non sono
prese in conformità della legge, a norma degli artt. 2377 e 2378.
L'impugnazione è proposta innanzi al tribunale, nella cui
giurisdizione la società ha sede, in contraddittorio del
rappresentante degli obbligazionisti (att. 210).
Art. 2417 Rappresentante comune
Il rappresentante comune può essere scelto al di fuori degli
obbligazionisti. Se non è nominato dall'assemblea a norma dell'art.
2415, è nominato con decreto dal presidente del tribunale su domanda
di uno o più obbligazionisti o degli amministratori della società
(att. 104). Non possono essere nominati rappresentanti comuni degli
obbligazionisti e, se nominati, decadono dall'ufficio, gli
amministratori, i sindaci, i dipendenti della società debitrice e
coloro che si trovano nelle condizioni indicate nell'art. 2399.
Il rappresentante comune dura in carica per un periodo non superiore
ad un triennio e può essere rieletto. L'assemblea degli
obbligazionisti ne fissa il compenso. Entro quindici giorni dalla
notizia della sua nomina il rappresentante comune deve richiederne
l'iscrizione nel registro delle imprese (2634; att. 210).
Art. 2418 Obblighi e poteri del rappresentante comune
Il rappresentante comune deve provvedere all'esecuzione delle
deliberazioni dell'assemblea degli obbligazionisti, tutelare gli
interessi comuni di questi nei rapporti con la società e assistere
alle operazioni di sorteggio delle obbligazioni (2421, 2831). Egli
ha diritto di assistere all'assemblea dei soci (2370).
Per la tutela degli interessi comuni ha la rappresentanza
processuale degli obbligazionisti anche nell'amministrazione
controllata, nel concordato preventivo, nel fallimento e nella
liquidazione coatta amministrativa della società debitrice (att.
210).
Art. 2419 Azione individuale degli obbligazionisti
Le disposizioni degli articoli precedenti non precludono le azioni
individuali degli obbligazionisti, salvo che queste siano
incompatibili con le deliberazioni dell'assemblea previste dall'art.
2415 (att. 210).
Art. 2420 Sorteggio delle obbligazioni
Le operazioni per l'estrazione a sorte delle obbligazioni devono
farsi, a pena di nullità, alla presenza del rappresentante comune o,
in mancanza, di un notaio (att. 210).
Art. 2420 bis Obbligazioni convertibili in azioni
L'assemblea straordinaria può deliberare l'emissione di obbligazioni
convertibili in azioni, determinando il rapporto di cambio e il
periodo e le modalità della conversione. La deliberazione non può
essere adottata se il capitale sociale non sia stato interamente
versato.
Contestualmente la società deve deliberare l'aumento del capitale
sociale per un ammontare corrispondente al valore nominale delle
azioni da attribuire in conversione.
Le obbligazioni convertibili non possono emettersi per somma
inferiore al loro valore nominale.
Nel primo mese di ciascun semestre gli amministratori provvedono
all'emissione delle azioni spettanti gli obbligazionisti che hanno
chiesto la conversione nel semestre precedente. Entro il mese
successivo gli amministratori devono (2620) depositare per
l'iscrizione nel registro delle imprese un'attestazione dell'aumento
del capitale sociale in misura corrispondente al valore nominale
delle azioni emesse. Si applica la disposizione del secondo comma
dell'art. 2444.
Fino a quando non siano scaduti i termini fissati per la
conversione, la società non può deliberare né la riduzione del
capitale esuberante, né la modificazione delle disposizioni
dell'atto costitutivo concernenti la ripartizione degli utili, salvo
che ai possessori di obbligazioni convertibili sia stata data la
facoltà, mediante avviso pubblicato nel Bollettino ufficiale delle
società per azioni e a responsabilità limitata almeno tre mesi prima
della convocazione dell'assemblea, di esercitare il diritto di
conversione nel termine di un mese dalla pubblicazione.
Nei casi di aumento del capitale mediante imputazione di riserve e
di riduzione del capitale per perdite, il rapporto di cambio è
modificato in proporzione alla misura dell'aumento o della
riduzione.
Le obbligazioni convertibili in azioni devono indicare in aggiunta a
quanto stabilito nell'art. 2413, il rapporto di cambio e le modalità
della conversione.
Art. 2420 ter Delega agli amministratori
L'atto costitutivo può attribuire agli amministratori la facoltà di
emettere in una o più volte obbligazioni, anche convertibili, fino
ad un ammontare determinato e per il periodo massimo di cinque anni
dalla data di iscrizione della società nel registro delle imprese.
Tale facoltà può essere attribuita anche mediante modificazione
dell'atto costitutivo, per il periodo massimo di cinque anni dalla
data della deliberazione.
Il verbale della deliberazione degli amministratori di emettere
obbligazioni deve essere redatto da un notaio e deve essere
depositato e iscritto a norma dell'art. 2411.
SEZIONE VIII
Dei libri sociali
Art. 2421 Libri sociali obbligatori
Oltre i libri e le altre scritture contabili prescritti nell'art.
2214, la società deve tenere:
1) il libro dei soci, nel quale devono essere indicati il numero
delle azioni, il cognome e il nome dei titolari delle azioni
nominative, i trasferimenti e i vincoli ad esse relativi e i
versamenti eseguiti;
2) il libro delle obbligazioni, il quale deve indicare l'ammontare
delle obbligazioni emesse e di quelle estinto, il cognome e il nome
dei titolari delle obbligazioni nominative e i trasferimenti e i
vincoli ad esse relativi;
3) il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee, in
cui devono essere trascritti anche i verbali redatti per atto
pubblico (2375);
4) il libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di
amministrazione (2388);
5) il libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio
sindacale (2404);
6) il libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitato
esecutivo, se questo esiste (2381);
7) il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee
degli obbligazionisti, se sono state emesse obbligazioni
I libri indicati nei nn. 1, 2, 3 e 4 sono tenuti a cura degli
amministratori, il libro indicato nel n. 5 a cura del collegio
sindacale, il libro indicato nel n. 6 a cura del comitato esecutivo
e il libro indicato nel n. 7 a cura del rappresentante comune degli
obbligazionisti.
I libri suddetti, prima che siano messi in uso, devono essere
numerati progressivamente in ogni pagina e bollati in ogni foglio a
norma dell'art. 2215.
Art. 2422 Diritto d'ispezione dei libri sociali
I soci hanno diritto di esaminare i libri indicati nei nn. 1 e 3
dell'articolo precedente e di ottenere estratti a proprie spese.
Eguale diritto spetta al rappresentante comune degli obbligazionisti
per i libri indicati nei nn. 2 e 3 dell'articolo precedente, e ai
singoli obbligazionisti per il libro indicato nel n. 7 dell'articolo
medesimo (att. 209).
SEZIONE IX
Del bilancio
Art. 2423 Redazione del bilancio
Gli amministratori devono redigere il bilancio di esercizio,
costituito dallo stato patrimoniale dal conto economico e dalla nota
integrativa.
Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare
in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e
finanziaria della società e il risultato economico dell'esercizio.
Se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non
sono sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta,
si devono fornire le informazioni complementari necessarie allo
scopo.
Se, in casi eccezionali, l'applicazione di una disposizione degli
articoli seguenti è incompatibile con la rappresentazione veritiera
e corretta, la disposizione non deve essere applicata. La nota
integrativa deve motivare la deroga e deve indicarne l'influenza
sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e
del risultato economico. Gli eventuali utili derivanti dalla deroga
devono essere iscritti in una riserva non distribuibile se non in
misura corrispondente al valore recuperato.
Il bilancio deve essere redatto in lire.
Art. 2423 bis Principi di redazione del bilancio
Nella redazione del bilancio devono essere osservati i seguenti
principi:
l) la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e
nella prospettiva della continuazione dell'attività;
2) si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data
di chiusura dell'esercizio;
3) si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza
dell'esercizio, indipendentemente dalla data dell'incasso o del
pagamento;
4) si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza
dell'esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo;
5) gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci devono
essere valutati separatamente;
6) i criteri di valutazione non possono essere modificati da un
esercizio all'altro.
Deroghe al principio enunciato nel n. 6 del comma precedente sono
consentite in casi eccezionali. La nota integrativa deve motivare la
deroga e indicarne l'influenza sulla rappresentazione della
situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico.
Art. 2423 ter Struttura dello stato patrimoniale e del conto
economico
Salve le disposizioni di leggi speciali per le società che
esercitano particolari attività, nello stato patrimoniale e nel
conto economico devono essere iscritte separatamente, e nell'ordine
indicato, le voci previste negli artt. 2424 e 2425.
Le voci precedute da numeri arabi possono essere ulteriormente
suddivise, senza eliminazione della voce complessiva e dell'importo
corrispondente; esse possono essere raggruppate soltanto quando il
raggruppamento, a causa del loro importo, è irrilevante ai fini
indicati nel 2° comma dell'art. 2423 o quando esso favorisce la
chiarezza del bilancio. In questo secondo caso la nota integrativa
deve contenere distintamente le voci oggetto di raggruppamento.
Devono essere aggiunte altre voci qualora il loro contenuto non sia
compreso in alcuna di quelle previste dagli artt. 2424 e 2425.
Le voci precedute da numeri arabi devono essere adattate quando lo
esige la natura dell'attività esercitata.
Per ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico deve
essere indicato l'importo della voce corrispondente del l'esercizio
precedente. Se le voci non sono comparabili, quelle relative
all'esercizio precedente devono essere adattate; la non
comparabilità e l'adattamento o l'impossibilità di questo devono
essere segnalati e commentati nella nota integrativa.
Sono vietati i compensi di partite.
Art. 2424 Contenuto dello stato patrimoniale
Lo stato patrimoniale deve essere redatto in conformità al seguente
schema.
ATTIVO
A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata
indicazione della parte già richiamata.
B) Immobilizzazioni:
I Immobilizzazioni immateriali:
1) costi di impianto e di ampliamento;
2) costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità;
3) diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle
opere dell'ingegno;
4) concessioni, licenze, marchi e diritti simili;
5) avviamento;
6) immobilizzazioni in corso e acconti;
7) altre.
Totale.
II Immobilizzazioni materiali:
1) terreni e fabbricati;
2) impianti e macchinario;
3) attrezzature industriali e commerciali;
4) altri beni;
5) immobilizzazioni in corso e acconti.
Totale.
III Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione, per
ciascuna voce dei crediti, degli importi esigibili entro l'esercizio
successivo:
1) partecipazioni in:
a) imprese controllate;
b) imprese collegate;
c) imprese controllanti;
d) altre imprese;
2) crediti:
a) verso imprese controllate;
b) verso imprese collegate;
c) verso controllanti;
d) verso altri;
3) altri titoli;
4) azioni proprie, con indicazione anche del valore nominale
complessivo.
Totale
Totale immobilizzazioni (B)
C) Attivo circolante:
I Rimanenze:
1) materie prime, sussidiarie e di consumo:
2) prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
3) lavori in corso su ordinazione;
4) prodotti finiti e merci;
5) acconti.
Totale
II Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli
importi esigibili oltre l'esercizio successivo:
1) verso clienti;
2) verso imprese controllate;
3) verso imprese collegate;
4) verso controllanti;
5) verso altri.
Totale.
III Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni:
1) partecipazioni in imprese controllate;
2) partecipazioni in imprese collegate;
3) partecipazioni in imprese controllanti;
4) altre partecipazioni;
5) azioni proprie, con indicazione anche del valore nominale
complessivo;
6) altri titoli.
Totale
IV Disponibilità liquide:
1) depositi bancari e postali;
2) assegni;
3) danaro e valori in cassa.
Totale.
Totale attivo circolante (C)
D) Ratei e risconti, con separata indicazione del disaggio su
prestiti.
PASSIVO
A) Patrimonio netto:
I Capitale
II Riserva da sopraprezzo delle azioni
III Riserve di rivalutazione
IV Riserva legale
V Riserva per azioni proprie in portafoglio
VI Riserve statutarie
VII Altre riserve, distintamente indicate
VIII Utili (perdite) portati a nuovo
IX Utile (perdite) dell'esercizio
B) Fondi per rischi e oneri:
1) per trattamento di quiescenza e obblighi simili;
2) per imposte;
3) altri.
Totale
C) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato.
D) Debiti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli
importi esigibili oltre l'esercizio successivo;
1) obbligazioni;
2) obbligazioni convertibili;
3) debiti verso banche;
4) debiti verso altri finanziatori;
5) acconti;
6) debiti verso fornitori;
7) debiti rappresentati da titoli di credito;
8) debiti verso imprese controllate;
9) debiti verso imprese collegate;
10) debiti verso controllanti;
11) debiti tributari;
12) debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale;
13) altri debiti.
Totale
E) Ratei e risconti con separata indicazione dell'aggio su prestiti.
Se un elemento dell'attivo o del passivo ricade sotto più voci dello
schema, nella nota integrativa deve annotarsi, qualora ciò sia
necessario ai fini della comprensione del bilancio, la sua
appartenenza anche a voci diverse da quella nella quale è iscritto.
In calce allo stato patrimoniale devono risultare le garanzie
prestate direttamente o indirettamente, distinguendosi tra
fideiussioni, avalli, altre garanzie personali e garanzie reali, ed
indicando separatamente, per ciascun tipo, le garanzie prestate a
favore di imprese controllate e collegate, nonché di controllanti e
di imprese sottoposte al controllo di queste ultime; devono inoltre
risultare gli altri conti d'ordine.
Art. 2424 bis Disposizioni relative a singole voci dello stato
patrimoniale
Gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati
durevolmente devono essere iscritti tra le immobilizzazioni.
Le partecipazioni in altre imprese in misura non inferiore a quelle
stabilite dal 3° comma dell'art. 2359 si presumono immobilizzazioni.
Gli accantonamenti per rischi ed oneri sono destinati soltanto a
coprire perdite o debiti di natura determinata, di esistenza certa o
probabile, dei quali tuttavia alla chiusura dell'esercizio sono
indeterminati o l'ammontare o la data di sopravvenienza.
Nella voce "trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato" deve
essere indicato l'importo calcolato a norma dell'art. 2120.
Nella voce ratei e risconti attivi devono essere iscritti i proventi
di competenza dell'esercizio esigibili in esercizi successivi, e i
costi sostenuti entro la chiusura dell'esercizio ma di competenza di
esercizi successivi. Nella voce ratei e risconti passivi devono
essere iscritti i costi di competenza dell'esercizio esigibili in
esercizi successivi e i proventi percepiti entro la chiusura
dell'esercizio ma di competenza di esercizi successivi. Possono
essere iscritte in tali voci soltanto quote di costi e proventi,
comuni a due o più esercizi, l'entità dei quali varia in ragione del
tempo.
Art. 2425 Contenuto del conto economico
Il conto economico deve essere redatto in conformità al seguente
schema:
A) Valore della produzione:
1) ricavi delle vendite e delle prestazioni;
2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione,
semilavorati e finiti;
3) variazioni dei lavori in corso su ordinazione;
4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni;
5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi
in conto esercizio.
Totale.
B) Costi della produzione
6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci;
7) per servizi;
8) per godimento di beni di terzi;
9) per il personale:
a) salari e stipendi;
b) oneri sociali;
c) trattamento di fine rapporto;
d) trattamento di quiescenza e simili;
e) altri costi;
10) ammortamenti e svalutazioni:
a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali;
b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali;
c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni;
d) svalutazioni dei crediti compresi nell'attivo circolante e delle
disponibilità liquide;
11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di
consumo e merci;
12) accantonamenti per rischi;
13) altri accantonamenti;
14) oneri diversi di gestione.
Totale.
Differenza tra valore e costi della produzione (A-B).
C) Proventi e oneri finanziari:
15) proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli
relativi ad imprese controllate e collegate;
16) altri proventi finanziari;
a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni, con separata
indicazione di quelli da imprese controllate e collegate e di quelli
da controllanti;
b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono
partecipazioni;
c) da titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono
partecipazioni;
d) proventi diversi dai precedenti, con separata indicazione di
quelli da imprese controllate e collegate e di quelli da
controllanti;
17) interessi e altri oneri finanziari, con separata indicazione di
quelli verso imprese controllate e collegate e verso controllanti.
Totale (15-16-17).
D) Rettifiche di valore di attività finanziaria:
18) rivalutazioni:
a) di partecipazioni;
b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono
partecipazioni;
c) di titoli iscritti all'attivo circolante che non costituiscono
partecipazioni.
19) svalutazioni:
a) di partecipazioni;
b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono
partecipazioni;
c) di titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono
partecipazioni.
Totale delle rettifiche (18-19).
E) Proventi e oneri straordinari:
20) proventi, con separata indicazione delle plusvalenze da
alienazioni i cui ricavi non sono iscrivibili al n. 5;
21) oneri, con separata indicazione delle minusvalenze da
alienazioni i cui effetti contabili non sono iscrivibili al n. 14 e
delle imposte relative a esercizi precedenti.
Totale delle partite straordinarie (20-21).
Risultato prima delle imposte (A-B+-C+-D+-E);
22) imposte sul reddito dell'esercizio;
23) (risultato dell'esercizio);
24) (rettifiche di valore operate esclusivamente in applicazione di
norme tributarie);
25) (accantonamenti operati esclusivamente in applicazione di norme
tributarie);
26) utile (perdita) dell'esercizio.
Art. 2425 bis Iscrizione dei ricavi proventi e costi
I ricavi e i proventi, i costi e gli oneri devono essere indicati al
netto dei resi, degli sconti, abbuoni e premi, nonché delle imposte
direttamente connesse con la vendita dei prodotti e la prestazione
dei servizi.
Art. 2426 Criteri di valutazione
Nelle valutazioni devono essere osservati i seguenti criteri:
1) le immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto o di
produzione. Nel costo di acquisto si computano anche i costi
accessori. Il costo di produzione comprende tutti i costi
direttamente imputabili al prodotto. Può comprendere anche altri
costi, per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto, relativi
al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può
essere utilizzato; con gli stessi criteri possono essere aggiunti
gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione, interna o
presso terzi;
2) il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali. Ia cui
utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente
ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua
possibilità di utilizzazione. Eventuali modifiche dei criteri di
ammortamento e dei coefficienti applicati devono essere motivate
nella nota integrativa;
3) l'immobilizzazione che, alla data della chiusura dell'esercizio,
risulti durevolmente di valore inferiore a quello determinato
secondo i nn. 1 e 2 deve essere iscritta a tale minor valore; questo
non può essere mantenuto nei successivi bilanci se sono venuti meno
i motivi della rettifica effettuata.
Per le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese
controllate o collegate che risultino iscritte per un valore
superiore a quello derivante dall'applicazione del criterio di
valutazione previsto dal successivo n. 4 o, se non vi sia obbligo di
redigere il bilancio consolidato, al valore corrispondente alla
frazione di patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio
dell'impresa partecipata, la differenza dovrà essere motivata nella
nota integrativa;
4) le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese
controllate o collegate possono essere valutate, con riferimento ad
una o più tra dette imprese, anziché secondo il criterio indicato al
n. 1, per un importo pari alla corrispondente frazione del
patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio delle imprese
medesime, detratti i dividendi ed operate le rettifiche richieste
dai principi di redazione del bilancio consolidato nonché quelle
necessarie per il rispetto dei principi indicati negli artt. 2423 e
2423 bis.
Quando la partecipazione è iscritta per la prima volta in base al
metodo del patrimonio netto, il costo di acquisto superiore al
valore corrispondente del patrimonio netto risultante dall'ultimo
bilancio dell'impresa controllata o collegata può essere iscritto
nell'attivo, purché ne siano indicate le ragioni nella nota
integrativa. La differenza, per la parte attribuibile a beni
ammortizzabili o all'avviamento, deve essere ammortizzata.
Negli esercizi successivi le plusvalenze, derivanti
dall'applicazione del metodo del patrimonio netto, rispetto al
valore indicato nel bilancio dell'esercizio precedente sono iscritte
in una riserva non distribuibile;
5) i costi di impianto e di ampliamento, i costi di ricerca, di
sviluppo e di pubblicità aventi utilità pluriennale possono essere
iscritti nell'attivo con il consenso del collegio sindacale e devono
essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni.
Fino a che l'ammortamento non è completato possono essere
distribuiti dividendi solo se residuano riserve disponibili
sufficienti a coprire l'ammontare dei costi non ammortizzati;
6) l'avviamento può essere iscritto nell'attivo con il consenso del
collegio sindacale, se acquisito a titolo oneroso, nei limiti del
costo per esso sostenuto e deve essere ammortizzato entro un periodo
di cinque anni. E' tuttavia consentito ammortizzare sistematicamente
l'avviamento in un periodo limitato di durata superiore, purché esso
non superi la durata per l'utilizzazione di questo attivo e ne sia
data adeguata motivazione nella nota integrativa;
7) il disaggio sui prestiti deve essere iscritto nell'attivo e
ammortizzato in ogni esercizio per il periodo di durata del
prestito;
8) i crediti devono essere iscritti secondo il valore presumibile di
realizzazione;
9) le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non
costituiscono immobilizzazioni sono iscritti al costo di acquisto o
di produzione, calcolato secondo il n. 1), ovvero al valore di
realizzazione desumibili dall'andamento del mercato, se minore; tale
minor valore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne
sono venuti meno i motivi. I costi di distribuzione non possono
essere computati nel costo di produzione;
10) il costo dei beni fungibili può essere calcolato col metodo
della media ponderata o con quelli "primo entrato", "primo uscito" o
"ultimo entrato, primo uscito"; se il valore cosi ottenuto
differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura
dell'esercizio, la differenza deve essere indicata, per categoria di
beni, nella nota integrativa;
11) i lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla
base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole
certezza;
12) le attrezzature industriali e commerciali, le materie prime,
sussidiarie e di consumo, possono essere iscritte nell'attivo ad un
valore costante qualora siano costantemente rinnovate, e
complessivamente di scarsa importanza in rapporto all'attivo di
bilancio, sempreché non si abbiano variazioni sensibili nella loro
entità, valore e composizione.
E' consentito effettuare rettifiche di valore e accantonamenti
esclusivamente in applicazione di norme tributarie.
Art. 2427 Contenuto della nota integrativa
La nota integrativa deve indicare, oltre a quanto stabilito da altre
disposizioni:
1) i criteri applicati nella valutazione delle voci del bilancio,
nelle rettifiche di valore e nella conversione dei valori non
espressi all'origine in moneta avente corso legale nello Stato;
2) i movimenti delle immobilizzazioni, specificando per ciascuna
voce: il costo; le precedenti rivalutazioni, ammortamenti e
svalutazioni; le acquisizioni, gli spostamenti da una ad altra voce,
le alienazioni avvenuti nell'esercizio; le rivalutazioni, gli
ammortamenti e le svalutazioni effettuati nell'esercizio; il totale
delle rivalutazioni riguardanti le immobilizzazioni esistenti alla
chiusura dell'esercizio;
3) la composizione delle voci "costi di impianto e di ampliamento" e
"costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità", nonché le ragioni
della iscrizione ed i rispettivi criteri di ammortamento;
4) le variazioni intervenute nella consistenza delle altre voci
dell'attivo e del passivo; in particolare, per i fondi e per il
trattamento di fine rapporto, le utilizzazioni e gli accantonamenti;
5) l'elenco delle partecipazioni, possedute direttamente o per
tramite di società fiduciaria o per interposta persona, in imprese
controllate e collegate, indicando per ciascuna la denominazione, la
sede, il capitale, l'importo del patrimonio netto, l'utile o la
perdita dell'ultimo esercizio, la quota posseduta e il valore
attribuito in bilancio o il corrispondente credito;
6) distintamente per ciascuna voce, l'ammontare dei crediti e dei
debiti di durata residua superiore a cinque anni, e dei debiti
assistiti da garanzie reali su beni sociali, con specifica
indicazione della natura delle garanzie;
7) la composizione delle voci "ratei e risconti attivi" e "ratei e
risconti passivi" e della voce "altri fondi" dello stato
patrimoniale, quando il loro ammontare sia apprezzabile nonché la
composizione della voce "altre riserve";
8) l'ammontare degli oneri finanziari imputati nell'esercizio ai
valori iscritti nell'attivo dello stato patrimoniale, distintamente
per ogni voce;
9) gli impegni non risultanti dallo stato patrimoniale; le notizie
sulla composizione c natura di tali impegni e dei conti d'ordine, la
cui conoscenza sia utile per valutare la situazione patrimoniale e
finanziaria della società specificando quelli relativi a imprese
controllate, collegate, controllanti e a imprese sottoposte al
controllo di queste ultime;
10) se significativa, la ripartizione dei ricavi delle vendite e
delle prestazioni secondo categorie di attività e secondo aree
geografiche;
11) l'ammontare dei proventi da partecipazioni, indicati nell'art.
2425, n. 15, diversi dai dividendi;
12) la suddivisione degli interessi ed altri oneri finanziari,
indicati nell'art. 2425, n. 17 relativi a prestiti obbligazionari, a
debiti verso banche, e altri;
13) la composizione delle voci "proventi straordinari" e "oneri
straordinari" del conto economico, quando il loro ammontare sia
apprezzabile;
14) i motivi delle rettifiche di valore e degli accantonamenti
eseguiti esclusivamente in applicazione di norme tributarie ed i
relativi importi, appositamente evidenziati rispetto all'ammontare
complessivo delle rettifiche e degli accantonamenti risultanti dalle
apposite voci del conto economico;
15) il numero medio dei dipendenti, ripartito per categoria;
16) l'ammontare dei compensi spettanti agli amministratori ed ai
sindaci, cumulativamente per ciascuna categoria;
17) il numero e il valore nominale di ciascuna categoria di azioni
della società e il numero e il valore nominale delle nuove azioni
della società sottoscritte durante l'esercizio;
18) le azioni di godimento, le obbligazioni convertibili in azioni e
i titoli o valori simili emessi dalla società specificando il loro
numero e i diritti che essi attribuiscono.
Art. 2428 Relazione sulla gestione
Il bilancio deve essere corredato da una relazione degli
amministratori sulla situazione della società e sull'andamento della
gestione, nel suo complesso e nei vari settori in cui essa ha
operato, anche attraverso imprese controllate, con particolare
riguardo ai costi, ai ricavi e agli investimenti.
Dalla relazione devono in ogni caso risultare:
1) le attività di ricerca e di sviluppo;
2) i rapporti con imprese controllate, collegate, controllanti e
imprese sottoposte al controllo di queste ultime;
3) il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle
azioni o quote di società controllanti possedute dalla società,
anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona,
con l'indicazione della parte di capitale corrispondente;
4) il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle
azioni o quote di società controllanti acquistate o alienate dalla
società, nel corso dell'esercizio, anche per tramite di società
fiduciaria o per interposta persona, con l'indicazione della
corrispondente parte di capitale, dei corrispettivi e dei motivi
degli acquisti e delle alienazioni;
5) i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell'esercizio;
6) l'evoluzione prevedibile della gestione. Entro tre mesi dalla
fine del primo semestre dell'esercizio gli amministratori delle
società con azioni quotate in borsa devono trasmettere al collegio
sindacale una relazione sull'andamento della gestione, redatta
secondo i criteri stabiliti della Commissione nazionale per le
società e la borsa con regolamento pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica Italiana. La relazione deve essere
pubblicata nei modi e nei termini stabiliti dalla Commissione stessa
con il regolamento anzidetto.
Dalla relazione deve inoltre risultare l'elenco delle sedi
secondarie della società
Art. 2429 Relazione dei sindaci e deposito del bilancio
Il bilancio deve essere comunicato dagli amministratori al collegio
sindacale, con la relazione, almeno trenta giorni prima di quello
fissato per l'assemblea che deve discuterlo.
Il collegio sindacale deve riferire all'assemblea sui risultati
dell'esercizio sociale e sulla tenuta della contabilità, e fare le
osservazioni e le proposte in ordine al bilancio e alla sua
approvazione, con particolare riferimento all'esercizio della deroga
di cui all'art. 2423, comma 4.
Il bilancio, con le copie integrali dell'ultimo bilancio delle
società controllate e un prospetto riepilogativo dei dati essenziali
dell'ultimo bilancio delle società collegate, deve restare
depositato in copia nella sede della società, insieme con le
relazioni degli amministratori e dei sindaci, durante i quindici
giorni che precedono l'assemblea, e finché. sia approvato. I soci
possono prenderne visione.
Il deposito delle copie dell'ultimo bilancio delle società
controllate prescritto dal comma precedente può essere sostituito,
per quelle incluse nel consolidamento, dal deposito di un prospetto
riepilogativo dei dati essenziali dell'ultimo bilancio delle
medesime.
Art. 2429 bis Relazione degli amministratori
La relazione degli amministratori prescritta dal 3° comma dell'art.
2423 deve illustrare l'andamento della gestione nei vari settori in
cui la società ha operato, anche attraverso altre società da essa
controllate, con particolare riguardo agli investimenti, ai costi e
ai prezzi. Devono essere anche indicati i fatti di rilievo
verificatisi dopo la chiusura dell'esercizio.
Dalla relazione devono in ogni caso risultare:
1) i criteri seguiti nella valutazione delle varie categorie di beni
e le loro eventuali modifiche rispetto al bilancio del precedente
esercizio;
2) i criteri seguiti negli ammortamenti e negli accantonamenti e le
loro eventuali modifiche rispetto al bilancio del precedente
esercizio;
3) le variazioni intervenute nella consistenza delle partite
dell'attivo e del passivo;
4) i dati relativi al personale dipendente e agli accantonamenti per
indennità di anzianità e trattamento di quiescenza;
5) gli interessi passivi, ripartiti tra prestiti a lungo e medio
termine e prestiti a breve termine, con separata indicazione di
quelli compresi nelle poste dell'attivo;
6) le spese di studio, ricerca e progettazione, le spese di
pubblicità e propaganda e le spese di avviamento di impianti o di
produzione, iscritte nell'attivo del bilancio, con distinta
indicazione del relativo ammontare;
7) i rapporti con le società controllanti, controllate e collegate e
le variazioni intervenute nelle partecipazioni e nei crediti e
debiti;
8) il numero e il valore nominale delle azioni proprie possedute
dalla società, anche per tramite di società fiduciaria o per
interposta persona, con l'indicazione della quota di capitale
corrispondente;
9) il numero e il valore nominale delle azioni proprie acquistate o
alienate dalla società nel corso dell'esercizio, anche per tramite
di società fiduciaria o per interposta persona, con l'indicazione
della quota di capitale corrispondente, dei corrispettivi riscossi o
pagati e dei motivi degli acquisti e delle alienazioni.
Entro tre mesi dalla fine del primo semestre dell'esercizio gli
amministratori delle società con azioni quotate in borsa devono
trasmettere al collegio sindacale una relazione sull'andamento della
gestione, redatta secondo i criteri stabiliti dalla Commissione
nazionale per le società e la borsa con apposito regolamento da
pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. La relazione
deve essere pubblicata nei modi e nei termini stabiliti dalla
Commissione stessa con il regolamento anzidetto).
2430 Riserva legale
Dagli utili netti annuali deve essere dedotta una somma
corrispondente almeno alla ventesima parte di essi per costituire
una riserva, fino a che questa non abbia raggiunto il quinto del
capitale sociale.
La riserva deve essere reintegrata a norma del comma precedente se
viene diminuita per qualsiasi ragione. Sono salve le disposizioni
delle leggi speciali.
Art. 2431 Sopraprezzo delle azioni
Le somme percepite dalla società per l'emissione di azioni ad un
prezzo superiore al loro valore nominale non possono essere
distribuite fino a che la riserva legale non abbia raggiunto il
limite stabilito dall'art. 2430.
Art. 2432 Partecipazione agli utili
Le partecipazioni agli utili eventualmente spettanti ai promotori,
ai soci fondatori e agli amministratori sono computate sugli utili
netti risultanti dal bilancio, fatta deduzione della quota di
riserva legale.
Art. 2433 Distribuzione degli utili ai soci
L'assemblea che approva il bilancio delibera sulla distribuzione
degli utili ai soci.
Non possono essere pagati dividendi sulle azioni, se non per utili
realmente conseguiti e risultanti dal bilancio regolarmente
approvato (2621 n. 2).
Se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo
a ripartizione di utili fino a che il capitale non sia reintegrato o
ridotto in misura corrispondente (2446).
I dividendi erogati in violazione delle disposizioni del presente
articolo non sono ripetibili, se i soci li hanno riscossi in buona
fede in base a bilancio regolarmente approvato, da cui risultano
utili netti corrispondenti.
Art. 2433 bis Acconti sui dividendi
La distribuzione di acconti sui dividendi è consentita solo alle
società il cui bilancio è assoggettato per legge alla certificazione
da parte di società di revisione iscritte all'albo speciale.
La distribuzione di acconti sui dividendi deve essere prevista dallo
statuto ed è deliberata dagli amministratori dopo la certificazione
e l'approvazione del bilancio dell'esercizio precedente.
Non è consentita la distribuzione di acconti sui dividendi quando
dall'ultimo bilancio approvato risultino perdite relative all
'esercizio o a esercizi precedenti.
L'ammontare degli acconti sui dividendi non può superare la minor
somma tra l'importo degli utili conseguiti dalla chiusura
dell'esercizio precedente, diminuito delle quote che dovranno essere
destinate a riserva per obbligo legale o statutario, e quello delle
riserve disponibili.
Gli amministratori deliberano la distribuzione di acconti sui
dividendi sulla base di un prospetto contabile e di una relazione,
dai quali risulti che la situazione patrimoniale, economica e
finanziaria della società consente la distribuzione stessa. Su tali
documenti deve essere acquisito il parere del collegio sindacale.
Il prospetto contabile, la relazione degli amministratori e il
parere del collegio sindacale debbono restare depositati in copia
nella sede della società fino all'approvazione del bilancio
dell'esercizio in corso. I soci possono prenderne visione.
Ancorché sia successivamente accertata l'inesistenza degli utili di
periodo risultanti dal prospetto, gli acconti sui dividendi erogati
in conformità con le altre disposizioni del presente articolo non
sono ripetibili se i soci li hanno riscossi in buona fede.
Art. 2434 Azione di responsabilità
L'approvazione del bilancio da parte dell'assemblea non implica
liberazione degli amministratori, dei direttori generali e dei
sindaci per le responsabilità incorse nella gestione sociale (2392 e
seguenti, 2633).
Art. 2435 Pubblicazione del bilancio e dell'elenco soci e dei
titolari di diritti su azioni
Entro trenta giorni dall'approvazione una copia del bilancio,
corredata dalla relazione sulla gestione, dalla relazione del
collegio sindacale e dal verbale di approvazione dell'assemblea,
deve essere, a cura degli amministratori, depositata presso
l'ufficio del registro delle imprese o spedita al medesimo ufficio a
mezzo di lettera raccomandata. Dell'avvenuto deposito deve essere
fatta menzione nel Bollettino delle Società per azioni e a
responsabilità limitata.
Il bilancio può essere pubblicato, oltre che in lire, anche in ECU,
al tasso di conversione della data di chiusura dell'esercizio; tale
tasso deve essere indicato nella nota integrativa. Entro trenta
giorni dall'approvazione del bilancio le società non quotate in
mercato regolamentato sono tenute altresì a depositare per
l'iscrizione nel registro delle imprese l'elenco dei soci riferito
alla data di approvazione del bilancio, con l'indicazione del numero
delle azioni possedute, nonché dei soggetti diversi dai soci che
sono titolari di diritti o beneficiari di vincoli sulle azioni
medesime. L'elenco deve essere corredato dall'indicazione analitica
delle annotazioni effettuate nel libro dei soci a partire dalla data
di approvazione del bilancio dell'esercizio precedente.
Art. 2435 bis Bilancio in forma abbreviata
Le società possono redigere il bilancio in forma abbreviata quando,
nel primo esercizio o, successivamente, per due esercizi consecutivi
non abbiano superato due dei seguenti limiti:
a) totale dell'attivo dello stato patrimoniale 3.090 milioni di
lire;
b) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 6.180 milioni di lire;
c) dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 50 unità.
Nel bilancio in forma abbreviata lo stato patrimoniale comprende
solo le voci contrassegnate nell'art. 2424 con lettere maiuscole e
con numeri romani; dalle voci B I e B II dell'attivo devono essere
detratti in forma esplicita gli ammortamenti e le svalutazioni;
nelle voci C II dell'attivo e D del passivo devono essere
separatamente indicati i crediti e i debiti esigibili oltre
l'esercizio successivo.
Nella nota integrativa sono omesse le indicazioni richieste dal n.
10 dell'art. 2426 e dai nn. 2, 3, 7, 9, 10,12,13, li, 15,16 e 17
dell'art. 2427; le indicazioni richieste dal n. 6 dell'art. 2427
sono riferite all'importo globale dei debiti iscritti in bilancio.
Qualora le società indicate nel primo comma forniscano nella nota
integrativa le informazioni richieste dai nn. 3 e 4 dell'art. 2428,
esse sono esonerate dalla redazione della relazione sulla gestione.
SEZIONE X
Delle modificazioni dell'atto costitutivo
Art. 2436 Deposito, iscrizione e pubblicazione delle modificazioni
Le deliberazioni che importano modificazioni dell'atto costitutivo
(att. 211) devono essere depositate e iscritte a norma del primo,
secondo e terzo comma dell'art. 2411 (att. 100) e pubblicate nel
BUSARL.
Dopo ogni modifica dell'atto costitutivo o dello statuto deve essere
depositato nel registro delle imprese e pubblicato nel Bollettino
ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata il
testo integrale dell'atto modificato nella sua redazione aggiornata
(2494).
Art. 2437 Diritto di recesso
I soci dissenzienti dalle deliberazioni riguardanti il cambiamento
dell'oggetto o del tipo della società, o il trasferimento della sede
sociale all'estero (2369) hanno diritto di recedere dalla società e
di ottenere il rimborso delle proprie azioni, secondo il prezzo
medio dell'ultimo semestre, se queste sono quotate in borsa, o, in
caso contrario, in proporzione del patrimonio sociale risultante dal
bilancio dell'ultimo esercizio.
La dichiarazione di recesso deve essere comunicata con raccomandata
dai soci intervenuti all'assemblea non oltre tre giorni dalla
chiusura di questa, e dai soci non intervenuti non oltre quindici
giorni (2964) dalla data dell'iscrizione della deliberazione nel
registro delle imprese (2188; att. 100).
E' nullo (1421 e seguenti) ogni patto che esclude il diritto di
recesso o ne rende più gravoso l'esercizio.
Art. 2438 Aumento di capitale
Non si possono emettere nuove azioni fino a che quelle emesse non
siano interamente liberate (2630).
Art. 2439 Sottoscrizione e versamenti
I sottoscrittori delle azioni di nuova emissione devono, all'atto
della sottoscrizione, versare alla società almeno i tre decimi del
valore nominale delle azioni sottoscritte. Se è previsto un
sopraprezzo, questo deve essere integralmente versato all'atto della
sottoscrizione.
Se l'aumento di capitale non è integralmente sottoscritto entro il
termine che, nell'osservanza di quelli stabiliti dall'art. 2441, 2°
e 3° comma, deve risultare dalla deliberazione, il capitale è
aumentato di un importo pari alle sottoscrizioni raccolte soltanto
se la deliberazione medesima lo abbia espressamente previsto.
Art. 2440 Conferimenti di beni in natura e di crediti
Se l'aumento di capitale avviene mediante conferimento di beni in
natura o di crediti si applicano le disposizioni degli artt. 2342,
2° e 3° comma, e 2343.
Art. 2441 Diritto di opzione
Le azioni di nuova emissione e le obbligazioni convertibili in
azioni devono essere offerte in opzione ai soci in proporzione al
numero delle azioni possedute. Se vi sono obbligazioni convertibili
il diritto di opzione spetta anche ai possessori di queste, in
concorso con i soci, sulla base del rapporto di cambio (2420).
L'offerta di opzione deve essere pubblicata nel Bollettino ufficiale
delle società per azioni e a responsabilità limitata. Per
l'esercizio del diritto di opzione deve essere concesso un termine
non inferiore a trenta giorni dalla pubblicazione dell'offerta.
Coloro che esercitano il diritto di opzione purché ne facciano
contestuale richiesta, hanno diritto di prelazione nell'acquisto
delle azioni e delle obbligazioni convertibili in azioni che siano
rimaste non optate. Se le azioni sono quotate in borsa, i diritti di
opzione non esercitati devono essere offerti in borsa dagli
amministratori, per conto della società, per almeno cinque riunioni,
entro il mese successivo alla scadenza del termine stabilito a norma
del secondo comma.
Il diritto di opzione non spetta per le azioni di nuova emissione
che, secondo la deliberazione di aumento del capitale, devono essere
liberate mediante conferimenti in natura.
Quando l'interesse della società lo esige, il diritto di opzione può
essere escluso o limitato con la deliberazione di aumento di
capitale, approvata da tanti soci che rappresentino oltre la metà
del capitale sociale, anche se la deliberazione è presa in assemblea
di seconda o terza convocazione (2369 e seguenti).
Le proposte di aumento del capitale sociale con esclusione o
limitazione del diritto di opzione, ai sensi del 4° o del 5 comma,
devono essere illustrate dagli amministratori con apposita
relazione, dalla quale devono risultare le ragioni dell'esclusione o
della limitazione, ovvero, qualora l'esclusione derivi da un
conferimento in natura, le ragioni di questo e in ogni caso i
criteri adottati per la determinazione del prezzo di emissione. La
relazione deve essere comunicata dagli amministratori al collegio
sindacale almeno trenta giorni prima di quello fissato per
l'assemblea. Entro quindici giorni il collegio sindacale deve
esprimere il proprio parere sulla congruità del prezzo di emissione
delle azioni.
Il parere del collegio sindacale e la relazione giurata dell'esperto
designato dal presidente del tribunale nell'ipotesi prevista dal 4°
comma devono restare depositati nella sede della società durante i
quindici giorni che precedono l'assemblea e finché questa non abbia
deliberato; i soci possono prenderne visione. La deliberazione
determina il prezzo di emissione delle azioni in base al valore del
patrimonio netto, tenendo conto, per le azioni quotate in borsa,
anche dell'andamento delle quotazioni nell'ultimo semestre.
Non si considera escluso né limitato il diritto di opzione qualora
la deliberazione di aumento del capitale preveda che le azioni di
nuova emissione siano sottoscritte da banche o da enti o società
finanziarie soggetti al controllo della Commissione nazionale per la
società e la borsa, con obbligo di offrirle agli azionisti della
società in conformità con i primi tre commi del presente articolo.
Le spese di tale operazione sono a carico della società e la
deliberazione di aumento del capitale deve indicarne l'ammontare.
Con deliberazione dell'assemblea presa con la maggioranza richiesta
per le assemblee straordinarie può essere escluso il diritto di
opzione limitatamente a un quarto delle azioni di nuova emissione,
se queste sono offerte in sottoscrizione ai dipendenti della
società. L'esclusione dell'opzione in misura superiore al quarto
deve essere approvata con la maggioranza prescritta nel quinto
comma.
Art. 2442 Passaggio di riserve a capitale
L'assemblea può aumentare il capitale imputando a capitale la parte
disponibile delle riserve e dei fondi speciali iscritti in bilancio.
In questo caso le azioni di nuova emissione devono avere le stesse
caratteristiche di quelle in circolazione, e devono essere assegnate
gratuitamente agli azionisti in proporzione di quelle da essi già
possedute.
L'aumento di capitale può attuarsi anche mediante aumento del valore
nominale delle azioni in circolazione.
Art. 2443 Delega agli amministratori
L'atto costitutivo può attribuire agli amministratori la facoltà di
aumentare in una o più volte il capitale fino ad un ammontare
determinato e per il periodo massimo di cinque anni dalla data
dell'iscrizione della società nel registro delle imprese (2381).
Tale facoltà può essere attribuita anche mediante modificazione
dell'atto costitutivo, per il periodo massimo di cinque anni dalla
data della deliberazione.
Il verbale della deliberazione degli amministratori di aumentare il
capitale deve essere redatto da un notaio e deve essere depositato e
iscritto a norma dell'art. 2436.
Art. 2444 Iscrizione nel registro delle imprese
Nei trenta giorni dall'avvenuta sottoscrizione delle azioni di nuova
emissione gli amministratori devono depositare per l'iscrizione nel
registro delle imprese un'attestazione che l'aumento del capitale è
stato eseguito (att. 100).
L'attestazione deve essere pubblicata a norma dell'art. 2457 bis.
Fino a che l'iscrizione nel registro non sia avvenuta, l'aumento del
capitale non può essere menzionato negli atti della società (2250).
Art. 2445 Riduzione del capitale esuberante
La riduzione del capitale, o quando questo risulta esuberante per il
conseguimento dell'oggetto sociale, può (2412) aver luogo sia
mediante liberazione dei soci dall'obbligo dei versamenti ancora
dovuti (2344), sia medianti rimborso del capitale ai soci, nei
limiti ammessi dagli artt. 2327 e 2412.
L'avviso di convocazione dell'assemblea deve indicare le ragioni e
le modalità della riduzione. La riduzione deve comunque effettuarsi
con modalità tali che le azioni proprie eventualmente possedute dopo
la riduzione non eccedano la decima parte del capitale sociale.
La deliberazione può essere eseguita soltanto dopo tre mesi dal
giorno dell'iscrizione nel registro delle imprese (att.100) purché
entro questo termine (2964) nessun creditore sociale anteriore
all'iscrizione abbia fatto opposizione (2623, n 1).
Il tribunale, nonostante l'opposizione, può disporre che la
riduzione abbia luogo, previa prestazione da parte della società di
un'idonea garanzia (1179, 2623).
2446 Riduzione del capitale per perdite
Quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in
conseguenza di perdite, gli amministratori (2381, 2630) devono senza
indugio convocare l'assemblea per gli opportuni provvedimenti
(2630). All'assemblea deve essere sottoposta una relazione sulla
situazione patrimoniale della società, con le osservazioni del
collegio sindacale. La relazione degli amministratori con le
osservazioni del collegio sindacale deve restare depositata in copia
nella sede della società durante gli otto giorni che precedono
l'assemblea, perché i soci possano prenderne visione.
Se entro l'esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a
meno di un terzo l'assemblea che approva il bilancio di tale
esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite
accertate. In mancanza gli amministratori e i sindaci devono
chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale
in ragione delle perdite risultanti dal bilancio. Il tribunale
provvede, sentito il pubblico ministero, mediante decreto, che deve
essere iscritto nel registro delle imprese a cura degli
amministratori (2194, 2626; att 100). Contro tale decreto e ammesso
reclamo alla corte d'appello entro trenta giorni dall'iscrizione
(att. 209).
Art. 2447 Riduzione del capitale sociale al di sotto del limite
legale
Se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo di riduce
al di sotto del minimo stabilito dall'art. 2327, gli amministratori
devono senza indugio convocare l'assemblea per deliberare la
riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad
una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della
società (2448, 2498).
SEZIONE XI
Dello scioglimento e della liquidazione
Art. 2448 Cause di scioglimento
La società per azioni si scioglie:
1) per il decorso del termine;
2) per il conseguimento dell'oggetto sociale o per la sopravvenuta
impossibilità di conseguirlo;
3) per l'impossibilità di funzionamento o per la continuata
inattività dell'assemblea;
4) per la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale
(2327), salvo quanto è disposto dall'art. 2447;
5) per deliberazione dell'assemblea;
6) per le altre cause previste dall'atto costitutivo.
La società si scioglie inoltre per provvedimento dell'autorità
governativa nei casi stabiliti dalla legge, e per la dichiarazione
di fallimento se la società ha per oggetto un'attività commerciale
(2195, 2449). Si osservano in questi casi le disposizioni delle
leggi speciali.
Art. 2449 Effetti dello scioglimento
Gli amministratori, quando si è verificato un fatto che determina lo
scioglimento della società, non possono intraprendere nuove
operazioni. Contravvenendo a questo divieto, essi assumono
responsabilità illimitata e solidale (1292) per gli affari
intrapresi.
Essi devono, nel termine di trenta giorni convocare l'assemblea per
le deliberazioni relative alla liquidazione.
Gli amministratori sono responsabili della conservazione dei beni
sociali fino a quando non ne hanno fatto consegna ai liquidatori.
Nel caso previsto dal n. 5 dell'art. 2448, la deliberazione
dell'assemblea che decide lo scioglimento della società deve essere
depositata ed iscritta nel registro delle imprese a norma dell'art.
2411, primo, secondo e terzo comma, e pubblicata nel Bollettino
ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata.
Nei casi previsti dai nn. 1, 2, 4 e 6 dell'art. 2448 deve essere
depositata ed iscritta nel registro delle imprese e pubblicata nel
Bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità
limitata la deliberazione del consiglio di amministrazione che
accerta il verificarsi di una causa di scioglimento.
Nel caso previsto dal n. 3 dell'art. 2448 deve essere iscritto e
pubblicato a norma del comma precedente il decreto del presidente
del tribunale che, su istanza dei soci, degli amministratori o dei
sindaci accerti l'impossibilità di funzionamento o la continuata
inattività dell'assemblea.
Nel caso previsto dall'art. 2448, secondo comma, il provvedimento
dell'autorità governativa e la sentenza dichiarativa di fallimento
devono, a cura degli amministratori, entro quindici giorni dalla
comunicazione del provvedimento o dalla pubblicazione della
sentenza, essere depositati in copia autentica (2703) per
l'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese e
pubblicati nel Bollettino ufficiale delle società per azioni e a
responsabilità limitata (2626).
Art. 2450 Nomina e revoca dei liquidatori
La nomina dei liquidatori spetta all'assemblea (2365), salvo diversa
disposizione dell'atto costitutivo.
L'assemblea delibera con le maggioranze prescritte per l'assemblea
straordinaria (2368 e seguente).
Nel caso previsto dal n. 3 dell'art. 2448, o quando la maggioranza
prescritta non è raggiunta, la nomina dei liquidatori è fatta con
decreto dal presidente del tribunale su istanza dei soci, degli
amministratori o dei sindaci.
I liquidatori possono essere revocati dall'assemblea con le
maggioranze prescritte per l'assemblea straordinaria (2368 e
seguente) o, quando sussiste una giusta causa, dal tribunale su
istanza dei soci, dei sindaci o del pubblico ministero.
Le disposizioni del primo, secondo e terzo comma si applicano anche
alla sostituzione dei liquidatori.
Art. 2450 bis Pubblicazione della nomina dei liquidatori
La deliberazione dell'assemblea, la sentenza e il decreto del
presidente del tribunale che nomina i liquidatori e ogni atto
successivo che importi cambiamento nelle persone dei liquidatori
devono essere, entro quindici giorni dalla notizia della nomina,
depositati in copia autentica a cura dei liquidatori medesimi per la
loro iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese (2626).
I liquidatori devono altresì depositare, presso lo stesso ufficio,
le loro firme autografe.
I liquidatori devono inoltre richiedere, entro quindici giorni dalla
iscrizione nel registro delle imprese, la pubblicazione nel
Bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità
limitata della deliberazione dell'assemblea o della sentenza o del
decreto di cui al primo comma.
Art. 2451 Organi sociali durante la liquidazione
Le disposizioni sulle assemblee e sul collegio sindacale (2363 e
seguenti) si applicano anche durante la liquidazione, in quanto
compatibili con questa.
Art. 2452 Poteri, obblighi e responsabilità dei liquidatori
Oltre che agli obblighi di cui all'art. 2450 bis i liquidatori sono
soggetti alle disposizioni degli artt. 2276, 2277, 2279, 2280, primo
comma, e 2310 (2625).
I poteri dei liquidatori sono regolati dal primo comma dell'art.
2278, salvo che l'assemblea con le maggioranze stabilite per
l'assemblea straordinaria (2368) non abbia disposto diversamente.
Se i fondi disponibili risultano insufficienti per il pagamento dei
debiti sociali, i liquidatori possono chiedere proporzionalmente ai
soci i versamenti ancora dovuti sulle rispettive azioni
Le disposizioni dell'art. 2450 bis, primo e terzo comma, relative
alla pubblicità della nomina dei liquidatori si applicano anche alla
deliberazione dell'assemblea straordinaria prevista dal secondo
comma.
Art. 2453 Bilancio finale di liquidazione
Compiuta la liquidazione, i liquidatori devono redigere il bilancio
finale, indicando la parte spettante a ciascuna azione nella
divisione dell'attivo.
Il bilancio, sottoscritto dai liquidatori e accompagnato dalla
relazione dei sindaci, è depositato presso l'ufficio del registro
delle imprese (2626).
Nei tre mesi successivi all'iscrizione dell'avvenuto deposito, ogni
socio può proporre reclamo davanti al tribunale in contraddittorio
dei liquidatori.
I reclami devono essere riuniti e decisi in unico giudizio, nel
quale tutti i soci possono intervenire. La trattazione della causa
ha inizio quando sia decorso il termine suddetto. La sentenza fa
stato anche riguardo ai non intervenuti.
Art. 2454 Approvazione tacita del bilancio
Decorso il termine di tre mesi senza che siano stati proposti
reclami, il bilancio s'intende approvato, e i liquidatori, salvi i
loro obblighi relativi alla distribuzione dell'attivo risultante dal
bilancio, sono liberati di fronte ai soci.
Indipendentemente dalla decorrenza del termine, la quietanza,
rilasciata senza riserve all'atto del pagamento dell'ultima quota di
riparto, importa approvazione del bilancio.
Art. 2455 Deposito delle somme non riscosse
Le somme spettanti ai soci, non riscosse entro tre mesi
dall'iscrizione dell'avvenuto deposito del bilancio a norma
dell'art. 2453, devono essere depositate presso un istituto di
credito (att. 251) con l'indicazione del cognome e del nome del
socio o dei numeri delle azioni, se queste sono al portatore.
Art. 2456 Cancellazione della società
Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono
chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese,
e la pubblicazione del provvedimento di cancellazione nel Bollettino
ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata.
Dopo la cancellazione della società i creditori sociali non
soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei
soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base
al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori,
se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi.
Art. 2457 Deposito dei libri sociali
Compiuta la liquidazione, la distribuzione dell'attivo o il deposito
indicato nell'art. 2455, i libri della società devono essere
depositati (2626) e conservati per dieci anni presso l'ufficio del
registro delle imprese. Chiunque può esaminarli, anticipando le
spese.
SEZIONE XI BIS
Art. 2457 bis Pubblicazione nel Bollettino delle società per azioni
e a responsabilità limitata e nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana
Gli amministratori e, se la società è in liquidazione, i liquidatori
sono tenuti a richiedere la pubblicazione nel Bollettino ufficiale
delle società per azioni e a responsabilità limitata o nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana degli atti e fatti per
i quali l'una o l'altra pubblicazione sia prescritta dal presente
codice nel termine di un mese dall'iscrizione o dal deposito
dell'atto nel registro delle imprese, salvo che sia previsto un
termine diverso.
Art. 2457 ter Effetti della pubblicazione nel Bollettino ufficiale
delle società per azioni e a responsabilità limitata
Gli atti per i quali il codice prescrive, oltre l'iscrizione o il
deposito nel registro delle imprese, la pubblicazione nel Bollettino
ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata, sono
opponibili ai terzi soltanto dopo tale pubblicazione, a meno che la
società provi che i terzi ne erano a conoscenza.
Per le operazioni compiute entro il quindicesimo giorno dalla
pubblicazione di cui al comma precedente, gli atti non sono
opponibili ai terzi che provino di essere stati nella impossibilità
di averne conoscenza.
In caso di discordanza tra il contenuto dell'atto depositato o
iscritto nel registro delle imprese con il testo pubblicato nel
Bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità
limitata, quest'ultimo non può essere opposto ai terzi. Costoro
possono, tuttavia, valersene, salvo che la società provi che i terzi
erano a conoscenza del testo iscritto o depositato nel registro
delle imprese (2497 bis).
SEZIONE XII
Delle società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici
Art. 2458 Società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici
Se lo Stato o gli enti pubblici hanno partecipazioni in una società
per azioni, l'atto costitutivo può ad essi conferire la facoltà di
nominare uno o più amministratori o sindaci (2400).
Gli amministratori e i sindaci nominati a norma del comma precedente
possono essere revocati soltanto dagli enti che li hanno nominati.
Essi hanno i diritti e gli obblighi dei membri nominati
dall'assemblea.
Art. 2459 Amministratori e sindaci nominati dallo Stato o da enti
pubblici
Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche nel caso
in cui la legge o l'atto costitutivo attribuisca allo Stato o a enti
pubblici, anche in mancanza di partecipazione azionaria, la nomina
di uno o più amministratori o sindaci, salvo che la legge disponga
diversamente.
Art. 2460 Presidenza del collegio sindacale
Qualora uno o più sindaci siano nominati dallo Stato, il presidente
del collegio sindacale deve essere scelto tra essi.
SEZIONE XIII
Delle società d'interesse nazionale
Art. 2461 Norme applicabili
Le disposizioni di questo capo si applicano anche alle società per
azioni d'interesse nazionale, compatibilmente con le disposizioni
delle leggi speciali che stabiliscono per tali società una
particolare disciplina circa la gestione sociale, la trasferibilità
delle azioni, il diritto di voto e la nomina degli amministratori,
dei sindaci e dei dirigenti.
CAPO VI
Della società in accomandita per azioni
Art. 2462 Nozione
Nelle società in accomandita per azioni i soci accomandatari
rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni
sociali, e i soci accomandanti sono obbligati nei limiti della quota
di capitale sottoscritta (2250).
Le quote di partecipazione dei soci sono rappresentate da azioni
(2346 e seguenti).
Art. 2463 Denominazione sociale
La denominazione della società è costituita dal nome di almeno uno
dei soci accomandatari, con l'indicazione di società in accomandita
per azioni (2564 e seguenti).
Art. 2464 Norme applicabili
Alla società in accomandita per azioni sono applicabili le norme
relative alla società per azioni (2325 e seguenti, 2457 ter), in
quanto compatibili con le disposizioni seguenti.
Art. 2465 Soci accomandatari
L'atto costitutivo deve indicare i soci accomandatari.
I soci accomandatari sono di diritto amministratori e sono soggetti
agli obblighi degli amministratori delle società per azioni (2380 e
seguenti), (escluso quello della cauzione).
NOTA Essendo abrogato l'art. 2387, tale obbligo non è più previsto
per gli amministratori di S p A.
Art. 2466 Revoca degli amministratori
La revoca degli amministratori deve essere deliberata con la
maggioranza prescritta per le deliberazioni dell'assemblea
straordinaria della società per azioni (2368 e seguente).
Se la revoca avviene senza giusta causa, l'amministratore revocato
ha diritto al risarcimento dei danni.
Art. 2467 Sostituzione degli amministratori
L'assemblea con la maggioranza indicata nell'articolo precedente
provvede a sostituire l'amministratore che, per qualunque causa, ha
cessato dal suo ufficio. Nel caso di pluralità di amministratori, la
nomina deve essere approvata dagli amministratori rimasti in carica.
Il nuovo amministratore assume la qualità di socio accomandatario
dal momento dell'accettazione della nomina.
Art. 2468 Cessazione dall'ufficio di tutti i soci amministratori
In caso di cessazione dall'ufficio di tutti gli amministratori, la
società si scioglie se nel termine di sei mesi non si e provveduto
alla loro sostituzione e i sostituti non hanno accettato la carica.
Per questo periodo il collegio sindacale nomina un amministratore
provvisorio per il compimento degli atti di ordinaria
amministrazione. L'amministratore provvisorio non assume la qualità
di socio accomandatario.
Art. 2469 Sindaci e azione di responsabilità
I soci accomandatari non hanno diritto di voto per le azioni ad essi
spettanti nelle deliberazioni dell'assemblea che concernono la
nomina e la revoca dei sindaci (2400) e l'esercizio dell'azione di
responsabilità (2392).
Art. 2470 Modificazioni dell'atto costitutivo
Le modificazioni dell'atto costitutivo (att. 211) devono essere
approvate dall'assemblea con le maggioranze prescritte per
l'assemblea straordinaria della società per azioni (2368 e
seguente), e devono inoltre essere approvate da tutti i soci
accomandatari.
Art. 2471 Responsabilità degli accomandatari verso i terzi
La responsabilità dei soci accomandatari verso i terzi è regolata
dall'art. 2304.
Il socio accomandatario che cessa dall'ufficio di amministratore non
risponde per le obbligazioni della società sorte posteriormente
all'iscrizione nel registro delle imprese della cessazione
dall'ufficio.
CAPO VII
Della società a responsabilità limitata
SEZIONE I Disposizioni generali
Art. 2472 Nozione
Nella società a responsabilità limitata (att. 216) per le
obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo
patrimonio.
Le quote di partecipazione dei soci non possono essere rappresentate
da azioni.
Art. 2473 Denominazione sociale
La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere
l'indicazione di società a responsabilità limitata (2564 e
seguenti).
Art. 2474 Capitale sociale
La società deve costituirsi con un capitale non inferiore a 20
milioni di lire (2250, 2496).
Le quote di conferimento dei soci possono essere di diverso
ammontare, ma in nessun caso inferiori a lire mille (2482, 2500).
Se la quota di conferimento è superiore al minimo, deve essere
costituita da un ammontare multiplo di lire mille.
Se il valore di un conferimento in natura non raggiunge l'ammontare
minimo o un multiplo di questo, la differenza deve essere integrata
mediante conferimento in danaro.
Art. 2475 Costituzione
La società deve costituirsi per atto pubblico. L'atto costitutivo
deve indicare:
l) il cognome e il nome, la data e il luogo di nascita, il
domicilio, la cittadinanza di ciascun socio;
2) la denominazione, la sede della società e le eventuali sedi
secondarie;
3) l'oggetto sociale (2620, 2630);
4) l'ammontare del capitale sottoscritto e versato;
5) la quota di conferimento di ciascun socio e il valore dei beni e
dei crediti conferiti
6) le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti
(2492);
7) il numero, il cognome e il nome, la data e il luogo di nascita
degli amministratori e i loro poteri, indicando quali tra essi hanno
la rappresentanza della società (2384);
8) il numero, il cognome e il nome, la data e il luogo di nascita
dei componenti del collegio sindacale nei casi previsti dall'art.
2488;
9) la durata della società;
10) l'importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la
costituzione poste a carico della società.
Si applicano alla società a responsabilità limitata le disposizioni
degli artt. 2328, ultimo comma, 2329, 2330, 2330 bis, 2331 primo e
secondo comma, 2332, con esclusione del n. 8 e 2341.
La società può essere costituita con atto unilaterale. In tal caso,
per le operazioni compiute in nome della società prima della sua
iscrizione è responsabile, in solido con coloro che hanno agito,
anche il socio fondatore.
Art. 2475 bis Pubblicità
Quando le quote appartengono ad un solo socio o muta la persona
dell'unico socio, gli amministratori devono depositare per
l'iscrizione nel registro delle imprese una dichiarazione contenente
l'indicazione del cognome e nome, della data e luogo di nascita, del
domicilio e cittadinanza dell'unico socio.
Quando si costituisce o ricostituisce la pluralità dei soci, gli
amministratori ne devono depositare la dichiarazione per
l'iscrizione nel registro delle imprese.
L'unico socio o colui che cessi di essere tale può provvedere alla
pubblicità prevista nei commi precedenti.
Le dichiarazioni degli amministratori devono essere depositate entro
quindici giorni dall'iscrizione nel libro dei soci e devono indicare
la data di tale iscrizione.
SEZIONE II Dei conferimenti e delle quote
Art. 2476 Conferimenti ed acquisti della società da fondatori, soci
ed amministratori
Si applicano ai conferimenti dei soci e agli acquisti da parte della
società di beni o crediti dei fondatori, dei soci e degli
amministratori le disposizioni degli artt. 2342, 2343 e 2343 bis.
In caso di costituzione della società con atto unilaterale il
conferimento in danaro deve essere interamente versato ai sensi
dell'art. 2329, n. 2 Cod. Civ. In caso di aumento di capitale
eseguito nel periodo in cui vi è un unico socio il conferimento in
danaro deve essere interamente versato al momento della
sottoscrizione.
Se viene meno la pluralità dei soci, i versamenti ancora dovuti
devono essere effettuati entro tre mesi.
Art. 2477 Mancato pagamento delle quote
Se il socio non esegue il pagamento della quota nel termine
prescritto, gli amministratori possono diffidare il socio moroso ad
eseguirlo nel termine di trenta giorni.
Decorso inutilmente questo termine, gli amministratori possono
vendere, a rischio e per conto del socio moroso, la sua quota per il
valore risultante dall'ultimo bilancio approvato. I soci hanno
diritto di preferenza nell'acquisto. In mancanza di offerte per
l'acquisto, la quota è venduta all'incanto.
Se la vendita non può aver luogo per mancanza di compratori, gli
amministratori possono escludere il socio, trattenendo le somme
riscosse, salvo il risarcimento dei maggiori danni. Il capitale deve
essere ridotto in misura corrispondente.
Il socio in mora nei versamenti non può esercitare il diritto di
voto.
Art. 2478 Prestazioni accessorie
L'atto costitutivo può prevedere l'obbligo dei soci al compimento di
prestazioni accessorie. Si applicano in tal caso le disposizioni del
primo e del terzo comma dell'art. 2345.
Le quote a cui e connesso l'obbligo delle prestazioni anzidette sono
trasferibili soltanto con il consenso degli amministratori (2479,
2480).
Art. 2479 Trasferimento della quota
Le quote sono trasferibili per atto tra vivi e per successione a
causa di morte, salvo contraria disposizione dell'atto costitutivo.
Il trasferimento delle quote ha effetto di fronte alla società dal
momento dell'iscrizione nel libro dei soci.
L'iscrizione del trasferimento nel libro dei soci ha luogo nei
trenta giorni dal deposito di cui al quarto comma, su richiesta
dell'alienante o dell'acquirente, verso esibizione del titolo da cui
risultino il trasferimento e l'avvenuto deposito.
L'atto di trasferimento delle quote, con sottoscrizione autenticata,
deve essere depositato entro trenta giorni per l'iscrizione, a cura
del notaio autenticante, presso l'ufficio del registro delle imprese
nella cui circoscrizione e sta a la sede sociale
Art. 2479 bis Pubblicità dei trasferimenti a causa di morte
Il deposito dei trasferimenti a causa di morte per l'iscrizione nel
registro delle imprese e la conseguente iscrizione nel libro dei
soci avvengono verso presentazione della documentazione richiesta
per l'annotazione nel libro dei soci dei corrispondenti
trasferimenti in materia di società per azioni. Il deposito e
l'iscrizione sono effettuati a richiesta dell'erede o del legatario.
Art. 2480 Espropriazione della quota
La quota può formare oggetto di espropriazione.
L'ordinanza del giudice che dispone la vendita della quota deve
essere notificata alla società a cura del creditore.
Se la quota non è liberamente trasferibile e il creditore, il
debitore e la società non si accordano sulla vendita della quota
stessa, la vendita ha luogo all'incanto; ma la vendita è priva di
effetto se, entro dieci giorni dall'aggiudicazione, la società
presenta un altro acquirente che offra lo stesso prezzo.
Le disposizioni del comma precedente si applicano anche nel caso di
fallimento di un socio.
Art. 2481 Responsabilità dell'alienante per i versamenti ancora
dovuti
Nel caso di cessione della quota l'alienante è obbligato
solidalmente (1292) con l'acquirente, per il periodo di tre anni dal
trasferimento, per i versamenti ancora dovuti.
Il pagamento non può essere domandato all'alienante se non quando la
richiesta al socio moroso è rimasta infruttuosa.
Art. 2482 Divisibilità della quota
Salvo contraria disposizione dell'atto costitutivo, le quote sono
divisibili nel caso di successione a causa di morte o di
alienazione, purché siano osservate le disposizioni del secondo e
terzo comma dell'art. 2474.
Se una quota sociale diventa proprietà comune di più persone, si
applica l'art. 2347.
Art. 2483 Operazioni sulle proprie quote
In nessun caso la società può acquistare o accettare in garanzia le
quote proprie, ovvero accordare prestiti o fornire garanzie per il
loro acquisto o la loro sottoscrizione.
SEZIONE III Degli organi sociali e dell'amministrazione
Art. 2484 Convocazione dell'assemblea
Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, l'assemblea deve
essere convocata dagli amministratori con raccomandata spedita ai
soci almeno otto giorni prima dell'adunanza nel domicilio risultante
dal libro dei soci.
Nella lettera devono essere indicati il giorno, il luogo e l'ora
dell'adunanza e l'elenco delle materie da trattare.
Art. 2485 Diritto di voto
Ogni socio ha diritto ad almeno un voto nell'assemblea. Se la quota
è multipla di lire mille (2474), il socio ha diritto a un voto per
ogni mille lire.
Art. 2486 Deliberazioni dell'assemblea
Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, l'assemblea
ordinaria delibera (2630) col voto favorevole di tanti soci che
rappresentino la maggioranza del capitale sociale, e l'assemblea
straordinaria delibera col voto favorevole di tanti soci che
rappresentino almeno due terzi del capitale sociale.
Alle assemblee dei soci si applicano le disposizioni degli artt.
2363, 2364, 2365, 2367, 2371, 2372, 2373, 2374, 2375, 2377, 2378 e
2379.
Alla società a responsabilità limitata non e consentita l'emissione
di obbligazioni.
Art. 2487 Amministrazione
Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo l'amministrazione
della società deve essere affidata a uno o più soci.
Si applicano all'amministrazione della società gli artt. 2381, 2382,
2383, primo, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo comma, 2384,
2384 bis, 2385, 2386, 2388, 2389, 2390, 2391 2392, 2393, 2394, 2395,
2396 e 2434.
Art. 2488 Collegio sindacale
La nomina del collegio sindacale è obbligatoria se il capitale
sociale non è inferiore a duecento milioni di lire o se è stabilita
nell'atto costitutivo.
E' altresì obbligatoria se per due esercizi consecutivi siano stati
superati due dei limiti indicati nel primo comma dell'art. 2435 bis.
L'obbligo cessa se, per due esercizi consecutivi, due dei predetti
limiti non vengono superati.
Al collegio sindacale si applicano le disposizioni degli art. 2397 e
seguenti.
Anche quando manca il collegio sindacale, si applica l'art. 2409.
Art. 2489 Controllo individuale del socio
Nelle società in cui non esiste il collegio sindacale (2488),
ciascun socio ha diritto di avere dagli amministratori notizia dello
svolgimento degli affari sociali e di consultare i libri sociali. I
soci che rappresentano almeno un terzo del capitale hanno inoltre il
diritto di far eseguire annualmente a proprie spese la revisione
della gestione (2623).
E' nullo ogni patto contrario.
Art. 2490 Libri sociali obbligatori
Oltre i libri e le altre scritture contabili prescritti nell'art.
2214, la società deve tenere:
1) il libro dei soci, nel quale devono essere indicati il nome dei
soci e i versamenti fatti sul le quote, nonché le variazioni nelle
persone dei soci;
2) il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell'assemblea, in
cui devono essere trascritti anche i verbali redatti per atto
pubblico;
3) il libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di
amministrazione;
4) il libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio
sindacale, se questo esiste.
I primi tre libri devono essere tenuti a cura degli amministratori e
il quarto a cura dei sindaci.
Ai soci spetta il diritto di esaminare i libri indicati nei numeri 1
e 2, e di ottenerne estratti a proprie spese.
Art. 2490 bis Contratti con il socio unico
I contratti tra la società e l'unico socio o le operazioni a favore
dell'unico socio devono, anche quando non è stata attuata la
pubblicità di cui all'art. 2475 bis, essere trascritti nel libro
indicato nel n. 3 del primo comma dell'art. 2490 o risultare da atto
scritto.
I crediti dell'unico socio non illimitatamente responsabile nei
confronti della società non sono assistiti da cause legittime di
prelazione.
Art. 2491 Bilancio
Il bilancio deve essere redatto con l'osservanza degli art. da 2423
a 2431, disposto dall'art. 2435 bis. Gli amministratori devono
depositare nella sede sociale copia del bilancio, con la relazione
sulla gestione, almeno quindici giorni prima dell'assemblea.
Se esiste il collegio sindacale, si applica l'art. 2429.
Art. 2492 Ripartizione degli utili
Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, la ripartizione
degli utili ai soci è fatta in proporzione delle rispettive quote di
conferimento.
Si applicano inoltre le disposizioni dell'art. 2433.
Art. 2493 Pubblicazione del bilancio e dell'elenco dei soci e dei
titolari di diritti su quote sociali
Il bilancio approvato dall'assemblea e l'elenco dei soci e degli
altri titolari di diritti su quote sociali devono essere depositati
presso l'ufficio del registro delle imprese a norma dell'art. 2435.
SEZIONE IV Delle modificazioni dell'atto costitutivo e dello
scioglimento
Art. 2494 Modificazioni dell'atto costitutivo
Alle modificazioni dell'atto costitutivo (att. 211) si applicano le
disposizioni degli artt. 2436 e 2437.
Art. 2495 Aumento del capitale
In caso di aumento del capitale si applicano in ordine alle quote le
disposizioni degli artt. 2438, 2439, 2140, 2441, primo comma e 2474,
ultimo comma.
Art. 2496 Riduzione del capitale
La riduzione del capitale ha luogo nei casi e nei modi prescritti
per le società per azioni (2445 e seguenti).
Il limite minimo del capitale, agli effetti degli artt. 2445 e 2447,
è quello indicato nell'art. 2474.
ln caso di riduzione del capitale per perdite, i soci conservano i
diritti sociali secondo il valore originario delle rispettive quote
(2485).
Art. 2497 Scioglimento e liquidazione
Allo scioglimento (2711) e alla liquidazione della società si
applicano le disposizioni degli artt. 2448 e 2457. La maggioranza
necessaria per la nomina e la revoca dei liquidatori è quella
richiesta dall'art. 2486 per l'assemblea straordinaria.
In caso di insolvenza della società, per le obbligazioni sociali
sorte nel periodo in cui le quote sono appartenute ad un solo socio,
questi risponde illimitatamente.
a) quando sia una persona giuridica ovvero sia socio unico di altra
società di capitali;
b) quando i conferimenti non siano stati effettuati secondo quanto
previsto dall'art. 2476, secondo e terzo comma;
c) fino a quando non sia stata attuata la pubblicità prescritta
dall'art. 2475 bis.
Art. 2497 bis Pubblicazione nel Bollettino ufficiale delle società
per azioni e a responsabilità limitata
Si applicano alla società a responsabilità limitata le disposizioni
degli artt. 2157 bis e ter.
CAPO VIII
Della trasformazione, della fusione e della scissione delle società
SEZIONE I Della trasformazione delle società
Art. 2498 Trasformazione in società aventi personalità giuridica
La deliberazione di trasformazione (att. 211) di una società in nome
collettivo (2291 e seguenti) o in accomandita semplice (2313 e
seguenti) in società per azioni (2325 e seguenti), in accomandita
per azioni (2462 e seguenti) o a responsabilità limitata (2472 e
seguenti) deve risultare da atto pubblico (2699, 2725) e contenere
le indicazioni prescritte dalla legge per l'atto costitutivo del
tipo di società adottato.
Essa deve essere accompagnata da una relazione di stima (2629) del
patrimonio sociale a norma dell'art. 2343 e deve (2194) essere
iscritta nel registro delle imprese (2180) con le forme prescritte
per l'atto costitutivo del tipo di società adottato.
La società acquista personalità giuridica con l'iscrizione della
deliberazione nel registro delle imprese e conserva i diritti e gli
obblighi anteriori alla trasformazione.
Art. 2499 Responsabilità dei soci
La trasformazione di una società non libera i soci a responsabilità
illimitata (2291, 2313) dalla responsabilità per le obbligazioni
sociali anteriori alla iscrizione della deliberazione di
trasformazione nel registro delle imprese (2498-2), se non risulta
che i creditori sociali hanno dato il loro consenso alla
trasformazione.
Il consenso si presume se i creditori, ai quali la deliberazione di
trasformazione sia stata comunicata per raccomandata, non hanno
negato espressamente la loro adesione nel termine di trenta giorni
(2964) dalla comunicazione.
Art. 2500 Assegnazione di azioni e quote
Nella trasformazione in società per azioni o in accomandita per
azioni di una società di altro tipo ciascun socio ha diritto
all'assegnazione di un numero di azioni proporzionale al valore
della sua quota secondo l'ultimo bilancio approvato.
Nella trasformazione di una società di altro tipo in società a
responsabilità limitata l'assegnazione delle quote deve farsi con
l'osservanza dell'art. 2474.
SEZIONE II Della fusione delle società
Art. 2501 Forme di fusione
La fusione di più società (att. 211) può eseguirsi mediante la
costituzione di una società nuova, o mediante l'incorporazione in
una società di una o più altre.
La partecipazione alla fusione non è consentita alle società
sottoposte a procedure concorsuali né a quelle in liquidazione che
abbiano iniziato la distribuzione dell'attivo.
Art. 2501 bis Progetto di fusione
Gli amministratori delle società partecipanti alla fusione redigono
un progetto di fusione, dal quale devono in ogni caso risultare:
1) il tipo, la denominazione o ragione sociale, la sede delle
società partecipanti alla fusione;
2) l'atto costitutivo della nuova società risultante dalla fusione o
di quella incorporante, con le eventuali modificazioni derivanti
dalla fusione;
3) il rapporto di cambio delle azioni o quote, nonché l'eventuale
conguaglio in denaro;
4) le modalità di assegnazione delle azioni o delle quote della
società che risulta dalla fusione o di quella incorporante;
5) la data dalla quale tali azioni o quote partecipano agli utili;
6) la data a decorrere dalla quale le operazioni delle società
partecipanti alla fusione sono imputate al bilancio della società
che risulta dalla fusione o di quella incorporante;
7) il trattamento eventualmente riservato a particolari categorie di
soci e ai possessori di titoli diversi dalle azioni
8) i vantaggi particolari eventualmente proposti a favore degli
amministratori delle società partecipanti alla fusione.
Il conguaglio in denaro indicato nel numero 3) del comma precedente
non può essere superiore al 10% del valore nominale delle azioni o
delle quote assegnate.
Il progetto di fusione è depositato per l'iscrizione nel registro
delle imprese del luogo ove hanno sede le società partecipanti alla
fusione.
Se alla fusione partecipano società regolate dai capi V, VI e VII,
il progetto di fusione è altresì pubblicato per estratto nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana almeno un mese prima
della data fissata per la deliberazione; l'estratto deve contenere
le indicazioni previste ai nn. 1), 3), 4), 5), 6), 7) e 8) del primo
comma e la menzione dell'avvenuta iscrizione del progetto nel
registro delle imprese a norma del precedente comma.
Art. 2501 ter Situazione patrimoniale
Gli amministratori delle società partecipanti alla fusione devono
redigere la situazione patrimoniale delle società stesse, riferita
ad una data non anteriore di oltre quattro mesi dal giorno in cui il
progetto di fusione è depositato nella sede della società.
La situazione patrimoniale è redatta con l'osservanza delle norme
sul bilancio di esercizio.
La situazione patrimoniale può essere sostituita dal bilancio
dell'ultimo esercizio, se questo è stato chiuso non oltre sei mesi
prima del giorno del deposito indicato nel primo comma.
Art. 2501 quater Relazione degli amministratori
Gli amministratori delle società partecipanti alla fusione devono
redigere una relazione la quale illustri e giustifichi, sotto il
profilo giuridico ed economico, il progetto di fusione e in
particolare il rapporto di cambio delle azioni o delle quote.
La relazione deve indicare i criteri di determinazione del rapporto
di cambio.
Nella relazione devono essere segnalate le eventuali difficoltà di
valutazione.
Art. 2501 quinquies Relazione degli esperti
Uno o più esperti per ciascuna società devono redigere una relazione
sulla congruità del rapporto di cambio delle azioni o delle quote,
che indichi:
a) il metodo o i metodi seguiti per la determinazione del rapporto
di cambio proposto e i valori risultanti dall'applicazione di
ciascuno di essi;
b) le eventuali difficoltà di valutazione.
La relazione deve contenere, inoltre, un parere sull'adeguatezza del
metodo o dei metodi seguiti per la determinazione del rapporto di
cambio e sull'importanza relativa attribuita a ciascuno di essi
nella determinazione del valore adottato. L'esperto o gli esperti
sono designati dal presidente del tribunale, le società partecipanti
alla fusione possono richiedere al presidente del tribunale del
luogo in cui ha sede la società risultante dalla fusione o quella
incorporante la nomina di uno o più esperti comuni.
Ciascun esperto ha diritto di ottenere dalle società partecipanti
alla fusione tutte le informazioni e i documenti utili e di
procedere ad ogni necessaria verifica.
L'esperto risponde dei danni causati alle società partecipanti alla
fusione, ai loro soci e ai terzi. Si applicano le disposizioni
dell'art. 64 Cod. Proc. Civ.
La relazione, quanto alle società quotate in borsa, è redatta da
società di revisione.
Art. 2501 sexies Deposito di atti
Devono restare depositati in copia nella sede delle società
partecipanti alla fusione, durante i trenta giorni che precedono
l'assemblea e finché la fusione sia deliberata:
1) il progetto di fusione con le relazioni degli amministratori
indicate nell'art. 2501 quater e le relazioni degli esperti indicate
nell'art. 2501 quinquies;
2) i bilanci degli ultimi tre esercizi delle società partecipanti
alla fusione, con le relazioni degli amministratori e del collegio
sindacale e l'eventuale relazione di certificazione;
3) le situazioni patrimoniali delle società partecipanti alla
fusione redatte a norma dell'art. 2501 ter.
I soci hanno diritto di prendere visione di questi documenti e di
ottenerne gratuitamente copia.
Art. 2502 Deliberazione di fusione
La fusione deve essere deliberata da ciascuna delle società che vi
partecipano mediante l'approvazione del relativo progetto.
Art. 2502 bis Deposito e iscrizione della deliberazione di fusione
La deliberazione di fusione delle società previste nei capi V, VI e
VII deve essere depositata per l'iscrizione nel registro delle
imprese, insieme con i documenti indicati nell'art. 2501 sexies, a
norma del primo, secondo e terzo comma dell'art. 2411 e pubblicata
altresì per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana; l'estratto deve contenere le indicazioni previste ai nn
1), 3), 4), 5), 6), 7) e 8) dell'art. 2501 bis e la menzione
dell'avvenuta iscrizione della deliberazione nel registro delle
imprese.
La deliberazione di fusione delle società previste nei Capi III e IV
deve essere depositata per l'iscrizione nell'ufficio del registro
delle imprese, insieme con i documenti indicati nell'art. 2501
sexies; il deposito va effettuato a norma del primo, secondo e terzo
comma dell'art. 2411 se la società risultante dalla fusione o quella
incorporante è regolata dai Capi V, VI e VII.
Art. 2503 Opposizione dei creditori
La fusione può essere attuata solo dopo due mesi dalla iscrizione
ovvero dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana, ove richiesta, dalle deliberazioni delle società che vi
partecipano, salvo che consti il consenso dei rispettivi creditori
anteriore agli adempimenti previsti nel terzo e quarto comma
dell'art. 2 501 bis, il pagamento dei creditori che non hanno dato
il consenso o il deposito delle somme corrispondenti presso un
istituto di credito.
Durante il termine suddetto i creditori indicati nel primo comma
possono fare opposizione.
Il tribunale, nonostante l'opposizione, può disporre che la fusione
abbia luogo previa prestazione da parte della società di idonea
garanzia.
Art. 2503 bis Obbligazioni
I possessori di obbligazioni possono fare opposizione a norma
dell'art. 2503, salvo che la fusione sia approvata dall'assemblea
degli obbligazionisti.
Ai possessori di obbligazioni convertibili deve essere data facoltà,
mediante avviso da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana almeno tre mesi prima della pubblicazione del
progetto di fusione, di esercitare il diritto di conversione nel
termine di un mese dalla pubblicazione dell'avviso.
Ai possessori di obbligazioni convertibili che non abbiano
esercitato la facoltà di conversione devono essere assicurati
diritti equivalenti a quelli loro spettanti prima della fusione,
salvo che la modificazione dei loro diritti sia stata approvata
dall'assemblea prevista dall'art. 2415.
Art. 2504 Atto di fusione
La fusione deve essere fatta per atto pubblico.
L'atto di fusione deve essere depositato in ogni caso per
l'iscrizione, a cura del notaio o degli amministratori della società
risultante dalla fusione o di quella incorporante, entro trenta
giorni, nell'ufficio del registro delle imprese dei luoghi ove è
posta la sede delle società partecipanti alla fusione, di quella che
ne risulta o della società incorporante.
Il deposito relativo alla società risultante dalla fusione o di
quella incorporante non può precedere quelli relativi alle altre
società partecipanti alla fusione.
Se una delle società partecipanti alla fusione ovvero la società
risultante dalla fusione o quella incorporante è una società per
azioni, in accomandita per azioni o a responsabilità limitata,
l'atto di fusione deve essere altresì pubblicato, per estratto,
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana; l'estratto deve
contenere le indicazioni previste ai nn. l), 3), 4), 5), 6), 7) e 8)
dell'art. 2501 bis e la menzione dell'avvenuta iscrizione dell'atto
di fusione nel registro delle imprese.
Art. 2504 bis Effetti della fusione
La società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono
i diritti e gli obblighi delle società estinte.
La fusione ha effetto quando è stata eseguita l'ultima delle
iscrizioni prescritte dall'art. 2504. Nella fusione mediante
incorporazione può tuttavia essere stabilita una data successiva.
Per gli effetti ai quali si riferisce l'art. 2501 bis, nn. 5) e 6),
possono essere stabilite date anche anteriori.
Art. 2504 ter Divieto di assegnazione di azioni o quote
La società che risulta dalla fusione non può assegnare azioni o
quote in sostituzione di quelle delle società partecipanti alla
fusione possedute, anche per il tramite di società fiduciarie o di
interposta persona, dalle società medesime.
La società incorporante non può assegnare azioni o quote in
sostituzione di quelle delle società incorporate possedute, anche
per il tramite di società fiduciaria o di interposta persona, dalle
incorporate medesime o dalla società incorporante.
Art. 2504 quater Invalidità della fusione
Eseguite le iscrizioni dell'atto di fusione a norma del secondo
comma dell'art. 2504, l'invalidità dell'atto di fusione non può
essere pronunciata.
Resta salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente
spettante ai soci o ai terzi danneggiati dalla fusione.
Art. 2504 quinquies Incorporazione di società interamente possedute
Alla fusione per incorporazione di una società in un'altra che
possiede tutte le azioni o le quote della prima non si applicano le
disposizioni dell'art. 2501 bis, primo comma, nn. 3), 4), 5), e
degli art. 2501 quater e 2501 quinquies.
Art. 2504 sexies Effetti della pubblicazione degli atti del
procedimento di fusione nella Gazzetta Ufficiale
Alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana disposta dagli art. 2501 bis, 2502 bis e 2504 si applicano
per la disciplina degli effetti le disposizioni dettate dall'art.
2457 ter.
SEZIONE III Della scissione delle società
Art. 2504 septies Forme di scissione
La scissione di una società si esegue mediante trasferimento
dell'intero suo patrimonio a più società, preesistenti o di nuova
costituzione e assegnazione delle loro azioni o quote ai soci della
prima; la scissione di una società può eseguirsi altresì mediante
trasferimento di parte del suo patrimonio a una o più società,
preesistenti o di nuova costituzione, e assegnazione delle loro
azioni o quote ai soci della prima.
La partecipazione alla scissione non è consentita alle società
sottoposte a procedure concorsuali né a quelle in liquidazione che
abbiano iniziato la distribuzione dell'attivo.
Art. 2504 octies Progetto di scissione
Gli amministratori delle società partecipanti alla scissione
redigono un progetto dal quale devono risultare i dati indicati nel
primo comma dell'art. 2501 bis ed inoltre l'esatta descrizione degli
elementi patrimoniali da trasferire a ciascuna delle società
beneficiarie.
Se la destinazione di un elemento dell'attivo non è desumibile dal
progetto, esso, nell'ipotesi di trasferimento dell'intero patrimonio
della società scissa, e ripartito tra le società beneficiarie in
proporzione della quota del patrimonio netto trasferito a ciascuna
di esse, così come valutato ai fini della determinazione del
rapporto di cambio; se il trasferimento del patrimonio della società
è solo parziale, tale elemento rimane in capo alla società
trasferente.
Degli elementi del passivo, la cui destinazione non è desumibile dal
progetto, rispondono in solido, nel primo caso, le società
beneficiarie, nel secondo la società trasferente e le società
beneficiarie.
Dal progetto di scissione devono risultare i criteri di
distribuzione delle azioni o quote delle società beneficiarie. Il
progetto deve prevedere che ciascun socio possa in ogni caso optare
per la partecipazione a tutte le società interessate all'operazione
in proporzione della sua quota di partecipazione originaria.
Il progetto di scissione deve essere pubblicato a norma dell'ultimo
comma dell'art. 2501 bis.
Art. 2504 novies Norme applicabili
Gli amministratori delle società partecipanti alla scissione
redigono la situazione patrimoniale e la relazione illustrativa in
conformità agli artt. 2501 ter e 2501 quater.
La relazione deve inoltre illustrare i criteri di distribuzione
delle azioni o quote e deve indicare il valore effettivo del
patrimonio netto trasferito alle società beneficiarie e di quello
che eventualmente rimanga nella società scissa.
La relazione degli esperti è regolata dall'art. 2501 quinquies. Tale
relazione non e richiesta quando la scissione avviene mediante la
costituzione di una o più nuove società e non siano previsti criteri
di attribuzione delle azioni o quote diversi da quello
proporzionale.
Sono altresì applicabili gli artt. 2501 sexies, 2502, 2502 bis,
2503, 2503 bis, 2504, 2504 ter, 2504 quater e 2504 sexies.
Art. 2504 decies Effetti della scissione
La scissione ha effetti dall'ultima delle iscrizioni dell'atto di
scissione nell'ufficio del registro delle imprese in cui sono
iscritte le società beneficiarie; può essere tuttavia stabilita una
data successiva, tranne che nel caso di scissione mediante
costituzione di società nuove. Per gli effetti a cui si riferisce
l'art. 2501 bis, nn. 5) e 6), si possono stabilire date anche
anteriori.
Ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore
effettivo del patrimonio netto ad essa trasferito o rimasto, dei
debiti della società scissa non soddisfatti dalla società a cui essi
fanno carico.
CAPO IX
Delle società costituite all'estero od operanti all'estero
Art. 2505 Società costituite all'estero con sede nel territorio
dello Stato
Le società costituite all'estero, le quali hanno nel territorio
dello Stato la sede dell'amministrazione ovvero l'oggetto principale
dell'impresa, sono soggette, anche per i requisiti di validità
dell'atto costitutivo, a tutte le disposizioni della legge
italiana).
Art. 2506 Società estere con sede secondaria nel territorio dello
Stato
Le società costituite all'estero, le quali stabiliscono nel
territorio dello Stato una o più sedi secondarie con rappresentanza
stabile, sono soggette, per ciascuna sede, alle disposizioni della
legge italiana sulla pubblicità degli atti sociali. Esse devono
inoltre pubblicare, secondo le medesime disposizioni, il cognome, il
nome, la data e il luogo di nascita delle persone che le
rappresentano stabilmente nel territorio dello Stato, con
indicazione dei relativi poteri, e depositarne nel registro delle
imprese le firme autografe.
Ai terzi che hanno compiuto operazioni con la sede secondaria non
può essere opposto che gli atti pubblicati ai sensi dei commi
precedenti sono difformi da quelli pubblicati nello Stato ove è
situata la sede principale.
Le società costituite all'estero sono altresì soggette, per quanto
riguarda le sedi secondarie alle disposizioni che regolano
l'esercizio dell'impresa o che la subordinano all'osservanza di
particolari condizioni.
Negli atti e nella corrispondenza delle sedi secondarie di società
costituite all'estero devono essere contenute le indicazioni
richieste dall'art. 2250; devono essere altresì indicati l'ufficio
del registro delle imprese presso il quale è iscritta la sede
secondaria e il numero di iscrizione.
Art. 2507 Società estere di tipo diverso da quelle nazionali
Le società costituite all'estero, che sono di tipo diverso da quelli
regolati in questo codice, sono soggette alle norme della società
per azioni, per ciò che riguarda gli obblighi relativi alla
iscrizione degli atti sociali nel registro delle imprese (2188,
2330, 2411, 2436) e la responsabilità degli amministratori (2392 e
seguenti).
Art. 2508 Responsabilità in caso di inosservanza delle formalità
Fino all'adempimento delle formalità sopra indicate, coloro che
agiscono in nome della società rispondono illimitatamente e
solidalmente per le obbligazioni sociali.
Art. 2509 Società costituite nel territorio dello Stato con attività
all'estero
Le società che si costituiscono nel territorio dello Stato, anche se
l'oggetto della loro attività è all'estero, sono soggette alle
disposizioni della legge italiana).
Art. 2510 Società con prevalenti interessi stranieri
Sono salve le disposizioni delle leggi speciali che vietano o
sottopongono a particolari condizioni l'esercizio di determinate
attività da parte di società nelle quali siano rappresentati
interessi stranieri.
TITOLO VI
DELLE IMPRESE COOPERATIVE E DELLE MUTUE ASSICURATRICI
CAPO I
Delle imprese cooperative
SEZIONE I Disposizioni generali
Art. 2511 Società cooperative
Le imprese che hanno scopo mutualistico possono costituirsi come
società cooperative a responsabilità illimitata o limitata secondo
le disposizioni seguenti.
Art. 2512 Enti mutualistici
Gli enti mutualistici diversi dalle società sono regolati dalle
leggi speciali.
Art. 2513 Società cooperative a responsabilità illimitata
Nelle società cooperative a responsabilità illimitata per le
obbligazioni sociali risponde la società con il suo patrimonio e, in
caso di liquidazione coatta amministrativa o di fallimento,
rispondono in via sussidiaria i soci solidalmente e illimitatamente
a norma dell'art. 2541 (att. 217).
Art. 2514 Società cooperative a responsabilità limitata
Nelle società cooperative a responsabilità limitata per le
obbligazioni sociali risponde la società con il suo patrimonio. Le
quote di partecipazione possono essere rappresentate da azioni.
L'atto costitutivo può stabilire che in caso di liquidazione coatta
amministrativa o di fallimento della società ciascun socio risponda
sussidiariamente e solidalmente per una somma multipla della propria
quota a norma dell'art. 2541 (att. 217).
Art. 2515 Denominazione sociale
La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere
l'indicazione di società cooperativa a responsabilità illimitata o
di società cooperativa a responsabilità limitata (2564, 2567).
L'indicazione di cooperativa non può essere usata da società che non
hanno scopo mutualistico.
Art. 2516 Norme applicabili
Alle società cooperative si applicano in ogni caso le disposizioni
riguardanti i conferimenti e le prestazioni accessorie (2342 e
seguenti), le assemblee (2363 e seguenti), gli amministratori (2380
e seguenti), i sindaci (2397 e seguenti), i libri sociali (2421 e
seguente), il bilancio (2423 e seguenti) e la liquidazione (2448 e
seguenti) delle società per azioni, in quanto compatibili con le
disposizioni seguenti e con quelle delle leggi speciali (att. 205 e
seguente, 217 e seguente).
Art. 2517 Leggi speciali
Le società cooperative che esercitano il credito, le casse rurali ed
artigiane, le società cooperative per la costruzione e l'acquisto di
case popolari ed economiche e le altre società cooperative regolate
dalle leggi speciali sono soggette alle disposizioni del presente
titolo, in quanto compatibili con le disposizioni delle leggi
speciali.
SEZIONE II Costituzione
Art. 2518 Atto costitutivo
La società deve costituirsi per atto pubblico.
L'atto costitutivo deve indicare:
1) il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, il
domicilio, la cittadinanza dei soci;
2) la denominazione, la sede della società e le eventuali sedi
secondarie;
3) l'oggetto sociale;
4) se la società è a responsabilità illimitata o limitata e, in
questo caso, se il capitale sociale è ripartito in azioni e
l'eventuale responsabilità sussidiaria dei soci;
5) la quota di capitale sottoscritta da ciascun socio, i versamenti
eseguiti e, se il capitale è ripartito in azioni, il valore nominale
di queste;
6) il valore dei crediti e dei beni conferiti in natura;
7) le condizioni per l'ammissione dei soci e il modo e il tempo in
cui devono essere eseguiti i conferimenti;
8) le condizioni per l'eventuale recesso e per l'esclusione dei
soci;
9) le norme secondo le quali devono essere ripartiti gli utili, la
percentuale massima degli utili ripartibili e la destinazione che
deve esse re data agli utili residui;
10) le forme di convocazione dell'assemblea, in quanto si deroghi
alle disposizioni di legge;
11) il numero degli amministratori e i loro poteri, indicando quali
tra essi hanno la rappresentanza sociale;
12) il numero dei componenti il collegio sindacale;
13) la durata della società;
14) l'importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la
costituzione poste a carico della società.
Lo statuto contenente le norme relative al funzionamento della
società, anche se forma oggetto di atto separato, si considera parte
integrante dell'atto costitutivo e deve essere a questo allegato.
Art. 2519 Deposito dell'atto costitutivo e iscrizione della società
L'atto costitutivo deve essere depositato (2626) entro trenta giorni
per l'iscrizione nel registro delle imprese, a cura del notaio che
lo ha ricevuto o degli amministratori, a norma dell'art. 2330.
Gli effetti dell'iscrizione e della nullità dell'atto costitutivo
sono regolati rispettivamente dagli artt. 2331 e 2332.
Art. 2520 Variabilità dei soci e del capitale
La variazione del numero e delle persone dei soci non importa
modificazione dell'atto costitutivo.
Il capitale della società, anche se questa è a responsabilità
limitata, non e determinato in un ammontare prestabilito.
Ogni trimestre deve essere depositato per l'iscrizione presso
l'ufficio del registro delle imprese, a cura degli amministratori,
un elenco delle variazioni delle persone dei soci a responsabilità
illimitata o di quelli che hanno assunto responsabilità per una
somma multipla dell'ammontare della propria quota (2626).
SEZIONE III Delle quote e delle azioni
Art. 2521 Quote ed azioni
Nelle società cooperative nessun socio può avere una quota superiore
a L. 80 milioni, né tante azioni il cui valore nominale superi tale
somma (2532).
Il valore nominale di ciascuna quota o azione non può essere
inferiore a L. 50.000 ( 1) Il valore nominale di ciascuna azione non
può essere superiore a L. 1 milione.
Alle azioni si applicano le disposizioni degli artt. 2346, 2347,
2348, 2349 e 2354. Tuttavia nelle azioni non è indicato l'ammontare
del ca pitale, né quello dei versamenti parziali sulle azioni non
completamente liberate.
Art. 2522 Acquisto delle proprie quote o azioni
L'atto costitutivo può autorizzare gli amministratori ad acquistare
o a rimborsare quote o azioni della società, purché l'acquisto o il
rimborso sia fatto nei limiti degli utili distribuibile e delle
riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente
approvato.
Art. 2523 Trasferibilità delle quote e delle azioni
Le quote e le azioni non possono essere cedute con effetto verso la
società, se la cessione non è autorizzata dagli amministratori.
L'atto costitutivo può vietare la cessione delle quote o delle
azioni con effetto verso la società, salvo in questo caso il diritto
del socio di recedere dalla società (2526).
Art. 2524 Mancato pagamento delle quote o delle azioni
Il socio che non esegue in tutto o in parte il pagamento delle quote
o delle azioni sottoscritte può, previa intimazione da parte degli
amministratori, essere escluso a norma dell'art. 2527.
Art. 2525 Ammissione di nuovi soci
L'ammissione di un nuovo socio è fatta con deliberazione degli
amministratori su domanda dell'interessato.
La deliberazione di ammissione deve essere annotata a cura degli
amministratori nel libro dei soci (2626).
Il nuovo socio deve versare, oltre l'importo della quota o
dell'azione, una somma da determinarsi dagli amministratori per
ciascun esercizio sociale, tenuto conto delle riserve patrimoniali
risultanti dall'ultimo bilancio approvato.
Art. 2526 Recesso del socio
La dichiarazione di recesso, nei casi in cui questo è ammesso dalla
legge o dall'atto costitutivo, deve essere comunicata con
raccomandata alla società e deve essere annotata nel libro dei soci
a cura degli amministratori.
Essa ha effetto con la chiusura dell'esercizio in corso, se
comunicata tre mesi prima e, in caso contrario, con la chiusura
dell'esercizio successivo.
Art. 2527 Esclusione del socio
L'esclusione del socio, qualunque sia il tipo della società, oltre
che nel caso indicato nell'art. 2524, può aver luogo negli altri
casi previsti dagli artt. 2286 e 2288, primo comma, e in quelli
stabiliti dall'atto costitutivo.
Quando l'esclusione non ha luogo di diritto, essa deve essere
deliberata dall'assemblea dei soci o, se l'atto costitutivo lo
consente, dagli amministratori, e deve essere comunicata al socio.
Contro la deliberazione di esclusione il socio può, nel termine di
trenta giorni dalla comunicazione, proporre opposizione davanti al
tribunale. Questo può sospendere l'esecuzione della deliberazione.
L'esclusione ha effetto dall'annotazione nel libro dei soci, da
farsi a cura degli amministratori (2626).
Art. 2528 Morte del socio
In caso di morte del socio, salvo che l'atto costitutivo disponga la
continuazione della società con gli eredi, questi hanno diritto alla
liquidazione della quota o al rimborso delle azioni secondo le
disposizioni dell'articolo seguente.
Art. 2529 Liquidazione della quota o rimborso delle azioni del socio
uscente
Nel caso di recesso, esclusione o morte del socio, la liquidazione
della quota o il rimborso delle azioni ha luogo sulla base del
bilancio dell'esercizio in cui il rapporto sociale si scioglie
limitatamente al socio. Il pagamento deve essere fatto entro sei
mesi dall'approvazione del bilancio stesso.
Art. 2530 Responsabilità del socio uscente o dei suoi eredi
Il socio che cessa di far parte della società risponde verso questa
per il pagamento dei conferimenti non versati per due anni dal
giorno in cui il recesso, l'esclusione o la cessione della quota o
dell'azione si è verificato. Per lo stesso periodo il socio uscente
è responsabile verso i terzi, nei limiti della responsabilità
sussidiaria stabiliti dall'atto costitutivo (2513 e seguente), per
le obbligazioni assunte dalla società si no al giorno in cui la
cessazione della qualità di socio si è verificata.
Nello stesso modo e per lo stesso termine sono responsabili verso la
società e verso i terzi gli eredi del socio defunto.
Art. 2531 Creditore particolare del socio
Il creditore particolare del socio, finché dura la società, non può
agire esecutivamente sulla quota e sulle azioni del socio debitore
(2305).
In caso di proroga della società il creditore particolare del socio
può fare opposizione a norma dell'art. 2307.
SEZIONE IV Degli organi sociali
Art. 2532 Assemblea
Nelle assemblee hanno diritto di voto coloro che risultano iscritti
da almeno tre mesi nel libro dei soci.
Ogni socio ha un voto, qualunque sia il valore della quota o il
numero delle azioni.
Tuttavia nelle società cooperative con partecipazione di persone
giuridiche l'atto costitutivo può attribuire a queste più voti, ma
non oltre cinque, in relazione all'ammontare della quota o delle
azioni, oppure al numero dei loro membri.
Le maggioranze richieste per la regolarità della costituzione delle
assemblee e per la validità delle deliberazioni sono calcolate
secondo il numero dei voti spettanti ai soci. L'atto costitutivo può
determinare le maggioranze necessarie in deroga agli artt. 2368 e
2369.
Il voto può essere dato per corrispondenza, se ciò è ammesso
dall'atto costitutivo. In tal caso l'avviso di convocazione
dell'assemblea deve contenere per esteso la deliberazione proposta.
Art. 2533 Assemblee separate
Se la società cooperativa ha non meno di cinquecento soci e svolge
la propria attività in più comuni, l'atto costitutivo può stabilire
che l'assemblea sia costituita da delegati eletti da assemblee
parziali, convocate nelle località nelle quali risiedono non meno di
cinquanta soci.
Le assemblee separate devono deliberare sulle materie che formano
oggetto dell'assemblea generale, ed in tempo utile perché i delegati
da esse eletti possano partecipare a questa assemblea.
I delegati devono essere soci.
Nell'atto costitutivo devono altresì essere stabilite le modalità
per la convocazione delle assemblee separate, per la nomina dei
delegati all'assemblea generale, nonché per la validità delle
deliberazioni delle assemblee separate e di quella generale.
Le stesse disposizioni si applicano alle società cooperative
costituite da appartenenti a categorie diverse, in numero non
inferiore a trecento, anche se non ricorrono le condizioni indicate
nel primo comma.
Art. 2534 Rappresentanza nell'assemblea
Il socio non può farsi rappresentare nelle assemblee se non da un
altro socio e nei casi previsti dall'atto costitutivo. Ciascun socio
non può rappresentare più di cinque soci.
Art. 2535 Amministratori e sindaci
Gli amministratori devono essere soci o mandatari di persone
giuridiche socie. Essi devono prestare cauzione nella misura e nei
modi stabiliti dall'atto costitutivo, salvo che da questo ne siano
esonerati.
L'atto costitutivo può prevedere che uno o più amministratori o
sindaci siano scelti tra gli appartenenti alle diverse categorie dei
soci, in proporzione dell'interesse che ciascuna categoria ha
nell'attività sociale. Non si applicano le disposizioni del secondo
e del terzo comma dell'art. 2397.
La nomina di uno o più amministratori o sindaci può essere
attribuita dall'atto costitutivo allo Stato o ad enti pubblici.
In ogni caso la nomina della maggioranza degli amministratori e dei
sindaci è riservata all'assemblea dei soci (2518).
Art. 2536 Distribuzione degli utili
Qualunque sia l'ammontare del fondo di riserva legale, deve essere a
questa destinata almeno la quinta parte degli utili netti annuali.
Una quota degli utili netti annuali deve essere corrisposta ai fondi
mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione,
nella misura e con le modalità previste dalla legge.
La quota di utili che non è assegnata ai sensi dei commi precedenti
e che non è utilizzata per la rivalutazione delle quote o delle
azioni, o assegnata ad altre riserve o fondi, o distribuita ai soci,
deve essere destinata a fini mutualistici.
SEZIONE V Delle modificazioni dell'atto costitutivo
Art. 2537 Modificazioni dell'atto costitutivo
Alle deliberazioni che importano modificazioni dell'atto costitutivo
(att. 211) si applicano le disposizioni dell'art. 2436.
Alle deliberazioni che riducono la responsabilità dei soci verso i
terzi si applicano le disposizioni dell'art. 2499.
Art. 2538 Fusione e scissione
La fusione e la scissione di società cooperative sono regolate dalle
disposizioni degli articoli dal 2501 al 2504 decies.
SEZIONE VI Dello scioglimento e della liquidazione
Art. 2539 Scioglimento
La società cooperativa si scioglie per le cause indicate nell'art.
2448, escluso il n. 4, nonché per la perdita (2520) del capitale
sociale (2711).
Art. 2540 Insolvenza
Qualora le attività della società, anche se questa è in
liquidazione, risultino insufficienti per il pagamento dei debiti,
l'autorità governativa alla quale spetta il controllo sulla società
può disporre la liquidazione coatta amministrativa (att. 105).
Sono tuttavia soggette al fallimento le società cooperative che
hanno per oggetto una attività commerciale (2195), salve le
disposizioni delle leggi speciali.
Art. 2541 Responsabilità sussidiaria dei soci
Nelle cooperative con responsabilità sussidiaria illimitata o
limitata (2513 e seguente) dei soci, questi, sia in caso di
liquidazione coatta amministrativa sia in caso di fallimento,
rispondono per il pagamento dei debiti sociali in proporzione della
parte di ciascuno nelle perdite, secondo un piano di riparto da
formarsi dai commissari liquidatori o dal curatore. Nella stessa
proporzione si ripartiscono le somme dovute dai soci insolventi.
Dopo la chiusura della liquidazione coatta amministrativa o del
fallimento, a meno che non sia intervenuto un concordato, resta
salva l'azione dei creditori insoddisfatti nei confronti dei singoli
soci nei limiti della loro responsabilità sussidiaria.
SEZIONE VII Dei controlli dell'autorità governativa
Art. 2542 Controllo sulle società cooperative
Le società cooperative sono sottoposte alle autorizzazioni, alla
vigilanza e agli altri controlli sulla gestione stabiliti dalle
leggi speciali.
Art. 2543 Gestione commissariale
In caso d'irregolare funzionamento delle società cooperative,
l'autorità governativa può revocare gli amministratori e i sindaci,
e affidare la gestione della società a un commissario governativo,
determinandone i poteri e la durata. Ove l'importanza della società
cooperativa lo richieda, l'autorità governativa può nominare un vice
commissario che collabora con il commissario e lo sostituisce in
caso di impedimento.
Al commissario governativo possono essere conferiti per determinati
atti anche i poteri dell'assemblea, ma le relative deliberazioni non
sono valide senza l'approvazione dell'autorità governativa.
Art. 2544 Scioglimento per atto dell'autorità
Le società cooperative, che a giudizio dell'autorità governativa non
sono in condizione di raggiungere gli scopi per cui sono state
costituite, o che per due anni consecutivi non hanno depositato il
bilancio annuale, o non hanno compiuto atti di gestione, possono
essere sciolte con provvedimento dell'autorità governativa, da
pubblicarsi nella Gazzetta ufficiale della Repubblica e da
iscriversi nel registro delle imprese. Le società cooperative
edilizie di abitazione e i loro consorzi che non hanno depositato in
tribunale nei termini prescritti i bilanci relativi agli ultimi due
anni sono sciolti di diritto e perdono la personalità giuridica.
Se vi è luogo a liquidazione, con lo stesso provvedimento sono
nominati uno o più commissari liquidatori.
Art. 2545 Sostituzione dei liquidatori
In caso d'irregolarità o di eccessivo ritardo nello svolgimento
della liquidazione ordinaria di una società cooperativa, l'autorità
governativa può sostituire i liquidatori o, se questi sono stati
nominati dall'autorità giudiziaria, può chiederne la sostituzione al
tribunale.
CAPO II
Delle mutue assicuratrici
Art. 2546 Nozione
Nella società di mutua assicurazione le obbligazioni sociali sono
garantite dal patrimonio sociale.
I soci sono tenuti al pagamento di contributi fissi o variabili,
entro il limite massimo determinato dall'atto costitutivo.
Nelle mutue assicuratrici non si può acquistare la qualità di socio,
se non assicurandosi presso la società (1884), e si perde la qualità
di socio con l'estinguersi dell'assicurazione, salvo quanto disposto
dall'art. 2548.
Art. 2547 Norme applicabili
Le società di mutua assicurazione sono soggette alle autorizzazioni,
alla vigilanza e agli altri controlli stabiliti dalle leggi speciali
sull'esercizio dell'assicurazione (1886), e sono regolate dalle
norme stabilite per le società cooperative a responsabilità
limitata, in quanto compatibili con la loro natura (att. 107).
Art. 2548 Conferimenti per la costituzione di fondi di garanzia
L'atto costitutivo può prevedere la costituzione di fondi di
garanzia per il pagamento delle indennità, mediante speciali
conferimenti da parte di assicurati o di terzi, attribuendo anche a
questi ultimi la qualità di socio.
L'atto costitutivo può attribuire a ciascuno dei soci sovventori più
voti, ma non oltre cinque, in relazione all'ammontare del
conferimento.
I voti attribuiti ai soci sovventori, come tali devono in ogni caso
essere inferiori al numero dei voti spettanti ai soci assicurati.
I soci sovventori possono essere nominati amministratori. La
maggioranza degli amministratori deve essere costituita da soci
assicurati.
TITOLO VII
DELL'ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE
Art. 2549 Nozione
Con il contratto di associazione in partecipazione (att. 219)
l'associante attribuisce all'associato una partecipazione agli utili
della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un
determinato apporto.
Art. 2550 Pluralità di associazioni
Salvo patto contrario, l'associante non può attribuire
partecipazioni per la stessa impresa o per lo stesso affare ad altre
persone senza il consenso dei precedenti associati.
Art. 2551 Diritti ed obbligazioni dei terzi
I terzi acquistano diritti e assumono obbligazioni soltanto verso
l'associante.
Art. 2552 Diritti dell'associante e dell'associato
La gestione dell'impresa o dell'affare spetta all'associante.
Il contratto può determinare quale controllo possa esercitare
l'associato sull'impresa o sullo svolgimento dell'affare per cui
l'associazione è stata contratta.
In ogni caso l'associato ha diritto al rendiconto dell'affare
compiuto, o a quello annuale della gestione se questa si protrae per
più di un anno.
Art. 2553 Divisione degli utili e delle perdite
Salvo patto contrario, l'associato partecipa alle perdite nella
stessa misura in cui partecipa agli utili, ma le perdite che
colpiscono l'associato non possono superare il valore del suo
apporto (2265).
Art. 2554 Partecipazione agli utili e alle perdite
Le disposizioni degli artt. 2551 e 2552 si applicano anche al
contratto di cointeressenza agli utili di una impresa senza
partecipazione alle perdite, e al contratto con il quale un
contraente attribuisce la partecipazione agli utili e alle perdite
della sua impresa, senza il corrispettivo di un determinato apporto.
Per le partecipazioni agli utili attribuite ai prestatori di lavoro
resta salva la disposizione dell'art. 2102.
TITOLO VIII
DELL'AZIENDA
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 2555 Nozione
L'azienda è il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore
(2082) per l'esercizio dell'impresa.
Art. 2556 Imprese soggette a registrazione
Per le imprese soggette a registrazione (2195, 2200) i contratti che
hanno per oggetto il trasferimento della proprietà (2565, 2573) o il
godimento dell'azienda devono essere provati per iscritto (2725),
salva l'osservanza delle forme stabilite dalla legge per il
trasferimento dei singoli beni che compongono l'azienda (1350) o per
la particolare natura del contratto (162, 782).
I contratti di cui al primo comma, in forma pubblica o per scrittura
privata autenticata, devono essere depositati per l'iscrizione nel
registro delle imprese, nel termine di trenta giorni, a cura del
notaio rogante o autenticante.
Art. 2557 Divieto di concorrenza
Chi aliena l'azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni
dal trasferimento, dall'iniziare una nuova impresa che per
l'oggetto, l'ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la
clientela dell'azienda ceduta (2125, 2596).
Il patto di astenersi dalla concorrenza in limiti più ampi di quelli
previsti dal comma precedente è valido, purché non impedisca ogni
attività professionale dell'alienante. Esso non può eccedere la
durata di cinque anni dal trasferimento.
Se nel patto è indicata una durata maggiore o la durata non e
stabilita, il divieto di concorrenza vale per il periodo di cinque
anni dal trasferimento.
Nel caso di usufrutto o di affitto dell'azienda il divieto di
concorrenza disposto dal primo comma vale nei confronti del
proprietario o del locatore per la durata dell'usufrutto o
dell'affitto.
Le disposizioni di questo articolo si applicano alle aziende
agricole solo per le attività ad esse connesse (2135), quando
rispetto a queste sia possibile uno sviamento di clientela.
Art. 2558 Successione nei contratti
Se non è pattuito diversamente, l'acquirente dell'azienda subentra
nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda stessa che non
abbiano carattere personale (2112, 2610).
Il terzo contraente può tuttavia recedere dal contratto entro tre
mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa,
salvo in questo caso la responsabilità dell'alienante.
Le stesse disposizioni si applicano anche nei confronti
dell'usufruttuario e dell'affittuario per la durata dell'usufrutto e
dell'affitto.
Art. 2559 Crediti relativi all'azienda ceduta
La cessione dei crediti relativi all'azienda ceduta, anche in
mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione (1265 e
seguente), ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento
dell'iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese.
Tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede
all'alienante (att. 100-5).
Le stesse disposizioni si applicano anche nel caso di usufrutto
dell'azienda, se esso si estende ai crediti relativi alla medesima.
Art. 2560 Debiti relativi all"azienda ceduta
L'alienante non è liberato dai debiti, inerenti all'esercizio
dell'azienda ceduta, anteriori al trasferimento, se non risulta che
i creditori vi hanno consentito.
Nel trasferimento di un'azienda commerciale (2195) risponde dei
debiti suddetti anche l'acquirente dell'azienda, se essi risultano
dai libri contabili obbligatori (2212 e seguenti).
Art. 2561 Usufrutto dell'azienda
L'usufruttuario dell'azienda deve esercitarla sotto la ditta che la
contraddistingue.
Egli deve gestire l'azienda senza modificarne la destinazione (985)
e in modo da conservare l'efficienza dell'organizzazione e degli
impianti (997) e le normali dotazioni di scorte.
Se non adempie a tale obbligo o cessa arbitrariamente dalla gestione
dell'azienda, si applica l'art. 1015.
La differenza tra le consistenze d'inventario all'inizio e al
termine dell'usufrutto è regolata in danaro, sulla base dei valori
correnti al termine dell'usufrutto (2112).
Art. 2562 Affitto dell'azienda
Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche nel caso
di affitto dell'azienda (1615 e seguenti).
CAPO II
Della ditta e dell'insegna
Art. 2563 Ditta
L'imprenditore (2082) ha diritto all'uso esclusivo della ditta da
lui prescelta.
La ditta, comunque sia formata, deve contenere almeno il cognome o
la sigla dell'imprenditore, salvo quanto è disposto dall'art. 2565
(att. 221).
Art. 2564 Modificazione della ditta
Quando la ditta è uguale o simile a quella usata da un altro
imprenditore e può creare confusione per l'oggetto dell'impresa e
per il luogo in cui questa è esercitata, deve essere integrata o
modificata con indicazioni idonee a differenziarla.
Per le imprese commerciali (2195) l'obbligo dell'integrazione o
modificazione spetta a chi ha iscritto la propria ditta nel registro
delle imprese in epoca posteriore.
Art. 2565 Trasferimento della ditta
La ditta non può essere trasferita separatamente dall'azienda
(2610).
Nel trasferimento dell'azienda per atto tra vivi (2556) la ditta non
passa all'acquirente senza il consenso dell'alienante.
Nella successione nell'azienda per causa di morte la ditta si
trasmette al successore, salvo diversa disposizione testamentaria.
Art. 2566 Registrazione della ditta
Per le imprese commerciali (2195), l'ufficio del registro delle
imprese deve rifiutare l'iscrizione della ditta (2189, 2192), se
questa non è conforme a quanto è prescritto dal secondo comma
dell'art. 2563 o, trattandosi di ditta derivata, se non è depositata
copia dell'atto in base al quale ha avuto luogo la successione
nell'azienda.
Art. 2567 Società
La ragione sociale e la denominazione delle società sono regolate
dai titoli V e VI di questo libro.
Tuttavia si applicano anche ad esse le disposizioni dell'art. 2564.
Art. 2568 Insegna
Le disposizioni del primo comma dell'art. 2564 si applicano
all'insegna.
CAPO III
Del marchio
Art. 2569 Diritto di esclusività
Chi ha registrato nelle forme stabilite dalla legge un nuovo marchio
idoneo a distinguere prodotti o servizi ha diritto di valersene in
modo esclusivo per i prodotti o servizi per le quali è stato
registrato.
In mancanza di registrazione il marchio è tutelato a norma dell'art.
2571.
Art. 2570 Marchi collettivi
I soggetti che svolgono la funzione di garantire l'origine, la
natura o la qualità di determinati prodotti o servizi possono
ottenere la registrazione di marchi collettivi per concederne l'uso,
secondo le norme dei rispettivi regolamenti, a produttori o
commercianti.
Art. 2571 Preuso
Chi ha fatto uso di un marchio non registrato ha la facoltà di
continuare ad usarne, nonostante la registrazione da altri ottenuta,
nei limiti in cui anteriormente se ne e valso.
Art. 2572 Divieto di soppressione del marchio
Il rivenditore può apporre il proprio marchio ai prodotti che mette
in vendita, ma non può sopprimere il marchio del produttore.
Art. 2573 Trasferimento del marchio
Il marchio può essere trasferito o concesso in licenza per la
totalità o per una parte dei prodotti o servizi per i quali è stato
registrato, purché in ogni caso dal trasferimento o dalla licenza
non derivi inganno in quei caratteri dei prodotti o servizi che sono
essenziali nell'apprezzamento del pubblico.
Quando il marchio è costituito da un segno figurativo, da una
denominazione di fantasia o da una ditta derivata, si presume che il
diritto all'uso esclusivo di esso sia trasferito insieme con
l'azienda.
Art. 2574 Leggi speciali
Le condizioni per la registrazione dei marchi e degli atti di
trasferimento dei medesimi, nonché gli effetti della registrazione
sono stabiliti dalle leggi speciali.
TITOLO IX
DEI DIRITTI SULLE OPERE DELL'INGEGNO E SULLE INVENZIONI INDUSTRIALI
Vedere anche Leggi Speciali, Brevetti.
CAPO I
Del diritto di autore sulle opere dell'ingegno letterarie e
artistiche
Art. 2575 Oggetto del diritto
Formano oggetto del diritto di autore le opere dell'ingegno di
carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura,
alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro e
alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di
espressione.
Art. 2576 Acquisto del diritto
Il titolo originario dell'acquisto del diritto di autore è
costituito dalla creazione dell'opera, quale particolare espressione
del lavoro intellettuale.
Art. 2577 Contenuto del diritto
L'autore ha il diritto esclusivo di pubblicare l'opera e di
utilizzarla economicamente in ogni forma e modo, nei limiti e per
gli effetti fissati dalla legge.
L'autore, anche dopo la cessione dei diritti previsti dal comma
precedente, può rivendicare la paternità dell'opera e può opporsi a
qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modificazione dell'opera
stessa, che possa essere di pregiudizio al suo onore o alla sua
reputazione.
Art. 2578 Progetti di lavori
All'autore di progetti di lavori di ingegneria o di altri lavori
analoghi che costituiscono soluzioni originali di problemi tecnici,
compete, oltre il diritto esclusivo di riproduzione dei piani e
disegni dei progetti medesimi, il diritto di ottenere un equo
compenso da coloro che eseguono il progetto tecnico a scopo di lucro
senza il suo consenso.
Art. 2579 Interpreti ed esecutori
Agli artisti attori o interpreti di opere o composizioni drammatiche
o letterarie, e agli artisti esecutori di opere o composizioni
musicali, anche se le opere o composizioni sovraindicate sono in
dominio pubblico, compete, nei limiti, per gli effetti e con le
modalità fissati dalle leggi speciali, indipendentemente
dall'eventuale retribuzione loro spettante per la recitazione,
rappresentazione od esecuzione, il diritto ad un equo compenso nei
confronti di chiunque diffonda o trasmetta per radio, telefono od
altro apparecchio equivalente, ovvero incida, registri o comunque
riproduca su dischi fonografici, pellicola cinematografica od altro
apparecchio equivalente la suddetta recitazione, rappresentazione od
esecuzione.
Gli artisti attori od interpreti e gli artisti esecutori hanno
diritto di opporsi alla diffusione, trasmissione o riproduzione
della loro recitazione, rappresentazione od esecuzione che possa
essere di pregiudizio al loro onore e alla loro reputazione.
Art. 2580 Soggetti del diritto
Il diritto di autore spetta all'autore ed ai suoi aventi causa nei
limiti e per gli effetti fissati dalle leggi speciali.
Art. 2581 Trasferimento dei diritti di utilizzazione
I diritti di utilizzazione sono trasferibili.
Il trasferimento per atto tra vivi deve essere provato per iscritto
(2725).
Art. 2582 Ritiro dell'opera dal commercio
L'autore, qualora concorrano gravi ragioni morali, ha diritto di
ritirare l'opera dal commercio, salvo l'obbligo di indennizzare
coloro che hanno acquistato i diritti di riprodurre, diffondere,
eseguire, rappresentare o mettere in commercio l'opera medesima.
Questo diritto è personale e intrasmissibile.
Art. 2583 Leggi speciali
L'esercizio dei diritti contemplati in questo capo e la loro durata
sono regolati dalle leggi speciali.
CAPO II
Del diritto di brevetto per invenzioni industriali
Art. 2584 Diritto di esclusività
Chi ha ottenuto un brevetto per un'invenzione industriale ha il
diritto esclusivo di attuare l'invenzione e di disporne entro i
limiti e alle condizioni stabilite dalla legge.
Il diritto si estende anche al commercio del prodotto a cui
l'invenzione si riferisce.
Art. 2585 Oggetto del brevetto
Possono costituire oggetto di brevetto le nuove invenzioni atte ad
avere un'applicazione industriale, quali un metodo o un processo di
lavorazione industriale, una macchina, uno strumento, un utensile o
un dispositivo meccanico, un prodotto o un risultato industriale e
l'applicazione tecnica di un principio scientifico, purché essa dia
immediati risultati industriali.
In quest'ultimo caso il brevetto è limitato ai soli risultati
indicati dall'inventore.
Art. 2586 Brevetto per nuovi metodi o processi di fabbricazione
Il brevetto concernente un nuovo metodo o processo di fabbricazione
industriale ne attribuisce al titolare l'uso esclusivo.
Se il metodo o processo è diretto ad ottenere un prodotto
industriale nuovo, il brevetto si estende anche al prodotto
ottenuto, purché questo possa formare oggetto di brevetto.
Art. 2587 Brevetto dipendente da brevetto altrui
Il brevetto per invenzione industriale, la cui attuazione implica
quella d'invenzioni protette da precedenti brevetti per invenzioni
industriali ancora in vigore, non pregiudica i diritti dei titolari
di questi ultimi, e non può essere attuato né utilizzato senza il
consenso di essi.
Sono salve le disposizioni delle leggi speciali.
Art. 2588 Soggetti del diritto
Il diritto di brevetto spetta all'autore dell'invenzione e ai suoi
aventi causa.
Art. 2589 Trasferibilità
I diritti nascenti dalle invenzioni industriali, tranne il diritto
di esserne riconosciuto autore, sono trasferibili.
Art. 2590 Invenzione del prestatore di lavoro
Il prestatore di lavoro ha diritto di essere riconosciuto autore
dell'invenzione fatta nello svolgimento del rapporto di lavoro.
I diritti e gli obblighi delle parti relative all'invenzione sono
regolati dalle leggi speciali.
Art. 2591 Rinvio alle leggi speciali
Le condizioni e le modalità per la concessione del brevetto,
l'esercizio dei diritti che ne derivano e la loro durata sono
regolati dalle leggi speciali.
CAPO III
Del diritto di brevetto per modelli di utilità e per modelli e
disegni ornamentali
Art. 2592 Modelli di utilità
Chi, in conformità della legge, ha ottenuto un brevetto per una
invenzione atta a conferire a macchine o parti di esse, strumenti,
utensili od oggetti particolare efficacia o comodità di applicazione
o d'impiego, ha il diritto esclusivo di attuare l'invenzione, di
disporne e di fare commercio dei prodotti a cui si riferisce.
Il brevetto per le macchine nel loro complesso non comprende la
protezione delle singole parti.
Art. 2593 Modelli e disegni ornamentali
Chi in conformità della legge, ha ottenuto un brevetto per un nuovo
disegno o modello destinato a dare a determinate categorie di
prodotti industriali uno speciale ornamento, sia per la forma, sia
per una particolare combinazione di linee o di colori, ha il diritto
esclusivo di attuare il disegno o il modello, di disporne e di far
commercio dei prodotti in cui il disegno o il modello è attuato.
Art. 2594 Norme applicabili
Ai diritti di brevetto contemplati in questo capo si applicano gli
artt. 2588, 2589 e 2590.
Le condizioni e le modalità per la concessione del brevetto,
l'esercizio dei diritti che ne derivano e la loro durata sono
regolati dalle leggi speciali.
TITOLO X
DELLA DISCIPLINA DELLA CONCORRENZA E DEI CONSORZI
CAPO I
Della disciplina della concorrenza
SEZIONE I Disposizioni generali
Art. 2595 Limiti legali della concorrenza
La concorrenza deve svolgersi in modo da non ledere gli interessi
dell'economia nazionale e nei limiti stabiliti dalla legge (e dalle
norme corporative).
Art. 2596 Limiti contrattuali della concorrenza
Il patto che limita la concorrenza deve essere provato per iscritto
(2725). Esso è valido se circoscritto ad una determinata zona o ad
una determinata attività, e non può eccedere la durata di cinque
anni (2125, 2557).
Se la durata del patto non è determinata o è stabilita per un
periodo superiore a cinque anni, il patto è valido per la durata di
un quinquennio (att. 222).
Art. 2597 Obbligo di contrattare nel caso di monopolio
Chi esercita un'impresa in condizione di monopolio legale (1679) ha
l'obbligo di contrattare (2932) con chiunque richieda le prestazioni
che formano oggetto dell'impresa, osservando la parità di
trattamento.
SEZIONE II Della concorrenza sleale
Art. 2598 Atti di concorrenza sleale
Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi
(2563 e seguenti) e dei diritti di brevetto (2584 e seguenti),
compie atti di concorrenza sleale chiunque:
1) usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i
nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita
servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi
altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con
l'attività di un concorrente;
2) diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull'attività di
un concorrente, idonei a determinare il discredito, o si appropria
di pregi dei prodotti o dell'impresa di un concorrente;
3) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non
conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a
danneggiare l'altrui azienda.
Art. 2599 Sanzioni
La sentenza che accerta atti di concorrenza sleale ne inibisce la
continuazione e dà gli opportuni provvedimenti affinché ne vengano
eliminati gli effetti (2600).
Art. 2600 Risarcimento del danno
Se gli atti di concorrenza sleale sono compiuti con dolo o con
colpa, l'autore è tenuto al risarcimento dei danni (2056).
In tale ipotesi può essere ordinata la pubblicazione della sentenza.
Accertati gli atti di concorrenza, la colpa si presume.
Art. 2601 Azione delle associazioni professionali
Quando gli atti di concorrenza sleale pregiudicano gli interessi di
una categoria professionale, l'azione per la repressione della
concorrenza sleale può essere promossa anche dalle associazioni
professionali (ora Consigli degli Ordini) e dagli enti che
rappresentano la categoria.
CAPO II
Dei consorzi per il coordinamento della produzione e degli scambi
SEZIONE I Disposizioni generali
Art. 2602 Nozione e norme applicabili
Con il contratto di consorzio più imprenditori istituiscono
un'organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di
determinate fasi delle rispettive imprese (att. 223).
Il contratto di cui al precedente comma è regolato dalle norme
seguenti, salve le diverse disposizioni delle leggi speciali.
Art. 2603 Forma e contenuto del contratto
Il contratto deve essere fatto per iscritto sotto pena di nullità
(1350, 1418 e seguenti, 2643, 2725).
Esso deve indicare:
l) l'oggetto e la durata del consorzio;
2) la sede dell'ufficio eventualmente costituito;
3) gli obblighi assunti e i contributi dovuti dai consorziati;
4) le attribuzioni e i poteri degli organi consortili anche in
ordine alla rappresentanza in giudizio;
5) le condizioni di ammissione di nuovi consorziati;
6) i casi di recesso e di esclusione;
7) le sanzioni per l'inadempimento degli obblighi dei consorziati.
Se il consorzio ha per oggetto il contingentamento della produzione
o degli scambi, il contratto deve inoltre stabilire le quote dei
singoli consorziati o i criteri per la determinazione di esse.
Se l'atto costitutivo deferisce la risoluzione di questioni relative
alla determinazione delle quote ad una o più persone, le decisioni
di queste possono essere impugnate innanzi all'autorità giudiziaria,
se sono manifestamente inique od erronee, entro trenta giorni dalla
notizia (1349, 2264, 2964 e seguenti).
Art. 2604 Durata del consorzio
In mancanza di determinazione della durata del contratto, questo è
valido per dieci anni.
Art. 2605 Controllo sull'attività dei singoli consorziati
I consorziati devono consentire i controlli e le ispezioni da parte
degli organi previsti dal contratto, al fine di accertare l'esatto
adempimento delle obbligazioni assunte.
Art. 2606 Deliberazioni consortili
Se il contratto non dispone diversamente, le deliberazioni relative
all'attuazione dell'oggetto del consorzio sono prese col voto
favorevole della maggioranza dei consorziati.
Le deliberazioni che non sono prese in conformità alle disposizioni
di questo articolo o a quelle del contratto possono essere impugnate
davanti all'autorità giudiziaria entro trenta giorni (2964 e
seguenti). Per i consorziati assenti il termine decorre dalla
comunicazione o, se si tratta di deliberazione soggetta ad
iscrizione, dalla data di questa.
Art. 2607 Modificazioni del contratto
Il contratto, se non è diversamente convenuto, non può essere
modificato senza il consenso di tutti i consorziati.
Le modificazioni devono essere fatte per iscritto sotto pena di
nullità (1350, 1418 e seguenti 2725).
Art. 2608 Organi preposti al consorzio
La responsabilità verso i consorziati di coloro che sono preposti al
consorzio è regolata dalle norme sul mandato (1710 e seguente).
Art. 2609 Recesso ed esclusione
Nei casi di recesso e di esclusione previsti dal contratto, la quota
di partecipazione del consorziato receduto o escluso si accresce
proporzionalmente a quelle degli altri.
Il mandato conferito dai consorziati per l'attuazione degli scopi
del consorzio, ancorché dato con unico atto, cessa nei confronti del
consorziato receduto o escluso (1726).
Art. 2610 Trasferimento dell'azienda
Salvo patto contrario, in caso di trasferimento a qualunque titolo
dell'azienda, l'acquirente subentra nel contratto di consorzio.
Tuttavia, se sussiste una giusta causa, in caso di trasferimento
dell'azienda per atto fra vivi, gli altri consorziati possono
deliberare, entro un mese dalla notizia dell'avvenuto trasferimento,
l'esclusione dell'acquirente dal
consorzio.
Art. 2611 Cause di scioglimento
Il contratto di consorzio si scioglie:
1) per il decorso del tempo stabilito per la sua durata;
2) per il conseguimento dell'oggetto o per l'impossibilità di
conseguirlo;
3) per volontà unanime dei consorziati;
4) per deliberazione dei consorziati, presa a norma dell'art. 2606,
se sussiste una giusta causa;
5) per provvedimento dell'autorità governativa, nei casi ammessi
dalla legge;
6) per le altre cause previste nel contratto.
SEZIONE II Dei consorzi con attività esterna
Art. 2612 Iscrizione nel registro delle imprese
Se il contratto prevede l'istituzione di un ufficio destinato a
svolgere un'attività con i terzi, un estratto del contratto deve, a
cura degli amministratori, entro trenta giorni dalla stipulazione,
essere depositato per l'iscrizione presso l'ufficio del registro
delle imprese (att. 108) del luogo dove l'ufficio ha sede:
L'estratto deve indicare:
1) la denominazione e l'oggetto del consorzio e la sede
dell'ufficio;
2) il cognome e il nome dei consorziati;
3) la durata del consorzio;
4) le persone a cui vengono attribuite la presidenza, la direzione e
la rappresentanza del consorzio ed i rispettivi poteri;
5) il modo di formazione del fondo consortile e le norme relative
alla liquidazione.
Del pari devono essere iscritte nel registro delle imprese le
modificazioni del contratto concernenti gli elementi sopra indicati.
Art. 2613 Rappresentanza in giudizio
I consorzi possono essere convenuti in giudizio in persona di coloro
ai quali il contratto attribuisce la presidenza o la direzione,
anche se la rappresentanza è attribuita ad altre persone.
Art. 2614 Fondo consortile
I contributi dei consorziati e i beni acquistati con questi
contributi costituiscono il fondo consortile. Per la durata del
consorzio i consorziati non possono chiedere la divisione del fondo,
e i creditori particolari dei consorziati non possono far valere i
loro diritti sul fondo medesimo.
Art. 2615 Responsabilità verso i terzi
Per le obbligazioni assunte in nome del consorzio dalle persone che
ne hanno la rappresentanza, i terzi possono far valere i loro
diritti esclusivamente sul fondo consortile.
Per le obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per conto dei
singoli consorziati rispondono questi ultimi solidalmente (1292 e
seguenti) col fondo consortile. In caso d'insolvenza nei rapporti
tra i consorziati il debito dell'insolvente si ripartisce tra tutti
in proporzione delle quote.
Art. 2615 bis Situazione patrimoniale
Entro due mesi dalla chiusura dell'esercizio annuale le persone che
hanno la direzione del consorzio redigono la situazione patrimoniale
osservando le norme relative al bilancio di esercizio delle società
per azioni (2423 e seguenti) e la depositano presso l'ufficio del
registro delle imprese.
Alle persone che hanno la direzione del consorzio sono applicati gli
artt. 2621, n. 1), e 2626.
Negli atti e nella corrispondenza del consorzio devono essere
indicati la sede di questo, l'ufficio del registro delle imprese
presso il quale esso è iscritto e il numero di iscrizione.
SEZIONE II BIS
Art. 2615 ter Società consortili
Le società previste nei Capi III e seguenti del Titolo V possono
assumere come oggetto sociale gli scopi indicati nell'art. 2602.
In tal caso l'atto costitutivo può stabilire l'obbligo dei soci di
versare contributi in denaro.
SEZIONE III Dei consorzi obbligatori
Art. 2616 Costituzione
Con provvedimento dell'autorità governativa (sentite le corporazioni
interessate), può essere disposta, anche per zone determinate, la
costituzione di consorzi obbligatori fra esercenti lo stesso ramo o
rami similari di attività economica, qualora la costituzione stessa
risponda alle esigenze dell'organizzazione della produzione.
Nello stesso modo, ricorrendo le condizioni di cui al comma
precedente, possono essere trasformati in obbligatori i consorzi
costituiti volontariamente (att. 111).
Art. 2617 Consorzi per l'ammasso dei prodotti agricoli
Quando la legge prescrive l'ammasso di determinati prodotti
agricoli, la gestione collettiva di questi è fatta per conto degli
imprenditori interessati a mezzo di consorzi obbligatori, secondo le
disposizioni delle leggi speciali (837).
SEZIONE IV Dei controlli dell'autorità governativa
Art. 2618 Approvazione del contratto consortile
I contratti previsti nel presente capo, se sono tali da influire sul
mercato generale dei beni in essi contemplati, sono soggetti ad
approvazione da parte dell'autorità governativa, (sentite le
corporazioni interessate) (att. 111).
Art. 2619 Controllo sull'attività del consorzio
L'attività dei consorzi è sottoposta alla vigilanza dell'autorità
governativa (att. 111).
Quando l'attività del consorzio risulta non conforme agli scopi per
cui e stato costituito l'autorità governativa può sciogliere gli
organi del consorzio e affidare la gestione a un commissario
governativo (2636 e seguenti, att. 108) ovvero, nei casi più gravi,
può disporre lo scioglimento del consorzio stesso.
Art. 2620 Estensione delle norme di controllo alle società
Le disposizioni di questa sezione si applicano anche alle società
che si contribuiscono per raggiungere gli scopi indicati nell'art.
2602.
L'autorità governativa può sempre disporre lo scioglimento della
società, quando la costituzione di questa non abbia avuto
l'approvazione prevista nell'art. 2618 (att. 111).
TITOLO XI
DISPOSIZIONI PENALI IN MATERIA Dl SOCIETA' E DI CONSORZI
CAPO I
Disposizioni generali per le società soggette a registrazione
Art. 2621 False comunicazioni ed illegale ripartizione di utili o di
acconti sui dividendi
Salvo che il fatto costituisca reato più grave, sono puniti con la
reclusione da uno a cinque anni e con la multa da L. 2 milioni a L.
20 milioni (2640):
1) i promotori, i soci fondatori, gli amministratori, i direttori
generali, i sindaci e i liquidatori, i quali nelle relazioni, nei
bilanci o in altre comunicazioni sociali, fraudolentemente espongono
fatti non rispondenti al vero sulla costituzione o sulle condizioni.
economiche della società o nascondono in tutto o in parte fatti
concernenti le condizioni medesime;
2) gli amministratori e i direttori generali che, in mancanza di
bilancio approvato o in difformità da esso o in base ad un bilancio
falso, sotto qualunque forma, riscuotono o pagano utili fittizi o
che non possono essere distribuiti (2433, 2632);
3) gli amministratori e i direttori generali che distribuiscono
acconti sui dividendi:
a) in violazione dell'art. 2433 bis, 1° comma;
b) ovvero in misura superiore all'importo degli utili conseguiti
dalla chiusura dell'esercizio precedente, diminuito delle quote che
devono essere destinate a riserva per obbligo legale o statutario e
delle perdite degli esercizi precedenti e aumentato delle riserve
disponibili;
c) ovvero in mancanza di approvazione del bilancio dell'esercizio
precedente o del prospetto contabile previsto nell'art. 2433 bis, 5°
comma, oppure in difformità da essi, ovvero sulla base di un
bilancio o di un prospetto contabile falsi.
Art. 2622 Divulgazione di notizie sociali riservate
Gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i loro
dipendenti, i liquidatori, che, senza giustificato motivo, si
servono a profitto proprio od altrui di notizie avute a causa del
loro ufficio, o ne danno comunicazione, sono puniti, se dal fatto
può derivare pregiudizio alla società, con la reclusione fino ad un
anno e con la multa da L. 200.000 a L. 2 milioni.
Il delitto è punibile su querela della società.
Art. 2623 Violazione di obblighi incombenti agli amministratori
Sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa
da L. 400.000 a L. 2.000.000 gli amministratori che:
l) eseguono una riduzione di capitale o la fusione con altra società
o una scissione in violazione degli artt. 2306, 2445 e 2503;
2) restituiscono ai soci palesemente o sotto forme simulate i
conferimenti o li liberano dall'obbligo di eseguirli, fuori del caso
di riduzione del capitale sociale;
3) impediscono il controllo della gestione sociale da parte del
collegio sindacale o, nei casi previsti dalla legge, da parte dei
soci.
Art. 2624 Prestiti e garanzie della società
Gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori
che contraggono prestiti sotto qualsiasi forma, sia direttamente sia
per interposta persona, con la società che amministrano o con una
società che questa controlla o da cui è controllata (23592), o che
si fanno prestare da una di tali società garanzie per debiti propri,
sono puniti con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da L.
400.000 a L. 4.000.000.
Per gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i
liquidatori delle società che hanno per oggetto l'esercizio del
credito si applicano le disposizioni delle leggi speciali.
Art. 2625 Violazione di obblighi incombenti ai liquidatori
I liquidatori di società che procedono alla ripartizione dell'attivo
sociale fra i soci prima che siano pagati i creditori o siano
accantonate le somme necessarie per pagarli (2280), sono puniti con
la reclusione da uno a tre anni e con la multa da L. 200.000 a L.
2.000.000.
Art. 2626 Omissione ed esecuzione tardiva o incompiuta di denunzie,
comunicazioni, depositi
Agli amministratori, ai sindaci, ai liquidatori e ai preposti
all'esercizio di sede secondaria nel territorio dello Stato di
società costituite all'estero che omettono di fare, nel termine
stabilito, all'ufficio del registro delle imprese una denunzia, una
comunicazione o un deposito a cui sono dalla legge obbligati, o li
eseguono o li fanno eseguire in modo incompiuto, ovvero omettono di
richiedere una pubblicazione nel Bollettino ufficiale delle società
per azioni e a responsabilità limitata, nei casi in cui detta
pubblicazione è prescritta dal codice, si applica la sanzione
amministrativa del pagamento di una somma da L. 100.000 a L. 2
milioni.
La stessa sanzione si applica al notaio nei casi in cui l'obbligo
della denunzia, della comunicazione, del deposito o della
pubblicazione è posto dalla legge anche a di lui carico.
Art. 2627 Omissione delle indicazioni obbligatorie
Agli amministratori, ai direttori generali, ai liquidatori e ai
preposti all'esercizio di sede secondaria nel territorio dello Stato
di società costituite all'estero che contravvengono alle
disposizioni degli artt. 2250 e 2506, quarto comma, si applica la
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da L. 100.000 a
L. 1 milione.
CAPO II
Disposizioni speciali per le società per azioni, in accomandita per
azioni, a responsabilità limitata e per le società cooperative
Art. 2628 Manovre fraudolente sui titoli della società
Gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori
che diffondono notizie false o adoperano altri mezzi fraudolenti
atti a cagionare nel pubblico mercato o nelle borse di commercio un
aumento o una diminuzione del valore delle azioni della società o di
altri titoli ad essa appartenenti, sono puniti con la reclusione da
uno a cinque anni e con la multa non inferiore a L. 600.000 (2640).
Art. 2629 Valutazione esagerata dei conferimenti e degli acquisti
della società
Sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da
L. 400.000 a L. 4.000.000:
1) i promotori ed i soci fondatori che nell'atto costitutivo
esagerano fraudolentemente il valore dei beni in natura o dei
crediti conferiti;
2) gli amministratori, i promotori, i fondatori e i soci che nel
caso di acquisto di beni o di crediti da parte della società
previsto nell'art. 2343 bis esagerano fraudolentemente il valore dei
beni o dei crediti trasferiti;
3) gli amministratori e i soci conferenti che nel caso di aumento di
capitale esagerano fraudolentemente il valore dei beni in natura o
dei crediti conferiti;
4) gli amministratori che nel caso di trasformazione della società
esagerano fraudolentemente il valore del patrimonio della società
che si trasforma.
Art. 2630 Violazione di obblighi incombenti agli amministratori
Sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa
da L. 400.000 a L. 2.000.000 (2640) gli amministratori, che:
1) emettono azioni o attribuiscono quote per somma minore del loro
valore nominale, ovvero emettono nuove azioni o attribuiscono nuove
quote prima che quelle sottoscritte precedentemente siano
interamente liberate (2346);
2) violano le disposizioni degli artt. 2357, 1° comma, 2358, 2359
bis, 1° comma, 2360, o quelle degli artt. 2483 e 2522;
3) influiscono sulla formazione della maggioranza dell'assemblea,
valendosi di azioni o di quote non collocate o facendo esercitare
sotto altro nome il diritto di voto spettante alle proprie azioni o
quote, ovvero usando altri mezzi illeciti.
Sono puniti con la reclusione fino ad un anno e con la multa da L.
200.000 a L. 2.000.000 gli amministratori, che:
1) percepiscono compensi o partecipazioni in violazione dell'art.
2389;
2) omettono di convocare, nei termini prescritti dalla legge,
l'assemblea dei soci nei casi previsti dagli artt. 2367 e 2446;
3) assumono per conto della società partecipazioni in altre imprese,
che per la misura e per l'oggetto, importano una sostanziale
modificazione dell'oggetto sociale determinato dall'atto costitutivo
(2361);
4) violano le disposizioni degli artt. 2357, secondo, terzo e quarto
comma, 2357 bis, secondo comma, 2357 ter, 2359 bis, secondo, terzo,
quarto e quinto comma; 2359 ter, primo e secondo comma, e 2359
quater, secondo e terzo comma.
Art. 2630 bis Violazione del divieto di sottoscrizione di azioni
proprie o di azioni o quote della società controllante
Sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa
da L. 400.000 a 2 milioni i promotori, i soci fondatori e gli
amministratori che violano la disposizione di cui agli artt. 2357
quater, 1° comma, e .359 quinquies, 1° comma.
Art. 2631 Conflitto d'interessi
L'amministratore, che, avendo in una determinata operazione per
conto proprio o di terzi un interesse in conflitto con quello della
società, non si astiene dal partecipare alla deliberazione del
consiglio o del comitato esecutivo relativa all'operazione stessa
(2391), è punito con la multa da L. 400.000 a L. 4.000.000.
Se dalla deliberazione o dall'operazione è derivato un pregiudizio
alla società, si applica, oltre la multa, la reclusione fino a tre
anni.
Art. 2632 Violazione di obblighi incombenti ai sindaci
Sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa
da L. 200.000 a L. 2.000.000 i sindaci, che omettono:
1) nel caso previsto dal n. 2 dell'art. 2621, di adempiere gli
obblighi imposti dalla legge, fuori dei casi di concorso nel delitto
da esso previsto;
2) di convocare l'assemblea nei casi previsti dagli artt. 2406 e
2408.
Sono puniti con la reclusione fino ad un anno e con la multa da L.
400.000 a 2 milioni i sindaci che violano gli obblighi previsti
dagli artt. 7357, quarto comma, 2359 ter, secondo comma, e 2359
quater, secondo e terzo comma.
Art. 2633 Irregolarità dei titoli azionari o obbligazionari
Gli amministratori delle società per azioni e in accomandita per
azioni, che emettono azioni o certificati provvisori senza
l'osservanza dell'art. 2354, oppure emettono obbligazioni in
violazione dell'art. 2413, sono puniti con l'ammenda da L. 100.000 a
L. 1.000.000 (Ora sanzione amministrativa).
Art. 2634 Rappresentante comune degli obbligazionisti
Il rappresentante comune degli obbligazionisti, che omette di
richiedere l'iscrizione della sua nomina nel registro delle imprese
nei termini previsti dall'art. 2417, è punito con l'ammenda da L.
100.000 a L. 1.000.000 (Ora sanzione amministrativa).
CAPO III
Disposizioni speciali per i consorzi
Art. 2635 Omissione dell'iscrizione nel registro delle imprese
Agli amministratori dei consorzi, che omettono di richiedere nel
termine prescritto le iscrizioni previste dall'art. 2612, si applica
la pena prevista dall'art. 2626.
CAPO IV
Degli amministratori giudiziari e dei commissari governativi
Art. 2636 Amministratori giudiziari e commissari governativi
Agli amministratori giudiziari previsti dagli artt. 2091 e 2409,
nonché ai commissari governativi previsti dagli artt. 2543 e 2619 si
applicano le pene stabilite dagli artt. 2621, 2622, 2623, 2624,
2626, 2627, 2628 e 2630, se commettono alcuno dei fatti in essi
previsti.
Nel caso di mancata convocazione dell'assemblea a norma del quinto
comma dell'art. 2409, all'amministratore giudiziario si applica la
pena prevista dal secondo comma dell'art. 2630.
Art. 2637 Interesse privato dell'amministratore giudiziario e del
commissario governativo
Salvo che al fatto siano applicabili gli artt. 315, 317, 318, 319 e
323 Cod. Pen., l'amministratore giudiziario o il commissario
governativo che, direttamente o per interposta persona o con atti
simulati, prende interesse privato in qualsiasi atto della gestione
a lui affidata, è punito con la reclusione da due a sei anni e con
la multa non inferiore a L. 400.000.
La condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici.
Art. 2638 Accettazione di retribuzione non dovuta
L'amministratore giudiziario o il commissario governativo che riceve
o pattuisce una retribuzione, in denaro o in altra forma, in
aggiunta di quella legalmente attribuitagli, è punito con la
reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da L. 400.000 a L.
2.000.000.
Nei casi più gravi può inoltre essere disposta l'interdizione dagli
uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.
Art. 2639 Omessa consegna o deposito di cose detenute a causa
dell'ufficio
L'amministratore giudiziario o il commissario governativo che non
ottempera all'ordine dell'autorità di consegnare o depositare somme
o altra cosa, da lui detenute a causa del suo ufficio, è punito con
la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa fino a L.
3.000.000.
Se il fatto avviene per colpa, si applica la reclusione fino a sei
mesi o la multa fino a L. 600.000.
CAPO V
Disposizioni comuni
Art. 2640 Circostanza aggravante
Quando dai fatti previsti negli artt. 2621, 2622, 2623, 2628 e 2630,
primo comma, deriva all'impresa un danno di gravità rilevante, la
pena e aumentata (Cod. Pen. 64) fino alla metà.
Art. 2641 Pene accessorie (abrogato)
Art. 2642 Comunicazione della sentenza di condanna
Ogni sentenza penale pronunziata a carico di amministratori,
direttori generali, sindaci, liquidatori e commissari di qualsiasi
impresa per delitti commessi nell'esercizio od a causa del loro
ufficio è comunicata, a cura del cancelliere dell'autorità
giudiziaria che ha emesso la sentenza, per gli eventuali
provvedimenti, all'organo che esercita la funzione disciplinare
sugli iscritti nell'albo professionale al quale essi appartengono.
LIBRO SESTO
DELLA TUTELA DEI DIRITTI
TITOLO I
DELLA TRASCRIZIONE
CAPO I
Della trascrizione degli atti relativi ai beni immobili
Art. 2643 Atti soggetti a trascrizione
Si devono rendere pubblici col mezzo della trascrizione:
1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili
(812);
2) i contratti (1350, 2651) che costituiscono, trasferiscono o
modificano il diritto di usufrutto (978 e seguenti) su beni
immobili, il diritto di superficie (952 e seguenti), i diritti del
concedente e dell'enfiteuta (957 e seguenti);
3) i contratti che costituiscono la comunione (1100 e seguenti) dei
diritti menzionati nei numeri precedenti
4) i contratti che costituiscono o modificano servitù prediali (1027
e seguenti), il diritto di uso sopra beni immobili, il diritto di
abitazione (1021 e seguenti);
5) gli atti tra vivi di rinunzia ai diritti menzionati nei numeri
precedenti;
6) i provvedimenti con i quali nell'esecuzione forzata si
trasferiscono la proprietà di beni immobili o altri diritti reali
immobiliari (Cod. Proc. Civ. 574, 586, 590), eccettuato il caso di
vendita seguita nel processo di liberazione degli immobili dalle
ipoteche a favore del terzo acquirente (2896);
7) gli atti e le sentenze di affrancazione del fondo enfiteutico
(971);
8) i contratti di locazione (1571 e seguenti) dei beni immobili che
hanno durata superiore a nove anni (1350, 1599, 2923);
9) gli atti e le sentenze da cui risulta liberazione o cessione di
pigioni o di fitti non ancora scaduti (1605), per un termine
maggiore di tre anni (2918);
10) i contratti di società (2247 e seguenti) e di associazione (14 e
seguenti, 2549 e seguenti) con i quali si conferisce il godimento di
beni immobili o di altri diritti reali immobiliari, quando la durata
della società o dell'associazione eccede i nove anni o è
indeterminata (att. 231);
11) gli atti di costituzione dei consorzi (862 e seguenti; 2602 e
seguenti) che hanno l'effetto indicato dal numero precedente (att.
231);
12) i contratti di anticresi (1960 ss; att. 231);
13) le transazioni (1965 e seguenti) che hanno per oggetto
controversie sui diritti menzionati nei numeri precedenti;
14) le sentenze (1032, 2932) che operano la costituzione, il
trasferimento o la modificazione di uno dei diritti menzionati nei
numeri precedenti (2932).
Art. 2644 Effetti della trascrizione
Gli atti enunciati nell'articolo precedente non hanno effetto
riguardo ai terzi che a qualunque titolo hanno acquistato diritti
sugli immobili in base a un atto trascritto o iscritto (2827, 2848)
anteriormente alla trascrizione degli atti medesimi (2650).
Eseguita la trascrizione, non può avere effetto contro colui che ha
trascritto alcuna trascrizione o iscrizione di diritti acquistati
verso il suo autore, quantunque l'acquisto risalga a data anteriore
(att. 225).
Art. 2645 Altri atti soggetti a trascrizione
Deve del pari rendersi pubblico, agli effetti previsti dall'articolo
precedente, ogni altro atto o provvedimento che produce in relazione
a beni immobili o a diritti immobiliari taluno degli effetti dei
contratti menzionati nell'art. 2643, salvo che dalla legge risulti
che la trascrizione non è richiesta o è richiesta a effetti diversi
(Cod. Proc. Civ. 555).
Art. 2646 Trascrizione delle divisioni
Si devono trascrivere le divisioni (713, 1111 e seguenti) che hanno
per oggetto beni immobili (812), come pure i provvedimenti di
aggiudicazione degli immobili divisi mediante incanto, i
provvedimenti di attribuzione delle quote tra condividenti e i
verbali di estrazione a sorte delle quote (Cod. Proc. Civ. 788 e
seguenti).
Si devono pure trascrivere la domanda di divisione giudiziale (Cod.
Proc. Civ. 784) e l'atto di opposizione indicato dall'art. 1113, per
gli effetti ivi enunciati (att. 224).
Art. 2647 Costituzione del fondo patrimoniale e separazione di beni
Devono essere trascritti, se hanno per oggetto beni immobili, la
costituzione del fondo patrimoniale, le convenzioni matrimoniali che
escludono i beni medesimi dalla comunione tra i coniugi, gli atti e
i provvedimenti di scioglimento della comunione, gli atti di
acquisto di beni personali a norma delle lett. c), d), e) ed f)
dell'art. 179, a carico, rispettivamente, dei coniugi titolari del
fondo patrimoniale o del coniuge titolare del bene escluso o che
cessa di far parte della comunione.
Le trascrizioni previste dal precedente comma devono essere eseguite
anche relativamente ai beni immobili che successivamente entrano a
far parte del patrimonio familiare o risultano esclusi dalla
comunione tra i coniugi.
La trascrizione del vincolo derivante dal fondo patrimoniale
costituito per testamento deve essere eseguita d'ufficio dal
conservatore contemporaneamente alla trascrizione dell'acquisto a
causa di morte.
Art. 2648 Accettazione di eredità e acquisto di legato
Si devono trascrivere l'accettazione della eredità (470 e seguenti)
che importi acquisto dei diritti enunciati nei nn. 1, 2 e 4
dell'art. 2643 o liberazione dai medesimi e l'acquisto del legato
(649) che abbia lo stesso oggetto.
La trascrizione dell'accettazione dell'eredità si opera in base alla
dichiarazione del chiamato all'eredità, contenuta in un atto
pubblico ovvero in una scrittura privata (475) con sottoscrizione
autenticata o accertata giudizialmente (Cod. Proc. Civ. 220).
Se il chiamato ha compiuto uno degli atti che importano accettazione
tacita dell'eredità (476 e seguenti), si può richiedere la
trascrizione sulla base di quell'atto, qualora esso risulti da
sentenza, da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione
autenticata o accertata giudizialmente (Cod. Proc. Civ. 220).
La trascrizione dell'acquisto del legato si opera sulla base di un
estratto autentico (2703) del testamento (att. 225, 228).
Art. 2649 Cessione dei beni ai creditori
Deve essere trascritta, qualora comprenda beni immobili, la cessione
che il debitore fa dei suoi beni ai creditori, perché questi
procedano alla liquidazione dei medesimi e alla ripartizione del
ricavato (1977 e seguenti; att. 225, 231).
Non hanno effetto, rispetto ai creditori, le trascrizioni o
iscrizioni di diritti acquistati verso il debitore, se eseguite dopo
che la cessione è stata trascritta.
Art. 2650 Continuità delle trascrizioni
Nei casi in cui, per le disposizioni precedenti, un atto di acquisto
è soggetto a trascrizione, le successive trascrizioni o iscrizioni a
carico dell'acquirente non producono effetto, se non è stato
trascritto l'atto.anteriore di acquisto.
Quando l'atto anteriore di acquisto e stato trascritto, le
successive trascrizioni o iscrizioni producono effetto secondo il
loro ordine rispettivo, salvo il disposto dell'art. 2644.
L'ipoteca legale a favore dell'alienante e quella a favore del
condividente (2817), iscritte contemporaneamente alla trascrizione
del titolo di acquisto o della divisione, prevalgono sulle
trascrizioni q iscrizioni eseguite anteriormente contro l'acquirente
o il condividente tenuto a conguaglio (att. 225, 229).
Art. 2651 Trascrizione di sentenze
Si devono trascrivere le sentenze da cui risulta estinto per
prescrizione (2934 e seguenti) o acquistato per usucapione (1158 e
seguenti) ovvero in altro modo non soggetto a trascrizione uno dei
diritti indicati dai nn. 1, 2 e 4 dell'art. 2643.
Art. 2652 Domande riguardanti atti soggetti a trascrizione. Effetti
delle relative trascrizioni rispetto ai terzi
Si devono trascrivere, qualora si riferiscano ai diritti menzionati
nell'art. 2643, le domande giudiziali (Cod. Proc. Civ. 163) indicate
dai numeri seguenti, agli effetti per ciascuna di esse previsti
(att. 225 e seguenti):
1) le domande di risoluzione dei contratti (1453) e quelle indicate
dal secondo comma dell'art. 648 e dall'ultimo comma dell'art. 793,
le domande di rescissione (1447 e seguenti), le domande di
revocazione delle donazioni (800 e seguenti), nonché quelle indicate
dall'art. 524.
Le sentenze che accolgono tali domande non pregiudicano i diritti
acquistati dai terzi in base a un atto trascritto o iscritto (2827
2848) anteriormente alla trascrizione della domanda;
2) le domande dirette a ottenere l'esecuzione in forma specifica
dell'obbligo a contrarre (1706, 2932).
La trascrizione della sentenza che accoglie la domanda prevale sulle
trascrizioni e iscrizioni eseguite contro il convenuto dopo la
trascrizione della domanda;
3) le domande dirette a ottenere l'accertamento giudiziale (Cod.
Proc. Civ. 216 e seguenti) della sottoscrizione di scritture private
(2702 e seguenti) in cui si contiene un atto soggetto a trascrizione
o a iscrizione.
La trascrizione o l'iscrizione dell'atto contenuto nella scrittura
produce effetto dalla data in cui e stata trascritta la domanda;
4) le domande dirette all'accertamento della simulazione (1414 e
seguenti) di atti soggetti a trascrizione (2690).
La sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i diritti
acquistati dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto o
iscritto (2827, 2848) anteriormente alla trascrizione della domanda;
5) le domande di revoca degli atti soggetti a trascrizione, che
siano stati compiuti in pregiudizio dei creditori (2901).
La sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i diritti
acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede in base a un
atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della
domanda;
6) le domande dirette a far dichiarare la nullità (1418 e seguenti)
o a far pronunziare l'annullamento (1425 e seguenti) di atti
soggetti a trascrizione e le domande dirette a impugnare la validità
della trascrizione.
Se la domanda è trascritta dopo cinque anni dalla data della
trascrizione dell'atto impugnato, la sentenza che l'accoglie non
pregiudica i diritti acquistati a qualunque titolo dai terzi di
buona fede in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente
alla domanda. Se però la domanda è diretta a far pronunziare
l'annullamento per una causa diversa dall'incapacità legale, la
sentenza che l'accoglie non pregiudica i diritti acquistati dai
terzi di buona fede in base a un atto trascritto o iscritto
anteriormente alla trascrizione della domanda, anche se questa è
stata trascritta prima che siano decorsi cinque anni dalla data
della trascrizione dell'atto impugnato, purché in questo caso i
terzi abbiano acquistato a titolo oneroso (1445; att. 227);
7) le domande (533) con le quali si contesta il fondamento di un
acquisto a causa di morte (457).
Salvo quanto è disposto dal secondo e dal terzo comma dell'art. 534,
se la trascrizione della domanda è eseguita dopo cinque anni dalla
data della trascrizione dell'acquisto, la sentenza che accoglie la
domanda non pregiudica i terzi di buona fede che, in base a un atto
trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda,
hanno a qualunque titolo acquistato diritto da chi appare erede o
legatario (att. 227);
8) le domande di riduzione delle donazioni e delle disposizioni
testamentarie per lesione di legittima (554 e seguenti).
Se la trascrizione è eseguita dopo dieci anni dall'apertura della
successione, la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i
terzi che hanno acquistato a titolo oneroso diritti in base a un
atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della
domanda (561; att. 227);
9) le domande di revocazione e quelle di opposizione di terzo contro
le sentenze soggette a trascrizione per le cause previste dai nn. 1,
2, 3 e 6 dell'art. 395 Cod. Proc. Civ. e dal secondo comma dell'art.
404 dello stesso codice.
Se la domanda è trascritta dopo cinque anni dalla trascrizione della
sentenza impugnata, la sentenza che l'accoglie non pregiudica i
diritti acquistati dai terzi di buona fede in base a un atto
trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda
(att. 226 e seguenti).
Alla domanda giudiziale è equiparato l'atto notificato con il quale
la parte, in presenza di compromesso o di clausola compromissoria,
dichiara all'altra la propria intenzione di promuovere il
procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le
spetta, alla nomina degli arbitri.
Art. 2653 Altre domande e atti soggetti a trascrizione a diversi
effetti
Devono parimenti essere trascritti (att. 225 e seguenti):
1) le domande dirette a rivendicare la proprietà (948 e seguente) o
altri diritti reali di godimento (957, 981, 1021 e seguenti) sui
beni immobili e le domande dirette all'accertamento dei diritti
stessi.
La sentenza pronunziata contro il convenuto indicato nella
trascrizione della domanda ha effetto anche contro coloro che hanno
acquistato diritti dal medesimo in base a un atto trascritto dopo la
trascrizione della domanda;
2) la domanda di devoluzione del fondo enfiteutico (972).
La pronunzia di devoluzione ha effetto anche nei confronti di coloro
che hanno acquistato diritti dall'enfiteuta in base a un atto
trascritto posteriormente alla trascrizione della domanda;
3) le domande e le dichiarazioni di riscatto (1500 e seguenti) nella
vendita di beni immobili.
Se la trascrizione di tali domande o dichiarazioni è eseguita dopo
sessanta giorni dalla scadenza del termine per l'esercizio del
riscatto, restano salvi i diritti acquistati dai terzi dopo la
scadenza del termine medesimo in base a un atto trascritto o
iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda o della
dichiarazione (att. 227);
4) le domande di separazione degli immobili dotali (202 e seguenti)
e quelle di scioglimento della comunione tra coniugi avente per
oggetto beni immobili (225).
La sentenza che pronunzia la separazione olo scioglimento non ha
effetto a danno dei terzi che, anteriormente alla trascrizione della
domanda, hanno validamente acquistato dal marito diritti relativi a
beni dotali o a beni della comunione;
5) gli atti e le domande (1165 e seguenti) che interrompono il corso
dell'usucapione di beni immobili (2943 e seguenti).
L'interruzione non ha effetto riguardo ai terzi che hanno acquistato
diritti dal possessore in base a un atto trascritto o iscritto, se
non dalla data della trascrizione dell'atto o della domanda (att.
226, 231).
Alla domanda giudiziale e equiparato l'atto notificato con il quale
la parte, in presenza di compromesso o di clausola compromissoria,
dichiara all'altra la propria intenzione di promuovere il
procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le
spetta, alla nomina degli arbitri.
Art. 2654 Annotazione di domande o atti soggetti a trascrizione
La trascrizione degli atti e delle domande indicati dai due articoli
precedenti dev'essere anche annotata in margine alla trascrizione o
iscrizione, quando si riferisce a un atto trascritto o iscritto.
Art. 2655 Annotazione di atti e di sentenze
Qualora un atto trascritto o iscritto sia dichiarato nullo (1418 e
seguenti) o sia annullato (1425 e seguenti), risoluto (1453 e
seguenti), rescisso (1447 e seguenti) o revocato (2901 e seguenti) o
sia soggetto a condizione risolutiva (1360), la dichiarazione di
nullità e, rispettivamente, l'annullamento, la risoluzione, la
rescissione, la revocazione, l'avveramento della condizione devono
annotarsi in margine alla trascrizione o all'iscrizione dell'atto.
Si deve del pari annotare, in margine alla trascrizione della
relativa domanda, la sentenza di devoluzione del fondo enfiteutico
(972).
Se tali annotazioni non sono eseguite, non producono effetto le
successive trascrizioni o iscrizioni a carico di colui che ha
ottenuto la dichiarazione di nullità o l'annullamento, la
risoluzione, la rescissione, la revoca o la devoluzione o a favore
del quale si è avverata la condizione.
Eseguita l'annotazione, le trascrizioni o iscrizioni già compiute
hanno il loro effetto secondo l'ordine rispettivo.
L'annotazione si opera in base alla sentenza o alla convenzione da
cui risulta uno dei fatti sopra indicati; se si tratta di
condizione, può eseguirsi in virtù della dichiarazione unilaterale
del contraente in danno del quale la condizione stessa si è
verificata (2692).
Art. 2656 Forme per l'annotazione
L'annotazione si esegue secondo le norme stabilite dagli articoli
seguenti per la trascrizione in quanto applicabili.
Art. 2657 Titolo per la trascrizione
La trascrizione non si può eseguire se non in forza di sentenza
(Cod. Proc. Civ. 131 e seguenti), di atto pubblico (2699) o di
scrittura privata con sottoscrizione autenticata (2703) o accertata
giudizialmente (Cod. Proc. Civ. 215 e seguenti).
Le sentenze e gli atti seguiti in paese estero (Cod. Proc. Civ. 796
e seguenti; 804) devono essere legalizzati (2674).
Art. 2658 Atti da presentare al conservatore
La parte che domanda la trascrizione del titolo deve presentare al
conservatore dei registri immobiliari copia autenticata, se si
tratta di atti pubblici o di sentenze, e, se si tratta di scritture
private, deve presentare l'originale, salvo che questo si trovi
depositato in un pubblico archivio o negli atti di un notaio. In
questo caso basta la presentazione di una copia autenticata
dall'archivista o dal notaio dalla quale risulti che la scrittura ha
i requisiti indicati dall'articolo precedente.
Per la trascrizione di una domanda giudiziale occorre presentare
copia autentica del documento che la contiene, munito della
relazione di notifica alla controparte.
Art. 2659 Nota di trascrizione
Chi domanda la trascrizione di un atto tra vivi deve presentare al
conservatore dei registri immobiliari, insieme con la copia del
titolo, una nota in doppio originale, nella quale devono essere
indicati:
1) il cognome ed il nome, il luogo e la data di nascita e il numero
di codice fiscale delle parti, nonché il regime patrimoniale delle
stesse, se coniugate, secondo quanto risulta da loro dichiarazione
resa nel titolo o da certificato dell'ufficiale di stato civile, la
denominazione o la ragione sociale, la sede e il numero di codice
fiscale delle persone giuridiche, delle società previste dai capi
II, III e IV del titolo V del libro quinto e delle associazioni non
riconosciute, con l'indicazione, per queste ultime e per le società
semplici, anche delle generalità delle persone che le rappresentano
secondo l'atto costitutivo;
2) il titolo di cui si chiede la trascrizione e la data del
medesimo;
3) il cognome e il nome del pubblico ufficiale che ha ricevuto
l'atto o autenticato le firme, o l'autorità giudiziaria che ha
pronunciato la sentenza;
4) la natura e la situazione dei beni a cui si riferisce il titolo,
con le indicazioni richieste dall'art. 2826.
Se l'acquisto, la rinunzia o la modificazione del diritto sono
sottoposti a termine o a condizione, se ne deve fare menzione nella
nota di trascrizione (2665). Tale menzione non è necessaria se, al
momento in cui l'atto si trascrive, la condizione sospensiva si è
verificata o la condizione risolutiva è mancata ovvero il termine
iniziale è scaduto.
Art. 2660 Trascrizione degli acquisti a causa di morte
Chi domanda la trascrizione di un acquisto a causa di morte deve
presentare, oltre l'atto indicato dall'art. 2648, il certificato di
morte dell'autore della successione e una copia o un estratto
autentico del testamento, se l'acquisto segue in base a esso.
Deve anche presentare una nota in doppio originale con le seguenti
indicazioni:
1) il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita dell'erede o
legatario e del defunto;
2) la data di morte;
3) se la successione è devoluta per legge il vincolo che univa
all'autore il chiamato (536, 565) e la quota a questo spettante;
4) se la successione è devoluta per testamento, la forma e la data
del medesimo, il nome del pubblico ufficiale che l'ha ricevuto o che
l'ha in deposito;
5) la natura e la situazione dei beni con le indicazioni richieste
dall'art. 2826;
6) la condizione o il termine qualora siano apposti alla
disposizione testamentaria, salvo il caso contemplato dal secondo
comma del precedente articolo nonché la sostituzione
fidecommissaria, qualora sia stata disposta a norma dell'art. 692.
Art. 2661 Ulteriori trascrizioni in base allo stesso titolo
Quando si domanda la trascrizione di un acquisto a causa di morte e
per la stessa successione è stato già trascritto altro acquisto in
base allo stesso titolo, basta presentare l'atto di accettazione
(470 e seguenti) se si tratta di acquisto a titolo di erede. Deve
essere anche indicata la trascrizione anteriormente eseguita, se si
tratta dello stesso ufficio, e, se si tratta di ufficio diverso,
deve essere presentato il certificato della trascrizione medesima.
Se chi ha trascritto anteriormente ha presentato un estratto del
testamento, alla domanda di nuova trascrizione deve essere allegato,
qualora occorra, un altro estratto o la copia dell'intero
testamento.
Art. 2662 Trascrizione di acquisto a causa di morte in luogo di
altri chiamati
Qualora l'acquisto a causa di morte si colleghi alla rinunzia (519 e
seguenti) o alla morte di uno dei chiamati (479), chi domanda la
trascrizione deve presentare il documento comprovante la morte o la
rinunzia, facendone menzione nella nota.
Se invece l'acquisto dipende da altra ragione che impedisce ad
alcuno dei chiamati di succedere (70, 463 e seguenti), non è
necessario esibire un documento che giustifichi la ragione stessa,
ma il richiedente risponde dei danni, quando le sue dichiarazioni
non corrispondono a verità.
Qualora alcuna delle cause di impedimento sopra indicate si sia
constatata dopo la trascrizione dell'acquisto a causa di morte, essa
si annota in margine alla trascrizione stessa, purché risulti da
regolare documento.
Art. 2663 Ufficio in cui deve farsi la trascrizione
La trascrizione deve essere fatta presso ciascun ufficio dei
registri immobiliari nella cui circoscrizione sono situati i beni.
Art. 2664 Conservazione dei titoli. Trascrizione e restituzione
della nota
Il conservatore dei registri immobiliari deve custodire negli
archivi, in appositi volumi, i titoli che gli sono consegnati e deve
inserire, con numerazione progressiva annuale, nella raccolta delle
note costituente il registro particolare delle trascrizioni uno
degli originali della nota, indicandovi il giorno della consegna del
titolo e il numero d'ordine assegnato nel registro generale.
Il conservatore deve restituire al richiedente uno degli originali
della nota, nel quale deve certificare l'eseguita trascrizione con
le indicazioni sopra accennate.
Art. 2665 Omissioni o inesattezze nelle note
L'omissione o l'inesattezza di alcuna delle indicazioni richieste
nelle note menzionate negli artt. 2659 e 2660 non nuoce alla
validità della trascrizione, eccetto che induca incertezza sulle
persone, sul bene o sul rapporto giuridico, a cui si riferisce
l'atto o, rispettivamente, la sentenza o la domanda.
Art. 2666 Limiti soggettivi dell'efficacia della trascrizione
La trascrizione, da chiunque si faccia, giova a tutti coloro che vi
hanno interesse.
Art. 2667 Atti compiuti per persona incapace
I rappresentanti di persone incapaci (320, 357, 409, 424) e coloro
che hanno prestato assistenza alle medesime devono curare che si
esegua la trascrizione degli atti, delle sentenze o delle domande
giudiziali che sono soggetti a trascrizione e rispetto ai quali essi
hanno esercitato il loro ufficio.
La mancanza della trascrizione può anche essere opposta ai minori,
agli interdetti e a qualsiasi altro incapace (414 e seguenti), salvo
ai medesimi il regresso contro i tutori, gli amministratori o i
curatori che avevano l'obbligo della trascrizione.
La mancanza della trascrizione non può essere opposta dalle persone
che avevano l'obbligo di eseguirla per i propri rappresentati o
amministrati né dai loro eredi.
Art. 2668 Cancellazione della trascrizione
La cancellazione della trascrizione delle domande enunciate dagli
artt. 2652 e 2653 e delle relative annotazioni si esegue quando è
debitamente consentita dalle parti interessate ovvero è ordinata
giudizialmente con sentenza passata in giudicato (Cod. Proc. Civ.
324).
Deve essere giudizialmente ordinata, qualora la domanda sia
rigettata o il processo sia estinto per rinunzia o per inattività
delle parti (Cod. Proc. Civ. 306 e seguenti).
Si deve cancellare l'indicazione della condizione (1353 e seguenti)
o del termine (1184 e seguenti) negli atti trascritti, quando
l'avveramento o la mancanza della condizione ovvero la scadenza del
termine risulta da sentenza o da dichiarazione, anche unilaterale,
della parte in danno della quale la condizione sospensiva si è
verificata o la condizione risolutiva è mancata ovvero il termine
iniziale è scaduto.
Art. 2669 Trascrizione anteriore al pagamento dell'imposta di
registro
La trascrizione può essere domandata, quantunque non sia stata
ancora pagata l'imposta di registro a cui è soggetto il titolo, se
si tratta di atto pubblico ricevuto nello Stato o di sentenza
pronunziata da un'autorità giudiziaria dello Stato (Cod. Proc. Civ.
131 e seguenti).
(In tal caso però il richiedente deve presentare al conservatore,
oltre la nota indicata dall'art. 2659, una copia della medesima, la
quale, a cura del conservatore, deve essere vidimata e trasmessa
immediatamente all'ufficiale incaricato di riscuotere l'imposta
suddetta) (2836).
Art. 2670 Spese della trascrizione
Le spese della trascrizione devono essere anticipate da chi la
domanda, salvo il diritto al rimborso verso l'interessato.
Se più sono gli interessati, ciascuno di essi deve rimborsare la
persona che ha eseguito la trascrizione della parte di spesa
corrispondente alla quota per cui è interessato.
Art. 2671 Obbligo dei pubblici ufficiali
Il notaio o altro pubblico ufficiale che ha ricevuto o autenticato
l'atto soggetto a trascrizione ha l'obbligo di curare che questa
venga eseguita nel più breve tempo possibile, ed è tenuto al
risarcimento dei danni in caso di ritardo, salva l'applicazione
delle pene pecuniarie previste dalle leggi speciali, se lascia
trascorrere trenta giorni dalla data dell'atto ricevuto o
autenticato.
Rimangono ferme le disposizioni delle leggi speciali che
stabiliscono a carico di altre persone l'obbligo di richiedere la
trascrizione di determinati atti e le relative sanzioni (c. p.c.
555).
Art. 2672 Leggi speciali
Sono salve le disposizioni delle leggi speciali che richiedono la
trascrizione di atti non contemplati dal presente capo e le altre
disposizioni (484, 507 e seguenti, 854, 1133; Cod. Proc. Civ. 555,
679) che non sono incompatibili con quelle contenute nel capo
medesimo.
CAPO II
Della pubblicità dei registri immobiliari e della responsabilità dei
conservatori
Art. 2673 Obblighi del conservatore
Il conservatore dei registri immobiliari deve rilasciare a chiunque
ne fa richiesta copia delle trascrizioni, delle iscrizioni e delle
annotazioni, o il certificato che non ve ne è alcuna.
Deve altresì permettere l'ispezione dei suoi registri nei modi e
nelle ore fissati dalla legge.
Il conservatore deve anche rilasciare copia dei documenti che sono
depositati presso di lui in originale o i cui originali sono
depositati negli atti di un notaio o in pubblico archivio fuori
della circoscrizione del tribunale nella quale ha sede il suo
ufficio.
Art. 2674 Divieto di rifiutare gli atti del proprio ufficio
Il conservatore può ricusare di ricevere le note e i titoli, se non
sono in carattere intelligibile e non può riceverli quando il titolo
non ha i requisiti stabiliti dagli artt. 2657, 2660, primo comma,
2821, 2835 e 2837 o non è presentato con le modalità previste
dall'art. 2658 e quando la nota non contiene le indicazioni
prescritte dagli artt. 2659, 2660 e 2839, nn. 1), 3), 4) e 7).
In ogni altro caso il conservatore non può ricusare o ritardare di
ricevere la consegna dei titoli presentati e di eseguire le
trascrizioni, iscrizioni o annotazioni richieste, nonché di spedire
le copie o i certificati. Le parti possono far stendere
immediatamente verbale del rifiuto o del ritardo da un notaio o da
un ufficiale giudiziario assistito da due testi moni.
Art. 2674 bis Trascrizione e iscrizione con riserva e impugnazione
Al di fuori dei casi di cui al precedente articolo, qualora emergano
gravi e fondati dubbi sulla trascrivibilità di un atto o sulla
iscrivibilità di una ipoteca, il conservatore, su istanza della
parte richiedente, esegue la formalità con riserva.
La parte a favore della quale è stata eseguita la formalità con
riserva deve proporre reclamo all'autorità giudiziaria.
Art. 2675 Responsabilità del conservatore (abrogato)
Art. 2676 Diversità tra registri, copie e certificati
Nel caso di diversità tra i risultati dei registri e quelli delle
copie o dei certificati rilasciati dal conservatore dei registri
immobiliari, prevale ciò che risulta dai registri.
Art. 2677 Orario per le domande di trascrizione o di iscrizione
Il conservatore non può ricevere alcuna domanda di trascrizione o di
iscrizione fuorché nelle ore, determinate dalla legge, nelle quali
l'ufficio è aperto al pubblico.
Art. 2678 Registro generale
Il conservatore è obbligato a tenere un registro generale d'ordine
in cui giornalmente deve annotare, secondo l'ordine di
presentazione, ogni titolo che gli è rimesso perché sia trascritto,
iscritto o annotato.
Questo registro deve indicare il numero d'ordine, il giorno della
richiesta ed il relativo numero di presentazione, la persona
dell'esibitore e le persone per cui la richiesta è fatta, i titoli
presentati con la nota, l'oggetto della richiesta, e cioè se questa
è fatta per trascrizione, per iscrizione o per annotazione, e le
persone riguardo alle quali la trascrizione, la iscrizione o
l'annotazione si deve eseguire.
Appena avvenuta l'accettazione del titolo e della nota, il
conservatore ne deve dare ricevuta in carta libera all'esibitore,
senza spesa; la ricevuta contiene l'indicazione del numero di
presentazione.
Art. 2679 Altri registri da tenersi dal conservatore
Oltre al registro generale, il conservatore deve tenere, nei modi
previsti dall'art. 2664, i registri particolari:
1) per le trascrizioni;
2) per le iscrizioni;
3) per le annotazioni.
Deve inoltre tenere gli altri registri che sono ordinati dalla
legge.
Art. 2680 Tenuta del registro generale d'ordine
Il registro generale deve essere vidimato in ogni foglio dal
presidente o da un giudice del tribunale nella cui circoscrizione è
stabilito l'ufficio, indicando nel relativo processo verbale il
numero dei fogli e il giorno in cui sono stati vidimati.
Questo registro deve essere scritto di seguito, senza spazi in
bianco o interlinee e senza aggiunte. Le cancellature di parole
devono essere approvate dal conservatore in fine di ciascun foglio
con la sua firma e con l'indicazione del numero delle parole
cancellate.
Il registro, alla fine di ciascun giorno, deve essere chiuso con
l'indicazione del numero dei titoli annotati e firmato dal
conservatore.
In esso si deve rigorosamente osservare la serie delle date, dei
fogli e dei numeri d'ordine.
Art. 2681 Divieto di rimozione dei registri
I registri sopra indicati non possono essere rimossi dall'ufficio
del conservatore, fuorché per ordine di una corte d'appello, qualora
ne sia riconosciuta la necessità, e mediante le cautele determinate
dalla stessa corte.
Art. 2682 Sanzioni contro il conservatore (abrogato)
CAPO III
Della trascrizione degli atti relativi ad alcuni beni mobili
SEZIONE I
Della trascrizione relativamente alle navi, agli aeromobili e agli
autoveicoli
Art. 2683 Beni per i quali è disposta la pubblicità
Devono essere resi pubblici col mezzo della trascrizione (2657 e
seguenti), osservate le altre forme di pubblicità stabilite dalla
legge (c. Nav. 250 e seguenti, 865 e seguenti), gli atti menzionati
negli articoli seguenti, quando hanno per oggetto:
1) le navi e i galleggianti iscritti nei registri indicati dal
codice della navigazione (Cod. Nav. 140 e seguenti);
2) gli aeromobili iscritti nei registri indicati dallo stesso codice
(Cod. Nav. 753 e seguenti);
3) gli autoveicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico.
Art. 2684 Atti soggetti a trascrizione
Sono soggetti alla trascrizione per gli effetti stabiliti dall'art.
2644:
1) i contratti che trasferiscono la proprietà (1480) o costituiscono
la comunione (1100; Cod. Nav. 250 e seguenti, 865 e seguenti);
2) i contratti che costituiscono o modificano diritti di usufrutto
(978 e seguenti) o di uso (1021 e seguenti) o che trasferiscono il
diritto di usufrutto;
3) gli atti tra vivi di rinunzia ai diritti indicati dai numeri
precedenti;
4) le transazioni (1965 e seguenti) che hanno per oggetto
controversie sui diritti indicati dai numeri precedenti;
5) i provvedimenti con i quali nel giudizio di espropriazione si
trasferiscono la proprietà o gli altri diritti menzionati nei numeri
precedenti (Cod. Nav. 664, 665,1068);
6) le sentenze (2932) che operano la costituzione, la modificazione
o il trasferimento di uno dei diritti indicati dai numeri precedenti
(2688).
Art. 2685 Altri atti soggetti a trascrizione
Si devono trascrivere le divisioni e gli altri atti menzionati
nell'art. 2646, la costituzione delfondo patrimoniale (167) e gli
altri atti menzionati nell'art. 2647, l'accettazione dell'eredità e
l'acquisto del legato (470, 649) che importano acquisto dei diritti
indicati dai nn. 1 e 2 dell'art. 2684 o liberazione dai medesimi.
La trascrizione ha gli effetti stabiliti per i beni immobili.
Art. 2686 Sentenze
Devono essere trascritte, agli effetti dell'art. 2644, le sentenze
da cui risulta acquistato, modificato o estinto uno dei diritti
indicati dai nn. 1 e 2 dell'art. 2684 in forza di un titolo non
trascritto.
Art. 2687 Cessione dei beni ai creditori
Deve essere trascritta, per gli effetti indicati dall'art. 2649, la
cessione che il debitore fa dei suoi beni ai creditori, perché
questi procedano alla liquidazione dei medesimi e alla ripartizione
del ricavato (1977 e seguenti; att. 231).
Art. 2688 Continuità delle trascrizioni
Nei casi in cui, per le disposizioni precedenti, un atto di acquisto
è soggetto a trascrizione, le successive trascrizioni o iscrizioni
non producono effetto se non e stato trascritto l'atto anteriore di
acquisto.
Quando l'atto anteriore di acquisto è stato trascritto, le
successive trascrizioni o iscrizioni producono il loro effetto
secondo l'ordine rispettivo, salvo il disposto dell'art. 2644.
Art. 2689 Usucapione
Devono essere trascritte le sentenze da cui risulta acquistato per
usucapione (1162) uno dei diritti indicati dai nn. 1 e 2 dell'art.
2684.
Art. 2690 Domande relative ad atti soggetti a trascrizione
Devono essere trascritte, qualora si riferiscano ai diritti
menzionati dall'art. 2684:
1) le domande indicate dai nn. 1, 2, 3, 4 e 5 dell'art. 2652 per gli
effetti ivi disposti;
2) le domande dirette all'accertamento di uno dei contratti indicati
dai nn. 1 e 2 dell'art. 2684.
La trascrizione della sentenza che accoglie la domanda prevale sulle
trascrizioni e iscrizioni eseguite contro il convenuto dopo la
trascrizione della domanda;
3) le domande dirette a far dichiarare la nullità (1418 e seguenti)
o a far pronunziare l'annullamento (1425 e seguenti) di atti
soggetti a trascrizione e le domande dirette a impugnare la validità
della trascrizione.
La sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i diritti
acquistati a qualunque titolo dai terzi di buona fede in base a un
atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della
domanda medesima, se questa è stata resa pubblica dopo tre anni
dalla data della trascrizione dell'atto che si impugna. Se pero la
domanda è diretta a far pronunziare l'annullamento per una causa
diversa dall'incapacità legale, la sentenza che l'accoglie non
pregiudica i diritti acquistati dai terzi di
buona fede in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente
alla trascrizione della domanda, anche se questa è stata trascritta
prima che siano decorsi tre anni dalla data della trascrizione
dell'atto impugnato, purché in questo caso i terzi abbiano
acquistato a titolo oneroso (14451;
4) le domande con le quali si contesta il fondamento di un acquisto
a causa di morte.
Salvo quanto è disposto dal secondo e dal terzo comma dell'art. 534,
se la domanda è trascritta dopo tre anni dalla data della
trascrizione dell'atto impugnato, la sentenza che l'accoglie non
pregiudica i terzi di buona fede che, in base a un atto trascritto o
iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda, hanno a
qualunque titolo acquistato diritti da chi appare erede o legatario;
5) le domande di riduzione delle donazioni e delle disposizioni
testamentarie per lesione di legittima (554 e seguenti).
Se la trascrizione è eseguita dopo tre anni dall'apertura della
successione, (456) la sentenza che accoglie la domanda non
pregiudica i terzi che hanno acquistato a titolo oneroso diritti in
base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione
della domanda;
6) le domande di revocazione e quelle di opposizione di terzo contro
le sentenze soggette a trascrizione per le cause previste dai nn. 1,
2, 3, e 6 dell'art. 395 Cod. Proc. Civ. e dal secondo comma
dell'art. 404 dello stesso codice.
Se la domanda è trascritta dopo tre anni dalla trascrizione della
sentenza impugnata, la sentenza che l'accoglie non pregiudica i
diritti acquistati dai terzi di buona fede in base a un atto
trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda
(2654, 2668).
Alla domanda giudiziale è equiparato l'atto notificato con il quale
la parte, in presenza di compromesso o di clausola compromissoria,
dichiara all'altra la propria intenzione di promuovere il
procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le
spetta, alla nomina degli arbitri.
Art. 2691 Altre domande e atti soggetti a trascrizione
Devono del pari trascriversi, quando si riferiscono ai beni
menzionati nell'art. 2683, le domande e gli atti indicati dai nn. 1,
3, 4 e 5 dell'art. 2653, per gli effetti ivi disposti.
Alla domanda giudiziale e equiparato l'atto notificato con il quale
la parte, in presenza di compromesso o di clausola compromissoria,
dichiara all'altra la propria intenzione di promuovere il
procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le
spetta, alla nomina degli arbitri.
Art. 2692 Annotazione della trascrizione delle domande e degli atti
La trascrizione delle domande e degli atti indicati dai due articoli
precedenti dev'essere anche annotata secondo le modalità stabilite
dall'art. 2654.
Si osservano inoltre le disposizioni del primo, terzo e quarto comma
dell'art. 2655 e quelle dell'art. 2656.
Art. 2693 Trascrizione del pignoramento e del sequestro
Deve essere trascritto, dopo la notificazione, il provvedimento che
ordina il sequestro conservativo (Cod. Proc. Civ. 671 e seguenti)
per gli effetti disposti dall'art. 2906. Si deve trascrivere del
pari l'atto di pignoramento (Cod. Proc. Civ. 518) per gli effetti
disposti dagli artt. 2913, 2914, 2915 e 2916.
Art. 2694 Richiamo di altre leggi
Sono salve le disposizioni del codice della navigazione e delle
leggi speciali che richiedono la trascrizione di atti non
contemplati dal presente capo (Cod. Nav. 238 e seguenti, 250 e
seguenti, 271 e seguenti, 543, 624, 650, 652, 853 e seguenti, 865 e
seguenti, 875, 1009, 1045, 1061, 1063) e le altre disposizioni non
incompatibili con quelle contenute nel capo medesimo.
Art. 2695 Forme e modalità della trascrizione
Le forme e le modalità delle trascrizioni previste in questo capo
sono regolate dal codice della navigazione, per quanto riguarda le
navi e gli aeromobili (Cod. Nav. 250 e seguenti; 865 e seguenti), e
dalla legge speciale per quanto riguarda gli autoveicoli.
ln mancanza, si osservano le norme concernenti la trascrizione degli
atti relativi ai beni immobili, in quanto sono applicabili.
SEZIONE II
Della trascrizione relativamente ad altri beni mobili
Art. 2696 Rinvio
Per gli altri beni mobili per cui è disposta la trascrizione di
determinati atti si osservano le disposizioni delle leggi che li
riguardano.
TITOLO II
DELLE PROVE
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 2697 Onere della prova
Chi vuol far valere un diritto in giudizio (Cod. Proc. Civ. 163)
deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento (Cod. Proc.
Civ. 115).
Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il
diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui
l'eccezione si fonda.
Art. 2698 Patti relativi all'onere della prova
Sono nulli i patti con i quali è invertito ovvero e modificato
l'onere della prova, quando si tratta di diritti di cui le parti non
possono disporre o quando l'inversione o la modificazione (1341) ha
per effetto di rendere a una delle parti eccessivamente difficile
l'esercizio del diritto.
CAPO II
Della prova documentale
SEZIONE I
Dell'atto pubblico
Art. 2699 Atto pubblico
L'atto pubblico (2714) è il documento redatto, con le richieste
formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad
attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l'atto è formato.
Art. 2700 Efficacia dell'atto pubblico
L'atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso (Cod. Proc.
Civ. 221 e seguenti; Cod. Pen. 476) della provenienza del documento
dal pubblico ufficiale che lo ha formata, nonché delle dichiarazioni
delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta
avvenuti in sua presenza o da lui compiuti (Cod. Nav. 178, 775).
Art. 2701 Conversione dell'atto pubblico
Il documento formato da ufficiale pubblico incompetente o incapace
ovvero senza l'osservanza delle formalità prescritte, se e stato
sottoscritto dalle parti ha la stessa efficacia probatoria della
scrittura privata.
SEZIONE II
Della scrittura privata
Art. 2702 Efficacia della scrittura privata
La scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso (Cod.
Proc. Civ. 221 e seguenti), della provenienza delle dichiarazioni da
chi l'ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è
prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa e
legalmente considerata come riconosciuta (Cod. Proc. Civ. 214, 215;
Cod. Nav. 178, 775).
Art. 2703 Sottoscrizione autenticata
Si ha per riconosciuta la sottoscrizione autenticata dal notaio o da
altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato.
L'autenticazione consiste nell'attestazione da parte del pubblico
ufficiale che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza. Il
pubblico ufficiale deve previamente accertare l'identità della
persona che sottoscrive.
Art. 2704 Data della scrittura privata nei confronti dei terzi
La data della scrittura privata della quale non è autenticata la
sottoscrizione non e certa e computabile riguardo ai terzi, se non
dal giorno in cui la scrittura è stata registrata o dal giorno della
morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di uno di
coloro che l'hanno sottoscritta o dal giorno in cui il contenuto
della scrittura è riprodotto in atti pubblici (2699) o, infine, dal
giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo
egualmente certo l'anteriorità della formazione del documento.
La data della scrittura privata che contiene dichiarazioni
unilaterali non destinate a persona determinata può essere accertata
con qualsiasi mezzo di prova.
Per l'accertamento della data nelle quietanze (1195, 1199) il
giudice, tenuto conto delle circostanze, può ammettere qualsiasi
mezzo di prova (2787).
Art. 2705 Telegramma
Il telegramma ha l'efficacia probatoria della scrittura privata, se
l'originale consegnato all'ufficio di partenza e sottoscritto dal
mittente, ovvero se e stato consegnato o fatto consegnare dal
mittente medesimo, anche senza sottoscriverlo.
La sottoscrizione può essere autenticata dal notaio.
Se l'identità della persona che ha sottoscritto l'originale del
telegramma è stata accertata nei modi stabiliti dai regolamenti, e
ammessa la prova contraria.
Il mittente può fare indicare nel telegramma se l'originale e stato
firmato con o senza autenticazione.
Art. 2706 Conformità tra originale e riproduzione del telegramma
La riproduzione del telegramma consegnata al destinatario si
presume, fino a prova contraria, conforme all'originale.
Il mittente, se ha fatto collazionare il telegramma secondo le
disposizioni dei regolamenti, si presume esente da colpa per le
divergenze verificatesi tra originale e riproduzione.
Art. 2707 Carte e registri domestici
Le carte e i registri domestici fanno prova contro chi li ha
scritti:
1) quando enunciano espressamente un pagamento ricevuto;
2) quando contengono la menzione espressa che l'annotazione è stata
fatta per supplire alla mancanza di titolo in favore di chi 6
indicato come creditore.
Art. 2708 Annotazione in calce, in margine o a tergo di un documento
L'annotazione fatta dal creditore in calce, in margine o a tergo di
un documento rimasto in suo possesso fa prova, benché non
sottoscritta da lui, se tende ad accertare la liberazione del
debitore.
Lo stesso valore ha l'annotazione fatta dal creditore in calce, in
margine o a tergo di una quietanza o di un esemplare del documento
del debito posseduto dal debitore.
SEZIONE III
Delle scritture contabili delle imprese soggette a registrazione
Art. 2709 Efficacia probatoria contro l'imprenditore
I libri e le altre scritture contabili (2214 e seguenti) delle
imprese soggette a registrazione (2195) fanno prova contro
l'imprenditore. Tuttavia chi vuol trarne vantaggio non può scinderne
il contenuto (Cod. Nav. 178).
Art. 2710 Efficacia probatoria tra imprenditori
I libri bollati e vidimati nelle forme di legge (2214 e seguenti),
quando sono regolarmente tenuti, possono fare prova tra imprenditori
(2082) per i rapporti inerenti all'esercizio dell'impresa.
Art. 2711 Comunicazione ed esibizione
La comunicazione integrale dei libri, delle scritture contabili e
della corrispondenza può essere ordinata dal giudice solo nelle
controverse relative allo scioglimento della società, alla comunione
dei beni (1100) e alla successione per causa di morte (456).
Negli altri casi il giudice può ordinare, anche d'ufficio, che si
esibiscano i libri per estrarne le registrazioni concernenti la
controversia in corso (Cod. Proc. Civ. 212).
Può ordinare altresì l'esibizione di singole scritture contabili,
lettere, telegrammi o fatture concernenti la controversia stessa.
SEZIONE IV
Delle riproduzioni meccaniche
Art. 2712 Riproduzioni meccaniche
Le riproduzioni (Cod. Proc. Civ. 261) fotografiche o
cinematografiche, le registrazioni fotografiche e, in genere, ogni
altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena
prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale
sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose
medesime.
SEZIONE V
Delle taglie o tacche di contrassegno
Art. 2713 Taglie o tacche di contrassegno
Le taglie o tacche di contrassegno corrispondenti al contrassegno di
riscontro formano piena prova tra coloro che usano provare in tal
modo le somministrazioni che fanno o ricevono al minuto.
SEZIONE VI
Delle copie degli atti
Art. 2714 Copie di atti pubblici
Le copie di atti pubblici spedite nelle forme prescritte da
depositari pubblici autorizzati fanno fede come l'originale (Cod.
Proc. Civ. 212).
La stessa fede fanno le copie di copie di atti pubblici originali,
spedite da depositari pubblici di esse, a ciò autorizzati.
Art. 2715 Copie di scritture private originali depositate
Le copie delle scritture private depositate presso pubblici uffici e
spedite da pubblici depositari autorizzati hanno la stessa efficacia
della scrittura originale da cui sono estratte.
Art. 2716 Mancanza dell'atto originale o di copia depositata
In mancanza dell'originale dell'atto pubblico o di una copia di esso
presso un pubblico depositario, le copie spedite in conformità
dell'art. 2714 fanno piena prova; ma se tali copie, o anche la copia
esistente presso un pubblico depositario quando manca l'originale,
presentano cancellature, abrasioni, intercalazioni o altri difetti
esteriori, è rimesso al giudice di apprezzarne l'efficacia
probatoria.
In mancanza dell'originale scrittura privata, le copie di essa
spedite in conformità dell'art. 2715 fanno egualmente prova; ma se
presentano cancellature, abrasioni, intercalazioni o altri difetti
esteriori, è rimesso parimenti al giudice di apprezzarne l'efficacia
probatoria. Resta in ogni caso salva la questione circa
l'autenticità dell'originale mancante.
Art. 2717 Valore probatorio di altre copie
Le copie rilasciate da pubblici ufficiali fuori dei casi contemplati
dagli articoli precedenti hanno l'efficacia di un principio di prova
per iscritto.
Art. 2718 Valore probatorio di copie parziali
Le copie parziali o le riproduzioni per estratto rilasciate nella
forma prescritta da pubblici ufficiali che ne sono depositari e sono
debitamente autorizzati, fanno piena prova solo per quella parte
dell'originale che riproducono letteralmente.
Art. 2719 Copie fotografiche di scritture
Le copie fotografiche di scrittura hanno la stessa efficacia delle
autentiche, se la loro conformità con l'originale è attestata da
pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente
disconosciuta (Cod. Proc. Civ. 212).
SEZIONE VII
Degli atti di ricognizione o di rinnovazione
Art. 2720 Efficacia probatoria
L'atto di ricognizione (969, 1309, 1870, 1988) o di rinnovazione fa
piena prova delle dichiarazioni contenute nel documento originale,
se non si dimostra, producendo quest'ultimo, che vi e stato errore
(1428 e seguenti) nella ricognizione o nella rinnovazione.
CAPO III
Della prova testimoniale
Art. 2721 Ammissibilità: limiti di valore
La prova per testimoni dei contratti non è ammessa quando il valore
dell'oggetto eccede le L. 5.000 (att. 233, Cod. Proc. Civ. 224 e
seguenti).
Tuttavia l'autorità giudiziaria può consentire la prova oltre il
limite anzidetto, tenuto conto della qualità delle parti, della
natura del contratto e di ogni altra circostanza (Cod. Proc. Civ.
439).
Art. 2722 Patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento
La prova per testimoni non è ammessa se ha per oggetto patti
aggiunti o contrari al contenuto di un documento, per i quali si
alleghi che la stipulazione e stata anteriore o contemporanea.
Art. 2723 Patti posteriori alla formazione del documento
Qualora si alleghi che, dopo la formazione di un documento, è stato
stipulato un patto aggiunto o contrario al contenuto di esso,
l'autorità giudiziaria può consentire la prova per testimoni
soltanto se, avuto riguardo alla qualità delle parti, alla natura
del contratto e a ogni altra circostanza, appare verosimile che
siano state fatte aggiunte o modificazioni verbali.
Art. 2724 Eccezioni al divieto della prova testimoniale
La prova per testimoni e ammessa in ogni caso (1417):
1) quando vi è un principio di prova per iscritto: questo e
costituito da qualsiasi scritto, proveniente dalla persona contro la
quale è diretta la domanda o dal suo rappresentante, che faccia
apparire verosimile il fatto allegato;
2) quando il contraente e stato nell'impossibilità morale o
materiale di procurarsi una prova scritta;
3) quando il contraente ha senza sua colpa perduto il documento che
gli forniva la prova.
Art. 2725 Atti per i quali è richiesta la prova per iscritto o la
forma scritta
Quando, secondo la legge o la volontà delle parti, un contratto deve
essere provato per iscritto (1888, 1928, 1967), la prova per
testimoni è ammessa soltanto nel caso indicato dal n. 3
dell'articolo precedente.
La stessa regola si applica nei casi in cui la forma scritta è
richiesta sotto pena di nullità (1350 e seguenti).
Art. 2726 Prova del pagamento e della remissione
Le norme stabilite per la prova testimoniale dei contratti si
applicano anche al pagamento (1188 e seguenti) e alla remissione del
debito (1236).
CAPO IV
Delle presunzioni
Art. 2727 Nozione
Le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da
un fatto noto per risalire a un fatto ignorato (Cod. Proc. Civ.
115).
Art. 2728 Prova contro le presunzioni legali
Le presunzioni legali dispensano da qualunque prova coloro a favore
dei quali esse sono stabilite.
Contro le presunzioni sul fondamento delle quali la legge dichiara
nulli certi atti o non ammette l'azione in giudizio non può essere
data prova contraria, salvo che questa sia consentita dalla legge
stessa.
Art. 2729 Presunzioni semplici
Le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza
del giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi,
precise e concordanti.
Le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge
esclude la prova per testimoni.
CAPO V
Della confessione
Art. 2730 Nozione
La confessione è la dichiarazione che una parte fa della verità di
fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all'altra parte.
La confessione è giudiziale o stragiudiziale.
Art. 2731 Capacità richiesta per la confessione
La confessione non è efficace se non proviene da persona capace di
disporre del diritto, a cui i fatti confessati si riferiscono.
Qualora sia resa da un rappresentante, è efficace solo se fatta
entro i limiti e nei modi in cui questi vincola il rappresentato
(1388).
Art. 2732 Revoca della confessione
La confessione non può essere revocata se non si prova che è stata
determinata da errore (1428 e seguenti) di fatto o da violenza
(1434).
Art. 2733 Confessione giudiziale
E' giudiziale la confessione resa in giudizio (Cod. Proc. Civ. 228).
Essa forma piena prova contro colui che l'ha fatta, purché non verta
su fatti relativi a diritti non disponibili.
In caso di litisconsorzio necessario (Cod. Proc. Civ. 102), la
confessione resa da alcuni soltanto dei.litisconsorti è liberamente
apprezzata dal giudice.
Art. 2734 Dichiarazioni aggiunte alla confessione
Quando alla dichiarazione indicata dall'art. 2730 si accompagna
quella di altri fatti o circostanze tendenti a infirmare l'efficacia
del fatto confessato ovvero a modificarne o a estinguerne gli
effetti, le dichiarazioni fanno piena prova nella loro integrità se
l'altra parte non contesta la verità dei fatti o delle circostanze
aggiunte. In caso di contestazione, e rimesso al giudice di
apprezzare, secondo le circostanze, l'efficacia probatoria delle
dichiarazioni.
Art. 2735 Confessione stragiudiziale
La confessione stragiudiziale fatta alla parte o a chi la
rappresenta ha la stessa efficacia probatoria di quella giudiziale.
Se è fatta a un terzo o se è contenuta in un testamento (587), e
liberamente apprezzata dal giudice.
La confessione stragiudiziale non può provarsi per testimoni, se
verte su un oggetto per il quale la prova testimoniale non è ammessa
dalla legge.
CAPO VI
Del giuramento
Art. 2736 Specie
Il giuramento è di due specie (Cod. Proc. Civ. 241);
1) è decisorio (Cod. Proc. Civ. 233) quello che una parte deferisce
all'altra per farne dipendere la decisione totale o parziale della
causa;
2) è suppletorio (Cod. Proc. Civ. 240) quello che è deferito
d'ufficio dal giudice a una delle parti al fine di decidere la causa
quando la domanda o le eccezioni non sono pienamente provate, ma non
sono del tutto sfornite di prova, ovvero quello che è deferito al
fine di stabilire il valore della cosa domandata, se non si può
accertarlo altrimenti (Cod. Proc. Civ. 241).
Art. 2737 Capacità delle parti
Per deferire o riferire il giuramento si chiedono le condizioni
indicate dall'art. 2731.
Art. 2738 Efficacia
Se è stato prestato il giuramento deferito o riferito (Cod. Proc.
Civ. 233 e seguenti), l'altra parte non 6 ammessa a provare il
contrario, ne può chiedere la revocazione della sentenza qualora il
giuramento sia stato dichiarato falso (Cod. Proc. Civ. 395, n. 2).
Può tuttavia domandare il risarcimento dei danni nel caso di
condanna penale per falso giuramento. Se la condanna penale non può
essere pronunziata perché il reato è estinto (Cod. Pen. 150 e
seguenti), il giudice civile può conoscere del reato al solo fine
del risarcimento.
In caso di litisconsorzio necessario (Cod. Proc. Civ. 102), il
giuramento prestato da alcuni soltanto dei litisconsorti è
liberamente apprezzato dal giudice (1305).
Art. 2739 Oggetto
Il giuramento non può essere deferito o riferito per la decisione di
cause relative a diritti di cui le parti non possono disporre, né
sopra un fatto illecito o sopra un contratto per la validità del
quale sia richiesta la forma scritta (1350), ne per negare un fatto
che da un atto pubblico risulti avvenuto alla presenza del pubblico
ufficiale che ha formato l'atto stesso (2700).
Il giuramento non può essere deferito che sopra un fatto proprio
della parte a cui si deferisce o sulla conoscenza che essa ha di un
fatto altrui e non può essere riferito qualora il fatto che ne è
l'oggetto non sia comune a entrambe le parti.
TITOLO III
DELLA RESPONSABILITA' PATRIMONIALE, DELLE CAUSE Dl PRELAZIONE E
DELLA CONSERVAZIONE DELLA GARANZIA PATRIMONIALE
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Property/fiorentini1.htm>
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 2740 Responsabilità patrimoniale
Il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i
suoi beni presenti e futuri.
Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi
stabiliti dalla legge.
Art. 2741 Concorso dei creditori e cause di prelazione
I creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del
debitore, salve le cause legittime di prelazione.
Sono cause legittime di prelazione i privilegi, il pegno (2784 e
seguenti) e le ipoteche (2808 e seguenti).
Art. 2742 Surrogazione dell'indennità alla cosa
Se le cose soggette a privilegio, pegno (2784 e seguenti) o ipoteca
(2808 e seguenti) sono perite o deteriorate, le somme dovute dagli
assicuratori per indennità della perdita o del deterioramento (1905)
sono vincolate al pagamento dei crediti privilegiati, pignoratizi o
ipotecari, secondo il loro grado, eccetto che le medesime vengano
impiegate a riparare la perdita o il deterioramento (Cod. Nav. 553,
1026). L'autorità giudiziaria può, su istanza degli interessati,
disporre le opportune cautele per assicurare l'impiego delle somme
nel ripristino o nella riparazione della cosa.
Gli assicuratori sono liberati qualora paghino dopo trenta giorni
dalla perdita o dal deterioramento, senza che sia stata fatta
opposizione. Quando però si tratta di immobili su cui gravano
iscrizioni, gli assicuratori non sono liberati se non dopo che è
decorso senza opposizione il termine di trenta giorni (2964) dalla
notificazione ai creditori iscritti (2844) del fatto che ha dato
luogo alla perdita o al deterioramento.
Sono del pari vincolate al pagamento dei crediti suddetti le somme
dovute per causa di servitù coattive (1032 e seguenti) o di
comunione forzosa (1117 e seguenti) o di espropriazione per pubblico
interesse (834), osservate, per quest'ultima, le disposizioni della
legge speciale.
Art. 2743 Diminuzione della garanzia
Qualora la cosa data in pegno o sottoposta a ipoteca perisca o si
deteriori, anche per caso fortuito, in modo da essere insufficiente
alla sicurezza del creditore, questi può chiedere che gli sia
prestata idonea garanzia su altri beni e, in mancanza, può chiedere
l'immediato pagamento del suo credito (1186).
Art. 2744 Divieto del patto commissorio
E' nullo il patto (1419) col quale si conviene che, in mancanza del
pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa
ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto è nullo anche
se posteriore alla costituzione dell'ipoteca o del pegno (2796 e
seguenti).
CAPO II
Dei privilegi
SEZIONE I
Disposizioni generali
Art. 2745 Fondamento del privilegio
Il privilegio (att. 234) è accordato dalla legge in considerazione
della causa del credito. La costituzione del privilegio può tuttavia
dalla legge essere subordinata alla convenzione delle parti; può
anche essere subordinata a particolari forme di pubblicità.
2746 Distinzione dei privilegi
Il privilegio è generale o speciale. Il primo si esercita su tutti i
beni mobili del debitore, il secondo su determinati beni mobili o
immobili.
Art. 2747 Efficacia del privilegio
Il privilegio generale non può esercitarsi in pregiudizio dei
diritti spettanti ai terzi sui mobili (1153) che ne formano oggetto,
salvo quanto è disposto dagli artt. 2913, 2914, 2915 e 2916.
Se la legge non dispone diversamente, il privilegio speciale sui
mobili, sempre che sussista la particolare situazione alla quale è
subordinato (2769), può esercitarsi in pre giudizio dei diritti
acquistati dai terzi posteriormente al sorgere di esso (26837.
Art. 2748 Efficacia del privilegio speciale rispetto al pegno e alle
ipoteche
Se la legge non dispone altrimenti, il privilegio speciale sui beni
mobili non può esercitarsi in pregiudizio del creditore pignoratizio
(2784 e seguenti; att. 234).
I creditori che hanno privilegio sui beni immobili sono preferiti ai
creditori ipotecari se la legge non dispone diversamente.
Art. 2749 Estensione del privilegio
Il privilegio accordato al credito si estende alle spese ordinarie
per l'intervento nel processo di esecuzione (Cod. Proc. Civ. 47.4 e
seguenti). Si estende anche agli interessi dovuti per l'anno in
corso alla data del pignoramento (Cod. Proc. Civ. 491 e seguenti) e
per quelli dell'anno precedente.
Gli interessi successivamente maturati hanno privilegio nei limiti
della misura legale (1284) fino alla data della vendita.
Art. 2750 Privilegi marittimi, aeronautici e privilegi stabiliti da
leggi speciali
I privilegi sulla nave, sul nolo e sulle cose caricate e i privilegi
sull'aeromobile, sul nolo e sulle cose caricate sono regolati dal
codice della navigazione (Cod. Nav. 548 e seguenti, 1022 e
seguenti).
Ai privilegi previsti da leggi speciali si applicano le norme di
questo capo, se non è diversamente disposto.
SEZIONE II
Dei privilegi sui mobili
§ 1 Dei privilegi generali sui mobili
Art. 2751 Crediti per spese funebri d'infermità, alimenti
Hanno privilegio generale sui mobili, nell'ordine che segue, i
crediti riguardanti:
1) le spese funebri necessarie secondo gli usi;
2) le spese d'infermità fatte negli ultimi sei mesi della vita del
debitore;
3) le somministrazioni di vitto, vesti e alloggio, nei limiti della
stretta necessità, fatte al debitore per lui e per la sua famiglia
negli ultimi sei mesi;
4) i crediti di alimenti per gli ultimi tre mesi a favore delle
persone alle quali gli alimenti sono dovuti per legge.
Art. 2751 bis Crediti per retribuzioni e provvigioni, crediti dei
coltivatori diretti, delle società od enti cooperativi e delle
imprese artigiane
Hanno privilegio generale sui mobili i crediti riguardanti:
1) le retribuzioni dovute, sotto qualsiasi forma, ai prestatori di
lavoro subordinato e tutte le indennità dovute per effetto della
cessazione del rapporto di lavoro, nonché il credito del lavoratore
per i danni conseguenti alla mancata corresponsione, da parte del
datore di lavoro, dei contributi previdenziali ed assicurativi
obbligatori ed il credito per il risarcimento del danno subito per
effetto di un licenziamento inefficace, nullo o annullabile;
2) le retribuzioni dei professionisti e di ogni altro prestatore
d'opera intellettuale dovute per gli ultimi due anni di prestazione;
3) le provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia dovute per
l'ultimo anno di prestazione e le indennità dovute per la cessazione
del rapporto medesimo;
4) i crediti del coltivatore diretto, sia proprietario che
affittuario, mezzadro, colono, soccidario o comunque
compartecipante, per i corrispettivi della vendita dei prodotti
nonché i crediti del mezzadro o del colono indicati dall'art. 2765;
5) i crediti dell'impresa artigiana e delle società od enti
cooperativi di produzione e di lavoro, per i corrispettivi dei
servizi prestati e della vendita dei manufatti;
5 bis) i crediti delle società cooperative agricole e dei loro
consorzi per i corrispettivi della vendita dei prodotti.
Art. 2752 Crediti per contributi diretti dello Stato, per imposta
sul valore aggiunto e per tributi degli enti locali
Hanno privilegio generale sui mobili del debitore i crediti dello
Stato per l'imposta sul reddito delle persone fisiche, sul reddito
delle persone giuridiche e per l'imposta locale sui redditi,
limitatamente all'imposta o alla quota d'imposta non imputabile ai
redditi immobiliari e a quelli di natura fondiaria non determinabili
catastalmente, iscritti nei ruoli principali suppletivi, speciali o
straordinari posti in riscossione nell'anno in cui si procede
all'esecuzione e nell'anno precedente.
Se si tratta di ruoli suppletivi, e si procede per imposte relative
a periodi d'imposta anteriori agli ultimi due, il privilegio non può
esercitarsi per un importo superiore a quello degli ultimi due anni,
qualunque sia il periodo cui le imposte si riferiscono.
Hanno altresì privilegio generale sui mobili del debitore i crediti
dello Stato per le imposte, le pene pecuniarie e le soprattasse
dovute secondo le norme relative all'imposta sul valore aggiunto.
Hanno lo stesso privilegio, subordinatamente a quello dello Stato, i
crediti per le imposte, tasse e tributi dei comuni e delle province
previsti dalla legge per la finanza locale e dalle norme relative
all'imposta comunale sulla pubblicità e ai diritti sulle pubbliche
affissioni.
Art. 2753 Crediti per contributi di assicurazione obbligatoria per
l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti
Hanno privilegio generale sui mobili del datore di lavoro i crediti
derivanti dal mancato versamento dei contributi ad istituti, enti o
fondi speciali, compresi quelli sostitutivi o integrativi, che
gestiscono forme di assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la
vecchiaia ed i superstiti.
Art. 2754 Crediti per contributi relativi ad altre forme di
assicurazione
Hanno pure privilegio generale sui mobili del datore di lavoro i
crediti per i contributi dovuti a istituti ed enti per forme di
tutela previdenziale e assistenziale diverse da quelle indicate dal
precedente articolo, nonché gli accessori, limitatamente al
cinquanta per cento del loro ammontare, relativi a tali crediti ed a
quelli indicati dal precedente articolo.
§ 2 Dei privilegi sopra determinati mobili
Art. 2755 Spese per atti conservativi o di espropriazione
I crediti per spese di giustizia fatte per atti conservativi (2905 e
seguenti; Cod. Proc. Civ. 671) o per l'espropriazione di beni mobili
(Cod. Proc. Civ. 513 e seguenti) nell'interesse comune dei creditori
hanno privilegio sui beni stessi.
Art. 2756 Crediti per prestazioni e spese di conservazione e
miglioramento
I crediti per le prestazioni e le spese relative alla conservazione
o al miglioramento di beni mobili hanno privilegio sui beni stessi,
purché questi si trovino ancora presso chi ha fatto le prestazioni o
le spese.
Il privilegio ha effetto anche in pregiudizio dei terzi che hanno
diritti sulla cosa, qualora chi ha fatto le prestazioni o le spese
sia stato in buona fede.
Il creditore può ritenere la cosa soggetta al privilegio finché non
è soddisfatto del suo credito e può anche venderla secondo le norme
stabilite per la vendita del pegno.
Art. 2757 Crediti per somministrazioni e lavori occorrenti per la
produzione agricola
I crediti per le somministrazioni di sementi, di materie
fertilizzanti e antiparassitarie e di acqua per irrigazione, come
pure i crediti per lavori di coltivazione e di raccolta dell'annata
agricola (821) hanno privilegio sui frutti, alla cui produzione
abbiano concorso.
Il privilegio si può esercitare finché i frutti si trovano nel fondo
o nelle sue dipendenze.
Si applica la disposizione del secondo comma dell'art. 2756.
Art. 2758 Crediti per tributi indiretti
I crediti dello Stato per i tributi indiretti hanno privilegio sui
mobili ai quali i tributi si riferiscono e sugli altri beni indicati
dalle leggi relative, con l'effetto da esse stabilito.
Eguale privilegio hanno i crediti di rivalsa verso il cessionario ed
il committente previsti dalle norme relative all'imposta sul valore
aggiunto, sui beni che hanno formato oggetto della cessione o ai
quali si riferisce il servizio.
Il privilegio, per quanto riguarda l'imposta di successione, non ha
effetto in pregiudizio dei creditori che hanno esercitato il diritto
di separazione dei beni del defunto da quelli dell'erede (512).
Art. 2759 Crediti per le imposte sul reddito
I crediti dello Stato per l'imposta sul reddito delle persone
fisiche, sul reddito delle persone giuridiche e per l'imposta locale
sui redditi, dovuta per i due anni anteriori a quello in cui si
procede, hanno privilegio, limitatamente all'imposta o alla quota
d'imposta imputabile al reddito d'impresa, sopra i mobili che
servono all'esercizio di imprese commerciali e sopra le merci che si
trovano nel locale adibito all'esercizio stesso o nell'abitazione
dell'imprenditore.
Il privilegio si applica sui beni indicati nel comma precedente
ancorché appartenenti a persona diversa dall'imprenditore salvo che
si tratti di beni rubati o smarriti, di merci affidate
all'imprenditore per la lavorazione o di merci non ancora
nazionalizzate munite di regolare bolletta doganale.
Qualora l'accertamento del reddito iscritto a ruolo sia stato
determinato sinteticamente ai fini dell'imposta sul reddito delle
persone fisiche, la ripartizione proporzionale dell'imposta,
prevista dal primo comma, viene effettuata sulla base dei redditi
iscritti o iscrivibili ai fini dell'imposta locale sui redditi.
Art. 2760 Crediti dell'albergatore
I crediti dell'albergatore per mercedi e somministrazioni verso le
persone albergate hanno privilegio sulle cose da queste portate
nell'albergo e nelle dipendenze e che continuano a trovarvisi (1783
e seguenti).
Il privilegio ha effetto anche in pregiudizio dei terzi che hanno
diritti sulle cose stesse, a meno che l'albergatore fosse a
conoscenza di tali diritti al tempo in cui le cose sono state
portate nell'albergo.
Art. 2761 Crediti del vettore, del mandatario, del depositano e del
sequestratario
I crediti dipendenti dal contratto di trasporto (1678 e seguenti) e
quelli per le spese d'imposta anticipate dal vettore hanno
privilegio sulle cose trasportate finché queste rimangono presso di
lui (1702).
I crediti derivanti dall'esecuzione del mandato (1703 e seguenti)
hanno privilegio sulle cose del mandante che il mandatario detiene
per l'esecuzione del mandato (1721, 1860).
I crediti derivanti dal deposito (1781) o dal sequestro
convenzionale (1802) a favore del depositario e del sequestratario
hanno parimenti privilegio sulle cose che questi detengono per
effetto del deposito o del sequestro.
Si applicano a questi privilegi le disposizioni del secondo e del
terzo comma dell'art. 2756.
Art. 2762 Privilegio del venditore di macchine
Chi ha venduto macchine per un prezzo superiore a lire trentamila ha
privilegio per il prezzo non pagato sulle macchine vendute e
consegnate, anche se sono incorporate o congiunte all'immobile di
proprietà del compratore o di un terzo.
Il privilegio è subordinato alla trascrizione dei documenti, dai
quali la vendita e il credito risultano, nel registro indicato dal
secondo comma dell'art. 1524. La trascrizione è eseguita presso il
tribunale nella giurisdizione del quale è collocata la macchina.
Il privilegio dura per un triennio dalla data della vendita e ha
effetto fino a quando la macchina si trova in possesso del
compratore nel luogo dove è stata eseguita la trascrizione, salvo il
caso di sottrazione fraudolenta.
Il privilegio stabilito in questo articolo spetta anche alle banche
autorizzate all'esercizio di prestiti con garanzia sul macchinario,
le quali abbiano anticipato al compratore il prezzo per l'acquisto.
Il privilegio sussiste a condizione che il documento rilasciato a
prova della sovvenzione indichi lo scopo, l'ammontare e la scadenza
del credito, contenga l'esatta designazione della macchina soggetta
al privilegio e sia trascritto a norma del secondo comma di questo
articolo.
Se il privilegio della banca concorre con quello del venditore, è
preferito il creditore che ha trascritto per primo.
Art. 2763 Crediti per canoni enfiteutici
I crediti del concedente per il canone dovuto dall'enfiteuta per
l'anno in corso e per il precedente (960, 972 n. 2) hanno privilegio
sui frutti (820) dell'anno e su quelli raccolti anteriormente,
purché si trovino nel fondo o nelle sue dipendenze.
Art. 2764 Crediti del locatore di immobili
Il credito delle pigioni e dei fitti (1571 e seguenti, 1615 e
seguenti) degli immobili ha privilegio sui frutti (820) dell'anno e
su quelli raccolti anteriormente, nonché sopra tutto ciò che serve a
fornire l'immobile o a coltivare il fondo locato.
Il privilegio sussiste per il credito dell'anno in corso,
dell'antecedente e dei successivi, se la locazione ha data certa
(2704), e, in caso diverso, per quello dell'anno in corso e del
susseguente.
Lo stesso privilegio ha il credito dipendente da mancate riparazioni
le quali siano a carico del conduttore (1576, 1609, 1621), il
credito per i danni arrecati all'immobile locato, per la mancata
restituzione delle scorte (1640 e seguenti) e ogni altro credito
dipendente da inadempimento del contratto.
Il privilegio sui frutti sussiste finché si trovano nel fondo o
nelle sue dipendenze. Esso si può far valere anche nei confronti del
subconduttore (1595).
Il privilegio sulle cose che servono a fornire l'immobile locato o
alla coltivazione del fondo sussiste pure se le cose appartengono al
subconduttore, nei limiti in cui il locatore ha azione contro il
medesimo.
Il privilegio sulle cose che servono a fornire l'immobile locato ha
luogo altresì nei confronti dei terzi, finché le cose si trovano
nell'immobile, salvo che si provi che il locatore conoscesse il
diritto del terzo al tempo in cui sono state introdotte (Cod. Proc.
Civ. 621 e seguenti).
Qualora le cose che servono a fornire la casa o il fondo locato
ovvero a coltivare il medesimo vengano asportate dall'immobile senza
il consenso del locatore, questi conserva su di esse il privilegio,
purché ne domandi il sequestro, nei modi stabiliti dal codice di
procedura civile per il sequestro conservativo (Cod. Proc. Civ. 671
e seguenti), entro il termine di trenta giorni dall'asportazione, se
si tratta di mobili che servono a fornire o a coltivare il fondo
rustico, e di quindici giorni, se si tratta di mobili che servono a
fornire la casa. Restano salvi in ogni caso i diritti acquistati
dopo l'asportazione dei terzi che ignoravano l'esistenza del
privilegio (1519).
Art. 2765 Crediti derivanti dai contratti di mezzadria e di colonia
Colui che concede un fondo a mezzadria (2141 e seguenti) o a colonia
(2164 e seguenti) e il mezzadro o il colono hanno, per i crediti
derivanti dal contratto, privilegio sulla rispettiva parte dei
frutti (820) e sulle cose che servono a coltivare o a fornire il
fondo dato a mezzadria o a colonia.
Il privilegio sui frutti sussiste finché questi si trovano nel fondo
o nelle sue dipendenze.
Si applicano le disposizioni degli ultimi tre commi dell'art. 2764
(1519).
Art. 2766 Crediti degli istituti di credito agrario (abrogato)
Art. 2767 Crediti per risarcimento di danni contro l'assicurato
Nel caso di assicurazione della responsabilità civile (1917), il
credito del danneggiato per il risarcimento ha privilegio,
sull'indennità dovuta dall'assicuratore (att. 235).
Art. 2768 Crediti dipendenti da reato
Per i crediti dipendenti da reato hanno privilegio sulle cose
sequestrate lo Stato e le altre persone indicate dal codice penale
(Cod. Pen. 188 e seguenti), secondo le disposizioni del codice
stesso e del codice di procedura civile (Cod. Proc. Pen. 488 e
seguenti, 612 e seguenti).
Art. 2769 Sequestro della cosa soggetta a privilegio
Il creditore che ha privilegio su una cosa mobile, se ha fondati
motivi di temere la rimozione della cosa dalla particolare
situazione alla quale è subordinata la sussistenza del privilegio,
può domandarne il sequestro conservativo (Cod. Proc. Civ. 671).
SEZIONE III Dei privilegi sopra gli immobili
Art. 2770 Crediti per atti conservativi o di espropriazione
I creditori per le spese di giustizia fatte per atti conservativi
(2905 e seguente; Cod. Proc. Civ. 671) o per l'espropriazione di
beni immobili (Cod. Proc. Civ. 555 e seguente) nell'interesse comune
dei creditori sono privilegiati sul prezzo degli immobili stessi.
Del pari ha privilegio il credito dell'acquirente di un immobile per
le spese fatte per la dichiarazione di liberazione dell'immobile
dalle ipoteche (2889 e seguenti; Cod. Proc. Civ. 792 e seguenti).
Art. 2771 Crediti per le imposte sui redditi immobiliari
I crediti dello Stato per l'imposta sul reddito delle persone
fisiche, per l'imposta sul reddito delle persone giuridiche e per
l'imposta locale sui redditi, limitatamente all'imposta o alla quota
proporzionale di imposta imputabile ai redditi immobiliari, compresi
quelli di natura fondiaria non determinabili catastalmente, sono
privilegiati sopra gli immobili tutti del contribuente situati nel
territorio del comune in cui il tributo si riscuote e sopra i
frutti, i fitti e le pigioni degli stessi immobili, senza
pregiudizio dei mezzi speciali di esecuzione autorizzati dalla
legge.
Il privilegio previsto nel comma precedente è limitato alle imposte
iscritte nei ruoli principali, suppletivi, speciali o straordinari
posti in riscossione nell'anno in cui si procede all'esecuzione e
nell'anno precedente. Se si tratta di ruoli suppletivi e si procede
per imposte relative a periodi d'imposta anteriori agli ultimi due,
il privilegio non può esercitarsi per un importo superiore a quello
degli ultimi due anni, qualunque sia il periodo cui le imposte si
riferiscono.
Qualora l'accertamento del reddito iscritto a ruolo sia stato
determinato sinteticamente ai fini dell'imposta sul reddito delle
persone fisiche, la ripartizione proporzionale dell'imposta,
prevista dal primo comma, viene effettuata sulla base dei redditi
iscritti o iscrivibili ai fini dell'imposta locale sui redditi.
Art. 2772 Crediti per tributi indiretti
Hanno pure privilegio i crediti dello Stato per ogni tributo
indiretto, nonché quelli derivanti dall'applicazione dell'imposta
comunale sull'incremento di valore degli immobili, sopra gli
immobili ai quali il tributo si riferisce.
I crediti dello Stato, derivanti dall'applicazione dell'imposta sul
valore aggiunto, hanno privilegio, in caso di responsabilità
solidale del cessionario, sugli immobili che hanno formato oggetto
della cessione o ai quali si riferisce il servizio prestato.
Eguale privilegio hanno i crediti di rivalsa, verso il cessionario
ed il committente, previsti dalle norme relative all'imposta sul
valore aggiunto, sugli immobili che hanno formato oggetto della
cessione o ai quali si riferisce il servizio.
Il privilegio non si può esercitare in pregiudizio dei diritti che i
terzi hanno anteriormente acquistato sugli immobili.
Per le imposte suppletive il privilegio non si può neppure
esercitare in pregiudizio dei diritti acquistati successivamente dai
terzi.
Lo stesso privilegio, per quanto riguarda l'imposta di successione,
non ha effetto a dan no dei creditori del defunto che hanno iscritto
la loro ipoteca nei tre mesi dalla morte di lui, né ha effetto a
danno dei creditori che hanno esercitato il diritto di separazione
dei beni del defunto da quelli dell'erede (512).
Art. 2773 (abrogato)
Art. 2774 Crediti per concessione di acque
I crediti dello Stato per i canoni dovuti dai concessionari di acque
pubbliche o di acque derivate da canali demaniali ovvero per i
lavori eseguiti d'ufficio sono privilegiati sugli impianti, in
conformità delle leggi speciali.
Tale privilegio, per quanto riguarda i canoni, non è opponibile ai
terzi che hanno acquistato diritti sugli immobili anteriormente
all'atto di concessione o, trattandosi di crediti per lavori,
anteriormente al sorgere dei crediti stessi.
Art. 2775 Contributi per opera di bonifica e di miglioramento
I crediti per i contributi indicati dall'art. 864 sono privilegiati
sugli immobili che traggono beneficio dalle opere di bonifica o di
miglioramento.
La costituzione del privilegio per le opere di miglioramento è
subordinata all'osservanza delle leggi speciali.
Art. 2776 Collocazione sussidiaria sugli immobili
I crediti relativi al trattamento di fine rapporto nonché
all'indennità di cui all'art. 2118 sono collocati sussidiariamente,
in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, sul prezzo degli
immobili, con preferenza rispetto ai crediti chirografari.
I crediti indicati dagli artt. 2751 e 2751 bis, ad eccezione di
quelli indicati al precedente comma, ed i crediti per contributi
dovuti a istituti, enti o fondi speciali, compresi quelli
sostitutivi o integrativi, che gestiscono forme di assicurazione
obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, di cui
all'art. 2753, sono collocati sussidiariamente, in caso di
infruttuosa esecuzione sui mobili, sul prezzo degli immobili, con
preferenza rispetto ai crediti chirografari, ma dopo i crediti
indicati al primo comma.
I crediti dello Stato indicati dal 3° comma dell'art. 2752 sono
collocati sussidiariamente, in caso di infruttuosa esecuzione sui
mobili, sul prezzo degli immobili, con preferenza rispetto ai
crediti chirografari, ma dopo i crediti indicati al comma
precedente.
SEZIONE IV
Dell'ordine dei privilegi
Art. 2777 Preferenza delle spese di giustizia e di altri crediti
I crediti per spese di giustizia enunciati dagli artt. 2755 e 2770,
sono preferiti ad ogni altro credito anche pignoratizio o
ipotecario.
Immediatamente dopo le spese di giustizia sono collocati i crediti
aventi privilegio genera le mobiliare di cui all'art. 2751 bis
nell'ordine seguente:
a) i crediti di cui all'art. 2751 bis, n. 1;
b) i crediti di cui all'art. 2751 bis, nn. 2 e 3;
c) i crediti di cui all'art. 2751 bis, nn. 4 e 5.
I privilegi che le leggi speciali dichiarano preferiti ad ogni altro
credito sono sempre posposti al privilegio per le spese di giustizia
ed ai privilegi indicati nell'art. 2751 bis.
Art. 2778 Ordine degli altri privilegi sui mobili
Salvo quanto è disposto dall'art. 2777, nel concorso di crediti
aventi privilegio generale o speciale sulla medesima cosa, la
prelazione si esercita nell'ordine che segue:
1) i crediti per contributi ad istituti, enti o fondi speciali
compresi quelli sostitutivi o integrativi
che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria per l'invalidità,
la vecchiaia ed i superstiti, indicati dall'art. 2753;
2) i crediti per le imposte sui redditi immobiliari, indicati
dall'art. 2771, quando il privilegio si esercita separatamente sopra
i frutti, i fitti e le pigioni degli immobili;
3) (i crediti degli istituti esercenti il credito agrario, indicati
dai due primi commi dell'art. 2766);
4) i crediti per prestazioni e spese di conservazione e
miglioramento di beni mobili, indicati dall'art. 2756;
5) i crediti per le mercedi dovute ai lavoratori impiegati nelle
opere di coltivazione e di raccolta, indicate dall'art. 2757;
6) i crediti per sementi e materie fertilizzanti e antiparassitarie
e per somministrazione di acqua per irrigazione, nonché i crediti
per i lavori di coltivazione e di raccolta indicati dall'art. 2757.
Qualora tali crediti vengano in concorso tra loro, sono preferiti
quelli di raccolta, seguono quelli di coltivazione e, infine, gli
altri crediti indicati dallo stesso articolo;
7) i crediti per i tributi indiretti, indicati
dall'art. 2758, salvo che la legge speciale accordi un diverso grado
di preferenza, e i crediti per le imposte sul reddito, indicati
dall'art. 2759:
8) i crediti per contributi dovuti a istituti ed enti per forme di
tutela previdenziale e assistenziale indicati dall'art. 27 54,
nonché gli accessori, limitatamente al cinquanta per cento del loro
ammontare, relativi a tali crediti ed a quelli indicati dal
precedente n. 1 del presente articolo;
9) (i crediti degli istituti esercenti il credito agrario, indicati
dal terzo comma dell'art. 2766);
10) i crediti dipendenti da reato, indicati dall'art. 2768, sulle
cose sequestrate, nei casi e secondo l'ordine stabiliti dal codice
penale e dal codice di procedura penale;
11) i crediti per risarcimento, indicati dall'art. 2767;
12) i crediti dell'albergatore, indicati dall'art. 2760;
13) i crediti del vettore, del mandatario, del depositario e del
sequestratario, indicati dall'art. 2761;
14) i crediti del venditore di macchine o della banca per le
anticipazioni del prezzo, indicati dall'art. 2762:
15) i crediti per canoni enfiteutici, indica ti dall'art. 2763;
16) i crediti del locatore e i crediti del concedente dipendenti dai
contratti di mezzadria e colonia, indicati rispettivamente dagli
artt. 2764 e 2765;
17) i crediti per spese funebri, d'infermità, per somministrazioni
ed alimenti, nell'ordine indicato dall'art. 2751;
18) i crediti dello Stato per tributi diretti, indicati dal primo
comma dell'art. 2752;
19) i crediti dello Stato indicati dal terzo comma dell'art. 2752;
20) i crediti degli enti locali per tributi indicati dal quarto
comma dell'art. 2752.
Art. 2779 Concorso dei privilegi con ipoteche sugli autoveicoli
Se i privilegi indicati dall'articolo precedente concorrono con le
ipoteche sugli autoveicoli, menzionate nell'art. 2810, queste sono
posposte ai privilegi menzionati nei primi dieci numeri dell'art.
2778 e sono preferite a tutti gli altri.
Art. 2780 Ordine dei privilegi sugli immobili
Quando sul prezzo dello stesso immobile concorrono più crediti
privilegiati, la prelazione ha luogo secondo l'ordine seguente:
1) i crediti per le imposte sui redditi immobiliari, indicati
dall'art. 2771;
2) i crediti per i contributi, indicati dall'art. 2775;
3) i crediti dello Stato per le concessioni di acque, indicati
dall'art. 2774;
4) i crediti per i tributi indiretti, indicati dall'art. 2772;
5) i crediti per l'imposta comunale sul l'incremento di valore degli
immobili.
Art. 2781 Concorso di privilegi speciali con crediti pignoratizi
Qualora con crediti assistiti da privilegio speciale concorra un
credito garantito con pegno (2784 e seguenti) e uno dei privilegi
debba essere preferito rispetto al pegno, tale privilegio prevale su
quegli altri che devono essere posposti al pegno, anche se anteriori
di grado (att. 234).
Art. 2782 Concorso di crediti egualmente privilegiati
I crediti egualmente privilegiati concorrono tra loro in proporzione
del rispettivo importo.
La stessa disposizione si osserva quando concorrono tra loro più
crediti privilegiati ai quali le leggi speciali attribuiscono
genericamente una prelazione su ogni altro credito.
Art. 2783 Preferenza non determinata dalla legge
Quando dalla legge non risulta il grado di preferenza di un
determinato privilegio speciale, esso prende grado dopo ogni altro
privilegio speciale regolato nel codice (att. 234).
Art. 2783 bis Crediti derivanti dall'applicazione dei prelievi di
cui agli articoli 49 e 50 del trattato che istituisce la Comunità
europea del carbone e dell'acciaio
I crediti derivanti dall'applicazione dei prelievi di cui agli artt.
49 e 50 del Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone
e dell'acciaio, nonché dalle relative maggiorazioni di mora, sono
equiparati, ai fini dell'applicazione delle disposizioni del
presente capo, ai crediti dello Stato per l'imposta sul valore
aggiunto.
CAPO III
Del pegno
SEZIONE I
Disposizioni generali
Art. 2784 Nozione
Il pegno è costituito a garanzia dell'obbligazione
<http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Property/fiorentini1.htm>dal
debitore o da un terzo per il debitore.
Possono essere dati in pegno i beni mobili, le universalità di
mobili, i crediti e altri diritti aventi per oggetto beni mobili.
Art. 2785 Rinvio a leggi speciali
Le disposizioni del presente capo non derogano alle leggi speciali
concernenti casi e forme particolari di costituzione di pegno, né a
quelle concernenti gli istituti autorizzati a fare prestiti sopra
pegni.
SEZIONE II
Del pegno dei beni mobili
Art. 2786 Costituzione
Il pegno si costituisce con la consegna (2014, 2026) al creditore
della cosa o del documento che conferisce l'esclusiva disponibilità
della cosa (1996).
La cosa o il documento possono essere anche consegnati a un terzo
designato dalle parti o possono essere posti in custodia di
entrambe, in modo che il costituente sia nell'impossibilità di
disporne senza la cooperazione del creditore.
Art. 2787 Prelazione del creditore pignoratizio
Il creditore ha diritto di farsi pagare con prelazione sulla cosa
ricevuta in pegno (2744).
La prelazione non si può far valere se la cosa data in pegno non è
rimasta in possesso del creditore o presso il terzo designato dalle
parti.
Quando il credito garantito eccede la somma di lire cinquemila, la
prelazione non ha luogo se il pegno non risulta da scrittura con
data certa, la quale contenga sufficiente indicazione del credito e
della cosa (2704, 2800).
Se però il pegno risulta da polizza o da altra scrittura di enti
che, debitamente autorizzati, compiono professionalmente operazioni
di credito su pegno, la data della scrittura può essere accertata
con ogni mezzo di prova (att. 237).
Art. 2788 Prelazione per il credito degli interessi
La prelazione ha luogo anche per gli interessi dell'anno in corso
alla data del pignoramento (Cod. Pen. 492, 518) o, in mancanza di
questo, alla data della notificazione del precetto (Cod. Proc. Civ.
479 e seguenti). La prelazione ha luogo inoltre per gli interessi
successivamente maturati, nei limiti della misura legale (1284),
fino alla data della vendita.
Art. 2789 Rivendicazione della cosa da parte del creditore
pignoratizio
Il creditore che ha perduto il possesso della cosa ricevuta in
pegno, oltre le azioni a difesa del possesso (1168), può anche
esercitare l'azione di rivendicazione (948 e seguenti), se questa
spetta al costituente.
Art. 2790 Conservazione della cosa e spese relative
Il creditore è tenuto a custodire la cosa ricevuta in pegno (1770) e
risponde, secondo le regole generali, della perdita e del
deterioramento di essa (1218 e seguenti, 1760, 1780).
Colui che ha costituito il pegno è tenuto al rimborso delle spese
occorse per la conservazione della cosa (att. 237).
Art. 2791 Pegno di cosa fruttifera
Se è data in pegno una cosa fruttifera, il creditore, salvo patto
contrario, ha la facoltà di fare suoi i frutti (8211, imputandoli
prima alle spese e agli interessi e poi al capitale.
Art. 2792 Divieto di uso e disposizione della cosa
Il creditore non può (Cod. Pen. 646), senza il consenso del
costituente, usare della cosa (1770), salvo che l'uso sia necessario
per la conservazione di essa. Egli non può darla in pegno o
concederne ad altri il godimento.
In ogni caso, deve imputare l'utile ricavato prima alle spese e agli
interessi e poi al capitale.
Art. 2793 Sequestro della cosa
Se il creditore abusa della cosa data in pegno, il costituente può
domandarne il sequestro (Cod. Proc. Civ. 670 e seguenti).
Art. 2794 Restituzione della cosa
Colui che ha costituito il pegno non può esigerne la restituzione,
se non sono stati interamente pagati il capitale e gli interessi e
non sono state rimborsate le spese relative al debito e al pegno
(1204).
Se il pegno è stato costituito dal debitore e questi ha verso lo
stesso creditore un altro debito sorto dopo la costituzione del
pegno e scaduto prima che sia pagato il debito anteriore, il
creditore ha soltanto il diritto di ritenzione a garanzia del nuovo
credito.
Art. 2795 Vendita anticipata
Se la cosa data in pegno si deteriora in modo da far temere che essa
divenga insufficiente alla sicurezza del creditore, questi, previo
avviso a colui che ha costituito il pegno, può chiedere al giudice
l'autorizzazione a vendere la cosa (Cod. Proc. Civ. 502).
Con il provvedimento che autorizza la vendita il giudice dispone
anche circa il deposito del prezzo a garanzia del credito. Il
costituente può evitare la vendita e farsi restituire il pegno,
offrendo altra garanzia reale che il giudice riconosca idonea.
Il costituente può del pari, in caso di deterioramento o di
diminuzione di valore della cosa data in pegno, domandare al giudice
l'autorizzazione a venderla oppure chiedere la restituzione del
pegno, offrendo altra garanzia reale che il giudice riconosca
idonea.
Il costituente può chiedere al giudice l'autorizzazione a vendere la
cosa, qualora si presenti un'occasione favorevole. Con il
provvedimento di autorizzazione il giudice dispone le condizioni
della vendita e il deposito del prezzo (Cod. Proc. Civ. 530).
Art. 2796 Vendita della cosa
Il creditore per il conseguimento di quanto gli è dovuto può far
vendere la cosa ricevuta in pegno secondo le forme stabilite
dall'articolo seguente (2744; Cod. Proc. Civ. 502).
Art. 2797 Forme della vendita
Prima di procedere alla vendita il creditore, a mezzo di ufficiale
giudiziario, deve intimare al debitore di pagare il debito e gli
accessori, avvertendo che, in mancanza, si procederà alla vendita.
L'intimazione deve essere notificata anche al terzo che abbia
costituito il pegno.
Se entro cinque giorni dall'intimazione non è proposta opposizione,
o se questa è rigettata, il creditore può far vendere la cosa al
pubblico incanto, o, se la cosa ha un prezzo di mercato, anche a
prezzo corrente, a mezzo di persona autorizzata a tali atti (1515,
att. 83). Se il debitore non ha residenza o domicilio eletto nel
luogo di residenza del creditore, il termine per l'opposizione è
determinato a norma dell'art. 163 bis Cod. Proc. Civ.
Il giudice, sull'opposizione del costituente, può limitare la
vendita a quella tra più cose date in pegno, il cui valore basti a
pagare il debito.
Per la vendita della cosa data in pegno le parti possono convenire
forme diverse (2744).
Art. 2798 Assegnazione della cosa in pagamento
Il creditore può sempre domandare al giudice che la cosa gli venga
assegnata in pagamento (2925 e seguenti; Cod. Proc. Civ. 505 e
seguenti) fino alla concorrenza del debito, secondo la stima da
farsi con perizia o secondo il prezzo corrente, se la cosa ha un
prezzo di mercato (2744).
Art. 2799 Indivisibilità del pegno
Il pegno è indivisibile e garantisce il credito finché questo non è
integralmente soddisfatto, anche se il debito o la cosa data in
pegno è divisibile (1232).
SEZIONE III
Del pegno di crediti e di altri diritti
Art. 2800 Condizioni della prelazione
Nel pegno di crediti la prelazione non ha luogo, se non quando il
pegno risulta da atto scritto (1350, 2725) e la costituzione di esso
è stata notificata al debitore del credito dato in pegno ovvero è
stata da questo accettata con scrittura avente data certa (1265,
2704).
Art. 2801 Consegna del documento
Se il credito costituito in pegno risulta da un documento, il
costituente è tenuto a consegnarlo al creditore.
Art. 2802 Riscossione di interessi e di prestazioni periodiche
Il creditore pignoratizio è tenuto a riscuotere gli interessi del
credito o le altre prestazioni periodiche, imputandone l'ammontare
in primo luogo alle spese e agli interessi e poi al capitale. Egli è
tenuto a compiere gli atti conservativi del credito ricevuto in
pegno.
Art. 2803 Riscossione del credito dato in pegno
Il creditore pignoratizio è tenuto a riscuotere, alla scadenza, il
credito ricevuto in pegno e, se questo ha per oggetto danaro o altre
cose fungibili, deve, a richiesta del debitore, effettuarne il
deposito nel luogo stabilito d'accordo o altrimenti determinato
dall'autorità giudiziaria. Se il credito garantito è scaduto, il
creditore può ritenere del denaro ricevuto quanto basta per il
soddisfacimento delle sue ragioni e restituire il residuo al
costituente o, se si tratta di cose diverse dal danaro, può farle
vendere o chiederne l'assegnazione secondo le norme degli artt. 2797
e 2798.
Art. 2804 Assegnazione o vendita del credito dato in pegno
Il creditore pignoratizio non soddisfatto può in ogni caso chiedere
che gli sia assegnato in pagamento il credito ricevuto in pegno,
fino a concorrenza del suo credito (2744, 2928).
Se il credito non e ancora scaduto, egli può anche farlo vendere
nelle forme stabilite dall'art. 2797.
Art. 2805 Eccezioni opponibili dal debitore del credito dato in
pegno
Il debitore del credito dato in pegno può opporre al creditore
pignoratizio le eccezioni che gli spetterebbero contro il proprio
creditore (1250, 1254).
Se il debitore medesimo ha accettato senza riserve la costituzione
del pegno, non può opporre al creditore pignoratizio la
compensazione (1248) verificatasi anteriormente.
Art. 2806 Pegno di diritti diversi dai crediti
Il pegno di diritti diversi dai crediti (2352) si costituisce nella
forma rispettivamente richiesta per il trasferimento dei diritti
stessi, fermo il disposto del terzo comma dell'art. 2787.
Sono salve le disposizioni delle leggi speciali.
Art. 2807 Norme applicabili al pegno di crediti
Per tutto ciò che non è regolato nella presente Sezione si
osservano, in quanto applicabili, le norme della Sezione precedente
(2786 e seguenti).
CAPO IV
Delle ipoteche
SEZIONE I
Disposizioni generali
Art. 2808 Costituzione ed effetti dell'ipoteca
L'ipoteca attribuisce al creditore il diritto di espropriare (1505)
anche in confronto del terzo acquirente, i beni vincolati a garanzia
del suo credito (Cod. Proc. Civ. 555 e seguenti) e di essere
soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall'espropriazione
(518; att. 54, 238; Cod. Proc. Civ. 596 e seguenti).
L'ipoteca può avere per oggetto beni del debitore o di un terzo e si
costituisce mediante iscrizione nei registri immobiliari.
L'ipoteca è legale, giudiziale o volontaria.
Art. 2809 Specialità e indivisibilità dell'ipoteca
L'ipoteca deve essere iscritta su beni specialmente indicati e per
una somma determinata in danaro.
Essa è indivisibile e sussiste per intero sopra tutti i beni
vincolati, sopra ciascuno di essi e sopra ogni loro parte.
Art. 2810 Oggetto dell'ipoteca
Sono capaci d'ipoteca:
1) i beni immobili che sono in commercio con le loro pertinenze (812
e seguenti);
2) l'usufrutto dei beni stessi (326, 978 e seguenti);
3) il diritto di superficie (952 e seguenti);
4) il diritto dell'enfiteuta è quello del concedente sul fondo
enfiteutico (957 e seguenti).
Sono anche capaci d'ipoteca le rendite dello Stato nel modo
determinato dalle leggi relative al debito pubblico, e inoltre le
navi (Cod. Nav. 565 e seguenti), gli aeromobili (Cod. Nav. 1027 e
seguenti) e gli autoveicoli, secondo le leggi che li riguardano
(2742 e seguente).
Sono considerati ipoteche i privilegi iscritti sugli autoveicoli a
norma della legge speciale.
Art. 2811 Miglioramenti e accessioni
L'ipoteca si estende ai miglioramenti, nonché alle costruzioni e
alle altre accessioni (934 e seguenti) dell'immobile ipotecario,
salve le eccezioni stabilite dalla legge (2873).
Art. 2812 Diritti costituiti sulla cosa ipotecata
Le servitù (1027 e seguenti) di cui sia stata trascritta la
costituzione (2643) dopo l'iscrizione dell'ipoteca non sono
opponibili al creditore ipotecario, il quale può far subastare la
cosa come libera. La stessa disposizione si applica per i diritti di
usufrutto, di uso e di abitazione (978 e seguenti, 1021 e seguenti).
Tali diritti si estinguono con l'espropriazione del fondo (Cod.
Proc. Civ. 555 e seguenti) e i titolari sono ammessi a far valere le
loro ragioni sul ricavato, con preferenza rispetto alle ipoteche
iscritte posteriormente alla trascrizione dei diritti medesimi.
Per coloro che hanno acquistato il diritto di superficie (952 e
seguenti) o il diritto d'enfiteusi (957 e seguenti) sui beni
soggetti all'ipoteca e hanno trascritto l'acquisto posteriormente
all'iscrizione dell'ipoteca, si osservano le disposizioni relative
ai terzi acquirenti (2858 e seguenti).
Le cessioni e le liberazioni di pigioni e di fitti non scaduti
(1605), che non siano trascritte o siano inferiori al triennio, sono
opponibili ai creditori ipotecari solo se hanno data certa (2704)
anteriore al pignoramento e per un termine non superiore a un anno
dal giorno del pignoramento (2924).
Le cessioni e le liberazioni trascritte non sono opponibili ai
creditori ipotecari anteriori alla trascrizione, se non per il
termine stabilito dal comma precedente (att. 238).
Art. 2813 Pericolo di danno alle cose ipotecate
Qualora il debitore o un terzo compia atti da cui possa derivare il
perimento o il deterioramento dei beni ipotecati, il creditore può
domandare all'autorità giudiziaria che ordini la cessazione di tali
atti o disponga le cautele necessarie (Cod. Proc. Civ. 670) per
evitare il pregiudizio della sua garanzia (1186, 2743).
Art. 2814 Ipoteca sull'usufrutto e sulla nuda proprietà
Le ipoteche costituite sull'usufrutto si estinguono col cessare di
questo (979, 1014 e seguenti). Tuttavia, se la cessazione si
verifica per rinunzia o per abuso da parte dell'usufruttuario ovvero
per acquisto della nuda proprietà da parte del medesimo, l'ipoteca
perdura fino a che non si verifichi l'evento che avrebbe altrimenti
prodotto l'estinzione dell'usufrutto.
Se la nuda proprietà è gravata da ipoteca, questa, avvenendo
l'estinzione dell'usufrutto, si estende alla piena proprietà. Ma nei
casi in cui, secondo la disposizione del comma precedente, perdura
l'ipoteca costituita sull'usufrutto, l'estensione non pregiudica il
credito garantito con l'ipoteca stessa.
Art. 2815 Ipoteca sul diritto del concedente e sul diritto
dell'enfiteuta
Nel caso di affrancazione (971), le ipoteche gravanti sul diritto
del concedente si risolvono sul prezzo dovuto per l'affrancazione;
le ipoteche gravanti sul diritto dell'enfiteuta si estendono alla
piena proprietà.
Nel caso di devoluzione o di cessazione dell'enfiteusi (958 e
seguenti) per decorso del termine, le ipoteche gravanti sul diritto
dell'enfiteuta si risolvono sul prezzo dovuto per i miglioramenti,
senza deduzione di quanto è dovuto al concedente per i canoni non
soddisfatti. Il prezzo dei miglioramenti, se da atto scritto non
risulta concordato con i creditori ipotecari, deve determinarsi
giudizialmente, anche in contraddittorio dei medesimi. Le ipoteche
gravanti sul diritto del concedente si estendono alla piena
proprietà.
Quando l'enfiteusi si estingue per prescrizione, si estinguono le
ipoteche che gravano sul diritto dell'enfiteuta.
Se per causa diversa da quelle sopra indicate vengono a riunirsi in
una medesima persona il diritto del concedente e il diritto
dell'enfiteuta, le ipoteche gravanti sull'uno e sull'altro
continuano a gravarli separatamente; ma se l'ipoteca grava soltanto
sull'uno o sull'altro diritto, essa si estende alla piena proprietà.
Art. 2816 Ipoteca sul diritto di superficie
Le ipoteche che hanno per oggetto il diritto di superficie (952 e
seguenti) si estinguono nel caso di devoluzione della superficie al
proprietario del suolo per decorso del termine. Se però il
superficiario ha diritto a un corrispettivo, le ipoteche iscritte
contro di lui si risolvono sul corrispettivo medesimo. Le ipoteche
iscritte contro il proprietario del suolo non si estendono alla
superficie.
Se per altre cause si riuniscono nella medesima persona il diritto
del proprietario del suolo e quello del superficiario, le ipoteche
sull'uno e sull'altro diritto continuano a gravare separatamente i
diritti stessi.
SEZIONE II
Dell'ipoteca legale
Art. 2817 Persone a cui compete
Hanno ipoteca legale:
1) l'alienante sopra gli immobili alienati per l'adempimento degli
obblighi che derivano dall'atto di alienazione;
2) i coeredi, i soci e altri condividenti per il pagamento dei
conguagli sopra gli immobili assegnati ai condividenti ai quali
incombe tale obbligo;
3) lo Stato sopra i beni dell'imputato e della persona civilmente
responsabile, secondo le disposizioni del codice penale e del codice
di procedura penale.
SEZIONE III
Dell'ipoteca giudiziale
Art. 2818 Provvedimenti da cui deriva
Ogni sentenza (Cod. Proc. Civ. 324), che porta condanna al pagamento
di una somma o all'adempimento di altra obbligazione ovvero al
risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente è titolo per
iscrivere ipoteca sui beni del debitore.
Lo stesso ha luogo per gli altri provvedimenti giudiziali ai quali
la legge attribuisce tale effetto (2836; Cod. Proc. Civ. 655).
Art. 2819 Sentenze arbitrali
Si può iscrivere ipoteca in base al lodo degli arbitri, quando e
stato reso esecutivo (Cod. Proc. Civ. 825).
Art. 2820 Sentenze straniere
Si può parimenti iscrivere ipoteca in base alle sentenze pronunziate
dalle autorità giudiziarie straniere, dopo che ne è stata dichiarata
l'efficacia dall'autorità giudiziaria italiana (Cod. Proc. Civ. 797)
salvo che le convenzioni internazionali dispongano diversamente.
SEZIONE IV
Dell'ipoteca volontaria
Art. 2821 Concessione d'ipoteca
L'ipoteca può essere concessa anche mediante dichiarazione
unilaterale. La concessione deve farsi per atto pubblico (2699 e
seguenti) o per scrittura privata (2702 e seguenti), sotto pena di
nullità.
Non può essere concessa per testamento (587).
Art. 2822 Ipoteca sui beni altrui
Se l'ipoteca è concessa da chi non è proprietario della cosa,
l'iscrizione può essere validamente presa solo quando la cosa è
acquistata dal concedente.
Se l'ipoteca è concessa da persona che agisce come rappresentante
senza averne la qualità, l'iscrizione può essere validamente presa
solo quando il proprietario ha ratificato la concessione (1398 e
seguente).
Art. 2823 Ipoteca su beni futuri
L'ipoteca su cosa futura può essere validamente iscritta solo quando
la cosa è venuta a esistenza (458, 1348).
Art. 2824 Ipoteca iscritta in base a titolo annullabile
L'iscrizione d'ipoteca eseguita in virtù di un titolo annullabile
(1425 e seguenti) rimane convalidata con la convalida (1444) del
titolo.
2825 Ipoteca su beni indivisi
L'ipoteca costituita sulla propria quota da uno dei partecipanti
alla comunione (1103) produce effetto rispetto a quei beni o a
quella porzione di beni che a lui verranno assegnati nella divisione
(757, 1103).
Se nella divisione (1111 e seguenti) sono assegnati a un
partecipante beni diversi da quello da lui ipotecato, l'ipoteca si
trasferisce su questi altri beni, col grado derivante
dall'originaria iscrizione e nei limiti del valore del bene in
precedenza ipotecato, quale risulta dalla divisione, purché
l'ipoteca sia nuovamente iscritta con l'indicazione di detto valore
entro novanta giorni dalla trascrizione della divisione medesima.
Il trasferimento però non pregiudica le ipoteche iscritte contro
tutti i partecipanti, né l'ipoteca legale spettante ai condividenti
per i conguagli (2817 n. 2).
I creditori ipotecari e i cessionari di un partecipante, al quale
siano stati assegnati beni diversi da quelli ipotecati o ceduti,
possono far valere le loro ragioni anche sulle somme a lui dovute
per conguagli o, qualora sia stata attribuita una somma di danaro in
luogo di beni in natura, possono far valere le loro ragioni su tale
somma, con prelazione determinata dalla data di iscrizione o di
trascrizione dei titoli rispettivi, nel limite però del valore dei
beni precedentemente ipotecati o ceduti.
I debitori delle somme sono tuttavia liberati quando le abbiano
pagate al condividente dopo trenta giorni da che la divisione è
stata notificata ai creditori ipotecari o ai cessionari senza che da
costoro sia stata fatta opposizione (757; att. 239).
Art. 2826 Indicazione dell'immobile ipotecato
Nell'atto di concessione dell'ipoteca l'immobile deve essere
specificamente designato con l'indicazione della sua natura, del
comune in cui si trova, nonché dei dati di identificazione
catastale; per i fabbricati in corso di costruzione devono essere
indicati i dati di identificazione catastale del terreno su cui
insistono.
Sezione V Dell'Iscrizione e rinnovazione delle ipoteche
§1 Dell'Iscrizione
Art. 2827 Luogo dell'iscrizione
L'ipoteca si iscrive nell'ufficio dei registri immobiliari del luogo
in cui si trova l'immobile.
Art. 2828 Immobili su cui può iscriversi ipoteca giudiziale
L'ipoteca giudiziale si può iscrivere su qualunque degli immobili
appartenenti al debitore e su quelli che gli pervengono
successivamente alla condanna, a misura che egli li acquista.
Art. 2829 Iscrizione sui beni del defunto
L'iscrizione d'ipoteca sui beni di un defunto può eseguirsi con la
semplice indicazione della sua persona, osservate per il resto le
regole ordinarie. Se però risulta trascritto l'acquisto dei beni da
parte degli eredi, l'iscrizione deve eseguirsi contro costoro.
Art. 2830 Ipoteca giudiziale sui beni dell'eredità beneficiata e
dell'eredità giacente
Se l'eredità è accettata con beneficio d'inventario (484 e seguenti)
o se si tratta di eredità giacente (528 e seguenti), non possono
essere iscritte ipoteche giudiziali sui beni ereditari, neppure in
base a sentenze pronunziate anteriormente alla morte del debitore.
Art. 2831 Ipoteca a garanzia di obbligazioni all'ordine o al
portatore
Le obbligazioni (241) e seguenti risultanti dai titoli all'ordine
(2008 e seguenti) o al portatore (2003 e seguenti) possono essere
garantite con ipoteca.
Per i titoli all'ordine l'ipoteca è iscritta a favore dell'attuale
possessore e si trasmette ai successivi possessori; questi non sono
tenuti a effettuare l'annotazione prevista dall'art. 2843.
Per i titoli al portatore l'ipoteca a favore degli obbligazionisti è
iscritta con l'indicazione dell'emittente, della data dell'atto di
emissione, della serie, del numero e del valore delle obbligazioni
emesse. In margine all'iscrizione deve essere annotato il nome del
rappresentante degli obbligazionisti, appena questo sia nominato.
Per l'annotazione deve presentarsi copia della deliberazione o del
provvedimento giudiziale di nomina (2845).
Artt. 2832-2833 (abrogati)
Art. 2834 Iscrizione dell'ipoteca legale dell'alienante e del
condividente
Il conservatore dei registri immobiliari, nel trascrivere un atto di
alienazione o di divisione, deve iscrivere d'ufficio l'ipoteca
legale che spetta all'alienante o al condividente a norma dei nn. 1
e 2 dell'art. 2817, a meno che gli sia presentato un atto pubblico o
una scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata
giudizialmente, da cui risulti che gli obblighi sono stati adempiuti
o che vi è stata rinunzia all'ipoteca da parte dell'alienante o del
condividente.
Art. 2835 Iscrizione in base a scrittura privata
Se il titolo per l'iscrizione risulta da scrittura privata (2702 e
seguenti), la sottoscrizione di chi ha concesso l'ipoteca deve
essere autenticata o accertata giudizialmente (Cod. Proc. Civ. 214 e
seguenti).
Il richiedente deve presentare la scrittura originale o, se questa è
depositata in pubblico archivio o negli atti d'un notaio, una copia
autenticata, con la certificazione che ricorrono i requisiti innanzi
indicati.
L'originale o la copia (2774) rimane in deposito nell'ufficio dei
registri immobiliari (2663).
Art. 2836 Iscrizione in base ad atto pubblico o a sentenza
Se il titolo per l'iscrizione risulta da un atto pubblico (2699)
ricevuto nello Stato o dia una sentenza (Cod. Proc. Civ.131 e
seguenti) o da altro provvedimento giudiziale ad essa parificato
(Cod. Proc. Civ. 655), si deve presentare copia del titolo.
(Se non è stata ancora pagata l'imposta di registro, si osservano le
disposizioni dell'art. 2669)
Art. 2837 Atti formati all'estero
Gli atti formati in paese estero (Cod. Proc. Civ. 804) che si
presentano per l'iscrizione devono essere legalizzati.
Art. 2838 Somma per cui l'iscrizione è eseguita
Se la somma di danaro non è altrimenti determinata negli atti in
base ai quali è eseguita l'iscrizione o in atto successivo, essa è
determinata dal creditore nella nota per l'iscrizione.
Qualora tra la somma enunciata nell'atto e quella enunciata nella
nota vi sia divergenza, l'iscrizione ha efficacia per la somma
minore.
Art. 2839 Formalità per l'iscrizione dell'ipoteca
Per eseguire l'iscrizione deve presentarsi il titolo costitutivo
insieme con una nota sottoscritta dal richiedente in doppio
originale.
La nota deve indicare:
1) il cognome, il nome, il luogo e la data di nascita e il numero di
codice fiscale del creditore, del debitore e dell'eventuale terzo
datore di ipoteca; la denominazione o la ragione sociale, la sede e
il numero di codice fiscale delle persone giuridiche, delle società
previste dai Capi II, III e IV del Titolo V del Libro quinto e delle
associazioni non riconosciute, con l'indicazione, per queste ultime
e per le società semplici, anche delle generalità delle persone che
le rappresentano secondo l'atto costitutivo.
Per le obbligazioni all'ordine o al portatore si devono osservare le
norme dell'art. 2831. Per le obbligazioni all'ordine si deve inoltre
esibire il titolo al conservatore, il quale vi annota l'eseguita
iscrizione dell'ipoteca. Per le obbligazioni al portatore si deve
presentare copia dell'atto di emissione e del piano di ammortamento;
7) il domicilio eletto dal creditore nella circoscrizione del
tribunale in cui ha sede l'ufficio dei registri immobiliari;
3) il titolo, la sua data e il nome del pubblico ufficiale che lo ha
ricevuto o autenticato;
4) l'importo della somma per la quale l'iscrizione è presa;
5) gli interessi e le annualità che il credito produce;
6) il tempo della esigibilità;
7) la natura e la situazione dei beni gravati, con le indicazioni
prescritte dall'art. 2826.
Art. 2840 Certificato dell'iscrizione
Eseguita l'iscrizione, il conservatore restituisce al richiedente
uno degli originali della nota, certificando, in calce al medesimo,
la data e il numero d'ordine dell'iscrizione.
I titoli consegnati al conservatore sono custoditi secondo quanto è
disposto dall'art. 2664.
Art. 2841 Omissioni e inesattezze nei titoli o nelle note
L'omissione o l'inesattezza di alcune delle indicazioni nel titolo,
in base al quale è presa l'iscrizione, o nella nota non nuoce alla
validità dell'iscrizione, salvo che induca incertezza sulla persona
del creditore o del debitore o sull'ammontare del credito ovvero
sulla persona del proprietario del bene gravato, quando
l'indicazione ne è necessaria, o sull'identità dei singoli beni
gravati.
Nel caso di altre omissioni o inesattezze, si può ordinare la
rettificazione a istanza e a spese della parte interessata.
Art. 2842 Variazione del domicilio eletto
E in facoltà del creditore, del suo mandatario o del suo erede o
avente causa di variare il domicilio eletto nell'iscrizione,
sostituendone un altro nella stessa circoscrizione.
Il cambiamento deve essere annotato dal conservatore in margine o in
calce all'iscrizione.
La dichiarazione circa il cambiamento del domicilio deve risultare
da atto ricevuto o autenticato (2703) da notaio e deve rimanere
depositata nell'ufficio del conservatore.
Art. 2843 Annotazione di cessione, di surrogazione e di altri atti
dispositivi del credito
La trasmissione o il vincolo dell'ipoteca per cessione (1260 e
seguenti), surrogazione (2856, 1201 e seguenti), pegno (2800 e
seguenti), postergazione di grado o costituzione in dote (l’inciso
"o costituzione in dote" è stato abrogato) del credito ipotecario,
nonché per sequestro (2905 e seguente; Cod. Proc. Civ. 671 e
seguenti), pignoramento (Cod. Proc. Civ. 492 e seguenti) o
assegnazione (2925 e seguenti; Cod. Proc. Civ. 505 e seguenti) del
credito medesimo si deve annotare in margine all'iscrizione
dell'ipoteca.
La trasmissione o il vincolo dell'ipoteca non ha effetto finché
l'annotazione non sia stata eseguita. Dopo l'annotazione
l'iscrizione non si può cancellare senza il consenso dei titolari
dei diritti indicati nell'annotazione medesima 2879) e le
intimazioni o notificazioni che occorrono in dipendenza
dell'iscrizione devono essere loro fatte nel domicilio eletto.
Per l'annotazione deve essere consegnata al conservatore copia del
titolo e, qualora questo sia una scrittura privata o un atto formato
in paese estero, si applicano le disposizioni degli artt. 2835 e
2837.
Art. 2844 Azioni e notificazioni
Le azioni cui le iscrizioni possono dar luogo contro i creditori
sono promosse davanti all'autorità giudiziaria competente, per mezzo
di citazione (Cod. Proc. Civ. 163) da farsi alla persona in mani
proprie (Cod. Proc. Civ. 138) o all'ultimo domicilio da essi eletto.
La stessa disposizione si applica per ogni altra notificazione
relativa alle dette iscrizioni.
Se non è stata fatta elezione di domicilio o se è morta la persona
ovvero e cessato l'ufficio presso cui si era eletto il domicilio, le
citazioni e le notificazioni possono essere fatte all'ufficio presso
il quale l'iscrizione e stata presa.
Se si tratta di giudizio promosso dal debitore contro il suo
creditore per la riduzione dell'ipoteca o per la cancellazione
totale o parziale dell'iscrizione, il creditore deve essere citato
nei modi ordinari stabiliti dal codice di procedura civile.
Art. 2845 Notificazioni relative a iscrizioni per obbligazioni
all'ordine e al portatore
Se l'iscrizione è presa per obbligazioni risultanti da titoli
all'ordine (2008 e seguenti), le citazioni e notificazioni previste
dall'articolo precedente devono farsi nei confronti di chi ha preso
l'iscrizione a norma degli artt. 2831 e 2839, salvo che dai registri
risulti l'annotazione a favore di un possessore successivo.
Se si tratta di obbligazioni al portatore (2003 e seguenti, 2413 e
seguenti), le citazioni e le notificazioni devono essere fatte al
rappresentante degli obbligazionisti (2410) il cui nome è annotato
in margine all'iscrizione (2831). Le citazioni e le notificazioni
devono essere iscritte nel registro delle imprese (2188 e seguenti)
e pubblicate per estratto in un giornale quotidiano designato
dall'autorità giudiziaria.
Se manca per qualsiasi causa il rappresentante o il nome di lui non
è stato annotato in margine all'iscrizione dell'ipoteca, le
citazioni e le notificazioni sono fatte nei confronti di un curatore
da nominarsi dall'autorità giudiziaria. Il decreto di nomina del
curatore deve essere pubblicato con le modalità prescritte nel comma
precedente.
Art. 2846 Spese d'iscrizione
Le spese d'iscrizione dell'ipoteca sono a carico del debitore, se
non vi è patto contrario, ma devono essere anticipate dal
richiedente.
§ 2 Della Innovazione
Art. 2847 Durata dell'efficacia dell'iscrizione
L'iscrizione conserva il suo effetto per venti anni dalla sua data.
L'effetto cessa se l'iscrizione non è rinnovata prima che scada
detto termine (att. 240).
Art. 2848 Nuova iscrizione dell'ipoteca
Nonostante il decorso del termine indicato dall'articolo precedente,
il creditore può procedere a nuova iscrizione; in tal caso l'ipoteca
prende grado dalla data della nuova iscrizione.
La nuova iscrizione non può essere presa contro i terzi acquirenti
dell'immobile ipotecato che hanno trascritto il loro titolo (2644).
Art. 2849 (abrogato)
Art. 2850 Formalità per la rinnovazione
Per ottenere la rinnovazione si presenta al conservatore una nota in
doppio originale conforme a quella della precedente iscrizione, in
cui si dichiari che s'intende rinnovare l'iscrizione originaria.
In luogo del titolo si può presentare la nota precedente.
Il conservatore deve osservare le disposizioni dell'art. 2840.
Art. 2851 Rinnovazione rispetto a beni trasferiti agli eredi o
aventi causa
Se al tempo della rinnovazione gli immobili ipotecati risultano dai
registri delle trascrizioni passati agli eredi del debitore o ai
suoi aventi causa, la rinnovazione deve essere fatta anche nei
confronti degli eredi o aventi causa e la nota deve contenere le
indicazioni stabilite dall'art. 2839, se queste risultano dai
registri medesimi.
SEZIONE VI
Dell'ordine delle ipoteche
Art. 2852 Grado dell'ipoteca
L'ipoteca prende grado dal momento della sua iscrizione, anche se è
iscritta per un credito condizionale. La stessa norma si applica per
i crediti che possano eventualmente nascere in dipendenza di un
rapporto già esistente.
Art. 2853 Richieste contemporanee d'iscrizione
Il numero d'ordine delle iscrizioni determina il loro grado.
Nondimeno, se più persone presentano contemporaneamente la nota per
ottenere iscrizione contro la stessa persona o sugli stessi
immobili, iscrizioni sono eseguite sotto lo stesso numero, e di ciò
si fa menzione nella ricevuta spedita dal conservatore a ciascuno
dei richiedenti.
Art. 2854 Ipoteche iscritte nello stesso grado
I crediti con iscrizione ipotecaria dello stesso grado sugli stessi
beni concorrono tra loro in proporzione dell'importo relativo.
Art. 2855 Estensione degli effetti dell'iscrizione
L'iscrizione del credito fa collocare nello stesso grado le spese
dell'atto di costituzione d'ipoteca, quelle dell'iscrizione e
rinnovazione e quelle ordinarie occorrenti per l'intervento nel
processo di esecuzione. Per il credito di maggiori spese giudiziali
le parti possono estendere l'ipoteca con patto espresso, purché sia
presa la corrispondente iscrizione.
Qualunque sia la specie d'ipoteca, l'iscrizione di un capitale che
produce interessi fa collocare nello stesso grado gli interessi
dovuti, purché ne sia enunciata la misura nell'iscrizione. La
collocazione degli interessi è limitata alle due annate anteriori e
a quella in corso al giorno del pignoramento (Cod. Proc. Civ. 491 e
seguenti), ancorché sia stata pattuita l'estensione a un maggior
numero di annualità; le iscrizioni particolari prese per altri
arretrati hanno effetto dalla loro data.
L'iscrizione del capitale fa pure collocare nello stesso grado gli
interessi maturati dopo il compimento dell'annata in corso alla data
del pignoramento, però soltanto nella misura legale (1284) e fino
alla data della vendita att. 2411.
Art. 2856 Surrogazione del creditore perdente
Il creditore che ha ipoteca sopra uno o più immobili, qualora si
trovi perdente perché sul loro prezzo si è in tutto o in parte
soddisfatto un creditore anteriore, la cui ipoteca si estendeva ad
altri beni dello stesso debitore, può surrogarsi nell'ipoteca
iscritta a favore del creditore soddisfatto, al fine di esercitare
l'azione ipotecaria su questi altri beni con preferenza rispetto ai
creditori posteriori alla propria iscrizione. Lo stesso diritto
spetta ai creditori perdenti in seguito alla detta surrogazione.
Questa disposizione si applica anche ai creditori perdenti per causa
di privilegi immobiliari (2770 e seguenti).
Art. 2857 Limiti della surrogazione
La surrogazione non si può esercitare sui beni dati in ipoteca da un
terzo (2008), ne sui beni alienati dal debitore, quando
l'alienazione è stata trascritta anteriormente all'iscrizione del
creditore perdente.
Trattandosi di beni acquistati dal debitore posteriormente a detta
iscrizione, se il creditore soddisfatto aveva esteso a essi la sua
ipoteca giudiziale (2828), il creditore perdente può esercitare la
surrogazione anche su tali beni.
Per far valere il diritto alla surrogazione deve essere eseguita
annotazione in margine all'ipoteca del creditore soddisfatto; per
l'annotazione deve presentarsi al conservatore copia dello stato di
graduazione dal quale risulta l'incapienza.
SEZIONE VII
Degli effetti dell'ipoteca rispetto al terzo acquirente
Art. 2858 Facoltà del terzo acquirente
Il terzo acquirente dei beni ipotecati, che ha trascritto (2643;
att. 242) il suo titolo di acquisto e non è personalmente obbligato,
se non preferisce pagare i creditori iscritti (2827 e seguenti), può
rilasciare i beni stessi ovvero liberarli dalle ipoteche, osservando
le norme contenute nella Sezione XII di questo Capo. In mancanza,
l'espropriazione segue contro di lui secondo le forme prescritte dal
codice di procecedura civile (Cod. Proc. Civ. 602 e seguenti).
Art. 2859 Eccezioni opponibili dal terzo acquirente
Se la domanda diretta a ottenere la condanna del debitore è
posteriore alla trascrizione del titolo del terzo acquirente,
questi, ove non abbia preso parte al giudizio, può opporre al
creditore procedente tutte le eccezioni non opposte dal debitore e
quelle altresì che spetterebbero a questo dopo la condanna.
Le eccezioni suddette però non sospendono il corso dei termini
stabiliti per la liberazione del bene dalle ipoteche.
Art. 2860 Capacità per il rilascio
Può procedere al rilascio (2861 e seguenti) soltanto chi ha la
capacità di alienare.
Art. 2861 Termine ed esecuzione del rilascio
Il rilascio dei beni ipotecati si esegue con dichiarazione alla
cancelleria del tribunale competente per l'espropriazione (Cod.
Proc. Civ. 26). La dichiarazione deve essere fatta non oltre i dieci
giorni dalla data del pignoramento (Cod. Proc. Civ. 555 e seguenti,
604).
Il certificato della cancelleria attestante la dichiarazione deve, a
cura del terzo, essere annotato in margine alla trascrizione del
l'atto di pignoramento e deve essere notificato, entro cinque giorni
dalla sua data, al creditore procedente.
Sull'istanza di questo o di qualunque altro interessato, il
tribunale provvede alla nomina di un amministratore, in confronto
del quale prosegue il processo di espropriazione.
Il terzo rimane responsabile della custodia dell'immobile fino alla
consegna all'amministratore.
Art. 2862 Ipoteche e altri diritti reali a carico e a favore del
terzo
Il rilascio non pregiudica le ipoteche, le servitù e gli altri
diritti reali resi pubblici contro il terzo prima dell'annotazione
del rilascio.
Le ipoteche, le servitù e gli altri diritti reali che già spettavano
al terzo prima dell'acquisto riprendono efficacia dopo il rilascio o
dopo la vendita all'incanto eseguita contro di lui (Cod. Proc. Civ.
576 e seguenti).
Del pari riprendono efficacia le servitù che al momento
dell'iscrizione dell'ipoteca esistevano a favore del fondo ipotecato
e a carico di altro fondo del terzo. Esse sono comprese
nell'espropriazione del fondo ipotecato.
Art. 2863 Ricupero dell'immobile rilasciato e abbandono
dell'esecuzione
Finché non sia avvenuta la vendita, il terzo può ricuperare
l'immobile rilasciato, pagando i crediti iscritti e i loro
accessori, oltre le spese.
Qualora la vendita sia avvenuta e, dopo pagati i creditori iscritti,
vi sia un residuo del prezzo, questo spetta al terzo acquirente.
Il rilascio non ha effetto se il processo di esecuzione si estingue
per rinunzia o per inattività delle parti (Cod. Proc. Civ. 629 e
seguenti).
Art. 2864 Danni causati dal terzo e miglioramenti
Il terzo è tenuto a risarcire i danni (2043 e seguenti) che da sua
colpa grave sono derivati all'immobile in pregiudizio dei creditori
iscritti (2827 e seguenti).
Egli non può ritenere l'immobile per causa di miglioramenti (1152);
ma ha il diritto di far separare dal prezzo di vendita la parte
corrispondente ai miglioramenti eseguiti dopo la trascrizione del
suo titolo, fino a concorrenza del valore dei medesimi al tempo
della vendita.
Se il prezzo non copre il valore dell'immobile nello stato in cui
era prima dei miglioramenti e insieme quello dei miglioramenti, esso
deve dividersi in due parti proporzionali ai detti valori.
Art. 2865 Frutti dovuti dal terzo
I frutti (820) dell'immobile ipotecato sono dovuti dal terzo (1148)
a decorrere dal giorno in cui è stato eseguito il pignoramento (Cod.
Proc. Civ. 555 e seguenti).
Nel caso di liberazione dell'immobile dalle ipoteche i frutti sono
del pari dovuti dal giorno del pignoramento o, in mancanza di
pignoramento, dal giorno della notificazione eseguita in conformità
dell'art. 2890.
Art. 2866 Diritti del terzo nei confronti del debitore e di altri
terzi acquirenti
Il terzo che ha pagato i creditori iscritti ovvero ha rilasciato
l'immobile o sofferto l'espropriazione ha ragione d'indennità verso
il suo autore, anche se si tratta di acquisto a titolo gratuito
(1483 e seguenti).
Ha pure diritto di subingresso nelle ipoteche costituite a favore
del creditore soddisfatto sugli altri beni del debitore; se questi
sono stati acquistati da terzi, non ha azione che contro coloro i
quali hanno trascritto il loro acquisto in data posteriore alla
trascrizione del suo titolo. Per esercitare il subingresso deve fare
eseguire la relativa annotazione in conformità dell'art. 2843.
Il subingresso non pregiudica l'esercizio del diritto di
surrogazione stabilito dall'art. 2856 a favore dei creditori che
hanno un'iscrizione anteriore alla trascrizione del Titolo del terzo
acquirente.
Art. 2867 Terzo debitore di somma in dipendenza dell'acquisto
Se il terzo acquirente, che ha trascritto il suo titolo, è debitore,
in dipendenza dell'acquisto (1498), di una somma attualmente
esigibile, la quale basti a soddisfare tutti i creditori iscritti
contro il precedente proprietario, ciascuno di questi può obbligarlo
al pagamento.
Se il debito del terzo non è attualmente esigibile, o e minore o
diverso da ciò che è dovuto ai detti creditori, questi, purché di
comune accordo, possono egualmente richiedere che venga loro pagato,
fino alla rispettiva concorrenza, ciò che il terzo deve nei modi e
termini della sua obbligazione.
Nell'uno e nell'altro caso l'acquirente non può evitare di pagare,
offrendo il rilascio dell'immobile, ma, eseguito il pagamento,
l'immobile è liberato da ogni ipoteca, non esclusa quella che spetta
all'alienante (2817 n. 1), e il terzo ha diritto di ottenere che si
cancellino le relative iscrizioni (2882 e seguenti).
SEZIONE VIII
Degli effetti dell'ipoteca rispetto al terzo datore
Art. 2868 Beneficio di escussione
Chi ha costituito un'ipoteca a garanzia del debito altrui non può
invocare il beneficio della preventiva escussione del debitore, se
il beneficio non è stato convenuto (2910).
Art. 2869 Estinzione dell'ipoteca per fatto del creditore
L'ipoteca costituita dal terzo si estingue se, per fatto del
creditore, non può avere effetto la surrogazione del terzo nei
diritti, nel pegno, nelle ipoteche e nei privilegi del creditore
(1203).
Art. 2870 Eccezioni opponibili dal terzo datore
Il terzo datore che non ha preso parte al giudizio diretto alla
condanna del debitore può opporre al creditore le eccezioni indicate
dall'art. 2859.
Art. 2871 Diritti del terzo datore che ha pagato i creditori
iscritti o ha sofferto l'espropriazione
Il terzo datore che ha pagato i creditori iscritti o ha sofferto
l'espropriazione ha regresso contro il debitore. Se vi sono più
debitori obbligati in solido il terzo che ha costituito l'ipoteca a
garanzia di tutti ha regresso contro ciascuno per l'intero (1292 e
seguenti).
Il terzo datore ha regresso contro i fideiussori (1936 e seguenti)
del debitore. Ha inoltre regresso contro gli altri terzi datori per
la loro rispettiva porzione (1299) e può esercitare, anche nei
confronti dei terzi acquirenti, il subingresso previsto dal secondo
comma dell'art. 2866.
SEZIONE IX
Della riduzione delle ipoteche
Art. 2872 Modalità della riduzione
La riduzione delle ipoteche si opera riducendo la somma per la quale
è stata presa l'iscrizione o restringendo l'iscrizione a una parte
soltanto dei beni (Cod. Proc. Civ. 652).
Questa restrizione può aver luogo anche se l'ipoteca ha per oggetto
un solo bene, qualora questo abbia parti distinte o tali che si
possano comodamente distinguere (att. 243).
Art. 2873 Esclusione della riduzione
Non è ammessa domanda di riduzione riguardo alla quantità dei beni
né riguardo alla somma, se la quantità dei beni o la somma è stata
determinata per convenzione o per sentenza.
Tuttavia, se sono stati eseguiti pagamenti parziali così da
estinguere almeno il quinto del debito originario, si può chiedere
una riduzione proporzionale per quanto riguarda la somma.
Nel caso d'ipoteca iscritta su un edificio, il costituente che dopo
l'iscrizione ha eseguito sopraelevazioni può chiedere che l'ipoteca
sia ridotta, per modo che le sopraelevazioni ne restino esenti in
tutto o in parte, osservato il limite stabilito dall'art. 2876 per
il valore della cautela (att. 243).
Art. 2874 Riduzione dell'ipoteca legale e dell'ipoteca giudiziale
Le ipoteche legali, eccettuate quelle indicate dai nn. 1 e 2
dell'art. 2817, e le ipoteche giudiziali (2818 e seguenti) devono
ridursi su domanda degli interessati, se i beni compresi
nell'iscrizione hanno un valore che eccede la cautela da
somministrarsi o se la somma determinata dal creditore
nell'iscrizione eccede di un quinto quella che l'autorità
giudiziaria dichiara dovuta.
Art. 2875 Eccesso nel valore dei beni
Si reputa che il valore dei beni ecceda la cautela da
somministrarsi, se tanto alla data dell'iscrizione dell'ipoteca,
quanto posteriormente, supera di un terzo l'importo dei crediti
iscritti, accresciuto degli accessori a norma dell'art. 2855.
Art. 2876 Limiti della riduzione
La riduzione si opera rispettando l'eccedenza del quinto per ciò che
riguarda la somma del credito e l'eccedenza del terzo per ciò che
riguarda il valore della cautela.
Art. 2877 Spese della riduzione
Le spese necessarie per eseguire la riduzione anche se consentita
dal creditore, sono sempre a carico del richiedente, a meno che la
riduzione abbia luogo per eccesso nella determinazione del credito
fatta dal creditore, nel qual caso sono a carico di quest'ultimo.
Se la riduzione è stata ordinata con sentenza, le spese del giudizio
sono a carico del soccombente, salvo che siano compensate tra le
parti (Cod. Proc. Civ. 91 e seguenti).
SEZIONE X
Dell'estinzione delle ipoteche
Art. 2878 Cause di estinzione
L'ipoteca si estingue (1232):
1) con la cancellazione dell'iscrizione;
2) con la mancata rinnovazione dell'iscrizione entro il termine
indicato dall'art. 2847;
3) con l'estinguersi dell'obbligazione (1176 e seguenti, 1230 e
seguenti, 2930);
4) col perimento del bene ipotecato, salvo quanto è stabilito
dall'art. 2742;
5) con la rinunzia del creditore;
6) con lo spirare del termine a cui l'ipoteca è stata limitata o col
verificarsi della condizione risolutiva (1353);
7) con la pronunzia del provvedimento che trasferisce all'acquirente
il diritto espropriato e ordina la cancellazione delle ipoteche
(Cod. Proc. Civ. 586).
Art. 2879 Rinunzia all'ipoteca
La rinunzia del creditore all'ipoteca deve essere espressa e deve
risultare da atto scritto, sotto pena di nullità (1350).
La rinunzia non ha effetto di fronte ai terzi che anteriormente alla
cancellazione dell'ipoteca abbiano acquistato il diritto all'ipoteca
medesima ed eseguito la relativa annotazione a termini dell'art.
2843.
Art. 2880 Prescrizione rispetto a beni acquistati da terzi
Riguardo ai beni acquistati da terzi, l'ipoteca si estingue per
prescrizione indipendentemente dal credito, col decorso di venti
anni dalla data della trascrizione del titolo di acquisto, salve le
cause di sospensione e d'interruzione (2934 e seguenti).
Art. 2881 Nuova iscrizione dell'ipoteca
Salvo diversa disposizione di legge (1276, 2926, 2927), se la causa
estintiva dell'obbligazione è dichiarata nulla o altrimenti non
sussiste ovvero è dichiarata nulla la rinunzia fatta dal creditore
all'ipoteca, e l'iscrizione non è stata conservata, si può procedere
a nuova iscrizione e questa prende grado dalla sua data (2852).
SEZIONE XI
Della cancellazione dell'iscrizione
Art. 2882 Formalità per la cancellazione
La cancellazione consentita dalle parti interessate deve essere
eseguita dal conservatore in seguito a presentazione dell'atto
contenente il consenso del creditore.
Per quest'atto devono essere osservate le forme prescritte dagli
artt. 2821, 2835 e 2837 (2725).
Art. 2883 Capacità per consentire la cancellazione
Chi non ha capacità (320, 374, 394, 424) richiesta per liberare il
debitore non può consentire la cancellazione dell'iscrizione, se non
è assistito dalle persone il cui intervento è necessario per la
liberazione.
Il rappresentante legale dell'incapace e ogni altro amministratore,
anche se autorizzati a esigere il credito e a liberare il debitore,
non possono consentire la cancellazione dell'iscrizione, ove il
credito non sia soddisfatto.
Art. 2884 Cancellazione ordinata con sentenza
La cancellazione deve essere eseguita dal conservatore quando è
ordinata con sentenza passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324) o
con altro provvedimento definitivo emesso dalle autorità competenti
(Cod. Proc. Civ. 586).
Art. 2885 Cancellazione sotto conduzione
Se è stato convenuto od ordinato che la cancellazione non debba aver
luogo che sotto la condizione di nuova ipoteca, di nuovo impiego o
sotto altra condizione, la cancellazione non può esser eseguita se
non si fa constare al conservatore che la condizione è stata
adempiuta (499, 2675).
Art. 2886 Formalità per la cancellazione
Chi richiede la cancellazione totale o parziale deve presentare al
conservatore l'atto su cui la richiesta è fondata.
La cancellazione di un'iscrizione o la rettifica deve essere
eseguita in margine all'iscrizione medesima, con l'indicazione del
titolo dal quale è stata consentita od ordinata e della data in cui
si esegue, e deve portare la sottoscrizione del conservatore.
Art. 2887 Cancellazione delle ipoteche a garanzia dei titoli
all'ordine
La cancellazione della ipoteca costituita a garanzia
dell'obbligazione risultante da un titolo all'ordine è consentita
dal creditore risultante nei registri immobiliari e l'atto di
consenso deve essere presentato al conservatore insieme con il
titolo, il quale è restituito dopo che il conservatore vi ha
eseguito l'annotazione della cancellazione.
La cancellazione dell'ipoteca importa la perdita del diritto di
regresso contro i giranti anteriori alla cancellazione medesima.
Art. 2888 Rifiuto di cancellazione
Qualora il conservatore rifiuti di procedere alla cancellazione di
un'iscrizione, il richiedente può proporre reclamo all'autorità
giudiziaria (att. 113; Cod. Proc. Civ. 737).
SEZIONE XII
Del modo di liberare i beni dalle ipoteche
Art. 2889 Facoltà di liberare i beni dalle ipoteche
Il terzo acquirente dei beni ipotecati, che ha trascritto il suo
titolo e non è personalmente obbligato a pagare i creditori
ipotecari, ha facoltà di liberare i beni da ogni ipoteca iscritta
anteriormente alla trascrizione del suo titolo di acquisto (att.
244).
Tale facoltà spetta all'acquirente anche dopo il pignoramento (Cod.
Proc. Civ. 555 e seguenti), purché nel termine di trenta giorni
(2892) proceda in conformità dell'articolo che segue (Cod. Proc.
Civ. 792).
Art. 2890 Notificazione
L'acquirente deve far notificare, per mezzo di ufficiale giudiziario
(Cod. Proc. Civ. 131), ai creditori iscritti (2827 e seguenti), nel
domicilio da essi eletto (2844), e al precedente proprietario un
atto nel quale siano indicati:
1) il titolo, la data del medesimo e la data della sua trascrizione;
2) la qualità e la situazione dei beni col numero del catasto o
altra loro designazione, quale risulta dallo stesso titolo;
3) il prezzo stipulato o il valore da lui stesso dichiarato, se si
tratta di beni pervenutigli a titolo lucrativo o di cui non sia
stato determinato il prezzo.
In ogni caso, il prezzo o il valore dichiarato non può essere
inferiore a quello stabilito come base degli incanti dal codice di
procedura civile in caso di espropriazione (Cod. Proc. Civ. 568).
Nell'atto della notificazione il terzo acquirente deve eleggere
domicilio nel comune dove ha sede il tribunale competente per
l'espropriazione (Cod. Proc. Civ. 26) e deve offrire di pagare il
prezzo o il valore dichiarato.
Un estratto sommario della notificazione è inserito nel giornale
degli annunzi giudiziari.
Art. 2891 Diritto dei creditori di far vendere i beni
Entro il termine di quaranta giorni dalla notificazione indicata
dall'articolo precedente, qualunque dei creditori iscritti (2827 e
seguenti) o dei relativi fideiussori (1936 e seguenti) ha diritto di
richiedere l'espropriazione dei beni con ricorso al presidente del
tribunale competente a norma del codice di procedura civile (Cod.
Proc. Civ. 792 e seguenti), purché adempia le condizioni che
seguono:
1) che la richiesta sia notificata al terzo acquirente nel domicilio
da lui eletto a norma dell'articolo precedente e al proprietario
anteriore;
2) che contenga la dichiarazione del richiedente di aumentare di un
decimo il prezzo stipulato o il valore dichiarato;
3) che contenga l'offerta di una cauzione per una somma eguale al
quinto del prezzo aumentato come sopra;
4) che l'originale e le copie della richiesta siano sottoscritti dal
richiedente o da un suo procuratore munito di mandato speciale.
L'omissione di alcuna di queste condizioni produce nullità della
richiesta.
Art. 2892 Divieto di proroga dei termini
I termini fissati dal secondo comma dell'art. 2889 e dal primo comma
dell'art. 2891 non possono essere prorogati.
Art. 2893 Mancata richiesta dell'incanto
Se l'incanto non è domandato nel tempo e nel modo prescritti
dall'art. 2891, il valore del bene rimane definitivamente stabilito
nel prezzo, che l'acquirente ha posto a disposizione dei creditori a
norma dell'art. 2890, n. 3.
La liberazione del bene dalle ipoteche avviene dopo che è stato
depositato il prezzo e si è provveduto nei modi indicati dal codice
di procedura civile (Cod. Proc. Civ. 792 e seguenti).
Art. 2894 Effetti del mancato deposito del prezzo
Se il terzo acquirente non deposita il prezzo entro il termine
stabilito dall'art. 792 Cod. Proc. Civ., la richiesta di liberazione
del bene dalle ipoteche rimane senza effetto, salva la
responsabilità del richiedente per i danni verso i creditori
iscritti.
Art. 2895 Desistenza del creditore
La desistenza del creditore che ha richiesto l'incanto non può
impedire l'espropriazione a meno che vi consentano espressamente gli
altri creditori iscritti.
Art. 2896 Aggiudicazione al terzo acquirente
Se l'aggiudicazione segue a favore del terzo acquirente (Cod. Proc.
Civ. 604), il decreto di trasferimento deve essere annotato in
margine alla trascrizione dell'atto di acquisto (2643).
Art. 2897 Regresso dell'acquirente divenuto compratore all'incanto
Il terzo acquirente al quale è stato aggiudicato l'immobile ha
regresso contro il venditore per il rimborso di ciò che eccede il
prezzo stipulato nel contratto di vendita (2866).
Art. 2898 Beni non ipotecati per il credito per il quale si procede
Nel caso in cui il titolo d'acquisto del terzo acquirente comprende
mobili e immobili (812 e seguenti), o comprende più immobili, gli
uni ipotecati e gli altri libe, ovvero non tutti gravati dalle
stesse iscrizioni, situati nella giurisdizione dello stesso
tribunale o in diverse giurisdizioni di tribunali, alienati per un
unico prezzo ovvero per prezzi distinti, il prezzo di ciascun
immobile assoggettato a particolari e separate iscrizioni deve
dichiararsi nella notificazione, ragguagliato al prezzo totale
espresso nel titolo.
Il creditore che richiede l'espropriazione non può in nessun caso
essere costretto a estendere la sua domanda ai mobili, o ad altri
immobili, fuori di quelli che sono ipotecati per il suo credito,
salvo il regresso del terzo acquirente contro il suo autore per il
risarcimento del danno che venga a soffrire.a causa della
separazione dei beni compresi nell'acquisto e delle relative
coltivazioni.
SEZIONE XIII
Della rinunzia e dell'astensione del creditore nell'espropriazione
forzata
Art. 2899 Divieto di rinunzia a una ipoteca a danno di altro
creditore
Il creditore, che ha ipoteca su vari immobili, dopo che gli è stata
atta la notificazione indicata dall'art. 2890 si tratta del processo
di liberazione dalle ipoteche, o dopo la notificazione del
provvedimento che dispone la vendita, in caso di espropriazione, non
può rinunziare alla sua ipoteca sopra uno di quegli immobili né
astenersi dall'intervenire nel giudizio di espropriazione (Cod.
Proc. Civ. 563 e seguenti), qualora sia con ciò favorito un
creditore a danno di altro creditore anteriormente iscritto (2852
.), se egli rinunzia o si astiene, è responsabile dei danni, a meno
che vi siano giusti motivi.
La stessa disposizione si applica nel caso in cui la rinunzia o
l'astensione favorisca un terzo acquirente a danno di un creditore
con ipoteca anteriore o di un altro terzo acquirente che abbia un
titolo anteriormente trascritto.
CAPO V
Dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale
SEZIONE I
Dell'azione surrogatoria
Art. 2900 Condizioni, modalità ed effetti
Il creditore, per assicurare che siano soddisfatte o conservate le
sue ragioni (2740), può esercitare i diritti e le azioni che
spettano verso i terzi al proprio debitore e che questi trascura di
esercitare, purché i diritti e le azioni abbiano contenuto
patrimoniale e non si tratti di diritti o di azioni che, per loro
natura o per disposizione di legge, non possono essere esercitati se
non dal loro titolare (187, 324, 447, 470, 524, 557, 713, 802, 974,
1015, 1113, 1416, 2789, 2939).
Il creditore, qualora agisca giudizialmente, deve citare anche il
debitore al quale intende surrogarsi (Cod. Proc. Civ. 102, 163).
SEZIONE II
Dell'azione revocatoria
Art. 2901 Condizioni
Il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione (13531 o a
termine, può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi
confronti gli atti di disposizione del patrimonio coi quali il
debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni (206, 1113, 2740) quando
concorrono le seguenti condizioni:
1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava
alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al
sorgere del credito, l'atto fosse dolosamente preordinato al fine di
pregiudicarne il soddisfacimento;
2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo
fosse consapevole del pregiudizio, e, nel caso di atto anteriore al
sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione.
Agli effetti della presente norma, le prestazioni di garanzia (1936,
1960, 2784, 2808), anche per debiti altrui, sono considerate atti a
titolo oneroso, quando sono contestuali al credito garantito.
Non è soggetto a revoca l'adempimento di un debito scaduto.
L'inefficacia dell'atto non pregiudica i diritti acquistati a titolo
oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della
trascrizione (2652) della domanda di revocazione.
Art. 2902 Effetti
Il creditore, ottenuta la dichiarazione di inefficacia, può
promuovere nei confronti dei terzi acquirenti le azioni esecutive o
conservative sui beni che formano oggetto dell'atto impugnato.
Il terzo contraente, che abbia verso il debitore ragioni di credito
dipendenti dall'esercizio dell'azione revocatoria, non può
concorrere sul ricavato dei beni che sono stati oggetto dell'atto
dichiarato inefficace, se non dopo che il creditore è stato
soddisfatto.
Art. 2903 Prescrizione dell'azione
L'azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data
dell'atto (2934 e seguenti).
Art. 2904 Rinvio
Sono salve le disposizioni sull'azione revocatoria in materia
fallimentare e in materia penale (c.p. 192 e seguenti).
SEZIONE III
Del sequestro conservativo
Art. 2905 Sequestro nei confronti del debitore o del terzo
Il creditore può chiedere il sequestro conservativo (2770) dei beni
del debitore, secondo le regole stabilite dal codice di procedura
civile (Cod. Proc. Civ. 671 e seguenti).
Il sequestro può essere chiesto anche nei confronti del terzo
acquirente dei beni del debitore, qualora sia stata proposta
l'azione per far dichiarare l'inefficacia dell'alienazione.
Art. 2906 Effetti
Non hanno effetto il pregiudizio del creditore sequestrante le
alienazioni e gli altri atti che hanno per oggetto la cosa
sequestrata, in conformità delle regole stabilite per il
pignoramento.
Non ha parimenti effetto in pregiudizio del creditore opponente il
pagamento eseguito dal debitore, qualora l'opposizione sia stata
proposta nei casi e con le forme stabilite dalla legge (2742, 2825).
TITOLO IV
DELLA TUTELA GIURISDIZIONALE DEI DIRITTI
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 2907 Attività giurisdizionale
Alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l'autorità
giudiziaria su domanda di parte (Cod. Proc. Civ. 99 e seguenti) e,
quando la legge lo dispone, anche su istanza del pubblico ministero
o d'ufficio (Cod. Proc. Civ. 69).
La tutela giurisdizionale dei diritti, nell'interesse delle
categorie professionali, è attuata su domanda delle associazioni
legalmente riconosciute, nei casi determinati dalla legge e con le
forme da questa stabilite (Cod. Proc. Civ. 409 e seguenti).
Art. 2908 Effetti costitutivi delle sentenze
Nei casi previsti dalla legge, l'autorità giudiziaria può
costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici, con effetto
tra le parti, i loro eredi o aventi causa.
Art. 2909 Cosa giudicata
L'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa
stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa
(1306, 1595; Cod. Proc. Civ. 324).
CAPO II
Dell'esecuzione forzata
SEZIONE I
Dell'espropriazione
§1 Disposizioni generali
Art. 2910 Oggetto dell'esproprazione
Il creditore, per conseguire quanto gli é dovuto, può fare
espropriare i beni del debitore, secondo le regole stabilite dal
codice di procedura civile (Cod. Proc. Civ. 483 e seguenti).
Possono essere espropriati anche i beni di un terzo quando sono
vincolati a garanzia del credito o quando sono oggetto di un atto
che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore.
Art. 2911 Beni gravati da pegno o ipoteca
Il creditore che ha pegno su beni del debitore non può pignorare
altri beni del debitore medesimo, se non sottopone a esecuzione
anche i beni gravati da pegno. Non può parimenti, quando ha ipoteca,
pignorare altri immobili, se non sottopone a pignoramento anche gli
immobili gravati dall'ipoteca (Cod. Proc. Civ. 502, 544)
La stessa disposizione si applica se il creditore ha privilegio
speciale su determinati beni.
§ 2 Degli effetti del pignoramento
Art. 2912 Estensione del pignoramento
Il pignoramento (Cod. Proc. Civ. 491 e seguenti, 513 e seguenti, 555
e seguenti) comprende gli accessori, le pertinenze (817) e i frutti
(820) della cosa pignorata.
Art. 2913 Inefficacia delle alienazioni del bene pignorato
Non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei
creditori che intervengono nell'esecuzione (Cod. Proc. Civ. 498 e
seguenti) gli atti di alienazione dei beni sottoposti a
pignoramento, salvi gli effetti del possesso di buona fede per i
mobili (1153 e seguenti) non iscritti in pubblici registri.
Art. 2914 Alienazioni anteriori al pignoramento
Non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei
creditori che intervengono nell'esecuzione (Cod. Proc. Civ. 498 e
seguenti), sebbene anteriori al pignoramento:
1) le alienazioni di beni immobili o di beni mobili iscritti in
pubblici registri (812 e seguenti), che siano state trascritte
successivamente al pignoramento;
2) le cessioni di crediti (1260 e seguenti) che siano state
notificate al debitore ceduto o accettate dal medesimo
successivamente al pignoramento;
3) le alienazioni di universalità di mobili che non abbiano data
certa (2704);
4) le alienazioni di beni mobili di cui non sia stato trasmesso il
possesso anteriormente al pignoramento, salvo che risultino da atto
avente data certa.
Art. 2915 Atti che limitano la disponibilità dei beni pignorati
Non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei
creditori che intervengono nell'esecuzione (Cod. Proc. Civ. 498) gli
atti che importano vincoli di indisponibilità (169, 187, 220, 1980),
se non sono stati trascritti prima del pignoramento, quando hanno
per oggetto beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici
registri (2647 e seguenti, 2685 e seguenti, 2693), e, negli altri
casi, se non hanno data certa (2704) anteriore al pignoramento.
Non hanno del pari effetto in pregiudizio del creditore pignorante e
dei creditori che intervengono nell'esecuzione (Cod. Proc. Civ. 498)
gli atti e le domande per la cui efficacia rispetto ai terzi
acquirenti la legge richiede la trascrizione (2643 e seguenti), se
sono trascritti successivamente al pignoramento.
Art. 2916 Ipoteche e privilegi
Nella distribuzione della somma ricavata dall'esecuzione (Cod. Proc.
Civ. 509 e seguenti) non si tiene conto:
1) delle ipoteche (2808 e seguenti), anche se giudiziali, iscritte
dopo il pignoramento;
2) dei privilegi per la cui efficacia e necessaria l'iscrizione
(2762), se questa ha luogo dopo il pignoramento (2745);
3) dei privilegi per crediti sorti dopo il pignoramento.
Art. 2917 Estinzione del credito pignorato
Se oggetto del pignoramento è un credito, l'estinzione di esso per
cause verificatesi in epoca successiva al pignoramento non ha
effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che
intervengono nell'esecuzione (Cod. Proc. Civ. 498 e seguenti).
Art. 2918 Cessioni e liberazioni di pigioni e di fitti
Le cessioni e le liberazioni di pigioni e di fitti (1605) non ancora
scaduti per un periodo eccedente i tre anni non hanno effetto in
pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che
intervengono nell'esecuzione (Cod. Proc. Civ. 498 e seguenti), se
non sono trascritte anteriormente al pignoramento (2643 n. 9). Le
cessioni e le liberazioni per un tempo inferiore ai tre anni e le
cessioni e le liberazioni superiori ai tre anni non trascritte non
hanno effetto, se non hanno data certa (2704) anteriore al
pignoramento e, in ogni caso, non oltre il termine di un anno dalla
data del pignoramento.
§ 3 Effetti della vendita forzata e dell'assegnazione
Art. 2919 Effetto traslativo della vendita forzata
La vendita forzata (Cod. Proc. Civ. 503 e seguenti) trasferisce
all'acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha
subito l'espropriazione, salvi gli effetti del possesso di buona
fede (1147). Non sono però opponibili all'acquirente diritti
acquistati da terzi sulla cosa, se i diritti stessi non hanno
effetto in pregiudizio del creditore pignorante (2913) e dei
creditori intervenuti nell'esecuzione (Cod. Proc. Civ. 498 e
seguenti).
Art. 2920 Diritti di terzi sulla cosa mobile venduta
Se oggetto della vendita è una cosa mobile (812), coloro che avevano
la proprietà o altri diritti reali su di essa, ma non hanno fatto
valere le loro ragioni sulla somma ricavata dall'esecuzione (Cod.
Proc. Civ. 541 e seguenti), non possono farle valere nei confronti
dell'acquirente di buona fede (1147), né possono ripetere dai
creditori la somma distribuita. Resta ferma la responsabilità del
creditore procedente di mala fede per i danni e per le spese.
Art. 2921 Evizione
L'acquirente della cosa espropriata, se ne subisce l'evizione, può
ripetere il prezzo non ancora distribuito, dedotte le spese, e, se
la distribuzione è già avvenuta, può ripeterne da ciascun creditore
la parte che ha riscossa e dal debitore l'eventuale residuo, salva
la responsabilità del creditore procedente per i danni e per le
spese.
Se l'evizione è soltanto parziale, l'acquirente ha diritto di
ripetere una parte proporzionale del prezzo. La ripetizione ha luogo
anche se l'aggiudicatario, per evitare l'evizione, ha pagato una
somma di danaro.
In ogni caso l'acquirente non può ripetere il prezzo nei confronti
dei creditori privilegiati o ipotecari ai quali la causa di evizione
non era opponibile.
Art. 2922 Vizi della cosa. Lesione
Nella vendita forzata non ha luogo la garanzia per i vizi della cosa
(1490).
Essa non può essere impugnata per causa di lesione (1448).
Art. 2923 Locazioni
Le locazioni (1571 e seguenti) consentite da chi ha subito
l'espropriazione sono opponibili all'acquirente se hanno data certa
(2704) anteriore al pignoramento (1599), salvo che, trattandosi di
beni mobili, l'acquirente ne abbia conseguito il possesso in buona
fede (1147).
Le locazioni immobiliari eccedenti i nove anni che non sono state
trascritte anteriormente al pignoramento (2643 n. 8) non sono
opponibili all'acquirente, se non nei limiti di un novennio
dall'inizio della locazione (1599).
In ogni caso l'acquirente non è tenuto a rispettare la locazione
qualora il prezzo convenuto sia inferiore di un terzo al giusto
prezzo o a quello risultante da precedenti locazioni.
Se la locazione non ha data certa (2704), ma la detenzione del
conduttore è anteriore al pignoramento della cosa locata,
l'acquirente non è tenuto a rispettare la locazione che per la
durata corrispondente a quella stabilita per le locazioni a tempo
indeterminato (1574).
Se nel contratto di locazione è convenuto che esso possa risolversi
in caso di alienazione, l'acquirente può intimare licenza al
conduttore secondo le disposizioni dell'art. 1603.
Art. 2924 Cessioni e liberazioni di pigioni e di fitti
Le cessioni e le liberazioni di pigioni e di fitti (1605) non ancora
scaduti non sono opponibili all'acquirente, salvo che si tratti di
cessioni o di liberazioni eccedenti il triennio e trascritte
anteriormente al pignoramento (2643 n. 9) o si tratti di
anticipazioni fatte in conformità degli usi locali.
Art. 2925 Norme applicabili all'assegnazione forzata
Le norme concernenti la vendita forzata si applicano anche
all'assegnazione forzata (Cod. Proc. Civ. 505 e seguenti), salvo
quanto è disposto negli articoli seguenti.
Art. 2926 Diritti dei terzi sulla cosa assegnata
Se l'assegnazione ha per oggetto beni mobili, i terzi che ne avevano
la proprietà possono, entro il termine di sessanta giorni
dall'assegnazione, rivolgersi contro l'assegnatario che ha ricevuto
in buona fede il possesso (1147), al solo scopo di ripetere la somma
corrispondente al suo credito soddisfatto con l'assegnazione. La
stessa facoltà spetta ai terzi che avevano sulla cosa altri diritti
reali, nei limiti del valore del loro diritto.
L'assegnatario conserva le sue ragioni nei confronti del debitore,
ma si estinguono le garanzie prestate da terzi.
Art. 2927 Evizione della cosa assegnata
L'assegnatario, se subisce l'evizione della cosa, ha diritto di
ripetere quanto ha pagato agli altri creditori, salva la
responsabilità del creditore procedente per i danni e per le spese.
L'assegnatario conserva le sue ragioni nei confronti del debitore
espropriato, ma non le garanzie prestate da terzi.
Art. 2928 Assegnazione di crediti
Se oggetto dell'assegnazione è un credito, il diritto
dell'assegnatario verso il debitore che ha subito l'espropriazione
non si estingue che con la riscossione del credito assegnato.
Art. 2929 Nullità del processo esecutivo
La nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o
l'assegnazione non ha effetto riguardo all'acquirente o
all'assegnatario, salvo il caso di collusione con il creditore
procedente. Gli altri creditori non sono in nessun caso tenuti a
restituire quanto hanno ricevuto per effetto dell'esecuzione.
SEZIONE II
Dell'esecuzione forzata in forma specifica
Art. 2930 Esecuzione forzata per consegna o rilascio
Se non e adempiuto l'obbligo di consegnare una cosa determinata,
mobile o immobile, l'avente diritto può ottenere la consegna o il
rilascio forzati a norma delle disposizioni del codice di procedura
civile (Cod. Proc. Civ. 605 e seguenti).
Art. 2931 Esecuzione forzata degli obblighi di fare
Se non è adempiuto un obbligo di fare, l'avente diritto può ottenere
che esso sia eseguito a spese dell'obbligato nelle forme stabilite
dal codice di procedura civile (Cod. Proc. Civ. 612 e seguenti).
Art. 2932 Esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un
contratto
Se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie
l'obbligazione, l'altra parte, qualora sia possibile e non sia
escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli
effetti del contratto non concluso (2908).
Se si tratta di contratti che hanno per oggetto il trasferimento
della proprietà di una cosa determinata o la costituzione o il
trasferimento di un altro diritto, la domanda non può essere
accolta, se la parte che l'ha proposta non esegue la sua prestazione
(1208 e seguenti) o non ne fa offerta nei modi di legge, a meno che
la prestazione non sia ancora esigibile (att. 246).
Art. 2933 Esecuzione forzata degli obblighi di non fare
Se non è adempiuto un obbligo di non fare, l'avente diritto può
ottenere che sia distrutto, a spese dell'obbligato, ciò che è stato
fatto in violazione dell'obbligo (Cod. Proc. Civ. 612 e seguenti).
Non può essere ordinata la distruzione della cosa e l'avente diritto
può conseguire solo il risarcimento dei danni, se la distruzione
della cosa e di pregiudizio all'economia nazionale.
TITOLO V
DELLA PRESCRIZIONE E DELLA DECADENZA
CAPO I
Della prescrizione
SEZIONE I
Disposizioni generali
Art. 2934 Estinzione dei diritti
Ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo
esercita per il tempo determinato dalla legge.
Non sono soggetti alla prescrizione i diritti indisponibili e gli
altri diritti indicati dalla legge (248 e seguente, 263, 272, 533,
715, 948,1422).
Art. 2935 Decorrenza della prescrizione
La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto
può essere fatto valere.
Art. 2936 Inderogabilità delle norme sulla prescrizione
E' nullo ogni patto diretto a modificare la disciplina legale della
prescrizione (1418 e seguenti).
Art. 2937 Rinunzia alla prescrizione
Non può rinunziare alla prescrizione chi non può disporre
validamente del diritto.
Si può rinunziare alla prescrizione solo quando questa è compiuta.
La rinunzia può risultare da un fatto incompatibile con la volontà
di valersi della prescrizione (1310).
Art. 2938 Non rilevabilità d'ufficio
Il giudice non può rilevare d'ufficio la prescrizione non opposta.
Art. 2939 Opponibilità della prescrizione da parte dei terzi
La prescrizione può essere opposta dai creditori e da chiunque vi ha
interesse, qualora la parte non la faccia valere. Può essere opposta
anche se la parte vi ha rinunziato (2900).
Art. 2940 Pagamento del debito prescritto
Non è ammessa la ripetizione di ciò che è stato spontaneamente
pagato in adempimento di un debito prescritto (2034).
SEZIONE II
Della sospensione della prescrizione
Art. 2941 Sospensione per rapporti tra le parti
La prescrizione rimane sospesa (1310):
1) tra i coniugi;
2) tra chi esercita la potestà di cui all'art. 316 o i poteri a essa
inerenti (260, 409) e le persone che vi sono sottoposte;
3) tra il tutore e il minore (346 e seguenti) o l'interdetto (424)
soggetti alla tutela, finché non sia stato reso e approvato il conto
finale (386), salvo quanto e disposto dall'art. 387 per le azioni
relative alla tutela;
4) tra il curatore e il minore emancipato (390 e seguenti) o
l'inabilitato (424);
5) tra l'erede e l'eredità accettata con beneficio d'inventario (484
e seguenti);
6) tra le persone i cui beni sono sottoposti per legge o per
provvedimento del giudice all'amministrazione altrui e quelle da cui
l'amministrazione è esercitata, finché non sia stato reso e
approvato definitivamente il conto;
7) tra le persone giuridiche e i loro amministratori, finché sono in
carica, per le azioni di responsabilità contro di essi (18, 2393,
2487);
8) tra il debitore che ha dolosamente occultato l'esistenza del
debito e il creditore, finché il dolo non sia stato scoperto (att.
247 e seguente).
Art. 2942 Sospensione per la condizione del titolare
La prescrizione rimane sospesa:
1) contro i minori non emancipati (316) e gli interdetti per
infermità di mente (414 e seguenti), per il tempo in cui non hanno
rappresentante legale e per sei mesi successivi alla nomina del
medesimo o alla cessazione dell'incapacità;
2) in tempo di guerra, contro i militari in servizio e gli
appartenenti alle forze armate dello Stato e contro coloro che si
trovano per ragioni di servizio al seguito delle forze stesse, per
il tempo indicato dalle disposizioni delle leggi di guerra.
SEZIONE III
Dell'interruzione della prescrizione
Art. 2943 Interruzione da parte del titolare
La prescrizione è interrotta (1310) dalla notificazione dell'atto
con il quale si inizia un giudizio, sia questo di cognizione (Cod.
Proc. Civ. 163, 638) ovvero conservativo (Cod. Proc. Civ. 670 e
seguente, 688, 700, 703) o esecutivo (Cod. Proc. Civ. 474 e
seguenti).
E' pure interrotta dalla domanda proposta nel corso di un giudizio.
L'interruzione si verifica anche se il giudice adito è incompetente.
La prescrizione è inoltre interrotta da ogni altro atto che valga a
costituire in mora il debitore e dall'atto notificato con il quale
una parte, in presenza di compromesso o clausola compromissoria,
dichiara la propria intenzione di promuovere il procedimento
arbitrale, propone la domanda e procede per quanto le spetta alla
nomina degli arbitri.
Art. 2944 Interruzione per effetto di riconoscimento
La prescrizione è interrotta dal riconoscimento del diritto da parte
di colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere.
Art. 2945 Effetti e durata dell'interruzione
Per effetto dell'interruzione s'inizia un nuovo periodo di
prescrizione.
Se l'interruzione è avvenuta mediante uno degli atti indicati dai
primi due commi dell'art. 2943, la prescrizione non corre fino al
momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il
giudizio (Cod. Proc. Civ. 324).
Se il processo si estingue (Cod. Proc. Civ. 306), rimane fermo
l'effetto interruttivo e il nuovo periodo di prescrizione comincia
dalla data dell'atto interruttivo.
Nel caso di arbitrato la prescrizione non corre dal momento della
notificazione dell'atto contenente la domanda di arbitrato sino al
momento in cui il lodo che definisce il giudizio non è più
impugnabile o passa in giudicato la sentenza resa sull'impugnazione.
SEZIONE IV
Del termine della prescrizione
§1 Della prescrizione ordinaria
Art. 2946 Prescrizione ordinaria
Salvi i casi in cui la legge dispone diversamente, i diritti si
estinguono per prescrizioni con il decorso di dieci anni (att. 248 e
seguenti).
§ 2 Delle prescrizioni brevi
Art. 2947 Prescrizione del diritto al risarcimento del danno
Il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito
(2043 e seguenti) si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il
il fatto si è verificato.
Per il risarcimento del danno prodotto a circolazione dei veicoli di
ogni specie (2054) il diritto si prescrive in due anni.
In ogni caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per
il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica
anche all'azione civile. Tuttavia, se il reato è estinto per causa
diversa dalla prescrizione (Cod. Pen. 150 e seguenti) o e
intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale (Cod. Proc.
Pen. 576), il diritto al risarcimento del danno si prescrive termini
indicati dai primi due commi con decorrenza dalla data di estinzione
del lato o dalla data in cui la sentenza è divenuta irrevocabile.
Art.2948 Prescrizione di cinque anni
Si prescrivono in cinque anni:
1) le annualità delle rendite perpetue (1861) o vitalizie (1872);
1 bis) il capitale nominale dei titoli del debito pubblico emessi al
portatore;
2) le annualità delle pensioni alimentari 33 e seguenti)
3) le pigioni delle case, i fitti dei beni rustici e ogni altro
corrispettivo di locazioni (1571)
4) gli interessi (1282) e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi
periodicamente ad anno in termini più brevi (dichiarato illegittimo
dalla Corte Costituzionale);
5) le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro
(1751, 2118 e seguenti).
Art. 2949 Prescrizione in materia di società
Si prescrivono in cinque anni i diritti che derivano dai rapporti
sociali, se la società è iscritta nel registro delle imprese (2188 e
seguenti).
Nello stesso termine si prescrive l'azione di responsabilità che
spetta ai creditori sociali verso gli amministratori nei casi
stabiliti dalla legge (2394, 2487).
Art. 2950 Prescrizione del diritto del mediatori
Si prescrive in un anno il diritto del mediatore al pagamento della
provvigione (1755).
Art. 2951 Prescrizione in materia di spedizione e di trasporto
Si prescrivono in un anno i diritti derivanti dal contratto di
spedizione (1737) e dal contratto di trasporto (1678).
La prescrizione si compie con il decorso di diciotto mesi se il
trasporto ha inizio o termine fuori d'Europa.
Il termine decorre dall'arrivo a destinazione della persona o, in
caso di sinistro, dal giorno di questo, ovvero dal giorno in cui è
avvenuta o sarebbe dovuta avvenire la riconsegna della cosa al luogo
di destinazione.
Si prescrivono parimenti in un anno dalla richiesta del trasporto i
diritti verso gli esercenti pubblici servizi di linea indicati
dall'art. 1679.
Art. 2952 Prescrizione in materia di assicurazione
Il diritto al pagamento delle rate di premio si prescrive in un anno
dalle singole scadenze (1882 e seguenti).
Gli altri diritti derivanti dal contratto di assicurazione (1882 e
seguenti) si prescrivono in un anno e quelli derivanti dal contratto
di riassicurazione (1928 e seguenti) in due anni dal giorno in cui
si è verificato il fatto su cui il diritto si fonda.
Nell'assicurazione della responsabilità civile (1917), il termine
decorre dal giorno in cui il terzo ha richiesto il risarcimento
all'assicurato o ha promosso contro di questo l'azione.
La comunicazione all'assicuratore della richiesta del terzo
danneggiato o dell'azione da questo proposta sospende il corso della
prescrizione finché il credito del danneggiato non sia divenuto
liquido ed esigibile oppure il diritto del terzo danneggiato non sia
prescritto.
La disposizione del comma precedente si applica all'azione del
riassicurato verso il riassicuratore per il pagamento dell'indennità
(1928 e seguenti).
Art. 2953 Effetti del giudicato sulle prescrizioni brevi
I diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve
di dieci anni, quando riguardo ad essi è intervenuta sentenza di
condanna passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324), si prescrivono
con il decorso di dieci anni.
§3 Delle prescrizioni presuntive
Art. 2954 Prescrizione di sei mesi
Si prescrive in sei mesi il diritto degli albergatori e degli osti
per l'alloggio e il vitto che somministrano, e si prescrive nello
stesso termine il diritto di tutti coloro che danno alloggio con o
senza pensione.
Art. 2955 Prescrizione di un anno
Si prescrive in un anno il diritto:
1) degli insegnanti, per la retribuzione delle lezioni che
impartiscono a mesi o a giorni o a ore;
2) dei prestatori di lavoro, per le retribuzioni corrisposte a
periodi non superiori al mese (2099) (dichiarato illegittimo dalla
Corte Cost.);
3) di coloro che tengono convitto o casa di educazione e di
istruzione per il prezzo della pensione e dell'istruzione;
4) degli ufficiali giudiziari, per il compenso degli atti compiuti
nella loro qualità;
5) dei commercianti, per il prezzo delle merci vendute a chi non ne
fa commercio;
6) dei farmacisti, per il prezzo dei medicinali.
Art. 2956 Prescrizione di tre anni
Si prescrive in tre anni il diritto:
1) dei prestatori di lavoro, per le retribuzioni corrisposte a
periodi superiori al mese (2099);
2) dei professionisti, per il compenso dell'opera prestata e per il
rimborso delle spese correlative (2233 e seguenti);
3) dei notai, per gli atti del loro ministero;
4) degli insegnanti, per la retribuzione delle lezioni impartite a
tempo più lungo di un mese.
Art. 2957 Decorrenza delle prescrizioni presuntive
Il termine della prescrizione decorre dalla scadenza della
retribuzione periodica o compimento della prestazione.
Per le competenze dovute agli avvocati, ai procuratori e ai
patrocinatori legali il termine e decorre dalla decisione della lite
(Cod. Proc. Civ. 324), dalla conciliazione delle parti o dalla
revoca del mandato (Cod. Proc. Civ. 85); per gli affari non
terminati, la prescrizione decorre dalla l'ultima prestazione.
Art. 2958 Corso della prescrizione
La prescrizione decorre anche se vi è stata continuazione di
somministrazioni o di prestazioni.
Art. 2959 Ammissioni di colui che oppone la prescrizione
L'eccezione è rigettata, se chi oppone la prescrizione nei casi
indicati dagli artt. 2954, 2955 e 2956 ha comunque ammesso in
giudizio che l'obbligazione non è stata estinta.
Art. 2960 Delazione di giuramento
Nei casi indicati dagli artt. 2954, 2955 e 2956, colui al quale la
prescrizione è stata opposta può deferire all'altra parte il
giuramento per accertare se si è verificata l'estinzione del debito
(2736 e seguenti; Cod. Proc. Civ. 233).
Il giuramento può essere deferito al coniuge superstite e agli eredi
o ai loro rappresentanti legali per dichiarare se hanno notizia
dell'estinzione del debito.
Art. 2961 Restituzione di documenti
I cancellieri, gli arbitri, gli avvocati, i procuratori e i
patrocinatori legali sono esonerati dal rendere conto degli
incartamenti relativi alle liti dopo tre anni da che queste sono
state decise o sono altrimenti terminate.
Tale esonero si verifica, per gli ufficiali giudiziari, dopo due
anni dal compimento degli atti ad essi affidati.
Anche alle persone designate in questo articolo può essere deferito
il giuramento perché dichiarino se ritengono o sanno dove si trovano
gli atti o le carte.
Si applica in questo caso il disposto dell'art. 2959.
§ 4 Del computo dei termini
Art. 2962 Compimento della prescrizione
In tutti i casi contemplati dal presente codice e dalle altre leggi,
la prescrizione si verifica quando è compiuto l'ultimo giorno del
termine.
Art. 2963 Computo dei termini di prescrizione
I termini di prescrizioni contemplati dal presente codice e dalle
altre leggi si computano secondo il calendario comune (Cod. Proc.
Civ. 155).
Non si computa il giorno nel corso del quale cade il momento
iniziale del termine e la prescrizione si verifica con lo spirare
dell'ultimo istante del giorno finale.
Se il termine scade in giorno festivo, è prorogato di diritto al
giorno seguente non festivo (1187).
La prescrizione a mesi si verifica nel mese di scadenza e nel giorno
di questo corrispondente al giorno del mese iniziale.
Se nel mese di scadenza manca tale giorno, il termine si compie con
l'ultimo giorno dello stesso mese.
CAPO II
Della decadenza
Art. 2964 Inapplicabilità di regole della prescrizione
Quando un diritto deve esercitarsi entro un dato termine sotto pena
di decadenza, non si applicano le norme relative all'interruzione
della prescrizione (2943 e seguenti). Del pari non si applicano le
norme che si riferiscono alla sospensione (2941 e seguenti), salvo
che sia disposto altrimenti (245, 489, 802).
Art. 2965 Decadenze stabilite contrattualmente
E' nullo il patto (1418 e seguenti) con cui si stabiliscono termini
di decadenza che rendono eccessivamente difficile a una delle parti
l'esercizio del diritto.
Art. 2966 Cause che impediscono la decadenza
La decadenza non è impedita se non dal compimento dell'atto previsto
dalla legge o dal contratto. Tuttavia, se si tratta di un termine
stabilito dal contratto o da una norma di legge relativa a diritti
disponibili, la decadenza può essere anche impedita dal
riconoscimento del diritto proveniente dalla persona contro la quale
si deve far valere il diritto soggetto a decadenza.
Art. 2967 Effetto dell'impedimento della decadenza
Nei casi in cui la decadenza è impedita, il diritto rimane soggetto
alle disposizioni che regolano la prescrizione (2934 e seguenti).
Art. 2968 Diritti indisponibili
Le parti non possono modificare la disciplina legale della decadenza
né possono rinunziare alla decadenza medesima, se questa è stabilita
dalla legge in materia sottratta alla disponibilità delle parti.
Art. 2969 Rilievo d'ufficio
La decadenza non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, salvo
che, trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle
parti, il giudice debba rilevare le cause d'improponibilità
dell'azione.
DISPOSIZIONI DI ATTUAZIONE E TRANSITORIE
Regio Decreto 30 marzo 1942, n. 318 - Disposizioni per l'attuazione
del Codice Civile e disposizioni transitorie
CAPO I
Disposizioni di attuazione
SEZIONE I
Disposizioni relative al Libro I
Art. 1
L'esercizio delle facoltà attribuite all'autorità governativa nel
titolo II del libro I del codice può dal Governo essere delegato in
tutto o in parte ai prefetti per gli enti che esercitano la loro
attività nell'ambito di una provincia (Cod. Civ. 12, 2° comma).
Art. 2
La domanda per il riconoscimento di una persona giuridica (Cod. Civ.
12 e seguenti) deve essere accompagnata dalla copia autentica
dell'atto costitutivo e dello statuto e da quegli altri documenti
che possono, secondo le circostanze, servire a dimostrare lo scopo
dell'ente e i mezzi patrimoniali per provvedervi.
Il riconoscimento delle fondazioni può essere concesso dall'autorità
governativa anche d'ufficio.
Art. 3
Il notaio che interviene per la stipulazione di atti tra vivi ovvero
per la pubblicazione di testamenti (Cod. Civ. 620 e seguentI), con i
quali si dispongono fondazioni (Cod. Civ. 14) o si fanno donazioni o
lasciti in favore di enti da istituire (Cod. Civ. 600, 786), è
obbligato a farne denunzia al prefetto entro trenta giorni.
La denunzia deve contenere gli estremi essenziali dell'atto, il
testo letterale concernente la liberalità, la indicazione degli
eredi e della loro residenza.
Il prefetto è autorizzato a promuovere, nei modi e nei casi
stabiliti dalla legge, gli atti conservativi che reputa necessari
per l'esecuzione della disposizione sia nei confronti degli eredi,
sia nei confronti dei terzi.
Può anche chiedere al tribunale, in caso di urgenza o di necessità,
la nomina di un amministratore provvisorio dei beni. Il tribunale
provvede con decreto in camera di consiglio (Cod. Proc. Civ. 737).
Art. 4
La domanda per ottenere l'approvazione (Cod. Civ. 16) delle
modificazioni dell'atto costitutivo e dello statuto (Cod. Civ. 16,
3° comma) deve essere accompagnata da una copia autentica della
deliberazione relativa e dai documenti necessari per dimostrare
l'osservanza delle condizioni prescritte dal secondo comma dell'art.
21 del codice.
Gli amministratori della persona giuridica devono chiedere
l'approvazione entro trenta giorni dalla deliberazione.
[Art. 5] (*)
(*) Abrogato dall'art. 13.1, legge 15 maggio 1997, n. 127 unitamente
a tutte le disposizioni che prescrivono autorizzazioni per
l'acquisto di immobili o per l'accettazione di donazioni, eredità e
legati da parte di persone giuridiche, associazioni e fondazioni.
Il precedente testo recitava: "La domanda per ottenere
l'autorizzazione prevista nell'art. 17 del codice deve essere
presentata al prefetto della provincia in cui la persona giuridica
ha la sua sede (Cod. Civ. 46) e accompagnata dai documenti necessari
per dimostrare l'entità, le condizioni, l'opportunità dell'acquisto,
nonché la destinazione dei beni.
Il prefetto raccoglie le opportune informazioni, sente, quando
trattasi di atti di ultima volontà, coloro ai quali per successione
sarebbero devoluti i beni lasciati alla persona giuridica e, ove non
sia delegato a concedere la chiesta autorizzazione, trasmette la
domanda al ministero competente secondo l'attività che la persona
giuridica svolge. In tal caso l'autorizzazione è data con decreto
del Presidente della Repubblica.
Durante il procedimento i rappresentanti della persona giuridica
possono compiere gli atti che tendono a conservarne i diritti".
Art. 6
L'acquisto di beni immobili in seguito a subastazione (Cod. Civ.
2919; Cod. Proc. Civ. 586 e seguenti) effettuata a carico di un
debitore della persona giuridica non è soggetto alla necessità
dell'autorizzazione. (*) Tuttavia entro trenta giorni dall'acquisto
i rappresentanti della persona giuridica devono darne comunicazione
al prefetto.
(*) La legge 15 maggio 1997, n. 127 ha abrogato tutte le
disposizioni che prescrivono autorizzazioni per l'acquisto di
immobili o per l'accettazione di donazioni, eredità e legati da
parte di persone giuridiche, associazioni e fondazioni.
Art. 7
Il notaio che interviene per la stipulazione di atti tra vivi ovvero
per la pubblicazione (Cod. Civ. 620 e seguente) di testamenti, nei
quali si dispongono donazioni o lasciti in favore di una persona
giuridica, deve darne notizia entro trenta giorni al rappresentante
della persona giuridica e al prefetto della provincia in cui questa
ha la sua sede.
Art. 8
La convocazione dell'assemblea delle associazioni (Cod. Civ. 20)
deve farsi nelle forme stabilite dallo statuto e, se questo non
dispone, mediante avviso personale che deve contenere l'ordine del
giorno degli argomenti da trattare.
Se non è vietato dall'atto costitutivo o dallo statuto, gli
associati possono farsi rappresentare nell'assemblea da altri
associati mediante delega scritta anche in calce all'avviso di
convocazione (Cod. Civ. 2372).
Art. 9
Nell'ipotesi prevista dal quarto comma dell'art. 23 del codice il
provvedimento di sospensione deve essere comunicato agli
amministratori, i quali possono entro quindici giorni proporre
reclamo.
In tal caso l'autorità governativa, se non ritiene di revocare il
provvedimento, ne da comunicazione al pubblico ministero, il quale
promuove l'azione di annullamento della deliberazione (Cod. Civ.
23).
Art. 10
Il provvedimento con il quale l'autorità governativa dichiara
l'estinzione (Cod. Civ. 27, 3° comma) o dispone la trasformazione
(Cod. Civ. 28) della persona giuridica è comunicato agli
amministratori e al presidente del tribunale, il quale ne ordina
l'iscrizione nel registro delle persone giuridiche (Cod. Civ. 22, 33
e seguenti).
Art. 11
Quando la persona giuridica è dichiarata estinta (Cod. Civ. 27) o
quando l'associazione è sciolta (Cod. Civ. 21, 3° comma), il
presidente del tribunale, su istanza degli amministratori, dei soci,
dei creditori, del pubblico ministero o anche d'ufficio, nomina uno
o più commissari liquidatori (Cod. Civ. 30), salvo che l'atto
costitutivo o lo statuto non preveda una diversa forma di nomina e a
questa si proceda entro un mese dal provvedimento. La preventiva
designazione dei liquidatori nell'atto costitutivo o nello statuto
non ha effetto (Cod. Civ. 30).
Quando lo scioglimento dell'associazione e deliberato
dall'assemblea, la nomina può essere fatta dall'assemblea medesima
con la maggioranza prevista dall'art. 21 del codice.
Possono essere nominati liquidatori anche gli amministratori
uscenti.
In ogni caso la nomina fatta dall'assemblea o nelle forme previste
nell'atto costitutivo o nello statuto deve essere comunicata
immediatamente al presidente del tribunale.
Art. 12
I liquidatori esercitano la loro funzione sotto la diretta
sorveglianza del presidente del tribunale e si considerano ad ogni
effetto di legge pubblici ufficiali (Cod. Pen. 357). Essi possono
essere revocati e sostituiti in ogni tempo anche di ufficio dallo
stesso presidente con provvedimento non soggetto a reclamo.
I liquidatori deliberano a maggioranza.
Art. 13
I liquidatori, entro quindici giorni dalla comunicazione avutane,
devono procedere all'annotazione della loro nomina nel registro dove
la persona giuridica è iscritta (Cod. Civ. 33), e richiedere agli
amministratori la consegna dei beni e delle scritture della persona
giuridica. All'atto della consegna è redatto inventario, di cui è
trasmessa copia al presidente del tribunale.
Se gli amministratori si rifiutano di procedere alla consegna, il
presidente del tribunale autorizza il rilascio coattivo con decreto
non soggetto a reclamo. In questo caso l'inventario e redatto
dall'ufficiale giudiziario procedente.
Art. 14
Entro trenta giorni dalla formazione dell'inventario i liquidatori,
dopo avere determinato la consistenza dell'attivo e del passivo
dell'ente, se riconoscono che il patrimonio non è sufficiente al
pagamento integrale delle passività, devono iniziare la liquidazione
generale dei beni nell'interesse di tutti i creditori, dandone
avviso mediante annotazione nel registro delle persone giuridiche.
Il medesimo avviso deve essere dato nel caso in cui i liquidatori
non ritengono di dover procedere alla liquidazione generale,
essendovi eccedenza dell'attivo sul passivo.
In quest'ultimo caso i creditori dell'ente possono fare opposizione
entro trenta giorni dall'annotazione chiedendo la liquidazione
generale del patrimonio.
Le opposizioni si propongono davanti al presidente del tribunale.
Contro il provvedimento di questo è ammesso reclamo davanti al
presidente della corte nel termine di quindici giorni. Il
provvedimento definitivo è annotato nel registro a cura dei
liquidatori.
Art. 15
Quando non sono intervenute opposizioni ai sensi dell'articolo
precedente o queste sono state rigettate con provvedimento
definitivo, i liquidatori provvedono a riscuotere i crediti
dell'ente, a convertire in danaro, nei limiti in cui è necessario, i
beni e a pagare i creditori a misura che si presentano.
I liquidatori possono provvedere al pagamento anche dei creditori il
cui credito non è attualmente esigibile, e devono provvedere alle
cautele necessarie per assicurare il pagamento dei creditori
condizionali.
Soddisfatti i creditori, i liquidatori formano l'inventario dei beni
residuati e rendono conto della gestione al presidente del
tribunale.
Copia dell'inventario e del rendiconto approvato dal presidente del
tribunale deve essere trasmessa all'autorità governativa.
I liquidatori distribuiscono i beni residuati a norma dell'art. 31
del codice, provocando, quando è necessario, le disposizioni
dell'autorità governativa (Cod. Civ. 31, 32).
Art. 16
Quando è disposta la liquidazione generale del patrimonio dell'ente
si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli artt.
201, 207, 208, 209, 210, 212 e 213 del R. decreto 16 marzo 1942, n.
267, salve le disposizioni seguenti.
Art. 17
I termini, che secondo le disposizioni richiamate nell'articolo
precedente. decorrono dalla data del provvedimento di liquidazione o
di nomina dei liquidatori o dalla sua pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale, decorrono dalla data in cui è stato annotato nel registro
il provvedimento che dispone la liquidazione generale della persona
giuridica ai sensi del precedente art. 14.
Art. 18
La pubblicità del provvedimento che ordina la liquidazione e del
bilancio finale di liquidazione si attua mediante annotazione nel
registro delle persone giuridiche a cura dei liquidatori. Nei casi
in cui le norme richiamate nell'art. 16 richiedono il deposito di
atti nella cancelleria del tribunale, il deposito si deve effettuare
presso la cancelleria in cui è tenuto il registro delle persone
giuridiche.
Art. 19
Le attribuzioni, che secondo le norme sulla liquidazione coatta
amministrativa sono demandate all'autorità che ha nominato il
liquidatore, spettano al presidente del tribunale.
Art. 20
Chiusa la liquidazione, il presidente del tribunale ordina la
cancellazione dell'ente dal registro delle persone giuridiche.
Il provvedimento di cancellazione è annotato d'ufficio nel registro
a cura della cancelleria del tribunale.
Art. 21
La competenza per i provvedimenti relativi alla liquidazione spetta
al tribunale del capoluogo della provincia in cui e registrata la
persona giuridica.
Art. 22
Il registro delle persone giuridiche (Cod. Civ. 33 e seguenti) è
istituito presso la cancelleria del tribunale di ogni capoluogo di
provincia ed e tenuto sotto la diretta sorveglianza del presidente
del tribunale (*).
(*) Per l'iscrizione degli enti ecclesiastici, vedi art. 15, d.p.r.
13 febbraio 1987, n. 33.
Art. 23
Il registro consta di due parti, l'una generale e l'altra analitica.
Nella prima parte del registro sono iscritte le persone giuridiche
con la sola indicazione della loro denominazione.
L'iscrizione è contrassegnata da un numero d'ordine, ed e
accompagnata dall'indicazione della data, del nome del richiedente,
delle pagine riservate nella parte analitica alla stessa persona
giuridica e del volume in cui sono contenuti lo statuto e l'atto
costitutivo. Alla fine della parte generale il registro è munito di
una rubrica alfabetica contenente il nome della persona giuridica,
il numero della pagina in cui la stessa è iscritta e il riferimento
alla parte analitica del registro.
Nella seconda parte del registro, distintamente per ogni persona
giuridica, sono iscritti tutti gli elementi e i fatti indicati nel
secondo comma dell'art. 33 e del primo comma dell'art. 34 del
codice.
Ogni iscrizione è contrassegnata da un numero d'ordine e deve
contenere l'indicazione della data, del nome del richiedente, del
volume in cui sono raccolti l'atto costitutivo e lo statuto e di
quello dove sono raccolte le copie delle deliberazioni e dei
provvedimenti iscritti nel registro.
Ad ogni persona giuridica è riservato nella seconda parte del
registro un intero foglio costituito da due pagine contrapposte. Le
iscrizioni successive si fanno nello stesso foglio. Quando il foglio
riservato per una persona giuridica è esaurito, le iscrizioni sono
fatte in un foglio successivo. La continuazione deve risultare
chiaramente dalla pagina esaurita.
Art. 24
Le iscrizioni si eseguono nel registro tenuto nel capoluogo della
provincia, nella quale è la sede (Cod. Civ. 46) della persona
giuridica.
Al richiedente deve essere rilasciata ricevuta in carta libera (*)
della richiesta d'iscrizione.
(*) Agevolazione ora esclusa dal d.p.r. 29 settembre 1973, n. 601.
Art. 25
Per ottenere l'iscrizione della persona giuridica, il richiedente
deve presentare copia autentica in carta libera (*) del decreto di
riconoscimento, dell'atto costitutivo e dello statuto (Cod. Civ.
33).
Quando il riconoscimento è avvenuto per decreto del Presidente della
Repubblica, è sufficiente l'esibizione del numero della Gazzetta
Ufficiale nel quale il decreto è stato pubblicato.
L'atto costitutivo e lo statuto rimangono depositati nella
cancelleria e sono ordinati in volumi muniti di rubrica alfabetica.
(*) Agevolazione ora esclusa dal d.p.r. 29 settembre 1973, n. 601.
Art. 26
Per ottenere l'iscrizione dei fatti indicati nell'art. 34 del
codice, il richiedente deve presentare copia autentica in carta
libera (*) della deliberazione o del provvedimento da iscrivere.
Tali copie restano depositate in cancelleria e sono ordinate in
volumi muniti di rubrica alfabetica.
(*) Agevolazione ora esclusa dal d.p.r. 29 settembre 1973, n. 601.
Art. 27
L'obbligo di richiedere le iscrizioni nel registro delle persone
giuridiche deve essere adempiuto dagli amministratori e dai
liquidatori nel termine di giorni quindici (Cod. Civ. 35).
Per le iscrizioni previste nell'art. 33 del codice, il termine
decorre dalla data di pubblicazione del decreto del Presidente della
Repubblica di riconoscimento nella Gazzetta Ufficiale e, se il
riconoscimento è concesso con decreto del prefetto, dalla data di
comunicazione del provvedimento prefettizio.
Per gli amministratori, che al momento della pubblicazione o della
comunicazione del decreto di riconoscimento non erano in carica, il
termine decorre dal momento in cui essi hanno accettato la nomina.
Per le iscrizioni previste nell'art. 34 del codice, il termine
decorre, se trattasi di provvedimenti dell'autorità, dalla data
della loro comunicazione, se di deliberazioni dell'ente o dei suoi
organi dalla data delle medesime. Quando la deliberazione e soggetta
ad approvazione dell'autorità governativa a norma dell'art. 16 del
codice, il termine decorre dalla data in cui l'approvazione è
comunicata.
Art. 28
La registrazione della persona giuridica prevista nell'art. 33 del
codice può essere richiesta da coloro che hanno fatto istanza per il
riconoscimento.
La registrazione di ufficio prevista nel terzo comma dell'art. 33
del codice può essere disposta dal pubblico ministero presso il
tribunale dove è tenuto il registro.
Art. 29
Il registro e i documenti relativi possono essere esaminati da
chiunque ne fa richiesta.
La cancelleria deve rilasciare gli estratti e i certificati che sono
richiesti.
Art. 30
Il registro, prima di essere posto in uso, deve essere numerato e
vidimato in ciascun foglio dal presidente del tribunale o da un
giudice del tribunale delegato dal presidente con decreto da
iscriversi nella prima pagina del registro.
Nell'ultima pagina del registro il presidente o il giudice delegato
indica il numero dei fogli di cui e composto il registro.
Art. 31
Il trasferimento della residenza (Cod. Civ. 44) si prova con la
doppia dichiarazione fatta al comune che si abbandona e a quello
dove s'intende fissare la dimora abituale. Nella dichiarazione fatta
al comune che si abbandona deve risultare il luogo in cui è fissata
la nuova residenza.
Art. 32 (*)
Il pubblico ministero deve essere sempre sentito nei procedimenti di
volontaria giurisdizione riguardanti il fondo patrimoniale (Cod.
Civ. 167 e seguenti).
(*) Articolo così modificato dalla legge 19 maggio 1975, n. 151
(riforma del diritto di famiglia).
Art. 33 (*)
Nel caso previsto dall'art. 183 del codice, il tribunale, in camera
di consiglio, provvede con decreto, su istanza dell'altro coniuge, e
sentito il pubblico ministero.
(*) Articolo così modificato dalla legge 19 maggio 1975, n. 151
(riforma del diritto di famiglia).
Art. 34 (*)
Sulla domanda del figlio naturale per ottenere il mantenimento,
l'istruzione e l'educazione di cui all'art. 279, primo comma, del
codice provvede il tribunale per i minorenni.
(*) Articolo così modificato dalla legge 19 maggio 1975, n. 151
(riforma del diritto di famiglia).
Art. 34-bis (*)
Il notaio rogante deve, nel termine di 30 giorni dalla data del
matrimonio o dalla data dell'atto pubblico di modifica delle
convenzioni, ovvero di quella dell'omologazione del caso previsto
dal secondo comma dell'art. 163 del codice, richiedere l'annotazione
a margine dell'atto di matrimonio della convenzione matrimoniale
dell'atto di modifica della stessa.
Nello stesso termine deve richiedere l'annotazione di cui all'ultimo
comma dell'art. 163 del codice.
(*) Articolo così modificato dalla legge 19 maggio 1975, n. 151
(riforma del diritto di famiglia).
Art. 35 (*)
Il riconoscimento di cui al secondo comma dell'art. 251 del codice e
autorizzato dal tribunale per i minorenni se il figlio da
riconoscere e minore.
Sulla domanda di legittimazione (Cod. Civ. 280 e seguenti), di
adozione (Cod. Civ. 291 e seguenti) e di revoca dell'adozione (Cod.
Civ. 305 e seguenti) di minore di età provvede il tribunale per i
minorenni (Cod. Civ. 314).
(*) Articolo così modificato dalla legge 19 maggio 1975, n. 151
(riforma del diritto di famiglia).
Art. 36 (*)
La rinunzia alla cittadinanza di cui all'art. 143 ter del codice
deve essere fatta dinanzi all'ufficiale di stato civile del luogo
dove la rinunziante risiede, ed è trascritta nei registri di
cittadinanza.
Qualora la rinunziante risieda all'estero, la rinunzia deve essere
fatta dinanzi all'agente diplomatico o consolare del luogo di
residenza. L'agente la trascrive in apposito registro e ne rimette
immediatamente copia al Ministero dell'interno che ne cura, a mezzo
dell'autorità competente, la trascrizione nei registri di
cittadinanza.
(*) Articolo così modificato dalla legge 19 maggio 1975, n. 151
(riforma del diritto di famiglia).
Art. 37 (*)
L'iscrizione nel registro previsto nell'art. 314 del codice si
esegue senza spese.
L'iscrizione della sentenza che revoca l'adozione (Cod. Civ. 309)
deve essere altresì annotata in margine all'iscrizione del decreto
di adozione.
(*) Articolo così modificato dalla legge 19 maggio 1975, n. 151
(riforma del diritto di famiglia).
Art. 38 (*)
Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti
contemplati dagli artt. 84, 90, 171, 194, comma secondo, 250, 252,
262, 264, 316, 317 bis, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma,
nonché nel caso di minori dall'art. 269, primo comma, codice civile
(**).
Sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti per i quali non
e espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità
giudiziaria.
In ogni caso il tribunale provvede in camera di consiglio sentito il
pubblico ministero.
Quando il provvedimento è emesso dal tribunale per i minorenni il
reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello per i
minorenni.
(*) Articolo così modificato dalla legge 19 maggio 1975, n. 151
(riforma del diritto di famiglia).
(**) Comma così sostituito dall'art. 68, legge 4 marzo 1983, n. 184
(disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori).
Art. 39
L'omologazione prevista negli artt. 406 e 412 del codice è di
competenza del tribunale per i minorenni (*).
(*) Articolo privo di di oggetto a seguito dell'abrogazione degli
artt. 406, 412 ad opera dell'art. 77, legge 4 maggio 1983, n. 184
(disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori).
Art. 40
La domanda per l'interdizione del minore emancipato (Cod. Civ. 414)
e quella per l'interdizione o l'inabilitazione del minore
nell'ultimo anno della minore età (Cod. Civ. 416) devono essere
proposte davanti al tribunale per i minorenni.
Art. 41
I provvedimenti previsti nell'art. 145 del codice sono di competenza
del tribunale del circondario del luogo in cui è stabilita la
residenza familiare (Cod. Civ. 144) o, se questa manchi, del
tribunale del luogo del domicilio di uno dei coniugi. Il tribunale
provvede in composizione monocratica (*).
(*) Articolo così sostituito dall'art. 151, d. lgs. 19 febbraio
1998, n. 51.
Art. 42
I provvedimenti indicati nell'art. 423 del codice e le sentenze di
revoca previste nell'art. 429 del codice stesso devono essere
trasmessi in copia in carta libera, entro dieci giorni dalla
pubblicazione, al giudice tutelare a cura del cancelliere
dell'autorità giudiziaria che li ha pronunziati.
Art. 43
I provvedimenti del giudice tutelare (Cod. Civ. 344 e seguenti) sono
emessi con decreto.
Nei casi urgenti la richiesta di un provvedimento può essere fatta
al giudice anche verbalmente.
Art. 44
Il giudice tutelare può convocare in qualunque momento il tutore, il
protutore e il curatore allo scopo di chiedere informazioni,
chiarimenti e notizie sulla gestione della tutela (Cod. Civ. 357 e
seguenti) o della curatela (Cod. Civ. 394 e seguenti) e di dare
istruzioni inerenti agli interessi morali e patrimoniali del minore.
Art. 45
La competenza a decidere dei reclami avverso i decreti del giudice
tutelare spetta al tribunale ordinario quando si tratta dei
provvedimenti indicati negli artt. 320, 321, 372, 373, 374, 376,
secondo comma, 386, 394 e 395 del codice.
La competenza spetta al tribunale per i minorenni in tutti gli altri
casi.
Nell'ipotesi prevista nell'art. 386, ultimo comma, del codice
l'autorità giudiziaria competente provvede in sede contenziosa.
Art. 46
Tutti gli atti della procedura della tutela (Cod. Civ. 343 e
seguenti), compresi l'inventario, i conti annuali e il conto finale,
sono esenti da tasse di bollo e di registro (*).
Sono del pari esenti da tasse di bollo e di registro (*) gli atti
previsti nel titolo XI del libro I del codice.
(*) Agevolazione ora esclusa dal d.p.r. 29 settembre 1973, n. 601.
Art. 47
Presso l'ufficio del giudice tutelare sono tenuti un registro delle
tutele dei minori e degli interdetti (Cod. Civ. 343 e seguenti, 414
e seguenti) e un altro delle curatele dei minori emancipati e degli
inabilitati (Cod. Civ. 400 e seguenti, 414 e seguenti).
Art. 48
Nel registro delle tutele, in un capitolo speciale per ciascuna di
esse, si devono annotare a cura del cancelliere (Cod. Civ., 389):
il giorno in cui si è aperta la tutela;
la data e gli estremi essenziali della sentenza che ha pronunziato
la interdizione se trattasi di interdetti
il nome, il cognome, la condizione e il domicilio del tutore e del
protutore, la data della loro nomina e della prestazione del
giuramento da parte del tutore;
le risultanze dell'inventario e del conto annuale
l'esonero e la rimozione del tutore o del protutore e in generale
tutti i provvedimenti che portano modificazioni allo stato personale
e patrimoniale della persona sottoposta a tutela;
la chiusura della tutela e la menzione del provvedimento che ne ha
provocato la chiusura;
le risultanze del rendiconto definitivo.
Art. 49
Nel registro delle curatele, in un capitolo speciale per ciascuna di
esse, si devono annotare a cura del cancelliere:
la data e gli estremi essenziali del provvedimento che concede
l'emancipazione o della sentenza che pronunzia la inabilitazione;
il nome, il cognome, la condizione, l'età e il domicilio della
persona emancipata o inabilitata;
il nome, il cognome, la condizione e il domicilio del curatore
nominato all'emancipato o all'inabilitato;
la data del provvedimento che revoca l'emancipazione o della
sentenza che revoca la inabilitazione.
Art. 50 (*)
Il cancelliere è responsabile della tenuta dei registri, che sono da
lui numerati e vidimati prima di essere posti in uso.
(*) Articolo così sostituito dall'art. 152, d. lgs. 19 febbraio
1998, n. 51.
Il precedente testo così recitava: "Il giudice tutelare vigila sulla
tenuta dei registri, che sono da lui numerati e vidimati prima di
essere posti in uso. Alla fine di ogni anno fa rapporto sulla tenuta
medesima al procuratore della Repubblica."
Art. 51 (*)
Nel registro delle tutele devono essere annotati, in capitoli
speciali per ciascun minore, i provvedimenti emanati dal tribunale
per i minorenni ai sensi degli artt. 252, 262, 279, 316, 317-bis,
330, 332, 333, 334 e 335 del codice (**).
A tal fine la cancelleria del tribunale che ha emesso il
provvedimento deve trasmettere copia in carta libera entro dieci
giorni all'ufficio del giudice tutelare del luogo in cui il minore
ha il domicilio per la prescritta annotazione.
(*) Articolo così modificato dalla legge 19 maggio 1975, n. 151
(riforma del diritto di famiglia).
(**) Nel registro delle tutele, ai sensi dell'art. 69 legge 4 maggio
1983, n. 184, debbono essere altresì annotati i provvedimenti
urgenti di cui all'art. 10 della legge 4 maggio 1983, n. 184
(disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori).
SEZIONE II
Disposizioni relative al Libro II
Art. 51-bis (*)
I provvedimenti previsti negli articoli 485, 1° comma, 508, 1°
comma, 509, 1° comma, 517, 2° comma, 528, 1° comma, 529, 530, 1°
comma, 620, 2° e 6° comma, 621, 1° comma, 730, 1° comma, e 736, 2°
comma, del codice sono adottati dal tribunale in composizione
monocratica.
(*) Articolo così introdotto dall'art. 153 d. lgs. 19 febbraio 1998,
n. 51.
Art. 52
Presso la cancelleria di ogni tribunale è tenuto, a cura del
cancelliere il registro delle successioni (*).
In questo registro sono inseriti gli estremi degli atti e delle
dichiarazioni indicati dalla legge (Cod. Civ. 484, 507, 2° comma,
508, 2° comma, 509, 2° comma, 519, 1° comma, 528, 2° comma, 702, 1°
comma). L'inserzione è fatta d'ufficio dal cancelliere, se si tratta
di dichiarazioni da lui ricevute o di provvedimenti del
tribunale(**); su istanza della parte e dietro produzione di copia
autentica dell'atto, negli altri casi.
Il registro è diviso in tre parti. Nella prima sono registrati le
dichiarazioni di accettazione dell'eredità con beneficio
d'inventario (Cod. Civ. 484) e tutti gli atti e le indicazioni
relativi al beneficio d'inventario e all'amministrazione e
liquidazione delle eredità beneficiate, comprese le nomine del
curatore previste dagli artt. 508 e 509 del codice e la menzione
della pubblicazione dell'invito ai creditori per la presentazione
delle dichiarazioni di credito (Cod. Civ. 498, 3° comma). Nella
seconda sono registrate le dichiarazioni di rinunzia all'eredità
(Cod. Civ. 519). Nella terza sono registrati i provvedimenti di
nomina dei curatori delle eredità giacenti (Cod. Civ. 528), nonché
gli atti relativi alla curatela (Cod. Civ. 392, 424) e le
dichiarazioni di accettazione o di rinunzia degli esecutori
testamentari (Cod. Civ. 702).
Il registro deve essere alla fine munito di una rubrica alfabetica
contenente l'indicazione del nome delle persone la cui successione
si è aperta e il riferimento alla pagina nella quale sono contenute
le diverse indicazioni.
(*) Comma così sostituito dall'art. 154 d. lgs. 19 febbraio 1998, n.
51.
Il precedente testo così recitava: "Presso la cancelleria di ogni
pretura e tenuto, a cura del cancelliere e sotto la sorveglianza del
pretore, il registro delle successioni."
(**) Comma così sostituito dall'art. 154 d. lgs. 19 febbraio 1998,
n. 51.
Il precedente testo così recitava: "In questo registro sono inseriti
gli estremi degli atti e delle dichiarazioni indicati dalla legge
(Cod. Civ. 484, 507 e seguenti, 519, 528, 702). L'inserzione e fatta
di ufficio dal cancelliere, se si tratta di dichiarazioni da lui
ricevute o di provvedimenti del pretore; su istanza della parte e
dietro produzione di copia autentica dell'atto, negli altri casi."
Art. 53
Il registro, prima di essere posto in uso, deve essere numerato e
vidimato in ciascun foglio dal pretore (*). Nell'ultima pagina il
cancelliere (**) indica il numero dei fogli di cui esso è composto.
Il registro può essere esaminato da chiunque ne faccia domanda e la
cancelleria deve rilasciare gli estratti e i certificati che sono
richiesti.
(*) La parola "pretore" deve ritenersi sostituita con la parola
"tribunale" in seguito al d. lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(**) Parola così sostituita dall'art. 155 d. lgs. 19 febbraio 1998,
n. 51.
Art. 54
I creditori e i legatari non separatisti, se hanno proposto domanda
giudiziale allo scopo di far valere sugli immobili separati il
diritto loro attribuito dal secondo comma dell'art. 514 del codice,
possono fare annotare tale domanda in margine all'iscrizione in
separazione.
Eseguita l'annotazione della domanda di concorso, il vincolo della
separazione non può cessare se non col consenso di coloro che hanno
eseguito l'annotazione, salvo che la loro pretesa sia stata
giudizialmente esclusa.
Art. 55
Le copie dei verbali e dei testamenti, che sono trasmesse alla
cancelleria del tribunale (*) secondo l'art. 622 del codice, devono,
a cura del cancelliere, essere raccolte in appositi volumi e
annotate in una rubrica alfabetica generale. Le copie possono essere
esaminate da chiunque ne faccia richiesta.
(*) Parola così sostituita dall'art. 156 d. lgs. 19 febbraio 1998,
n. 51.
SEZIONE III
Disposizioni relative al Libro III
Art. 56
Il provvedimento dell'autorità amministrativa con il quale si
dispone che si proceda all'espropriazione a norma dell'art. 838 del
codice è dato con decreto motivato del ministro competente. Il
decreto deve contenere la designazione precisa del bene soggetto a
espropriazione e deve essere notificato all'interessato, il quale
può impugnarlo con ricorso al consiglio di Stato.
Si osservano nell'espropriazione, in quanto applicabili, le norme
della legge generale sull'espropriazione per pubblica utilità.
Art. 57
Le azioni previste dagli artt. 848 e 849 del codice sono di
competenza del tribunale, qualunque sia il valore della causa.
Nel caso regolato dall'art. 849 il giudice fissa con ordinanza
l'udienza per la comparizione del rappresentante dell'associazione
professionale (*), il quale può delegare altra persona. Si osservano
nel resto, in quanto applicabili, le disposizioni dettate dal codice
di procedura civile per i consulenti tecnici (Cod. Proc. Civ. 61 e
seguenti).
(*) Le associazioni professionali sono state soppresse con d. lgs.
lgt. 23 novembre 1944, n. 369.
Art. 57-bis
L'autorizzazione prevista nell'art.915, 1° comma, del codice è data
dal tribunale in composizione monocratica (*).
(*) Articolo così introdotto dall'art. 157, d. lgs. 19 febbraio
1998, n. 51.
Art. 58
Le modalità e gli effetti dell'affrancazione (Cod. Civ. 971) del
fondo enfiteutico sono regolati dalle disposizioni della legge 11
giugno 1925, n. 998, e del Regio decreto 7 febbraio 1926, n. 426
(*).
Il prezzo di affrancazione può essere corrisposto anche in titoli
del debito pubblico consolidato di qualsiasi specie, osservate, per
la determinazione del loro valore, le disposizioni dell'art. 9 della
legge anzidetta.
Le disposizioni del primo comma del presente articolo si applicano
anche alla riduzione in misura fissa dei canoni enfiteutici, dei
censi e di altre prestazioni perpetue consistenti in una quota di
prodotti naturali.
(*) Sulle modalità e gli effetti attuali dell'affrancazione
dell'enfiteusi, cfr. legge 22 luglio 1966, n. 607; legge 18 dicembre
1970, n. 1138; legge 14 giugno 1974, n. 270.
Art. 59
La domanda per la nomina dell'amministratore o per la designazione
dell'istituto di credito nei casi previsti dall'art. 1003 del
codice, se non è proposta in corso di giudizio, si propone con
ricorso al presidente del tribunale: nel caso di nomina
dell'amministratore, al presidente del tribunale del luogo in cui si
trovano gli immobili o si trova la parte più rilevante di essi.
Il presidente del tribunale provvede con decreto, sentita l'altra
parte.
Contro tale provvedimento si può proporre reclamo al presidente
della corte d'appello nel termine di dieci giorni dalla
notificazione.
Art. 60
Gli uffici tecnici che devono essere sentiti a norma del terzo comma
dell'art. 1092 del codice sono l'ufficio locale del genio civile e
il locale ispettorato dell'agricoltura.
Art. 61
Qualora un edificio o un gruppo di edifici appartenenti per piani o
porzioni di piano a proprietari diversi si possa dividere in parti
che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, il condominio
può essere sciolto e i comproprietari di ciascuna parte possono
costituirsi in condominio separato.
Lo scioglimento è deliberato dall'assemblea con la maggioranza
prescritta dal secondo comma dell'art. 1136 del codice, o e disposto
dall'autorità giudiziaria su domanda di almeno un terzo dei
comproprietari di quella parte dell'edificio della quale si chiede
la separazione.
Art. 62
La disposizione del primo comma dell'articolo precedente si applica
anche se restano in comune con gli originari partecipanti alcune
delle cose indicate dall'art. 1117 del codice.
Qualora la divisione non possa attuarsi senza modificare lo stato
delle cose e occorrano opere per la sistemazione diversa dei locali
o delle dipendenze tra i condomini, lo scioglimento del condominio
deve essere deliberato dall'assemblea con la maggioranza prescritta
dal quinto comma dell'art. 1136 del codice stesso.
Art. 63
Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione
approvato dall'assemblea (Cod. Civ. 1123), l'amministratore può
ottenere decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante
opposizione (Cod. Proc. Civ. 642).
Chi subentra nei diritti di un condominio e obbligato, solidalmente
con questo (Cod. Civ. 1292 e seguenti), al pagamento dei contributi
relativi all'anno in corso e a quello precedente.
In caso di mora (Cod. Civ. 1219) nel pagamento dei contributi, che
si sia protratta per un semestre, l'amministratore, se il
regolamento di condominio ne contiene l'autorizzazione, può
sospendere al condomino moroso l'utilizzazione dei servizi comuni
che sono suscettibili di godimento separato.
Art. 64
Sulla revoca dell'amministratore, nei casi indicati dal terzo comma
dell'art. 1129 e dall'ultimo comma dell'art. 1131 del codice, il
tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato,
sentito l'amministratore medesimo.
Contro il provvedimento del tribunale può essere proposto reclamo
alla corte d'appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione
(Cod. Proc. Civ. 137).
Art. 65
Quando per qualsiasi causa manca il legale rappresentante dei
condomini, chi intende iniziare o proseguire una lite contro i
partecipanti a un condominio può richiedere la nomina di un curatore
speciale ai sensi dell'art. 80 Cod. Proc. Civ.
Il curatore speciale deve senza indugio convocare l'assemblea dei
condomini per avere istruzioni sulla condotta della lite.
Art. 66
L'assemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le
deliberazioni indicate dall'art. 1135 del codice, può essere
convocata in via straordinaria dall'amministratore quando questi lo
ritiene necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due
condomini che rappresentino un sesto del valore dell'edificio.
Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini
possono provvedere direttamente alla convocazione.
In mancanza dell'amministratore, l'assemblea tanto ordinaria quanto
straordinaria può essere convocata a iniziativa di ciascun
condòmino.
L'avviso di convocazione deve essere comunicato ai condomini almeno
cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza.
Art. 67
Ogni condòmino può intervenire all'assemblea anche a mezzo di
rappresentante.
Qualora un piano o porzione di piano dell'edificio appartenga in
proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo
rappresentante nella assemblea, che è designato dai comproprietari
interessati; in mancanza provvede per sorteggio il presidente.
L'usufruttuario di un piano o porzione di piano dell'edificio
esercita il diritto di voto negli affari che attengono all'ordinaria
amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi
comuni.
Nelle deliberazioni che riguardano innovazioni, ricostruzioni od
opere di manutenzione straordinaria delle parti comuni dell'edificio
il diritto di voto spetta invece al proprietario.
Art. 68
Per gli effetti indicati dagli artt. 1123, 1124, 1126 e 1136 del
codice, il regolamento di condominio deve precisare il valore
proporzionale di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano
spettante in proprietà esclusiva ai singoli condomini.
I valori dei piani o delle porzioni di piano, ragguagliati a quello
dell'intero edificio, devono essere espressi in millesimi in
apposita tabella allegata al regolamento di condominio.
Nell'accertamento dei valori medesimi non si tiene conto del canone
locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di
ciascun piano o di ciascuna porzione di piano.
Art. 69
I valori proporzionali dei vari piani o porzioni di piano possono
essere riveduti o modificati, anche nell'interesse di un solo
condomino, nei seguenti casi:
1) quando risulta che sono conseguenza di un errore;
2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in
conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione
parziale o di innovazioni di bassa portata, è notevolmente alterato
il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o przioni di
piano.
Art. 70
Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito,
a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino a lire cento.
La somma è devoluta al fondo di cui l'amministratore dispone per le
spese ordinarie.
Art. 71
Il registro indicato dal 4° comma dell'art. 1129 e dal 3° comma
dell'art. 1138 del codice è tenuto presso l'associazione
professionale (*) dei proprietari di fabbricati.
(*) L'associazione professionale è stata soppressa d. lgs. lgt. 23
novembre 1944, n. 369.
Art. 72
I regolamenti di condominio non possono derogare alle disposizioni
dei precedenti artt. 63, 66, 67 e 69.
SEZIONE IV
Disposizioni relative al Libro IV
Art. 73
Gli atti di offerta reale e quelli di deposito previsti dagli artt.
1209, primo comma, 1212 e 1214 del codice, sono eseguiti da un
notaio o da un ufficiale giudiziario.
Le offerte per intimazione, previste dagli artt. 1209, secondo
comma, e 1216,primo comma, sono eseguite con atto di ufficiale
giudiziario.
Art. 73-bis (*)
I provvedimenti previsti negli articoli 1211, 1514, 1° comma, 1515,
3° comma, e 1841 del codice sono adottati dal tribunale in
composizione monocratica
(*) Articolo introdotto dall'art. 158, d. lgs. 19 febbraio 1998, n.
51.
Art. 74
Il processo verbale dell'offerta reale deve essere redatto in
conformità delle disposizioni dell'art. 126 del codice di procedura
civile e deve in particolare contenere la specificazione
dell'oggetto dell'offerta e le dichiarazioni del creditore.
Quando l'offerta è accettata, il pubblico ufficiale esegue il
pagamento e riceve le dichiarazioni del creditore per quietanza e
per liberazione dalle garanzie.
Se il creditore non è presente all'offerta, il processo verbale deve
essergli notificato nelle forme prescritte per la citazione.
L'intimazione prescritta dall'art. 1212, n. 1, del codice, può
essere fatta con lo stesso atto di notificazione del verbale
dell'offerta. In ogni caso tra l'intimazione e il deposito deve
trascorrere un termine non minore di giorni tre.
Art. 75
L'atto di intimazione, nei casi previsti dagli artt. 1209, secondo
comma, e 1216, primo comma, del codice, deve contenere l'indicazione
del giorno, dell'ora e del luogo in cui il debitore intende
procedere alla consegna delle cose mobili o al rilascio
dell'immobile a favore del creditore, con rispetto di un intervallo
non minore di giorni tre.
La mancata comparizione del creditore o il suo rifiuto di accettare
l'offerta sono accertati con verbale redatto da un notaio o da un
ufficiale giudiziario nel luogo, nel giorno e nell'ora indicati
nell'atto di intimazione, con tutte le altre indicazioni prescritte
dal primo comma dell'articolo precedente, e da tale giorno decorrono
gli effetti della mora.
Art. 76
I depositi che hanno per oggetto titoli di credito o somme di danaro
debbono essere eseguiti presso la cassa dei depositi e prestiti
secondo le norme della legge speciale oppure presso un istituto di
credito (att. Cod. Civ. 251).
Art. 77
Il deposito di cose mobili diverse dal danaro e di titoli di
credito, nei casi previsti dagli artt. 1210, primo comma, e 1214 del
codice e in ogni altro caso in cui esso sia prescritto dalla legge o
dal giudice (Cod. Civ. 1513, 1514, 1686), ovvero sia voluto dalle
parti, si esegue presso stabilimenti di pubblico deposito a norma
delle leggi speciali.
Qualora non esistano stabilimenti di pubblico deposito nel luogo in
cui deve essere eseguita la prestazione, o se ricorrono particolari
ragioni, il pretore del luogo predetto, su ricorso della parte
interessata, può autorizzare con decreto il deposito presso altro
locale idoneo.
Art. 78
Il pubblico ufficiale, che a norma dell'art. 1210 del codice procede
al deposito di danaro, di titoli di credito o di altre cose mobili,
deve redigere processo verbale della relativa operazione in
conformità del successivo art. 1212, n. 3, e dell'art. 126 Cod.
Proc. Civ., e consegnarne copia al depositario, nonché al creditore
comparso, se la richiede.
Se il creditore non è stato presente, deve essergli notificata copia
del processo verbale nelle forme prescritte per gli atti di
citazione (Cod. Proc. Civ. 137).
Art. 79
Il sequestratario dell'immobile, nel caso previsto dal secondo comma
dell'art. 1216 del codice, è nominato, se non vi è giudizio
pendente, dal presidente del tribunale del luogo in cui si trova
l'immobile.
Il presidente del tribunale provvede con decreto, sentito il
creditore. Contro tale decreto è ammesso reclamo al presidente della
corte di appello, entro dieci giorni dalla notificazione.
La consegna dell'immobile al sequestratario deve risultare da
processo verbale redatto da un notaio o da un ufficiale giudiziario.
Copia del processo verbale deve essere notificata al creditore che
non sia stato presente.
Art. 80
L'atto di intimazione previsto dall'art. 1217 del codice, se non è
determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, e
in ogni caso se la prestazione medesima deve effettuarsi in località
diversa dal domicilio del creditore, deve contenere l'indicazione
del giorno, dell'ora e del luogo in cui il debitore intende eseguire
la prestazione, col rispetto di un intervallo di almeno tre giorni,
a meno che la natura del rapporto non imponga un intervallo minore.
Il mancato ricevimento della prestazione da parte del creditore nel
giorno stabilito può essere accertato nelle forme di uso e da tale
giorno decorrono gli effetti della mora (Cod. Civ. 1207).
Art. 81
Nei casi previsti dagli artt. 1286, terzo comma e 1287, terzo comma,
del codice, l'istanza per la fissazione del termine entro il quale
deve essere fatta la scelta e quella per la scelta della prestazione
da parte del giudice si propongono, se non vi e giudizio pendente,
davanti l'autorità giudiziaria del luogo in cui la prestazione deve
eseguirsi, osservate le disposizioni previste rispettivamente dagli
artt. 749 e 750 del codice di procedura civile.
Art. 82
L'istanza per la nomina del terzo nei casi previsti dal secondo
comma dell'art. 1473 del codice, qualora non vi sia giudizio in
corso, si propone con ricorso al presidente del tribunale del luogo
in cui deve eseguirsi la consegna della cosa a norma dell'art. 1510
del codice.
Il ricorso deve essere notificato alle altre parti interessate e al
terzo. Il presidente del tribunale provvede con decreto; contro di
questo è ammesso reclamo al primo presidente della corte di appello
entro dieci giorni dalla notificazione.
La nomina deve cadere normalmente su persona esperta iscritta in
albi o elenchi o ruoli istituiti a norma di legge.
Art. 83
Sono autorizzati alle operazioni di vendita con o senza incanto a
norma dell'art. 1515 del codice, o alle operazioni di compra a norma
del successivo art. 1516 (Cod. Civ. 2797, 2° comma):
1) gli agenti di cambio, per i valori pubblici e per i titoli di
credito specificati nelle leggi sulle borse;
2) i mediatori in merci iscritti presso i consigli provinciali delle
corporazioni (*), per le merci e le derrate.
La vendita all'incanto deve essere annunziata con le forme di una
pubblicità commerciale adeguata alla natura ed al valore delle cose
poste in vendita.
Il verbale d'incanto è depositato nella cancelleria della pretura
(**)del luogo in cui si è proceduto alla vendita.
Le operazioni di vendita senza incanto e quelle di compra devono
essere documentate mediante certificato, fattura o fissato bollato,
in doppio esemplare, uno dei quali e consegnato alla parte
richiedente e l'altro, vistato da questa, e conservato dalla persona
che ha eseguito l'incarico.
Il compenso dovuto alla persona predetta, se non esiste una tariffa
approvata, è stabilito con decreto del pretore del luogo in cui
l'incarico e stato eseguito.
(*) Attualmente Camere di commercio, industria artigianato e
agricoltura: l. 26 settembre 1966, n. 792.
(**) La parola "pretura" deve intendersi sostituita con "tribunale"
ai sensi del d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
Art. 84
Il contratto di vendita con riserva di proprietà di macchine per
prezzo superiore a lire trentamila, deve essere iscritto, agli
effetti previsti dal secondo comma dell'art. 1524 del codice, nel
registro istituito presso la cancelleria del tribunale nella cui
giurisdizione la macchina viene collocata.
Le sottoscrizioni delle parti devono essere autenticate, se il
contratto non risulta da atto pubblico.
SEZIONE V
Disposizione relative al libro V
Art. 85-91 (*)
[...]
(*) Articoli abrogati ad opera del d. lgs. lgt. 23 novembre 1944, n.
369, in quanto privi di oggetto a seguito della soppressione degli
organi corporativi. Gkli articoli 92-94 vengono tuttavia riprodotti
per il rinvio operato dagli artt. 103 e seguenti disp. att. Cod Civ.
Art. 92
La sentenza che nomina l'amministratore incaricato di assumere la
gestione dell'impresa priva l'imprenditore, dalla sua data,
dell'amministrazione dell'impresa nei limiti dei poteri conferiti
all'amministratore giudiziario (Cod. Civ. 2091-2).
Salvo che la sentenza disponga diversamente, l'amministratore
giudiziario non può compiere atti eccedenti l'ordinaria
amministrazione senza l'autorizzazione del presidente della
magistratura del lavoro.
Entro i limiti dei poteri conferitigli l'amministratore sta in
giudizio nelle controversie, anche in corso, relative alla gestione
dell'impresa.
Se, trattandosi di società, sono conferiti all'amministratore per
determinati atti anche i poteri dell'assemblea, le relative
deliberazioni non sono efficaci senza l'approvazione del presidente
della magistratura del lavoro.
Il compenso dell'amministratore è determinato dal presidente della
magistratura del lavoro all'atto della nomina o successivamente.
Art. 93
L'amministratore giudiziario è, per quanto attiene all'esercizio
delle sue funzioni, pubblico ufficiale.
Art. 94
L'amministratore giudiziario deve adempiere con diligenza i doveri
del proprio ufficio e può essere revocato dalla magistratura del
lavoro con decreto in ogni tempo su richiesta del pubblico ministero
o di chiunque vi abbia interesse.
L'amministratore che cessa dal suo ufficio deposita nella
cancelleria del tribunale del luogo, ove è la sede principale
dell'impresa, il conto della gestione. L'avvenuto deposito e
comunicato immediatamente all'imprenditore.
Il presidente del tribunale con decreto fissa l'udienza, in termine
non inferiore a quindici giorni dal deposito, nella quale le parti
possono presentare le loro osservazioni, e nomina un giudice per la
procedura. Non sono ammesse contestazioni relative ai criteri
tecnici della gestione nei limiti dei poteri conferiti
all'amministratore.
Si applicano le disposizioni degli artt. 263, secondo comma, e
seguenti del codice di procedura civile.
Art. 95
Quando le leggi o le norme corporative (*) non dispongono,
l'appartenenza alla categoria d'impiegato o di operaio (Cod. Civ.
2095) è determinata dal Regio decreto legge 13 novembre 1924, n.
1825, convertito nella legge 18 marzo 1926, n. 562.
(*) Il d. lgs. lgt. 23 novembre 1944, n. 369, ha soppresso
l'ordinamento corporativo.
Art. 96
L'imprenditore deve far conoscere al prestatore di lavoro, al
momento dell'assunzione, la categoria e la qualifica che gli sono
assegnate in relazione alle mansioni per cui e stato assunto (Cod.
Civ. 2103).
Le qualifiche dei prestatori di lavoro, nell'ambito di ciascuna
delle categorie indicate nell'art. 2095 del codice, possono essere
stabilite e raggruppate per gradi secondo la loro importanza
nell'ordinamento dell'impresa. Il prestatore di lavoro assume il
grado gerarchico corrispondente alla qualifica e alle mansioni.
I contratti collettivi di lavoro possono stabilire che, nel caso di
divergenza tra l'imprenditore e il prestatore di lavoro circa
l'assegnazione della qualifica, l'accertamento dei fatti rilevanti
per la determinazione della qualifica venga fatto da un collegio
costituito da un funzionario dell'ispettorato corporativo (*) che
presiede, e da un delegato di ciascuna delle associazioni
professionali (**) che rappresentano le categorie interessate.
Sui fatti rilevanti per la determinazione della qualifica che hanno
formato oggetto dell'accertamento compiuto con tali forme, non sono
ammesse nuove indagini o prove, salvo che l'accertamento sia viziato
da errore manifesto.
(*) Ora Ispettorato del lavoro.
(**) Il d. lgs. lgt. 23 novembre 1944, n. 369 ha soppresso le
associazioni professionali.
Art. 97
Nel caso previsto dall'art. 2106 del codice, ai prestatori di lavoro
addetti alle imprese esercitate da enti pubblici inquadrati
sindacalmente, le sanzioni disciplinari stabilite nei regolamenti
emanati dagli enti medesimi si applicano solo in quanto compatibili
con le particolari disposizioni dei contratti collettivi a cui gli
enti sono soggetti.
Art. 98
Nei rapporti d'impiego inerenti all'esercizio dell'impresa, in
mancanza di norme corporative (*) o di usi più favorevoli, per
quanto concerne il trattamento cui ha diritto l'impiegato nei casi
d'infortunio, di malattia, di gravidanza o di puerperio (Cod. Civ.
2110), la durata del periodo feriale (Cod. Civ. 2109), del periodo
di preavviso (Cod. Civ. 2118), la misura dell'indennità sostitutiva
di questo e l'ammontare dell'indennità di anzianità in caso di
cessazione del rapporto (Cod. Civ. 2120), si applicano le
corrispondenti norme del Regio decreto legge 13 novembre 1924, n.
1825, convertito nella legge 18 marzo 1926, n. 562 (Cod. Civ. 2109 e
seguente).
Le richiamate norme si applicano altresì ai rapporti d'impiego dei
dipendenti di enti pubblici anche se non inquadrati sindacalmente,
in quanto il rapporto non sia diversamente disciplinato da leggi o
regolamenti speciali, nonché ai rapporti d'impiego non inerenti
all'esercizio di un'impresa, in quanto non esistano convenzioni od
usi più favorevoli al prestatore di lavoro.
(*) Il d. lgs. lgt. 23 novembre 1944, n. 369, ha soppresso
l'ordinamento corporativo
Art. 99
Le disposizioni relative all'istituzione del registro delle imprese
previsto dall'art. 2188 del codice saranno emanate con decreto del
Presidente della Repubblica. Tale decreto stabilirà altresì la data
di attuazione del registro delle imprese, nonché le condizioni per
l'iscrizione delle imprese individuali e sociali esistenti in tale
momento (att. Cod. Civ. 100, 101-bis).
Art. 100
Fino all'attuazione del registro delle imprese gli atti di
autorizzazione alla continuazione dell'esercizio di una impresa
commerciale nell'interesse di un minore o di un interdetto (Cod.
Civ. 320, 5° comma, 424), gli atti di autorizzazione all'esercizio
di una impresa commerciale da parte di un minore emancipato o di un
inabilitato (Cod. Civ. 397, 425), i provvedimenti di revoca delle
autorizzazioni stesse (Cod. Civ. 2198), le procure institorie (Cod.
Civ. 2206), le nomine di procuratori (Cod. Civ. 2209) nonché gli
atti e i fatti relativi alle società, per i quali il codice
stabilisce l'iscrizione nel registro delle imprese (Cod. Civ. 2200,
2296, 2317, 2330 1°comma, 2411, 2436 e seguenti, 2444 e seguenti,
2475 3° comma, 2498 2° comma, 2502 2° comma, 2504, 2506, 2519), sono
soggetti alla iscrizione nei registri di cancelleria presso il
tribunale secondo le modalità stabilite dalle leggi anteriori (*).
Tuttavia il contenuto degli atti da iscrivere, i termini per
l'iscrizione e gli effetti della medesima sono determinati dal
codice.
Fino all'attuazione del registro delle imprese non sono soggetti a
registrazione gli imprenditori individuali e gli enti pubblici che
esercitano un'attività commerciale (Cod. Civ. 2195), salvo quanto
disposto dal primo comma del presente articolo.
Non si applicano inoltre le disposizioni contenute nel secondo comma
dell'art. 2556 e dell'art. 2559 del codice (**).
(*) L'art. 8 legge 29 dicembre 1993, n. 580 ha istituito l'Ufficio
del registro delle imprese presso le camere di commercio; per il
relativo regolamento, cfr. d.p.r. 7 dicembre 1995, n. 581.
(**) Articolo così modificato dall'art. 8, l. 12 aprile 1973, n.
256.
Art. 101
Fino all'attuazione del registro delle imprese i depositi di atti o
documenti, che secondo il codice devono eseguirsi presso l'ufficio
del registro delle imprese, si eseguono presso la cancelleria del
tribunale (*).
Le attribuzioni del giudice del registro spettano al presidente del
tribunale o a un giudice da lui delegato.
(*) L'art. 1.5-bis, d.l. 15 gennaio 1993, n. 6, convertito in l. 17
marzo 1993, n. 63, dispone che "Il deposito degli atti relativi alla
tenuta del registro delle imprese, con effetto anche per
l'iscrizione nel registro delle ditte, nonché degli atti da
pubblicare nel bollettino ufficiale delle società per azioni e a
responsabilità limitata avviene per il tramite delle camere di
commercio, industria, artigianato e agricoltura".
Art. 101-bis (*)
Copia integrale o parziale di ogni atto per il quale è prescritta
l'iscrizione o il deposito nel registro delle imprese deve essere
rilasciata a chi ne faccia richiesta, anche per corrispondenza,
senza che il costo di tale copia possa eccedere il costo
amministrativo.
(*) Articolo introdotto dall'art. 20 d.p.r. 29 dicembre 1969, n.
1127.
Art. 101-ter (*)
Ai fini della pubblicità prescritta dagli artt. 2506 e 2507 Cod.
Civ. la società richiedente deve allegare agli atti e documenti ivi
previsti la traduzione giurata in lingua italiana e deve indicare
gli estremi della pubblicità attuata nello Stato ove è situata la
sede principale. Dell'avvenuto deposito dei documenti deve essere
fatta menzione nel Bollettino ufficiale delle società per azioni e a
responsabilità limitata (**).
(*) Articolo introdotto dall'art. 5 d. lgs. 29 dicembre 1992, n.
516.
(**) L'art. 29, 1° comma, l. 7 agosto 1997, n. 266 dispone che "A
decorrere dal 1° ottobre 1997, l'obbligo di pubblicazione degli atti
e dei fatti per i quali la legge prevede la pubblicazione nel
Bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità
limitata o nel Bollettino ufficiale delle siocietà cooperative,è
assolto con l'iscrizione o il deposito nel registro delle imprese".
Art. 101-quater (*)
Le società soggette alla legislazione di un altro Stato appartenente
alla Comunità economica europea, le quali stabiliscono nel
territorio dello Stato più sedi secondarie con rappresentanza
stabile, possono attuare la pubblicità dell'atto costitutivo, dello
statuto e dei bilanci nell'Ufficio del registro delle imprese di una
soltanto delle sedi secondarie depositando negli altri
l'attestazione dell'eseguita pubblicità.
(*) Articolo introdotto dall'art. 5 d. lgs. 29 dicembre 1992, n.
516.
Art. 102
Le norme per la formazione del ruolo, per la nomina e per la
disciplina dei revisori ufficiali dei conti e quelle per la
vigilanza e per la disciplina dei sindaci delle società saranno
emanate con decreto del Presidente della Repubblica.
Fino all'entrata in vigore di tale decreto continueranno ad
applicarsi le disposizioni anteriori (*).
(*) Cfr. R. d. 24 luglio 1936, n. 1548e, attualmente, d. lgs. 24
gennaio 1992, n. 88.
Art. 103
I provvedimenti del tribunale previsti dall'art. 2409 del codice
sono disposti con decreto, il quale deve essere comunicato a cura
del cancelliere, entro cinque giorni, all'ufficio del registro delle
imprese per l'iscrizione e, fino a che questo non sia istituito,
alla cancelleria del tribunale per l'iscrizione nel registro delle
società.
L'amministratore giudiziario, nominato dal tribunale a norma
dell'art. 2409 del codice, è scelto possibilmente fra gli iscritti
nel ruolo degli amministratori giudiziari (*). A lui si applicano
gli artt. 92, 93 e 94 di queste disposizioni, intendendosi
sostituiti nei poteri della magistratura del lavoro e del presidente
della magistratura del lavoro rispettivamente quelli del tribunale e
del presidente del tribunale.
(*) Il ruolo degli amministratori giudiziari è stato soppresso con
d. lgs. c. p. s. 23 agosto 1946, n. 153. L'amministratore
giudiziario deve attualmente essere scelto tra gli iscritti al ruolo
dei revisori dei conti di cui all'art. 15, R. d. l. 24 luglio 1936,
n. 1548. Cfr. ora d. lgs. 27 gennaio 1992, n. 88.
Art. 104
Il presidente del tribunale, prima di procedere alla nomina del
rappresentante degli obbligazionisti prevista dall'art. 2417 del
codice, deve sentire gli amministratori delle società. Le funzioni
di rappresentante degli obbligazionisti possono essere attribuite
alle società fiduciarie.
Art. 105
La liquidazione coatta amministrativa delle società cooperative
(Cod. Civ. 2540) è regolata dalle norme generali sulla liquidazione
coatta amministrativa delle società, salvo che le leggi speciali
dispongano diversamente.
Art. 106
Le norme degli artt. 92, 93 e 94 di queste disposizioni si applicano
anche al commissario governativo incaricato della gestione della
società cooperativa a norma dell'art. 2543, intendendosi sostituiti
nei poteri della magistratura del lavoro e del presidente della
magistratura del lavoro, per quanto riguarda le disposizioni dei
precedenti artt. 92 e 94, primo comma, l'autorità governativa che ha
nominato il commissario.
Art. 107
Alle mutue assicuratrici regolate da leggi speciali le disposizioni
del capo II del titolo VI del libro V del codice (2546 e seguenti)
si applicano in quanto compatibili con le leggi medesime.
Art. 108
Fino all'attuazione del registro delle imprese l'iscrizione dei
contratti di consorzio prevista dall'art. 2612 del codice deve
essere eseguita nel registro delle società presso la cancelleria del
tribunale nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio, e pubblicata
nel foglio degli annunzi legali.
Per le modalità dell'iscrizione si osservano le norme stabilite per
le società, in quanto applicabili.
Al commissario governativo, nominato dall'autorità governativa in
sostituzione degli organi del consorzio a norma dell'art. 2619 del
codice, si applica l'art. 106 di queste disposizioni.
Art. 109
Per le società per azioni soggette al Regio decreto legge 25 ottobre
1941, n. 1148 e per la durata di tale decreto non si applicano le
disposizioni del libro V del codice relative alle azioni al
portatore (Cod. Civ. 2355).
Art. 110
La competenza dell'autorità governativa nell'esercizio dei poteri ad
essa demandati dal libro V del codice è determinata dalle leggi
speciali.
Art. 111
Le norme per l'attuazione delle disposizioni contenute nelle sezioni
III e IV del capo II del titolo X del libro V del codice saranno
emanate con decreto del Presidente della Repubblica (*).
Fino all'entrata in vigore di tale decreto la disciplina dei
consorzi obbligatori e i controlli dell'autorità governativa sui
consorzi volontari continuano ad essere regolati dalle leggi
anteriori.
(*) L'originale dicitura "decreto reale" deve intendersi sostituita
con il termine "decreto del Presidente della Repubblica".
SEZIONE VI
Disposizioni relative al Libro VI
Art. 112 (*)
[...]
(*) Articolo abrogato dalla legge 21 gennaio 1983, n. 22.
Il testo originale recitava: "All'applicazione della pena pecuniaria
stabilita dall'art. 2682 del codice provvede con decreto motivato il
tribunale in camera di consiglio, sentiti il conservatore e il
pubblico ministero. Contro il provvedimento del tribunale è ammesso
reclamo alla corte d'appelllo, nel termine di dieci giorni dalla
notificazione, da eseguirsi a cura del cancelliere. Le stesse
disposizioni si osservano per l'applicazione della pena pecuniaria
stabilita dall'art. 2833 del codice. In questo caso devono essere
sentite, oltre il pubblico ministero, le persone che non hanno
adempiuto all'obbligo di richiedere l'iscrizione".
Art. 113
Il reclamo menzionato nell'art. 2888 del codice si propone al
tribunale, il quale provvede con decreto motivato in camera di
consiglio, sentiti il conservatore e il pubblico ministero.
Contro il provvedimento che non accoglie la domanda il richiedente
può proporre reclamo alla corte d'appello.
Il tribunale o la corte può ordinare che la domanda di cancellazione
sia proposta nelle forme ordinarie in contraddittorio delle persone
che ritiene abbiano interesse contrario alla cancellazione medesima.
Art. 113-bis (*)
Il conservatore, nel caso in cui non riceva i titoli e le note ai
sensi dell'art. 2674 del codice, indica sulle note i motivi del
rifiuto e restituisce uno degli originali alla parte richiedente. La
parte può avvalersi del procedimento stabilito nell'art. 745 del
codice di procedura civile.
Dello stesso procedimento la parte può avvalersi per il ritardo nel
rilascio di certificati o di copie.
Il pubblico ministero comunica al Ministero di grazia e giustizia e
al Ministero delle finanze la decisione adottata.
(*) Articolo introdotto dall'art. 6, l. 27 febbraio 1985, n. 52.
Art. 113 ter (*)
Il reclamo previsto nell'art. 2674-bis del codice si propone con
ricorso, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla
esecuzione della formalità, davanti al tribunale nella cui
circoscrizione è stabilita la conservatoria; entro lo stesso termine
il ricorso deve essere notificato al conservatore, a pena di
improcedibilità.
Il tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato,
immediatamente esecutivo, sentiti il pubblico ministero, il
conservatore e le parti interessate.
Contro il provvedimento del tribunale e consentito reclamo alla
corte d'appello, con ricorso notificato, a pena di improcedibilità,
anche al conservatore.
A margine della formalità eseguita con riserva il conservatore
annota la proposizione del reclamo, il decreto immediatamente
esecutivo del tribunale e il decreto definitivo.
Quando il reclamo non è proposto o e rigettato definitivamente, la
formalità perde ogni effetto.
(*) Articolo introdotto dall'art. 8, l. 27 febbraio 1985, n. 52.
CAPO II
Disposizioni transitorie
SEZIONE I
Disposizioni relative al Libro I
Art. 114
La pronunzia di immissione nel possesso definitivo dei beni
dell'assente, emessa a termine degli artt. 36 e 38 del codice del
1865, equivale a tutti gli effetti alla dichiarazione di morte
presunta prevista nell'art. 58 del nuovo codice.
Fino al 30 giugno 1942 non può essere dichiarata la morte presunta
nell'ipotesi prevista nell'art. 58 del nuovo codice, se non quando
concorrono le condizioni indicate negli artt. 36 e 38 del codice del
1865 per la pronunzia di immissione definitiva nei beni
dell'assente.
Art. 115
Il termine di tre mesi, previsto nel secondo comma dell'art. 14
della L. 27 maggio 1929, n. 847, è ridotto a un mese.
Il capo primo della legge suddetta è abrogato.
Art. 116 (*)
L'impugnazione prevista nell'art. 123, primo comma, del codice non
può essere proposta dal coniuge impotente per i matrimoni anteriori
al 1° luglio 1939.
I matrimoni che sono stati celebrati anteriormente al 1° luglio 1939
davanti ad un ufficiale dello stato civile incompetente o senza la
presenza dei testimoni non si possono più impugnare (Cod. Civ. 137).
(*) Si riporta il testo originale di questo e dei successivi
articoli nonostante la modifica intervenuta dei corrispondenti
articoli del codice civile.
Art. 117
Se il matrimonio è stato annullato prima del 1° luglio 1939 ed è
stata riconosciuta la mala fede di entrambi i coniugi, i figli nati
o concepiti durante il matrimonio possono acquistare lo stato di
figli naturali riconosciuti ai sensi dell'art. 128, ultimo comma,
del codice con effetto dal giorno della domanda giudiziale proposta
in contraddittorio dei genitori o dei loro eredi.
Art. 118
Gli atti di costituzione di dote aventi per oggetto beni futuri,
stipulati prima del 1° luglio 1939, conservano la loro efficacia
anche rispetto ai beni che pervengono alla moglie dopo tale data
(Cod. Civ. 179).
Art. 119
I lucri dotali in favore del coniuge sopravvivente, stipulati prima
del 1° luglio 1939, conservano la loro efficacia.
Conservano parimenti la loro efficacia le ipoteche iscritte a
garanzia dei lucri medesimi.
Art. 120
L'azione di disconoscimento di paternità è soggetta ai termini e
alle cause di decadenza previsti nel nuovo codice (Cod. Civ. 235,
244), anche quando si tratta di impugnare la legittimità di figli
nati prima dell'entrata in vigore dello stesso codice, sempre che
l'azione non sia già estinta a norma delle disposizioni del codice
del 1865.
Art. 121
Le azioni di reclamo di stato di figlio legittimo, spettanti agli
eredi che non siano discendenti del figlio a norma dell'art. 178 del
codice del 1865, possono essere continuate quando la domanda è stata
proposta prima del 1° luglio 1939 (Cod. Civ. 249).
Art. 122
Le disposizioni del codice relative al riconoscimento dei figli
naturali (Cod. Civ. 250 e seguenti) si applicano anche ai figli nati
o concepiti prima del 1° luglio 1939.
Il riconoscimento di figli naturali, compiuto prima di tale data
fuori dei casi in cui era ammesso secondo le leggi anteriori, non
può essere annullato, se al momento in cui fu fatto concorrevano le
condizioni per cui sarebbe ammissibile secondo le disposizioni del
codice.
Tale riconoscimento vale anche agli effetti delle successioni aperte
prima del 1° luglio 1939, purché i diritti successori del figlio non
siano stati esclusi con sentenza passata in giudicato o non sia
intervenuta transazione tra le parti interessate o non siano
trascorsi tre anni dall'apertura della successione senza che il
figlio abbia fatto valere alcuna ragione ereditaria sui beni della
successione.
Art. 123
[...] (*)
[...] (*)
[...] (*)
Nei casi in cui l'azione per la dichiarazione giudiziale di
paternità è ammessa secondo le norme del codice del 1865, essa è
soggetta al termine stabilito dall'art. 271 del nuovo codice.
Le disposizioni del codice relative alle forme dei giudizi per la
dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale (Cod.
Civ. 273 e seguenti) si applicano anche ai figli nati o concepiti
prima del 1° luglio 1939.
I giudizi relativi alla dichiarazione di paternità o di maternità
naturale proposti prima del 1° luglio 1939 non possono essere
proseguiti se non è intervenuto il decreto contemplato dall'art. 274
del codice stesso, salvo il caso che si sia già ottenuta una
sentenza anche se interlocutoria.
(*) I commi 1° , 2° e 3° sono stati dichiarati illegittimi dalla
Corte Costituzionale con sentenza 16 febbraio 1963, n. 7.
Nella loro versione originale, essi recitavano: "L'azione per la
dichiarazione giudiziale di paternità può essere proposta dai figli
nati prima del 1° luglio 1939 solo nel caso in cui ricorrono le
condizioni previste dall'art. 189 del codice del 1865. L'azione può
essere proposta, sempre che ricorrano tali condizioni, anche dai
figli adulterini per i quali è ammessa dall'art. 278 del nuovo
codice. I figli naturali che si trovano nelle condizioni previste
nei nn. 1 e 4 dell'art. 269 del codice, ma che non possono ottenere
la dichiarazione giudiziale di paternità perché nati prima del 1°
luglio 1939, possono agire soltanto per ottenere gli alimenti".
Art. 124
La disposizione dell'art. 286 del codice e applicabile anche per la
legittimazione dei figli naturali, i cui genitori sono morti prima
del 1° luglio 1939.
Art. 125
La disposizione dell'art. 287 del codice è applicabile anche ai casi
in cui era ammessa, secondo le leggi anteriori, la celebrazione del
matrimonio per procura.
Art. 126
La disposizione del secondo comma dell'art. 293 del nuovo codice (*)
è applicabile anche alle adozioni costituite prima del 1° luglio
1939, a meno che siano state già impugnate ai sensi dell'art. 205
del codice del 1865.
(*) Abrogato a norma dell'art. 67 l. 4 maggio 1983, n. 184
(disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori).
Art. 127
Le disposizioni del codice sulla revoca dell'adozione (Cod. Civ. 305
e seguenti) si applicano anche alle adozioni costituite prima del 1°
luglio 1939.
Art. 128 (*)
[...]
(*) Articolo da ritenersi implicitamente abrogato a seguito
dell'abrogazione dell'art. 342 cod. civ. a norma dell'art. 1 r.d.l.
20 gennaio 1944, n. 25 e dell'art. 3, d. lgs. lgt. 14 settembre
1944, n. 287.
Il precedente testo recitava: "Se l'ipotesi prevista dall'art. 342
del codice si è verificata prima del 1° luglio 1939, il tribunale,
su istanza del figlio medesimo o dei parenti o del pubblico
ministero, può privare il genirtore della patria potestà sui figli,
quando risulta che egli impartisce ad essi una educazione non
corrispondente ai fini nazionali, e può provvedere in conformità
all'art. 342 del codice".
Art. 129
Le norme del codice in materia di tutela e di curatela (Cod. Civ.
344 e seguenti) si applicano anche alle tutele e alle curatele che
si sono aperte prima del 1° luglio 1939.
Tuttavia i tutori, i protutori e i curatori già nominati conservano
l'ufficio, salve le disposizioni degli artt. 383, 384 e 393 del
codice, e sempre che non ricorrano cause d'incapacità previste dal
codice stesso (Cod. Civ. 350, 393)
Art. 130
La disposizione dell'art. 428 del codice e applicabile anche se gli
atti in essa contemplati sono stati compiuti prima del 1° luglio
1939.
Art. 131
Le ipoteche legali sui beni del tutore iscritte a norma degli artt.
292, 293 e 1969, n. 3, del codice del 1865 possono essere cancellate
quando il tutore ne fa istanza al giudice tutelare, il quale, se
ordina la cancellazione, provvede secondo l'art. 381 del nuovo
codice.
SEZIONE II
Disposizioni relative al Libro II
Art. 132
L'erede col beneficio d'inventario (Cod. Civ. 484) può promuovere la
procedura di liquidazione ai sensi dell'art. 503 del codice anche se
l'accettazione, è stata fatta prima del 21 aprile 1940.
Art. 133
La rinunzia all'eredità (Cod. Civ. 519) o al legato (Cod. Civ. 649),
fatta dopo il 21 aprile 1940, produce tutti gli effetti previsti dal
codice, ancorché si tratti di successione apertasi anteriormente a
quella data (Cod. Civ. 519 e seguenti).
Art. 134
La disposizione dell'art. 528 del codice è applicabile anche per le
successioni apertesi prima del 21 aprile 1940, se il chiamato non ha
ancora accettato e non è nel possesso di beni ereditari.
L'obbligo del curatore di procedere alla liquidazione dell'eredità
giacente (Cod. Civ. 5302) incombe anche sui curatori già nominati,
se, in caso di opposizione dei creditori o legatari, il pretore
ritiene opportuno disporre la liquidazione.
Art. 135
Le norme sulla riduzione delle donazioni (Cod. Civ. 555 e seguenti)
sono applicabili anche alle donazioni fatte anteriormente al 21
aprile 1940, purché la successione si sia aperta dopo. Tali
donazioni sono soggette a riduzione, avuto riguardo alla misura dei
diritti riservati ai legittimari stabilita dal codice (Cod. Civ. 537
e seguenti).
La medesima disposizione si applica per le regole stabilite dal
codice sulla collazione (Cod. Civ. 737 e seguenti), sull'imputazione
(Cod. Civ. 564) e sulla riunione fittizia (Cod. Civ. 556).
Tuttavia per le donazioni di beni mobili fatte anteriormente al 21
aprile 1940, si tiene conto del valore risultante dalla stima
annessa all'atto di donazione.
Art. 136
Le disposizioni degli artt. 580 e 594 del codice si applicano anche
alle successioni apertesi prima del 21 aprile 1940, se i diritti dei
figli naturali non riconoscibili o non riconosciuti non sono stati
definiti con sentenza passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324) o
mediante convenzione.
Possono inoltre valersi delle disposizioni degli artt. 580 e 594 i
figli naturali che si trovano nelle condizioni previste dai nn. 1 e
4 dell'art. 269 del codice, ma che non possono ottenere la
dichiarazione giudiziale di paternità perché nati anteriormente al
1° luglio 1939 (*).
I figli naturali indicati dal comma precedente hanno facoltà di
chiedere l'assegno vitalizio (Cod. Civ. 594) anche per le
successioni già aperte, ma non oltre cinque anni prima del 21 aprile
1940; l'assegno in questo caso deve essere calcolato con riguardo
allo stato e al valore che i beni ereditari avevano a tale data.
(*) Comma dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con
sentenza 16 febbraio 1963, n. 7. Cfr. l'attuale testo dell'art. 580
Cod. Civ.
Art. 137
Non possono essere promosse né proseguite azioni per la
dichiarazione di nullità, per vizio di forma, per incapacità a
ricevere o per altre cause, di disposizioni testamentarie e di
donazioni che sono valide secondo il codice. La nullità ammessa
anche da questo non può essere pronunziata se non nei limiti da esso
previsti.
Art. 138
Le condizioni di vedovanza (Cod. Civ. 636) ammesse dall'ultimo comma
dell'art. 850 del codice del 1865, relative alle successioni
apertesi prima del 21 aprile 1940, conservano la loro efficacia.
Art. 139
I diritti derivanti da una disposizione testamentaria sotto
condizione sospensiva si trasmettono agli eredi dell'onorato, se
questi muore dopo il 21 aprile 1940 senza che la condizione si sia
verificata.
Art. 140
Ancorché la divisione sia stata già effettuata, si applica la norma
dell'art. 759 del codice, se l'evizione ha luogo dopo il 21 aprile
1940.
Art. 141
Le norme sulla revocazione per ingratitudine (Cod. Civ. 801 e
seguenti) sono applicabili alle donazioni anteriori, se la causa di
revocazione si è verificata dopo il 21 aprile 1940. Tuttavia la
norma del secondo comma dell'art. 802 del codice è applicabile anche
se la causa di revocazione è anteriore.
SEZIONE III
Disposizioni relative al Libro III
Artt. 142-149 (*)
[...]
(*) Articoli abrogati a norma dell'art. 18 l. 22 luglio 1966, n.
607.
Art. 150
Per l'acquisto dei frutti al termine dell'usufrutto, se questo ha
avuto inizio anteriormente al 28 ottobre 1941, si osserva il
disposto dell'art. 480 del codice del 1865.
Art. 151
Le disposizioni dell'art. 999 del codice si applicano anche alle
locazioni concluse dall'usufruttuario anteriormente al 28 ottobre
1941.
Art. 152
Il diritto di ritenzione ammesso dagli artt. 1006 e 1011 del codice
spetta all'usufruttuario anche per le somme a lui dovute in
dipendenza di anticipazioni effettuate prima del 28 ottobre 1941.
Art. 153
La disposizione dell'art. 1023 del codice si applica anche ai
diritti di uso e di abitazione costituiti prima del 28 ottobre 1941.
Art. 154
Se l'interclusione del fondo si è verificata per effetto di vendita
anteriore al 28 ottobre 1941, il compratore non è tenuto a dare il
passaggio senza indennità (Cod. Civ. 1054).
Art. 155
Le disposizioni concernenti la revisione dei regolamenti di
condominio e la trascrizione di essi (Cod. Civ. 1138) si applicano
anche ai regolamenti formati prima del 28 ottobre 1941.
Cessano di avere effetto le disposizioni dei regolamenti di
condominio che siano contrarie alle norme richiamate nell'ultimo
comma dell'art. 1138 del codice e nell'art. 72 di queste
disposizioni.
Art. 156
I condomini costituiti in forma di società cooperativa possono
conservare tale forma di amministrazione.
Ai rapporti di condominio negli edifici di cooperative edilizie le
quali godono del contributo dello Stato nel pagamento degli
interessi sui mutui si applicano le disposizioni delle leggi
speciali.
Art. 157
Per i diritti spettanti al possessore, all'usufruttuario o
all'enfiteuta a causa di riparazioni, di miglioramenti o di
addizioni eseguite anteriormente al 28 ottobre 1941 si applicano le
norme del codice del 1865, salvo quanto è stabilito dall'art. 152 di
queste disposizioni.
Art. 158
Il termine per l'usucapione delle servitù discontinue apparenti
(Cod. Civ. 1061) comincia a decorrere dal 28 ottobre 1941.
La disposizione dell'art. 1075 del codice si applica se la
prescrizione del modo della servitù non si è compiuta prima del 28
ottobre 1941.
SEZIONE IV
Disposizioni relative al Libro IV
Art. 159
Il luogo in cui devono essere adempiute le obbligazioni che scadono
dopo l'entrata in vigore del codice si determina in conformità
dell'art. 1182 del codice stesso, anche se si tratta di obbligazioni
sorte anteriormente.
Art. 160
Le disposizioni del codice relative alla mora del creditore (Cod.
Civ. 1206 e seguenti), all'inadempimento e alla mora del debitore
(1218 e seguenti) si applicano anche se si tratta di obbligazione
sorta prima dell'entrata in vigore del codice stesso, se l'offerta
di pagamento sia stata compiuta ovvero l'inadempimento o la mora si
sia verificato posteriormente.
Art. 161
I crediti di somme di danaro che siano divenuti esigibili prima
dell'entrata in vigore del nuovo codice (Cod. Civ. 1282), producono,
da questa data, interessi di pieno diritto, anche se tale effetto
non si verificava secondo le disposizioni del codice del 1865.
Gli interessi legali che si maturano dopo la data predetta devono
essere computati al saggio stabilito dall'art. 1284 del nuovo
codice.
Art. 162
La disposizione dell'art. 1283 del codice si applica anche se si
tratta di obbligazioni sorte anteriormente all'entrata in vigore del
codice stesso, quando gli interessi sono dovuti per almeno sei mesi.
Art. 163
Il giudice può ridurre la penale manifestamente eccessiva (Cod. Civ.
1384) anche se il contratto sia stato concluso anteriormente
all'entrata in vigore del codice e anche se il pagamento della
penale sia stato giudizialmente domandato e il giudizio sia pendente
alla data suddetta.
Art. 164
Le disposizioni del secondo e terzo comma dell'art. 1385 del codice
si applicano anche se il contratto sia stato concluso anteriormente
al giorno dell'entrata in vigore del codice stesso, e anche se a
tale data sia stato già iniziato il giudizio e questo sia tuttora
pendente.
Art. 165
Gli effetti dell'annullamento (Cod. Civ. 1445) o della risoluzione
(Cod. Civ. 1453) dei contratti rispetto ai terzi sono regolati dalle
disposizioni del codice civile del 1865 se la domanda sia stata
proposta anteriormente all'entrata in vigore del nuovo codice.
Art. 166
Per le vendite immobiliari stipulate anteriormente all'entrata in
vigore del codice, la rescissione a causa di lesione e regolata
dalle disposizioni del codice del 1865.
Art. 167
Le disposizioni dell'art. 1462 del codice si applicano anche se la
clausola ivi prevista sia inserita in un contratto stipulato prima
del giorno dell'entrata in vigore del codice stesso, quando
l'eccezione del debitore sia opposta dopo o, se proposta prima, il
relativo giudizio sia ancora pendente alla data predetta.
Art. 168
Le disposizioni relative agli effetti dell'eccessiva onerosità
sopravvenuta (Cod. Civ. 1467 e seguenti) si applicano anche per i
contratti conclusi prima dell'entrata in vigore del codice se le
circostanze e gli avvenimenti da cui deriva l'eccessiva onerosità si
siano verificati dopo.
Art. 169
Le disposizioni che regolano le conseguenze del sopravvenuto
mutamento nelle condizioni patrimoniali del debitore (Cod. Civ.
1461) si applicano anche quando si tratti di contratti anteriori
all'entrata in vigore del codice, se il mutamento si avveri
posteriormente.
Art. 170
Le disposizioni del secondo comma dell'art. 1473 del codice si
applicano anche ai contratti di vendita conclusi anteriormente
all'entrata in vigore del codice stesso, se il rifiuto o
l'impedimento del terzo ad accettare l'incarico si verificano dopo.
Art. 171
Le disposizioni degli artt. 1478, 1479 e 1480 del codice si
applicano anche ai contratti di vendita conclusi anteriormente al
giorno dell'entrata in vigore di esso, se a tale data non ne era
stato domandato in giudizio l'annullamento.
Art. 172
Le disposizioni che impongono la denuncia dei vizi o della mancanza
di qualità della cosa venduta e stabiliscono i termini per farla
(Cod. Civ. 1495 e seguenti), si applicano anche se il contratto sia
stato concluso anteriormente all'entrata in vigore del codice,
purché la consegna o il ricevimento della cosa abbiano avuto luogo
posteriormente.
Art. 173
Le disposizioni relative al riscatto convenzionale nel contratto di
vendita (Cod. Civ. 1500 e seguenti) tranne quella del primo comma
dell'art. 1501, si applicano anche ai contratti conclusi
anteriormente all'entrata in vigore del codice quando il diritto di
riscatto venga esercitato posteriormente.
Art. 174
Le disposizioni dell'art. 1512 del codice si applicano ai contratti
di vendita anteriori all'entrata in vigore di esso se il difetto di
funzionamento sia scoperto posteriormente.
Art. 175
Qualora secondo le leggi anteriori i contratti di vendita di cose
mobili con riserva di proprietà fossero opponibili ai creditori o ai
terzi aventi causa dal compratore indipendentemente dai requisiti
prescritti dall'art. 1524 del codice, le formalità relative,
trattandosi di contratti conclusi anteriormente al giorno
dell'entrata in vigore di esso, devono essere adempiute entro tre
mesi dalla data medesima. In mancanza, la riserva di proprietà non
può essere opposta ai creditori del compratore che abbiano pignorato
la cosa e ai terzi aventi causa dal medesimo che abbiano acquistato
diritti sulla cosa stessa posteriormente alla data anzidetta.
Art. 176
Le disposizioni degli artt. 1525 e 1526 del codice si applicano ai
contratti conclusi anteriormente al giorno dell'entrata in vigore di
esso e anche se la risoluzione per inadempimento sia stata
giudizialmente domandata e il giudizio sia tuttora pendente alla
data suddetta.
Art. 177
Le disposizioni degli artt. 1531, secondo comma e 1550, secondo
comma, del codice, relative all'esercizio del diritto di voto, si
applicano anche ai contratti di vendita a termine o di riporto di
titoli di credito, che siano in corso di esecuzione all'entrata in
vigore del codice stesso.
Art. 178
La prescrizione stabilita dall'art. 1541 del codice si applica anche
se si tratta di contratto di vendita anteriore alla data
dell'entrata in vigore del codice stesso qualora la consegna
dell'immobile sia stata eseguita posteriormente e al momento della
consegna non sia già decorso il termine stabilito dall'art. 1478 del
codice del 1865.
Art. 179
I patti di preferenza previsti dall'art. 1566 del codice che alla
data dell'entrata in vigore di questo devono ancora durare oltre
cinque anni, sono validi nei limiti di un quinquennio computabile da
tale data.
Le modalità per l'esercizio del diritto di preferenza stabilite dal
secondo comma dell'art. 1566 predetto, si osservano se l'esercizio
medesimo ha luogo dopo l'entrata in vigore del codice, anche se il
patto sia stato stipulato anteriormente.
Art. 180
I rapporti di locazione in corso al giorno dell'entrata in vigore
del nuovo codice sono regolati dal codice del 1865.
Tuttavia si applicano, con effetto da tale data, le disposizioni del
nuovo codice dichiarate inderogabili, o che siano comunque di ordine
pubblico, e tutte le altre che regolano fatti o situazioni non
previste specificamente dalla legge anteriore.
Art. 181
Le disposizioni degli artt. 1665, 1666, 1667 e 1668 del codice si
applicano anche per i contratti anteriori, se l'opera o singole
partite di essa siano compiute o comunque alla loro consegna si
addivenga dopo l'entrata in vigore del codice stesso.
Art. 182
Le disposizioni dell'art. 1694 e della seconda parte dell'art. 1698
del codice si osservano anche se il contratto sia anteriore
all'entrata in vigore del codice stesso.
Art. 183
Le disposizioni degli artt. 1706 e 1707 del codice si applicano
anche se il mandato sia stato conferito anteriormente all'entrata in
vigore del codice stesso.
Art. 184
Le cause di estinzione del mandato (Cod. Civ. 1722 e seguenti) sono
regolate dal codice se si verificano dopo l'entrata in vigore di
questo, anche se si tratta di mandato conferito anteriormente.
Art. 185
La disposizione del secondo comma dell'art. 1815 del codice si
applica anche se il contratto di mutuo sia anteriore all'entrata in
vigore del codice stesso.
Art. 186
Il creditore di una rendita e di ogni altra prestazione annua
costituita anteriormente all'entrata in vigore del nuovo codice, può
pretendere dal debitore il rilascio di un nuovo documento secondo la
disposizione dell'art. 1870 del codice stesso, ma il termine di nove
anni decorre dall'entrata in vigore di questo se non scada prima il
termine di ventotto anni stabilito dall'art. 2136 del codice del
1865.
Art. 187
Le disposizioni degli artt. 1888, secondo e terzo comma, 1889, 1902,
1903, secondo comma, 1930 e 1931 del codice si applicano anche ai
contratti in corso.
Si applicano parimenti ai contratti suddetti le disposizioni degli
artt. 1897, 1898 e 1926, quando le modificazioni del rischio da esse
previste si verificano dopo l'entrata in vigore del codice, la
disposizione del secondo comma dell'art. 1899, se la proroga tacita
non e già avvenuta anteriormente all'entrata in vigore medesima, le
disposizioni dell'art. 1901 relativamente ai premi che scadono dopo
l'entrata in vigore medesima, le disposizioni degli artt. 1914,
secondo comma e 1915, secondo comma, per i sinistri verificatisi
dopo l'entrata in vigore medesima.
Art. 188
Le disposizioni dell'art. 1921 del codice si applicano alle
dichiarazioni di revoca posteriori all'entrata in vigore di esso,
anche se il contratto di assicurazione sia stato concluso
anteriormente.
Qualora i fatti che producono la decadenza del beneficiario o che
autorizzano la revoca del beneficio si siano verificati dopo
l'entrata in vigore predetta, si applicano le disposizioni dell'art.
1922 del codice, anche se il contratto di assicurazione sia
anteriore.
Art. 189
Le disposizioni del primo comma dell'art. 1943 del codice si
osservano quando la presentazione del fideiussore avviene
posteriormente all'entrata in vigore del codice stesso, anche se
l'obbligazione di dare un fideiussore sia sorta anteriormente.
La disposizione del precedente comma non si applica se
l'obbligazione di dare un fideiussore deriva da un contratto.
Art. 190
La disposizione dell'art. 1957 del codice si applica anche alle
fideiussioni anteriori all'entrata in vigore del codice stesso se
l'obbligazione principale scade dopo.
Se l'obbligazione è già scaduta, il termine di sei mesi stabilito
dal primo comma dell'art. 1957 decorre dall'entrata in vigore
suddetta.
Art. 191
La disposizione del secondo comma dell'art. 1962 del codice si
applica anche ai contratti di anticresi anteriori, ma il termine di
dieci anni decorre dall'entrata in vigore del codice stesso.
Art. 192
Il debitore può valersi della facoltà accordatagli dall'art. 1964
del codice, anche se il contratto di anticresi sia anteriore
all'entrata in vigore del codice stesso.
Art. 193
Le disposizioni degli artt. 1979, 1980, 1982, 1983, 1984 e 1985 del
codice si applicano anche ai contratti di cessione dei beni ai
creditori, conclusi anteriormente all'entrata in vigore di esso.
Art. 194
Le disposizioni degli artt. 2045, 2057 e 2058 del codice si
applicano anche se i fatti da cui deriva la responsabilità del loro
autore sono avvenuti anteriormente all'entrata in vigore del codice
stesso.
SEZIONE V
Disposizioni relative al Libro V
Art. 195
Le disposizioni contenute nelle sezioni III e IV del capo I del
titolo II del libro V del codice (Cod. Civ. 2096 e seguenti) e
quelle contenute ne))e sezioni ll, III, IV e V de) capo 11 dello
stesso titolo (Cod. Civ. 2141 e seguenti) si applicano anche ai
rapporti in corso al momento dell'entrata in vigore del codice,
salvo quanto e stabilito negli articoli seguenti.
Art. 196
Nei contratti di lavoro a tempo determinato in corso al giorno
dell'entrata in vigore del codice, che devono ancora durare per un
periodo superiore a quello indicato dall'ultimo comma dell'art. 2097
(*) del codice stesso, il prestatore di lavoro può recedere dal
contratto, decorso il quinquennio o il decennio dal giorno suddetto.
(*) L'art. 2097 Cod. Civ. è stato abrogato dall'art. 9 l. 18 aprile
1962, n. 630.
Art. 197
Le rinunzie e le transazioni successive alla cessazione del rapporto
di lavoro previste dall'art. 2113 del codice, che hanno avuto luogo
nei tre mesi anteriori all'entrata in vigore del codice, sono
impugnabili a norma dell'articolo medesimo, e il termine per
l'impugnazione decorre dalla data predetta.
Art. 198
I patti di non concorrenza previsti dall'art. 2125 del codice, che
al giorno dell'entrata in vigore del codice devono ancora durare per
un periodo superiore a quello stabilito nell'articolo stesso, sono
efficaci per il periodo previsto nella detta disposizione a
decorrere dalla data predetta.
Art. 199
L'inabilitato, che al giorno dell'entrata in vigore del codice
esercita un'impresa commerciale, non può continuarla se non con
l'autorizzazione prevista dall'art. 425 del codice stesso. Questa
autorizzazione produce effetto fin dal detto giorno qualora sia
pubblicata, secondo le nuove disposizioni, entro tre mesi
successivi.
Art. 200
Le disposizioni del codice, relative alla tenuta delle scritture
contabili (Cod. Civ. 2214 e seguenti) e alla redazione del bilancio
(Cod. Civ. 2217, 2423 e seguenti) per gli imprenditori che
esercitano un'attività commerciale (Cod. Civ. 2195) e per le società
soggette a registrazione (Cod. Civ. 2200), entreranno in vigore il
1° gennaio 1943.
Fino a tale data le scritture contabili si considerano regolarmente
tenute a tutti gli effetti previsti dal codice in quanto siano
regolarmente tenute secondo le leggi anteriori.
Fino all'attuazione delle disposizioni relative al registro delle
imprese (att. Cod. Civ. 99 e seguenti), la numerazione, la bollatura
e la vidimazione dei libri contabili prescritte dal codice saranno
eseguite dal cancelliere del tribunale o della pretura, o da un
notaio secondo le leggi anteriori, e le relative richieste dovranno
essere annotate nel registro dei libri di commercio istituito presso
la cancelleria del tribunale a norma delle leggi anteriori.
Art. 201
Ai contratti d'opera stipulati prima dell'entrata in vigore del
codice non si applica la decadenza prevista nel secondo comma
dell'art. 2226 del codice, salvo che la consegna dell'opera avvenga
posteriormente all'entrata in vigore del codice stesso.
Art. 202
Le disposizioni contenute nel capo II del titolo III del libro V del
codice (Cod. Civ. 2229 e seguenti) si applicano anche ai rapporti di
prestazione d'opera intellettuale in corso al giorno dell'entrata in
vigore del codice stesso, salva l'osservanza delle leggi speciali.
Art. 203
Le disposizioni contenute nel capo II del titolo IV del libro V del
codice (Cod. Civ. 2240 e seguenti) si applicano anche ai rapporti di
lavoro domestico in corso al giorno dell'entrata in vigore del
codice stesso.
Art. 204
Le società civili a tempo determinato, esistenti al giorno
dell'entrata in vigore del codice, continuano ad essere soggette
alle leggi anteriori per la durata del contratto, purché questa
risulti da atto scritto di data anteriore al 27 febbraio 1942.
Le società civili a tempo indeterminato e quelle, il cui termine di
durata non risulta da atto scritto di data anteriore al 27 febbraio
1942, sono soggette alle norme del codice sulle società semplici
(Cod. Civ. 2251 e seguenti) a partire dal 1° luglio 1945 (*).
Tuttavia anche dopo tale data le obbligazioni sociali sorte
antecedentemente alla data suddetta sono regolate dalle disposizioni
delle leggi anteriori.
Alle società civili costituite in forma di società per azioni,
esistenti al giorno dell'entrata in vigore del codice, si applicano
le disposizioni relative a questo tipo di società (205 e seguenti;
Cod. Civ. 2325 e seguenti).
(*) Termine prorogato "fino all'attuazione della revisione del
codice civile" a norma della l. 18 ottobre 1950, n. 920.
Art. 205
Le società commerciali (Cod. Civ. 2195) e le società cooperative,
esistenti al giorno dell'entrata in vigore del codice, ma non
legalmente costituite secondo le leggi anteriori, devono adempiere,
entro il 31 dicembre 1942, le formalità stabilite dal codice secondo
le norme dettate dall'art. 100 di queste disposizioni.
Art. 206
Le società commerciali e le società cooperative, legalmente
costituite al giorno dell'entrata in vigore del codice, devono
provvedere ad uniformare l'atto costitutivo e lo statuto alle nuove
disposizioni entro il 30 giugno 1945 (*). Fino a questa data le
disposizioni dell'atto costitutivo e dello statuto, in vigore al
momento dell'attuazione del codice, conservano la loro efficacia,
anche se non sono a questo conformi, salve le norme degli articoli
seguenti.
(*) Termine prorogato "fino all'attuazione della revisione del
codice civile" a norma della l. 18 ottobre 1950, n. 920.
Art. 207
Non è necessario il consenso del socio receduto o degli eredi del
socio defunto, richiesto dal secondo comma dell'art. 2292 del
codice, se il socio è receduto o defunto almeno un anno prima
dell'entrata in vigore del codice stesso, ed il suo nome è stato
conservato nella ragione sociale senza opposizione del socio
receduto o degli eredi del socio defunto.
Art. 208
L'incapace, che sia socio di una società in nome collettivo o socio
accomandatario di una società in accomandita, deve ottenere le
autorizzazioni previste dagli artt. 320, 371, 397, 424 e 425 del
codice entro tre mesi dall'entrata in vigore di questo.
Se entro tale termine non sono state ottenute le autorizzazioni
prescritte, l'incapace può essere escluso a norma dell'art. 2286 del
codice.
Art. 209
Hanno immediata applicazione con l'entrata in vigore del codice,
anche per le società esistenti a tale data, nonostante ogni
contraria disposizione dell'atto costitutivo o dello statuto, gli
artt. 2357 a 2362, 2367, 2373, 2377 a 2379, 2389, 2391 a 2396, 2398
a 2409, 2422 e 2446, nonché le disposizioni del titolo XI del libro
V del codice (Cod. Civ. 2621 e seguenti).
Le società, che anteriormente al giorno dell'entrata in vigore del
codice hanno investito in tutto o in parte il proprio capitale in
difformità delle disposizioni degli artt. 2359 e 2360, devono
uniformarsi alle disposizioni stesse entro il 30 giugno 1945 (*).
(*) Termine prorogato "fino all'attuazione della revisione del
codice civile" a norma della l. 18 ottobre 1950, n. 920.
Art. 210
L'emissione di obbligazioni da parte di società per azioni,
esistenti al giorno dell'entrata in vigore del codice, è regolata
dalle nuove disposizioni (Cod. Civ. 2410 e seguenti).
Gli artt. 2415, 2416, 2417, 2418, 2419 e 2420 del codice si
applicano anche alle obbligazioni emesse anteriormente alla suddetta
data.
Art. 211
Le modificazioni dell'atto costitutivo e dello statuto delle società
commerciali e delle società cooperative, esistenti al giorno
dell'entrata in vigore del codice, nonché la trasformazione e la
fusione delle società stesse sono regolate dalle nuove disposizioni
(Cod. Civ. 2300, 2306, 2307, 2436 e seguenti, 2470, 2494 e seguenti,
2537, 2498-2504).
Art. 211-bis (*)
Il secondo periodo dell'articolo 2441, settimo comma, del codice non
si applica alle azioni detenute, alla data del 7 marzo 1992, dai
soggetti indicati nel medesimo comma, con obbligo di offrirle agli
azionisti.
(*) Articolo introdotto dall'art. 210, 5° comma, d. lgs. 24 febbraio
1998, n. 58.
Art. 212
Le azioni a voto plurimo, esistenti al 27 febbraio 1942, nonché
quelle emesse a norma dell'ultimo comma, potranno essere conservate
per tutta la durata della società emittente prevista dall'atto
costitutivo o dalle modificazioni di questo anteriori alla data
suindicata.
Dalla data predetta sono vietate anche per le società esistenti le
emissioni di azioni a voto plurimo (Cod. Civ. 2351, 3° comma). Sono
nulle altresì le deliberazioni con le quali si attribuisce alle
azioni a voto plurimo esistenti un maggior numero di voti.
Le disposizioni del comma precedente non si applicano alle azioni a
voto plurimo, emesse in occasione di aumenti di capitale deliberati
prima dell'entrata in vigore del codice e dirette a mantenere
inalterato il rapporto tra le varie categorie di azioni.
Art. 213
Salvo contraria disposizione dell'atto costitutivo o dello statuto,
la durata dell'ufficio degli amministratori delle società esistenti
al giorno dell'entrata in vigore del codice, resta regolata dalla
legge anteriore sino al 30 giugno 1945 (*). Gli amministratori in
carica a questa data decadono dall'ufficio alla prima scadenza, per
decorrenza del termine, di uno o più amministratori, successiva alla
data stessa, salva la disposizione del secondo comma dell'art. 2385
del codice.
(*) Termine prorogato "fino all'attuazione della revisione del
codice civile" a norma della l. 18 ottobre 1950, n. 920.
Art. 214
Le disposizioni dell'art. 2387 del codice non si applicano agli
amministratori in carica al giorno dell'entrata in vigore del codice
stesso per la durata della loro nomina.
Art. 215
Le società per azioni, che al giorno dell'entrata in vigore del
codice hanno un capitale non inferiore a cinquecentomila lire,
possono conservare la forma della società per azioni per il tempo
stabilito per la loro durata antecedentemente al 27 febbraio 1942.
Le società per azioni, che al giorno dell'entrata in vigore del
codice, hanno un capitale inferiore a cinquecentomila lire e che
entro il 30 giugno 1945 (*) non abbiano provveduto a conformarsi a
uno dei tipi sociali previsti dal codice, sono sciolte, e gli
amministratori devono entro un mese convocare l'assemblea per le
deliberazioni relative alla liquidazione secondo le norme stabilite
dal codice stesso.
(*) Termine prorogato "fino all'attuazione della revisione del
codice civile" a norma della l. 18 ottobre 1950, n. 920.
Art. 216
Le società a garanzia limitata (*), esistenti al giorno dell'entrata
in vigore del codice nella Venezia Giulia e Tridentina, a norma del
Regio decreto 4 novembre 1928, n. 2325, se non hanno provveduto a
conformarsi al codice entro il 30 giugno 1945, sono soggette a
decorrere dal 1° luglio 1945 (**) alle nuove disposizioni sulle
società a responsabilità limitata (Cod. Civ. 2472 e seguenti).
(*) Cfr. legge austriaca 6 marzo 1906, B.L.I. n. 58.
(**) Termine prorogato "fino all'attuazione della revisione del
codice civile" a norma della l. 18 ottobre 1950, n. 920.
Art. 217
Le società cooperative in nome collettivo e quelle per azioni,
esistenti al giorno dell'entrata in vigore del codice, sono soggette
alle disposizioni dettate dal codice stesso rispettivamente per le
società cooperative a responsabilità illimitata e per le società
cooperative a responsabilità limitata, salvo quanto disposto dagli
artt. 206 e seguenti di queste disposizioni.
Le società cooperative in accomandita, esistenti al giorno
dell'entrata in vigore del codice che entro il 30 giugno 1945 (*)
non abbiano provveduto a conformarsi al medesimo, devono essere
poste in liquidazione.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche ai consorzi
conservati in vigore nella Venezia Giulia e Tridentina a norma del
primo comma dell'art. 41 del Regio decreto 4 novembre 1928, n. 2325.
(*) Termine prorogato "fino all'attuazione della revisione del
codice civile" a norma della l. 18 ottobre 1950, n. 920.
Art. 218
Le società commerciali e cooperative, poste in liquidazione con atto
pubblicato nel foglio degli annunzi legali prima dell'entrata in
vigore del codice, sono liquidate secondo le leggi anteriori.
Le società commerciali e cooperative, poste in liquidazione con atto
pubblicato nel foglio degli annunzi legali dopo l'entrata in vigore
del codice, sono liquidate secondo le nuove disposizioni.
Art. 219
I rapporti di associazione in partecipazione (Cod. Civ. 2549 e
seguenti) costituiti anteriormente all'entrata in vigore del codice
sono regolati dalle leggi anteriori.
Art. 220
La disposizione del secondo comma dell'art. 2560 del codice non si
applica ai trasferimenti di azienda anteriori all'entrata in vigore
del codice.
Art. 221
L'imprenditore deve, entro il 30 giugno 1945 (*), uniformare alla
disposizione dell'art. 2563 del codice la ditta costituita
anteriormente all'entrata in vigore del codice stesso.
(*) Termine prorogato "fino all'attuazione della revisione del
codice civile" a norma della l. 18 ottobre 1950, n. 920.
Art. 222
La disposizione dell'art. 2596 del codice non si applica ai patti
limitativi della concorrenza conclusi anteriormente al 27 febbraio
1942.
Tuttavia i patti limitativi della concorrenza, conclusi prima del 27
febbraio 1942 per tempo indeterminato, o che alla data di entrata in
vigore del codice devono ancora durare per oltre cinque anni, hanno
efficacia entro i limiti di un quinquennio da quest'ultima data.
Art. 223
I contratti di consorzio prevista dal capo II del titolo X del libro
V del codice, stipulati anteriormente all'entrata in vigore del
codice stesso, sono soggetti alle nuove disposizioni a partire dal
1° luglio 1945 (*).
Entro il 30 giugno 1945 (*) tali contratti devono essere uniformati
alle disposizioni stesse: le relative deliberazioni sono prese con
il voto favorevole della maggioranza dei consorziati e possono
essere impugnate davanti all'autorità giudiziaria dai consorziati
assenti o dissenzienti entro trenta giorni dalla data della
deliberazione. In mancanza il consorzio e sciolto.
(*) Termine prorogato "fino all'attuazione della revisione del
codice civile" a norma della l. 18 ottobre 1950, n. 920.
SEZIONE VI
Disposizioni relative al Libro VI
Art. 224
Salvo quanto è disposto dagli articoli seguenti, la trascrizione di
un atto, eseguita in conformità delle leggi anteriori a effetti
diversi da quelli stabiliti dal codice (Cod. Civ. 2644 e seguenti),
produce gli effetti previsti dal codice stesso, a decorrere dal
giorno dell'entrata in vigore di questo.
Art. 225
Le disposizioni del codice che regolano gli effetti dell'omissione
della trascrizione o dell'annotazione (Cod. Civ. 2644 e seguenti,
2843) non si applicano agli atti anteriori all'entrata in vigore del
codice stesso, per i quali la trascrizione non era richiesta secondo
le leggi precedenti o era richiesta a effetti diversi.
Art. 226
La trascrizione delle domande giudiziali prevista dagli artt. 2652 e
2653 del codice, anche se eseguita prima dell'entrata in vigore di
questo, non pregiudica in nessun caso i diritti acquistati dai terzi
prima di tale entrata in vigore, se essi erano fatti salvi dalle
leggi anteriori.
Art. 227
Le disposizioni del codice, secondo le quali la trascrizione di una
domanda giudiziale eseguita oltre un certo termine non pregiudica i
diritti acquistati dai terzi (Cod. Civ. 2652 n.6, 7, 8 e 9), non si
applicano ai diritti che sono stati acquistati anteriormente
all'entrata in vigore del codice stesso e che non erano fatti salvi
dalle leggi anteriori, a meno che i diritti medesimi siano resi
pubblici prima della trascrizione della domanda e il termine
stabilito dal codice per la loro salvezza sia decorso dal giorno
dell'entrata in vigore di questo.
Art. 228
La trascrizione del testamento o del certificato di denunciata
successione, eseguita a norma delle leggi anteriori, produce dal
giorno dell'entrata in vigore del codice gli stessi effetti che
questo attribuisce alla trascrizione dell'accettazione dell'eredità
(Cod. Civ. 2648).
Art. 229
Le disposizioni degli artt. 2650 e 2834 del codice relative
all'ipoteca legale a favore del condividente non si applicano alle
divisioni stipulate prima dell'entrata in vigore del codice stesso,
ancorché trascritte successivamente.
Art. 230
Salvo quanto è disposto dai successivi artt. 231 e 232, le norme del
Regio decreto 28 marzo 1929, n. 499, e della legge sui libri
fondiari nel testo allegato al decreto medesimo, fino a che non sarà
provveduto al loro coordinamento con le disposizioni del codice,
continuano ad avere vigore nei territori delle nuove province, e in
luogo delle disposizioni del codice del 1865 s'intendono richiamate
le corrispondenti disposizioni del nuovo codice.
Art. 231
Formano oggetto di annotazione, secondo le disposizioni della legge
sui libri fondiari, anche:
1) gli atti menzionati dai nn. 10, 11 e 12 dell'art. 2643 del codice
agli effetti previsti dall'art. 19 della legge sui libri fondiari;
2) gli atti di costituzione del patrimonio familiare agli effetti
previsti dalle disposizioni del codice (Cod. Civ. 167, 2647);
3) la cessione dei beni ai creditori (Cod. Civ. 1977 e seguenti)
agli effetti previsti dalle disposizioni del codice stesso (Cod.
Civ. 2649);
4) le domande e gli atti indicati dagli artt. 2652 e 2653 del codice
agli effetti disposti dagli articoli medesimi, in quanto non siano
incompatibili con gli effetti stabiliti dalla legge sui libri
fondiari.
Art. 232
L'annotazione del vincolo dotale (Cod. Civ. 166-bis) e della
comunione dei beni tra coniugi (Cod. Civ. 177 e seguenti) prevista
dall'art. 19, lett. c, della legge sui libri fondiari o l'omissione
dell'annotazione medesima produce dal giorno dell'entrata in vigore
del codice gli effetti da questo stabiliti (Cod. Civ. 2647).
Art. 232-bis (*)
A decorrere dal 25 novembre 1973, la responsabilità per danni del
conservatore dei registri immobiliari è regolata dalle norme
relative agli impiegati civili dello Stato, salvo che per i rapporti
definiti con sentenza passata in giudicato, con transazione, o
comunque esauriti.
(*) Articolo introdotto dall'art. 5 l. 21 gennaio 1983, n. 22.
L'art. 6 della medesima legge dispone che "Il Ministero delle
Finanze è responsabile dei danni cagionati, anche senza dolo o colpa
grave, dal conservatore dei registri immobiliari dopo il 24 novembre
1973".
Art. 233
Le disposizioni del codice relative alle prove (Cod. Civ. 2697 e
seguenti) si applicano anche nei giudizi pendenti, se non e stata
pronunziata sentenza definitiva, ancorché di primo grado.
La prova testimoniale (Cod. Civ. 2721 e seguenti; Cod. Proc. Civ.
244) per gli atti eseguiti anteriormente all'entrata in vigore del
codice rimane tuttavia ammissibile anche nei casi in cui non è da
questo consentita, se essa poteva essere ammessa a norma del Codice
Civile del 1865 o del codice di commercio del 1882.
Art. 234
Le disposizioni del codice relative ai diritti dei creditori
privilegiati (Cod. Civ. 2745 e seguenti), all'ordine dei privilegi
(Cod. Civ. 2777 e seguenti) e all'efficacia di questi rispetto al
pegno, alle ipoteche e agli altri diritti reali (Cod. Civ. 2747,
2748) si osservano anche per i privilegi sorti anteriormente
all'entrata in vigore del codice stesso, se sono fatti valere
posteriormente.
Art. 235
La disposizione dell'art. 2767 del codice si applica anche ai
crediti per risarcimento sorti prima dell'entrata in vigore del
codice stesso, se l'indennità dovuta dall'assicuratore non è stata
ancora corrisposta.
Art. 236
Quando un credito al quale le leggi speciali attribuiscono il
privilegio del creditore pignoratizio viene in concorso con i
crediti indicati dall'art. 2778 del codice, esso è preferito a
quelli di cui ai nn. 12 e seguenti dello stesso articolo e posposto
agli altri.
Art. 237
Se il pegno è stato costituito anteriormente all'entrata in vigore
del codice, le condizioni per l'efficacia della prelazione sono
determinate dalle leggi anteriori.
Si osservano invece le disposizioni del codice per ciò che concerne
i poteri e gli obblighi del creditore pignoratizio (Cod. Civ. 2800 e
seguenti).
Continua tuttavia ad applicarsi la disposizione del secondo comma
dell'art. 1888 del codice del 1865, se il secondo credito è divenuto
esigibile anteriormente all'entrata in vigore del nuovo codice.
Art. 238
L'opponibilità ai creditori ipotecari dei diritti costituiti sulla
cosa ipotecata e delle cessioni o liberazioni di pigioni o di fitti
è regolata dalle disposizioni del codice (Cod. Civ. 2812),
quantunque si tratti di diritti sorti o di cessioni o liberazioni
effettuate anteriormente all'entrata in vigore del codice stesso,
sempre che il pignoramento sia eseguito posteriormente.
Art. 239
Le disposizioni dell'art. 2825 del codice si applicano anche alle
ipoteche costituite e alle cessioni effettuate anteriormente
all'entrata in vigore del codice stesso, se la divisione ha luogo
posteriormente.
Art. 240
Le ipoteche iscritte prima dell'entrata in vigore del codice
conservano la loro efficacia per venti anni dall'entrata in vigore
del codice stesso, a meno che per la cessazione di tale efficacia
(Cod. Civ. 2847), secondo le disposizioni del codice del 1865,
rimanga a decorrere un termine più breve.
Art. 241
La disposizione dell'ultimo comma dell'art. 2855 del codice non si
applica alle ipoteche iscritte prima dell'entrata in vigore del
codice stesso. L'estensione degli effetti dell'iscrizione continua a
essere regolata dalle leggi anteriori.
Art. 242
Le disposizioni del codice, secondo le quali l'esercizio di
determinate facoltà del terzo acquirente dell'immobile ipotecato è
subordinato alla trascrizione del titolo (Cod. Civ. 2858 e
seguenti), non si applicano a coloro il cui acquisto e anteriore
all'entrata in vigore del codice stesso, se a norma del codice del
1865 la trascrizione non era a quell'effetto richiesta.
Art. 243
Le disposizioni degli artt. 2872, secondo comma, e 2873, secondo e
terzo comma, del codice si applicano anche alle ipoteche iscritte
anteriormente all'entrata in vigore del codice stesso.
Art. 244
Se il processo di liberazione dei beni dalle ipoteche (Cod. Civ.
2889 e seguenti; Cod. Proc. Civ. 795) è in corso all'entrata in
vigore del codice, esso prosegue secondo le norme delle leggi
anteriori, ma, per quanto concerne l'espropriazione, si osservano le
disposizioni dell'art. 222 delle norme di attuazione e transitorie
relative al codice di procedura civile, approvate con Rd 18 dicembre
1941, n. 1368.
Art. 245
Gli effetti del sequestro conservativo (Cod. Civ. 2906) e del
pignoramento (Cod. Civ. 2912 e seguenti) eseguiti anteriormente
all'entrata in vigore del nuovo codice sono determinati dalle
disposizioni del codice del 1865.
Art. 246
Le disposizioni dell'art. 2932 del codice si applicano anche se
l'obbligo di concludere il contratto è sorto anteriormente
all'entrata in vigore del codice stesso, purché l'inadempimento si
verifichi posteriormente.
Art. 247
Cessano di avere effetto dalla data dell'entrata in vigore del
codice le cause di sospensione della prescrizione che non sono da
questo ammesse (Cod. Civ. 2941 e seguenti).
Art. 248
Rimangono immutate le disposizioni vigenti circa il termine della
prescrizione nei riguardi dei buoni del tesoro ordinari e
pluriennali, dei titoli del debito pubblico, delle cartelle della
sezione autonoma del credito comunale e provinciale, dei libretti
postali di risparmio, dei buoni postali fruttiferi e di quelli della
cassa depositi e prestiti.
Rimangono parimenti immutate le disposizioni delle leggi speciali
che stabiliscono termini di prescrizione diversi da quello ordinario
(Cod. Civ. 2946).
CAPO III
Disposizioni generali e finali
Art. 249 (*)
[...]
(*) Disposizione relativa allo stato delle persone appartenenti alla
Famiglia Reale da ritenersi abrogato per incompatibilità con la
forma repubblicana dello Stato.
Art. 250 (*)
[...]
(*) Disposizione da ritenersi abrogata a seguito dell'abrogazione
delle leggi razziali.
Art. 251
Quando nel codice o in queste disposizioni si fa riferimento a
istituti di credito (76), in detta espressione s'intendono comprese,
oltre l'istituto d'emissione, le imprese autorizzate e controllate,
a norma delle leggi vigenti, dall'ispettorato per la difesa del
risparmio e per l'esercizio del credito.
Art. 252
Quando per l'esercizio di un diritto ovvero per la prescrizione o
per l'usucapione il codice stabilisce un termine più breve di quello
stabilito dalle leggi anteriori, il nuovo termine si applica anche
all'esercizio dei diritti sorti anteriormente e alle prescrizioni e
usucapioni in corso, ma il nuovo termine decorre dal 1° luglio 1939
se esso è stabilito dal I libro del codice, dal 21 aprile 1940, se è
stabilito dal II libro, dal 28 ottobre 1941 se è stabilito dal III
libro e dall'entrata in vigore del codice stesso se è stabilito
dagli altri libri, purché, a norma della legge precedente, non
rimanga a decorrere un termine minore.
La stessa disposizione si applica in ogni altro caso in cui
l'acquisto di un diritto è subordinato al decorso di un termine più
breve di quello stabilito dalle leggi anteriori.
Art. 253
Le trascrizioni e le annotazioni di vincolo previste dal codice e da
queste disposizioni, quando si tratta di rendite del debito pubblico
o di altri beni per i quali leggi speciali stabiliscano determinate
forme di pubblicità, si eseguono con l'osservanza di dette leggi.
Art. 254
I modelli dei registri delle persone giuridiche, delle
legittimazioni, per decreto del Presidente della Repubblica, delle
adozioni, delle tutele e curatele, delle successioni e di quello
previsto dal secondo comma dell'art. 1524 del codice sono
determinati con decreto del Ministro di grazia e giustizia.
Art. 255
Per la tenuta del registro previsto dal secondo comma dell'art. 1524
del codice e per le formalità della trascrizione, si osservano, in
quanto applicabili, le disposizioni degli artt. 2658, primo comma,
2659, 2664 2673, 2677 e 2680, primo, secondo e quarto comma del
codice stesso.
Le trascrizioni devono essere eseguite giornalmente al momento della
presentazione della nota e dell'atto da trascriversi.
Il numero d'ordine della trascrizione è quello progressivo del
registro delle trascrizioni.
Il cancelliere deve formare un fascicolo per ogni trascrizione
secondo le disposizioni stabilite per i fascicoli di cancelleria
dall'art. 36 del Rd 18 dicembre 1941, n. 1368.
Art. 256
Quando nelle leggi e nei regolamenti sono richiamate le disposizioni
del Codice Civile del 1865 e del codice di commercio del 1882
s'intendono richiamate le disposizioni corrispondenti del nuovo
codice.
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